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Da LA REPUBBLICA del 2 dicembre 2003

Il costituzionalista critica pesantemente la Gasparri: "È fatta a uso e consumo di Sua Emittenza".
Non è una riforma, ma una pietra tombale sul pluralismo informativo

Anche Sartori spera in Ciampi
"Questa legge è vergognosa"

di Goffredo De Marchis

ROMA - "È la pietra tombale del pluralismo". Giovanni Sartori, da New York, si prepara ad assistere al misfatto: l´approvazione della legge Gasparri, "una legge vergognosa". La partita, secondo il costituzionalista, non potrà essere riaperta da un referendum popolare. "Solo Ciampi - è il suo ennesimo appello - può evitare che si chiuda la saracinesca sulla libertà d´informazione". Perché parla di legge vergognosa? "Perché è fatta su misura di Sua Emittenza, a suo uso e consumo. Come tante altre, del resto. Basterebbe guardare ai tempi di approvazione. La fretta è legata alla scadenza del 31 dicembre, quando Rete4 dovrebbe andare sul satellite. Non a caso Rete4 è di Berlusconi". Alle obiezioni della minoranza e di tanti costituzionalisti il ministro delle Comunicazioni Gasparri ribatte: con il digitale terrestre il mercato si apre, la libertà cresce. "È l´unico argomento che può utilizzare e che infatti utilizza a ogni pie´ sospinto. Ma è un argomento fasullo". Perché? "Per due motivi. Il primo: questo discorso del digitale è a futura memoria. Futura e lontanissima memoria, per dirla tutta. Gli esperti infatti concordano nell´affermare che il digitale diventerà centrale nel mercato tra il 2010 e il 2012, cioè tra un decennio. E Gasparri che fa? Ammazza il pluralismo oggi per dire che poi si salverà tra dieci anni? È un ragionamento che non regge. Senza contare che da qui al 2010 la situazione sarà ancora più compromessa. Il digitale è molto costoso e in questo lasso di tempo l´unico imprenditore che sarà in grado di sopportare i costi di questa rivoluzione tecnologica è Berlusconi. Lo dicono i bilanci, non io. Oggi come oggi Fininvest-Mediaset capitalizza 10 miliardi di euro, tutti gli altri editori messi insieme arrivano a malapena a 3 miliardi. È una sproporzione schiacciante che porta a un unico risultato: lui può mangiare tutti, nessuno può mangiare lui. Il maggior singolo antagonista di Berlusconi è De Benedetti. Bene. Il suo gruppo, nel 2002, ha registrato un utile netto di 60 milioni di euro, mentre l´utile di Pubblitalia è stato di 362 milioni di euro, sei volte tanto. A fronte di queste cifre come si fa a dire che quando arriva il digitale altri imprenditori potranno entrare nel mercato televisivo? Gasparri ci racconta soltanto una favola per i gonzi". In sostanza, il pluralismo viene soffocato oggi e tra dieci anni la situazione potrebbe addirittura peggiorare? "Esatto. La Gasparri consentirà a Berlusconi di comprare anche dei quotidiani e l´impero è così destinato a diventare ancora più grande e invasivo. Che è grave di per sé, ma è più grave pensando che Berlusconi è e potrà anche restare il presidente del Consiglio. In tale veste lui è un monopolista che controlla tutti i mezzi di comunicazione e che quindi manipola come vuole l´opinione pubblica. È l´aspetto gravissimo del caso italiano". Qual è il secondo motivo? "Lo ha esposto con chiarezza su Repubblica il costituzionalista Alessandro Pace. Per la Corte costituzionale "il pluralismo televisivo va calcolato sull´analogico terrestre. Il digitale non può essere un pretesto per eludere la sentenza". Insomma, l´analogico è la realtà di oggi, il digitale è cosa del futuro. In attesa restiamo 10 anni senza pluralismo?". I giochi però sembrano fatti. Come si potrà porre rimedio? Promuovendo un referendum? "Come si fa a vincere un referendum senza la televisione, anzi con quasi tutto il sistema televisivo contro? Si può pensare di vincerlo solo con il sostegno di Repubblica? Il mio ottimismo non arriva a tanto". È possibile invece un ricorso alla Consulta? "Il ricorso alla Corte costituzionale si può fare, certo. Ma se il presidente della Repubblica Ciampi firma la legge senza battere ciglio manda un segnale lampante alla Corte e così la condiziona". Allora tutto è nelle mani del capo dello Stato? "Sì, lui può riaprire la partita. E stavolta ha uno strumento in più: la scadenza di calendario. Il Quirinale, da quando riceve il testo approvato dal Parlamento, ha trenta giorni per firmarlo. Se usa il tempo di cui dispone si va al nuovo anno e salta il tentativo di salvare Rete4 prima del 31 dicembre. Quello che voglio dire è che Ciampi, in questo caso, ha un potere aggiuntivo. Spero che lo usi. Se Ciampi non firma o fa trascorrere tutto il tempo a disposizione, allora i giochi si riaprono. Se invece firma il giorno dopo, come ha fatto con il Lodo Schifani, la partita è pressochè persa".




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