John Lennon

(di Mario Parodi)


Antico cuore d'Inghilterra
galeoni gonfi
di salsedine vincente,
gabbiani tersi
verso i lividi
mari del Nord,
minatori decisi
a scavare il futuro
dell'Europa

Liverpool,
nebbia che scende
felpata
su lampade
di Aladino
guizzanti
nei ricettacoli
della genialità.

Sparviero
che torna austero
da sabbie mobili,
corpuscoli
che diventano
statua michelangiolesca.

La gioventù
compra assetata
il biglietto
per lo spartiacque
dei fiori.

Le notti
vivono
i falò
arabescati.

Lo sgretolamento
della montagna
incantata
scaraventa
l'asteroide
sulle pendici
del divino
Fujiama.

Nuova linfa
palpita
nell'amplesso
dell'incenso di loto.

E' un gioco
fluente
di oli di girasoli,
di ambiguità stellari.

Tutti i pori della pelle
sono mantice
di voluttà sublime.

I gatti miagolano compiaciuti
su tetti argentati.

Il jet
perfora
la crudele notte
del Pacifico.

La stereotipata
sorgente di luce
di Manhattan.

Il fascino aggrovigliato
del potere,
rete di orche
e di pirana.

Ape regina
fra tasti e terminali,
antenne esauste
di segnali,
lo scorpione
colpisce
col suo aculeo
mortale.

Si muore
in un freddo
cimitero
di cristalli.