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Da FAMIGLIA CRISTIANA del 3 marzo 2002

Nomine RAI, pluralismo nell'informazione e conflitto d'interessi

É finita la commedia degli equivoci

di Adriano Sansa

Il presidente Ciampi ha detto: "Non esiste democrazia senza pluralismo nell’informazione". Se siamo d’accordo, dobbiamo ritenere che se è stato eliminato il pluralismo, la democrazia è perduta; se è stato ridotto, è indebolita.


Fragile. Giovane. Questa è la nostra democrazia, nata dopo l’oscuro tempo del fascismo, disegnata da una Costituzione frutto di dolore e ritrovata concordia, di affermazione della libertà di ogni persona e insieme del valore della solidarietà. Eppure questa democrazia così vulnerabile si permette di correre rischi temerari.

Ci guardano con attonito stupore gli anglosassoni. Scrive il settimanale Time: il fatto che diventi sindaco di New York l’imperatore di media Bloomberg è piccola cosa in confronto al primo ministro italiano che possiede le tre principali Reti televisive private del Paese. Meglio immaginare, suggerisce il giornale, il maggiore azionista della Cbs e della Nbc che diventa presidente degli Stati Uniti e poi rifiuta di rinunciare alla sua quota in quelle Reti. E ora, aggiunge Time, Berlusconi estende il suo potere sulle Reti pubbliche.

La cosa appare enorme agli osservatori dell’antica democrazia americana, nella quale il presidente Nixon fu costretto a dimettersi per un atto illegale.

L’incompatibilità, anzi la mostruosità del controllo di tutto il sistema televisivo nazionale – cui si aggiungono giornali e case editrici – è resa più grave dalla pendenza di gravi imputazioni, dalla polemica con la giustizia, dalle leggi approvate ad personam. L’insieme è così pesante che si può ormai parlare di una tendenza a disporre di tutto il potere, al di fuori dei consueti controlli, del gioco di pesi e contrappesi che caratterizza una democrazia.

Non è questione di maggioranza e opposizione né di Destra o Sinistra. Il confronto e l’alternanza si possono svolgere in un quadro di istituzioni solide, riconosciute e lealmente accettate da tutti; le strutture della democrazia, che nascono e si sviluppano a fatica nei secoli, sono una premessa e una condizione del libero svolgimento di elezioni, di cambiamenti di maggioranze e di Governi. Chi tocca la separazione dei poteri, l’indipendenza della magistratura, non esalta la sovranità del Parlamento o l’autorevolezza dell’Esecutivo, ma le distorce e intacca la roccia sulla quale deve fondarsi la democrazia.

Chi elude la Costituzione, che proibisce il monopolio anche dell’informazione, come la Corte costituzionale ha affermato, comanda anziché governare. Solo la faziosità può accecare i cittadini al punto da spingerli a permettere alla loro parte di disfare lo Stato, non vedendo che così scavano sotto al terreno che regge i diritti di tutti, al di là del contingente prevalere dell’una o dell’altra maggioranza. E solo la miopia può indurre l’opposizione a trattare la divisione clientelare delle nomine alla Rai: nessuna nomina può accontentare nessuno finché non sia risolto il conflitto che fa di Berlusconi non un presidente, ma un padrone, e di noi, dei cittadini menomati.

Non c’è più margine per posizioni equivoche: la Sinistra non ha legiferato sulle Televisioni, sulle incompatibilità, sulle rogatorie, sebbene ne avesse diritto e dovere, per debolezza e speranza di ambigui patteggiamenti. È giusto che essa paghi e sia stata punita dagli elettori. Ma non è giusto che ora sia il Paese a pagare. Quelle leggi vanno fatte seriamente, subito.

Ha detto il presidente Ciampi: non esiste democrazia senza pluralismo nell’informazione. Se condividiamo, dobbiamo ritenere vera anche la proposizione: se è stato eliminato il pluralismo, la democrazia è perduta; se è stato ridotto, la democrazia è indebolita.

Ciò è avvenuto, in effetti, ma la maggioranza di noi sembra aver preso con una certa indifferenza, o con soddisfazione, la propria riduzione a una condizione modernamente servile.




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