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Da LA REPUBBLICA 9 maggio 2003


Secondo la voce più autorevole dell´establishment britannico Silvio Berlusconi è "Unfit to lead Europe"

L´Economist:
"Non può guidare l´Europa"

di Andrea Bonanni

GIà due anni fa avevano sollevato il problema: "Why Berlusconi is unfit to run Italy", "Perché Berlusconi non è in condizione di governare l´Italia", era il titolo di copertina dell´Economist. Ma nell´ultimo numero alzano ulteriormente il tiro: Silvio Berlusconi è "Unfit to lead Europe", "Non in condizione di guidare l´Europa", durante il semestre in cui l´Italia, da luglio, assumerà la presidenza dell´Unione europea. L´Economist è la voce più autorevole dell´establishment britannico, iper-liberista, euroscettico e filo-americano. E la punta di diamante di una linea che Silvio Berlusconi ha fatto di tutto per sposare, sradicando l´Italia dai binari dell´europeismo su cui De Gasperi l´aveva collocata e dai quali non si era mai discostata. Per questo il capo del governo ha silurato un bravo ministro degli esteri di garanzia, come Renato Ruggiero, e si è arrogato anche il ruolo di capo della diplomazia italiana assegnandosi il compito di "risollevare l´immagine del Paese". Grazie a questa operazione, e a qualche invito nella sua villa in Sardegna (Putin) o nel suo palazzone in via del Plebiscito (lord Robertson), Berlusconi era convinto di "dare del tu al mondo". Il mondo, però, continua a dargli del lei. E a tenerlo a distanza, come si fa con chi ha pendenze penali irrisolte, o risolte malamente. Un vero establishment, come quello anglosassone, si caratterizza anche per la sua intelligenza politica, per la capacità di operare distinguo. Berlusconi può andar bene per firmare lettere di ossequio all´America, soprattutto se spaccano l´Europa. Fa addirittura comodo agli inglesi se blocca la fiscalità del risparmio per ottenere sconti sulle multe del latte. Può essere una divertente macchietta ai vertici, spesso così noiosi, quando racconta barzellette e sbraita contro i giudici comunisti. Si può chiudere un occhio persino se pretende di aver portato la Russia nella Nato tra gli scenari di cartapesta di Pratica di Mare. Ma quando cerca di esportare in Europa i conflitti istituzionali che ha innescato in Italia, o se si prospetta il rischio che un simile personaggio diventi per sei mesi la voce e il regista dell´Unione europea nel suo momento più delicato "che richiede visione, finezza diplomatica e l´autorevolezza che deriva da un rispetto indiscusso", allora bisogna dire basta. Berlusconi alla guida dell´Unione, suggeriscono implicitamente i britannici, è la dimostrazione vivente che occorre porre fine alle presidenze rotanti affidate ai capricci degli elettorati nazionali. Un´obiezione che perfino Prodi faticherà a smentire. Naturalmente, e per fortuna, neppure la scomunica dell´establishment anglosassone, dopo quella dei franco-tedeschi, può togliere all´Italia la presidenza di turno dell´Unione. E forse non può neppure peggiorare la reputazione internazionale del presidente del Consiglio, che era comunque inesistente. Ma il danno non solo di immagine che essa arreca all´Italia è incalcolabile. Siamo, che piaccia o no, la nazione che ha permesso l´ascesa di Berlusconi, che gli ha affidato il governo, che non ha risolto il conflitto di interessi, che ha subito e avvallato i suoi espedienti giudiziari. Se questa anomalia sta bene agli italiani, essa non passa il confine dell´Europa. E con Berlusconi non lo passa il nostro sistema-paese. Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: da luglio a dicembre l´Unione sarà retta da una presidenza dimezzata, espressione di un´Italia azzoppata.




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