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E’ il 18 marzo del 1314, a
Parigi, quando su una piccola isola del fiume Senna vengono arsi sul rogo
l’ultimo Gran Mestro dei Cavalieri Templari Jacques de Molay ed altri dignitari.
Tanti sono i misteri ancora insoluti che avvolgono questo potentissimo Ordine di
monaci-guerrieri.
In cosa consisteva il loro terribile segreto?
Quale terribile "segreto" difese con tale accanimento fino ad immolare la
propria vita Jacques de Molay? Egli urlò ai suoi inquisitori, il 26 novembre del
1308: <<Mi piacerebbe dirvi certe cose, se soltanto non foste le persone che
siete, e se foste autorizzate a sentirli>>. Era forse il Graal, simbolo della conoscenza, ad essere così gelosamente
custodito dall’Ordine? Il Santo Graal, scrive Introvigne: "non sarebbe solo il
sangue più nobile, destinato a regnare sul mondo intero, ma – a chi sappia
entrare in contatto con l’energia che sprigiona attraverso appositi rituali –
garantirebbe perfino l’immortalità" (Il mito del Graal in "Storia", n. 130,
settembre 1998).
Robert Charroux ne: "Il libro dei segreti traditi" (Milano 1969) scrive: "I
Templari erano considerati come i depositari e i continuatori di un <<mistero>>
di un’importanza capitale e del quale nessun profano – fosse pure il re di
Francia – doveva essere informato". Da una dichiarazione resa al processo si
viene a conoscenza di un fatto sbalorditivo.
L’11 aprile 1309 fu chiamato come testimone il maestro Radulphe de Praellis,
giureconsulto, che affermò, sotto giuramento, che un cavaliere templare, di nome
Gervais della Commenda di Laon, gli aveva svelato che vi era nell’Ordine un
terribile segreto di tale importanza che: <<avrebbe preferito perdere la testa
piuttosto che rivelarlo; un punto così segreto che se il Re di Francia lo avesse
visto, sarebbe stato messo a morte dai Templari che custodiscono il capitolo>>.
A mio modesto parere il terribile segreto custodito dai Templari non verrà mai
svelato, oppure c'è qualcuno che lo
conosce ma non ha nessuna intenzione di renderlo noto. Ad ognuno di noi resta la
libertà di pensarla come vuole.
Cosa si sa oggi di questi cavalieri?
Almeno a questa ultima domanda si può, forse, rispondere con quanto attesta il
poco conosciuto "Documento Rubant", che si basa su un testo datato 11 aprile
1308. Questo documento afferma, tra l’altro, che Filippo il Bello quando arraffò
i documenti templari, senza saperlo, si impossessò di "autentici falsi, prodotti
molto tempo prima, nel caso avvenisse un attacco incontrollabile ed
imprevedibile all'Ordine". Dunque, se il documento Rubant è vero, come sembra
esserlo, sebbene sia sconosciuto alla maggior parte degli storici, della Milizia
del Tempio si sa ancora poco, visto che si sono
studiati solo dei falsi.
Alcuni storici sono del parere che esisteva una società segretissima ai vertici
dell’Ordine e quelli dichiarati ufficialmente Gran Maestri non furono i veri
capi dell’Ordine. Del resto come spiegare altrimenti quanto disse, nel corso
dell’interrogatorio, il Gran Maestro Jacques de Molay e cioè: <<Io sono solo un
povero cavaliere illetterato>>?
Gli fece eco il precettore d’Aquitania e di Poitou, Geoffroy de Gonnoville, che
dichiarò: <<Sono illetterato e quindi incapace di difendere l’Ordine>>. Jean
Marquès-Rivière scrisse, che: <<Esisteva in seno ai Templari un gruppo che
perseguiva scopi segreti di potenza, sostenuti da un esoterismo rigoroso>>.
Robert Ambelain fu della stessa opinione e lo storico tedesco Wilke, si spinge
ancora più in là e dà, a tale gruppo, il nome di "Tempio Nero".
Esiste il favoleggiato tesoro dell’Ordine?
Federico II venne a conoscenza di qualcosa di terribile che celò in un
anagramma, ancora oggi indecifrato. Nel suo Castel del Monte, in Puglia,
interamente costruito secondo l’architettura del Tempio di Salomone (ecco le
quattro misure chiave: 60 – 30 – 20 – 12 cubiti), su una scultura femminile
attorniata da cavalieri fece incidere queste misteriose lettere: D8 I D CA D BLO
C L P S H A2. In questa enigmatica formula, riportata da Robert Charroux, è
celato il segreto Di Federico II e di Castel del Monte.
Ancora occulti e indecifrabili segreti. Enigmi irrisolti come quello relativo al
favoloso tesoro dei templari. Essi avevano raggiunto una grande ricchezza, si
mormorava che praticassero l’arte dell’alchimia. Nello scorso secolo una
strabiliante scoperta diede maggiore credito a questa ipotesi; furono trovate,
dove avevano sede due importanti commende dell’Ordine, in Borgogna, ad Essarois,
e in Toscana, a Volterra, due antichi piccoli scrigni, illustrati con figure e
simboli alchemici. Lo studioso von Hammer affermò che gli scrigni erano senza
dubbio di origine templare.
Un’altra eccezionale scoperta la si deve a Theodor Mertzdorff, insigne studioso
tedesco che, nel 1877, diede alle stampe un documento templare, ritrovato ad
Amburgo, che raccoglieva una serie di regole.
Ecco cosa dice l’articolo 19: "E’ fatto divieto, nelle commende, in cui tutti i
fratelli non sono degli eletti o dei consolati, di lavorare alcune materie
mediante la scienza filosofale, e quindi di trasmutare i metalli vili in oro o
in argento. Ciò sarà intrapreso soltanto in luoghi nascosti e in segreto".
Si racconta che l’ultimo Gran Maestro de Moley scelse il villaggio francese di
Arginy per far nascondere il "tesoro" dell’Ordine da due cavalieri. Arginy negli
oscuri sotterranei del suo castello, che poggia sopra una ragnatela di gallerie
segrete, che Daniel Réju descrive: <<isolato nella pianura, tra Aone e
Beaujolais>>, deve celare qualcosa di inimmagginabile. La "Torre delle Otto
Bellezze", anche detta la "Torre dell’Alchimia" per i misteriosi segni magici e
simboli alchemici disegnati su quei mattoni, è la costruzione più antica del
castello e fu oggetto di lunghe visite di studiosi ed esoteristi, tra cui, due
personaggi d’eccezione, Eugéne Canseliet e Armand Barbault.
Cosa questi alchimisti trovarono o decifrarono non fu detto. Il favoloso
"tesoro" dei Templari rimane ancora un mistero insoluto o potrebbe aver ragione
André Douzet quando scrive: "Forse l’autore francese Robert Charroux trovò la
chiave quando decifrò questo passaggio dal libro di Breyer: <<Pensa
intensamente: la grande arte è Conoscenza>>".
La conoscenza di misteri sublimi e oltremodo pericolosi se ancora oggi sono
sigillati in un fitto "segreto".
E’ un segreto inviolabile che sembra riecheggiare le parole di Ja’far Sadiq (ob.
148/765): "La nostra causa è un segreto velato in un segreto, il segreto di
qualcosa che rimane velato, un segreto che solo un altro segreto può insegnare:
è un segreto su un segreto che si appaga di un segreto".
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