In Italia
L'Italia, con la legge n. 589 del 13/10/1994 pubblicata sulla G.U. del 25/10/1994, è diventata un paese totalmente abolizionista. Questo risultato è stato ampiamente determinato da una campagna lanciata dalla Sezione Italiana di Amnesty International nel 1989, cui hanno aderito esponenti delle istituzioni, singole personalità, organizzazioni abolizionistiche laiche e religiose.
L'Italia era già stato un Paese abolizionista per quasi 40 anni, dal 1889 (adozione codice Zanardelli) al 1926 (anno della reintroduzione della pena di morte per alcuni reati contro lo Stato).
Il Codice Penale del 1931 estese l'applicazione della pena capitale ad una serie di reati comuni.
Nel 1944, il decreto legge n. 159 del 27 luglio, introdusse la pena di morte per reati di fascismo e collaborazione con i nazifascisti, mentre il decreto legge n. 224 del 10 agosto la abolì per tutti i reati previsti dal codice penale del 1931. Il 10 maggio 1945, con decreto legge n. 234, la pena capitale entrò in vigore come misura eccezionale e temporanea di mantenimento dell'ordine pubblico. Dal 25 aprile 1945 al 5 marzo 1947 vi furono 88 esecuzioni di collaborazionisti. Le ultime tre fucilazioni ebbero luogo nel marzo 1947.
La pena di morte venne abolita per i reati comuni e per i reati militari in tempo di pace dalla Costituzione della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947 il cui art. 27 dice: "Non è ammessa la pena di morte tranne che per i casi indicati dalle leggi militari in tempo di guerra", casi non più previsti dalla citata L. 589/1994.
A partire dal 1994 L'Italia ha svolto un ruolo di primo piano a livello internazionale, sollevando il problema della pena di morte a più riprese e proponendo, in varie sedi intergovernative, l'adozione di misure e politiche abolizioniste.
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