LA CIVILTA'
LA CIVILTA'
Egizia



Gli Dei

Dice Erodoto nella sua Storia che gli Egizi sono i più religiosi di tutti gli uomini: quest'opinione dello storico greco era giustificata dall'infinito numero di divinità venerate in Egitto. I testi delle Piramidi separano espressamente tutti gli dèi dei "nomi " e tutti gli dèi delle città. In Heliopolis, la città santa, venivano adorate nove divinità importanti (la cosiddetta Enneade) gerarchizzate e tra loro complementari. Al vertice dell'Olimpo egiziano è Ra, il sole, il grande creatore; suoi figli sono Shu, l'aria, e Tefnut, l'umidità; suoi nipoti sono il dio Gebb, la terra, e la dea Nut, il cielo, che hanno generato Osiride (dio della fecondità e re dell'oltretomba) e sua moglie Iside, Seth e Neftis. Il culto solare di Ra si affermò soprattutto con i Faraoni della IV dinastia: ne è documento la costruzione delle piramidi, monumenti solari, che testimoniano l'estendersi di tale culto alle dottrine funebri; inoltre, da allora i faraoni assunsero l'appellativo di figlio di Ra. La dea Nut, la volta celeste, è rappresentata in forma di donna, col corpo curvo sul suo sposo Gebb, la terra. Il suo corpo è percorso dal sole e ricoperto di astri. Altro dio del sole, raffigurato col corpo di falco, è Horus, colui che presiede ai due occhi, il sole (l'occhio destro) e la luna (l'occhio sinistro). Horus non è il solo dio ad avere caratteristiche zoomorfe. Sobk ha la testa di coccodrillo; Bastet, la dea della gioia, ha la testa di gatto; Thoth, dio della saggezza, ha la testa di ibis; Hathor che, come Nut, simboleggia la volta celeste, ha talora tutto il corpo di vacca, talora solo il capo o le corna. Presso i templi di queste divinità erano allevati animali sacri trattati con ogni onore mentre erano in vita, e imbalsamati dopo la morte. Il più celebre di tutti è il toro Api, adorato a Menfi, patria del dio Ptah; il toro Api viene identificato con questo dio, come più tardi lo sarà con Osiride. Unicamente antropomorfi sono invece gli dèi Iside, Osiride e Amon, che soppianterà nel culto ufficiale Ra, quando la sua patria di origine, Tebe, diverrà capitale (periodo del nuovo impero).


La dea Iside con in mano una tavoletta del culto con maschera del dio Hator


Il mito di Osiride

Osiride e Iside, la coppia divina più venerata in Egitto, è legata al mito più noto ed antico. Gebb, il dio della terra, e Nut, la dea del cielo, avevano generato due figli, Osiride e Seth, e due figlie, Iside e Neftis. Iside sposò Osiride, e Neftis sposò Seth. Osiride governava con saggezza la terra ereditata dal padre: Non appena re, strappò subito gli Egiziani dalla loro grama esistenza di animali selvatici, fece loro conoscere i frutti della terra, diede loro le prime leggi, e insegnò a rispettare gli dèi. Più tardi, percorse tutta la terra per civilizzarla. Ciò destò la gelosia di Seth, che volle uccidere il fratello. Fece costruire un cofano riccamente decorato, delle esatte misure di Osiride, e lo fece portare durante un banchetto, fra i convitati, promettendo di donarlo a quello di loro che vi si fosse potuto adagiare perfettamente. Quando fu la volta di Osiride di provare, i partigiani di Seth posero il coperchio sul cofano e lo sigillarono, rinchiudendovi il dio; poi lo gettarono nel fiume. Iside, che ignorava la sorte dello sposo, percorse tutto l'Egitto, piangendo, alla sua ricerca, finché ne trovò la salma. Il dio Ra, udendo i lamenti di Iside, mandò sulla terra il dio Anubi, che avvolse in bende il corpo di Osiride, dopo averne ricomposto le membra fatte a pezzi da Seth, e gli diede sepoltura. Iside agitò le ali sopra lo sposo, ed egli prese a respirare; ma non potendo più vivere sulla terra, visse e fu re nel regno sotterraneo dei defunti. Poco dopo nacque ad Iside un figlio, Hòrus che, volendo vendicare il padre, condusse una lunga lotta contro Seth. Le lotte fra Horus e Seth adombrano le lotte predinastiche fra i due grandi partiti che raggruppavano, l'uno, i " nomi " partigiani di Horus, nel Basso Egitto, l'altro, i " nomi " obbedienti a Seth, nell'Alto Egitto.


La dea Serket,protettrice dei morti, la dea Iside, il dio Khefri dalla testa di scarabeo (a sinistra); oltre la porta Osiride e Atum; a destra Hator e il dio Horus dalla testa di falco


Il culto dei morti

Il mito di Osiride è stato creato per dare una spiegazione dei riti funebri riguardanti il re. Lo smembramento del cadavere di Osiride diviene il punto di partenza di una risurrezione: così, anche il corpo del faraone morto viene avvolto in bende e preservato dalla decomposizione mediante l'imbalsamazione, perché egli possa rivivere e andare vivo in cielo, presso Ra. Ma il re deve meritarsi questo alto destino e il suo arrivo al cielo diventa subordinato a un giudizio delle sue azioni davanti al tribunale di Ra. Anche i membri della famiglia reale partecipano del destino del faraone: essi possiedono una tomba vicina alla sua.


I templi

In una società in cui si attribuiva tanta importanza al culto dei morti, la maggior parte dei templi sono funerari: costruiti cioè col duplice scopo di onorare la divinità e di offrire un'adeguata sepoltura a un re o a un grande della corte. Di questi templi ricordiamo quello di Memnone, fatto costruire presso Tebe da Amenofis III, e il cui ingresso era adorno dei due colossi di pietra che ancor oggi rimangono; il Ramesseum, innalzato da Ramses II, a nord-ovest del tempio di Memnone; il tempio di Deir-el-Bahari, ideato dall'architetto Senmut, prediletto dalla regina Hatscepsut; infine, il tempio di Medinet Habu, anch'esso situato nella necropoli tebana. Naturalmente, vi erano anche altri templi, come quelli di Tebe e Abido, di cui sono rimasti molti avanzi. Tutte queste costruzioni grandiose ed imponenti erano in pietra, ed erano precedute da viali fiancheggiati da sfingi, ornate di sculture, di colonne, di affreschi, di iscrizioni in caratteri geroglifici. Presso ogni tempio vivevano molti sacerdoti, che venivano preparati in apposite scuole, o centri culturali annessi ad ogni santuario, chiamate case di vita.


L'istruzione

Nelle " case di vita " si compiva anche l'istruzione degli scribi e quella dei medici. In un paese in cui la burocrazia imperava, c'era molto bisogno di segretari e funzionari che redigessero continuamente relazioni e documenti: di qui la grande importanza sociale dello scriba, che " guida i lavori di tutti gli uomini " e che " lavorando lui stesso nel campo delle scritture, non ha imposte da pagare ". Lo scriba esercita dunque un'attività proficua, che presenta molteplici vantaggi: egli è un uomo stimato e rispettato, senza le preoccupazioni materiali proprie di chi si dedica ad altre professioni. Inoltre, egli è una persona colta, che ha " la sapienza dei libri stampata nel cuore ". Un saggio ammonisce il figlio che frequenta la scuola per diventare scriba, di " amare i libri più della sua madre stessa ". E in effetti gli scribi furono anche scrittori e diedero notevoli contributi alla letteratura egizia. Gli scribi non sono necessariamente sacerdoti. I medici, invece, hanno tutti carattere sacrale, e sono sacerdoti di Sekhmet, la temibile dea dalla testa di leonessa, sposa di Ptah, che, adirata, provoca le epidemie. Presso il santuario della dea c'era una celebre scuola di medicina.


La scrittura geroglifica

Già all'inizio della sua storia (XXXII secolo a.C.) l'Egitto possedeva un sistema di scrittura evoluto. Le testimonianze sono innumerevoli: dalle iscrizioni dei templi alle steli, dai sarcofagi agli oggetti di uso quotidiano. La probabile spinta a elaborare un sistema grafico venne dallo sviluppo delle scienze (astronomia, matematica e medicina) e di un sistema statale vasto e complesso nel quale la burocrazia aveva bisogno di annotare, archiviare e trasmettere una gran quantità di informazioni (leggi e ordini, entrate e uscite, provviste immagazzinate, ecc.). L'esempio venne dai popoli della Mesopotamia che avevano elaborato il sistema cuneiforme. La lingua parlata apparteneva al gruppo degli idiomi camito- semitici. Nel corso dei secoli si evolse in varie fasi. L'egizio antico, in uso fino alla VIII dinastia (2100 a.C.), si evolse nell'egizio classico che durò fino al periodo di Tutankhamen (XIV secolo a.C.). Fino alla XXV dinastia (VI secolo a.C.) fu in uso il neo-egizio al quale seguì, per dir così, una scissione: il tardo egizio e quello arcaicizzante. Entrambe queste forme restarono in uso fino al 470 d.C.: la prima era la lingua corrente, mentre la seconda era la lingua dei dotti. Parallelamente alla lingua parlata, anche la lingua scritta attraversò diverse fasi di trasformazione. Dato l'isolamento geografico del Paese, i segni dei geroglifici furono tratti dall'ambiente del Nilo. Dai trecento della fase arcaica (I-III dinastia) arrivarono a oltre settecento nel periodo dell'egizio classico. In questa forma altamente evoluta furono scritte tutte le più grandi opere letterarie. Inizialmente queste erano di natura esclusivamente religioso-funeraria: il più noto esempio sono gli inni e i miti contenuti nei "Testi delle Piramidi".


Una pagina tratta dal Libro dei Morti, una raccolta di versi, formule magiche e scongiuri che veniva collocata nelle tombe perché accompagnasse i defunti nel loro viaggio nell'aldilà

Col Medio Regno, invece, abbondano le opere di fantasia, o romanzesche, come le celeberrime "Avventure di Sinuhe". Nell'ultima fase i geroglifici scomparvero dall'uso comune e restarono solo nei templi, utilizzati da dotti e sacerdoti come la lingua arcaicizzante, con segni spesso diversi da quelli usati in precedenza. Insieme alla scrittura geroglifica venne sviluppandosi una grafia più stilizzata che meglio si adattava allo scrivere manuale: il corsivo dei geroglifici per intenderci. I Greci chiamarono questa grafia "ieratica", cioè sacerdotale, per distinguerla dalla grafia "demotica" (cioè popolare) che si discostò ancora di più dal modello originale e fu in uso nel periodo greco-romano. La maggior parte delle iscrizioni che si osservano nel corso delle visite in Egitto sono quelle geroglifiche.


L'arte

L'arte, come le altre manifestazioni della civiltà egizia, è del tutto originale, perché gli Egiziani non la desunsero da altri popoli, e le diedero invece le caratteristiche di creazione tutta propria. La creazione artistica, in Egitto, assolve compiti ben determinati: il suo scopo può essere il culto divino, o la propaganda politica (del faraone e delle sue imprese), o ancora il culto dei morti. Fin dalla III dinastia, gli architetti egiziani si distinguono per l'abilità nel superare le difficoltà insite nelle monumentali costruzioni in pietra, quali le piramidi, gli obelischi, i templi. In particolare stupiscono, per la perfetta esecuzione, le piramidi della IV dinastia, ma di non minore valore artistico sono le costruzioni di templi del Medio Impero e del Nuovo Impero, quali quelle di Deir-el-Bahari, di Karnak, di Luxor e gli altri già menzionati. La stessa abilità nel trattare il granito si riscontra anche nelle sculture (i colossi di Memnone e la Sfinge ne sono un esempio) . Interessanti sono le molte statue in calcare rappresentanti scribi, e i gruppi familiari di dèi o di re, cari all'iconogra- fia ufficiale. A Torino, nel famoso Museo Egizio, si trovano le statue di Thutmose I, di Amenhotep II, di Thutmose III, di Tutankhamon, di Ramses II. Ma l'opera forse di maggiore rilievo sul piano artistico è la testa della regina Nefertiti, in arenaria dipinta, proveniente da Tell-el-Amarna, ed ora al Museo di Berlino.


Il mistero delle piramidi

Immaginiamo di risalire la valle del Nilo e di sostare presso alcuni monumenti dell'Egitto antico. A Giza, poco a sud del grande delta del fiume, il visitatore vede stagliarsi all'orizzonte le più grandi piramidi, quelle di Cbeope, di Chefren e di Micerino. Si può ancora condividere la meraviglia di uno storico greco del V secolo a. C., Erodoto, che descriveva l'imponenza della piramide di Cheope:

Cheope costrinse tutti a lavorare per lui. Lavoravano in centomila uomini che si sostituivano ogni tre mesi. Dieci anni accorsero per la costruzione della strada lungo cui trascinavano le pietre. Per la costruzione della piramide il tempo fu di venti anni. Essa è quadrata; ogni lato ha un fronte di 24,64 metri ed è di uguale altezza. E' di pietre levigate e combacianti alla perfezione; nessuna pietra è inferiore a trenta piedi.

Anche ai nostri giorni un egittologo esprime un'ammirazione simile a quella dell'antico storico. Le grandi piramidi dicono da sole quali siano le energie, quali le risorse economiche, quali i progressi tecnici del Paese e quale la gloria dei re che ne impersonano le capacità di organizzazione. Le piramidi non racchiudevano solo la camera in cui era sepolto il sovrano defunto, ma anche corridoi ciechi, sale e vani, che servivano a deviare i ladri che volevano impadronirsi dei tesori.


Pare fosse abbastanza frequente la violazione delle tombe e la ricerca delle ricchezze poste in esse, tanto che dalla metà del secondo millennio a.C., le sepolture dei faraoni furono scavate nella roccia. Risalendo il corso dei Nilo, si arriva al luogo in cui sorgeva una capitale, Tebe. Presso l'antica città si trova la Valle dei Re, dove sono state ritrovate più di sessanta tombe. Scavate nella roccia, esse dovevano rimanere segrete; la gloria e la celebrazione dei faraoni erano affidate a magnifici templi, che erano costruiti lontano dalle sepolture. In realtà, non si sa con certezza il motivo per cui fu scelto il luogo roccioso della Valle dei Re: la ricerca di sicurezza è un'ipotesi, che trova conferma in alcuni testi e nella scoperta archeologica avvenuta solo alla fine del secolo scorso.


Interno della tomba di Ramesse IV, una delle tombe della Valle dei Re

L'imponenza e la perfezione architettonica sono le caratteristiche esterne delle piramidi e dei templi, ma non meno interessante è l'interno dei monumenti funebri. Sulle pareti erano incise figure che rappresentavano per lo più scene di vita quotidiana o scritte: alcune erano celebrative, in altre si sosteneva il diritto del sovrano all'immortalità, in quanto dio tra gli dèi.





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