Pagina iniziale |
Rassegna stampa locale |
Rassegna stampa nazionale |
Approfondimenti |
Da FAMIGLIA CRISTIANA 8 giugno 2003 I dati del "Rapporto annuale" di Amnesty International Diritti umani violati di Marco Bertotto Chi volesse celebrare il funerale dei diritti umani deve attendere. Per un altro anno Amnesty ha documentato abusi dei diritti umani, svolto missioni in 72 Paesi, portato sollievo, speranza e aiuto concreto a migliaia di vittime di arresti arbitrari, processi sommari, condanne ingiuste, torture, minacce di morte o di sparizione. Il Rapporto di quest’anno contiene informazioni su 151 Paesi. Dati come sempre preoccupanti: esecuzioni extragiudiziali in 42 Paesi, sparizioni in 33, maltrattamenti e torture in 106, prigionieri di coscienza in 35, condanne a morte in almeno 31, abusi dei diritti umani commessi dai gruppi armati di opposizione in 32. Il 2002 è stato caratterizzato a livello globale dalla forsennata ricerca della sicurezza: per alcuni Stati, non per l’umanità intera. Una sicurezza che ha reso il mondo insicuro come mai dalla fine della "guerra fredda", che ha scavato fossati, prodotto odio, discriminazione, paura, violazioni dei diritti umani: attraverso l’indebolimento dello Stato di diritto e della sicurezza collettiva basata sul diritto internazionale, una giustizia di seconda classe per alcuni gruppi etnici, leggi che criminalizzano il dissenso, la riduzione a "terrorismo" di movimenti che si battono per il riconoscimento dei propri diritti nazionali e culturali e la manipolazione che trasforma in "guerra al terrorismo" quelle che sono e restano brutali violazioni dei diritti umani. La "dottrina della sicurezza" ha causato violazioni dei diritti umani ovunque. In Europa ha favorito l’adozione di legislazioni restrittive sull’asilo politico; nel Regno Unito l’"Atto antiterrorismo" ha consentito la detenzione senza accusa né processo, a tempo indeterminato, di cittadini stranieri ritenuti terroristi sulla base di prove segrete: alla fine del 2002, 11 di queste persone erano ancora in stato di detenzione. Molti Paesi hanno inasprito o introdotto nuove leggi contro il terrorismo, altri hanno consegnato agli Usa persone sospettate di terrorismo senza pretendere garanzie sul loro trattamento. A Guantanamo gli Usa hanno negato a oltre 680 persone il diritto di contestare la legalità della detenzione, trattandole in condizioni che in alcuni periodi sono risultate crudeli, inumane e degradanti. Il Rapporto segnala poi alcune situazioni particolarmente gravi. In Colombia ci sono stati più di 500 scomparsi, 4.000 omicidi a sfondo politico, 350.000 profughi, 2.700 sequestri, 172 sindacalisti assassinati in un anno. L’Australia ha presentato al mondo la sua "ricetta" sull’asilo politico: carcere obbligatorio e deportazione di 1.800 richiedenti asilo a Nauru, Papua Nuova Guinea e isole Christmas. Lo Zimbabwe è stato teatro di arresti, torture, detenzioni senza processo, assalti di bande al servizio del Governo, inauditi attacchi alla libertà d’informazione. La sofferenza della popolazione civile palestinese e israeliana si è acutizzata: gravi violazioni del diritto internazionale umanitario sono state commesse tanto dall’esercito israeliano quanto dai gruppi armati palestinesi. Uno scenario tetro, dunque, ma parziale. La situazione dei diritti umani nel mondo non sta peggiorando inesorabilmente. La lotta all’impunità ha fatto un decisivo passo avanti a livello mondiale con l’entrata in vigore dello Statuto della Corte penale internazionale. In Sierra Leone si è insediato un tribunale speciale patrocinato dall’Onu, mentre nello Sri Lanka le forze armate e i ribelli hanno raggiunto un cessate il fuoco dopo 19 anni. In Russia è stato rilasciato Grigory Pasko, il giornalista simbolo della campagna per un giornalismo indipendente; nel Myanmar sono stati scarcerati circa 300 oppositori politici. Ombre e luci, dunque. Una pesante ombra è quella che avvolge i numerosi conflitti dimenticati, su cui la comunità internazionale ha un atteggiamento non solo passivo, ma complice: i Paesi del G8 sono in prima fila nell’alimentare, col commercio di armi, vere e proprie carneficine. Che sicurezza è quella che fa incancrenire i conflitti? Non
sarebbe il caso di affrontare le reali cause dell’insicurezza: povertà, traffico
d’armi, proliferazione di malattie prevenibili, assenza di una dimensione
sociale della globalizzazione? Ciò che fa sentire la gente insicura non può
rendere gli Stati più sicuri. Marco Bertotto |