MILTON ERICKSON E LA SUA OPERA

Erickson nacque nel 1901 e crebbe in una fattoria del Middle West. L'infanzia fu segnata da molteplici handicap. Fin dalla nascita era affetto da daltonismo, dislessia e mancanza del ritmo, fu colpito due volte da poliomelite. La prima volta all'età di diciasette anni fu molto grave: dopo essere uscito dal coma rimase paralizzato. Fu curato in casa sua, nella fattoria.
Milton scoprì da solo il fenomeno della focalizzazione ideodinamica (semplice fenomeno che fa sì che quando pensiamo a una certo comportamento lo agiamo impercettibilmente a livello inconscio): "era seduto su una sedia a dondolo e sentiva un forte desiderio di guardare dalla finestra. La sedia si mise a dondolare nonostante egli fosse completamente paralizzato! Prese a utilizzare il suo metodo muscolo per muscolo, articolazione per articolazione. L'osservazione della sorellina che imparava a camminare gli servì da stimolo e da guida nella sua rieducazione.
In seguito studiò medicina specializzandosi in psichiatria (ma fu fondamentalmente autodidatta nell'ipnosi) e insegnò nel Michigan finché per gravi disturbi allergici si dovette spostare a Phoenix in Arizona in cerca di un clima più asciutto. Qui decise di dedicarsi alla professione privata: laggiù, lontano dai conformismi universitari, ma con il solido sostegno del suo background scientifico, poté finalmente fare quello che voleva, dando libero sfogo alla sua creatività. Nel paese si incominciò a parlare di un modesto psichiatra di Phoenix che riceveva pazienti a casa propria, li faceva attendere in salotto in mezzo ai suoi otto figli, e otteneva risultati incredibili.
A quanto pare la voce arrivò fino a Palo Nord dove l'antropologo Gregory Bateson stava conducendo delle ricerche sui 'paradossi dell'astrazione nella comunicazione'. Beteson mandò due suoi collaboratori – Jay Haley e Richard Weakland – da Erickson. Jay Haley rimase affascinato da questo ipnoterapista e scrisse "Terapie non comuni" che consacrò Erickson come un maestro di terapia.
Milton era capace di indurre in trance a partire da racconti, reminiscenze, episodi della sua vita o altre strane storie e fatti inconsueti che apparentemente non avevano nulla a che fare con il problema specifico del paziente. Il paziente stava lì, ascoltava – a volte rapito a volte annoiato – questi strani monologhi, e poi veniva congedato senza accorgersi che era entrato e uscito spontaneamente dalla trance più volte.
Scopo della sua ipnosi era quello di accedere al potenziale inconscio e alla capacità naturale di apprendere del cliente.
Erickson fu anche il socio fondatore dell'American Society of Clinical Hypnosis e contribuì a dare dignità e scientificità all'ipnosi, collaborò inoltre con Aldous Huxley nella sua ricerca intorno agli stati alterati di coscienza.
Dopo il secondo attacco di poliomelite rimase in carrozzina con le gambe e un braccio paralizzati e morì a 78 anni il 27 marzo 1980, nel frattempo altri suoi allievi ospitati a Phoenix (Haley, Rossi, Zeig) continueranno il suo insegnamento.
L’approccio di Erickson deve molto alla sua personale esperienza e alla riabilitazione che dovette intraprendere.
Trattò gli altri così come aveva trattato se stesso insegnando alla sua mente inconscia a recuperare le risorse perdute e a utilizzare ogni cosa necessaria per giungere al risultato volgendola nel suo positivo.
Una convinzione fondamentale di Erickson fu che l'ipnosi - come aveva potuto verificare - esiste in un gran numero di situazioni della vita quotidiana, non è necessario quindi un rituale specifico, strano o complicato per indurla. Per Erickson l'ipnosi era più che altro uno stile comunicativo che lo seguiva in qualsisi approccio con il cliente. Da questa convinzione deriva l'approccio naturalistico che lo ha reso famoso.
Inoltre Erickson era molto abile nella comunicazione multilivello proprio perché conosceva i multipli significati di molte parole, infatti fino alla 3a elementare era stato un grande lettore di dizionari.
Molti dei primi ricordi di Erickson riguardano il modo in cui, per via di vari problemi di costituzione, le sue percezioni erano diverse da quelle degli altri: per esempio, era daltonico inoltre era affetto da sordità tonale e non poteva né riconoscere né eseguire i ritmi tipici della musica e delle canzoni; era poi a che affetto - da dislessia un problema che indubbiamente la sua mente di bambino non riusciva a capire e che egli riconobbe e capì solo molti, molti anni dopo.
Le incomprensioni, le discrepanze e la confusione che derivavano da queste differenze rispetto alla visione del mondo che era comune e normale negli altri avrebbero potuto menomare il funzionamento mentale di un'altra persona. Nel giovane Milton, invece, queste differenze crearono a quanto pare l'effetto opposto: stimolarono la sua ricerca e la sua curiosità. Ma, cosa più importante, esse portarono a una serie di esperienze inusuali che costituirono la base di una ricerca, durata tutta una vita, sulla relatività delle percezioni umane e sui problemi che ne derivavano, nonché sugli approcci terapeutici riguardanti tali problemi.
Erickson finì con lo scoprire in completa autonomia i fenomeni ipnotici (ideodinamici) nel corso della sua riabilitazione. Sviluppo inoltre una enorme capacità di attenzione e percezione dell’ambiente circostante, in particolare in rapporto ai segnali non verbali quando cercò di rimparare dalla sua sorellina piccola a camminare. In questo periodo che sviluppa la sua tecnica di utilizzazione, cioè di recuperare le proprie risorse inconscie:
Se c'è mai stato qualcuno che ha impersonato l'archetípo del medico malato, colui che impara a guarire gli altri guarendo innanzitutto se stesso questi fu Milton H. Erickson.
L'esperienza più formativa nei suoi primi anni di vita fu a sua prima lotta con la poliomielite all'età di diciassette anni (il secondo attacco lo ebbe all'età di 51 anni). Nel seguente dialogo egli così ricorda quella crisi della sua vita, e la propria esperienza di uno stato percettivo alterato, che successivamente riconobbe essere una sorta di autoipnosi:
Il modo in cui Milton si riprese costituisce uno dei racconti di auto-guarigione e scoperta più affascinanti che io abbia mai sentito. Quando si svegliò dopo quei tre giorni, si trovò quasi del tutto paralizzato: sentiva i suoni molto bene, vedeva e poteva muovere le pupille, poteva parlare, con grande difficoltà, ma per il resto non poteva fare nessun altro movimento. Nella sua comunità rurale non esisteva nessuna struttura per la riabilitazione, e a detta di tutti egli sarebbe rimasto senza l'uso degli arti per tutto il resto della sua vita.
Ma la sua acuta intelligenza continuò a lavorare. Egli imparò, per esempio, standosene tutto il giorno a letto, a fare dei giochi con la mente, interpretando i suoni che gli provenivano dall'ambiente: dal suono che faceva la porta della stalla nel chiudersi, e dal tempo che impiegavano i passi a raggiungere la casa, lui riusciva a dire di che persona si trattava e di quale umore era.
Poi venne il famoso giorno in cui i suoi familiari si scordarono di averlo lasciato solo, inchiodato nella sedia a dondolo (gli avevano costruito una specie di primitivo vaso da notte intagliando un foro nel sedile). La sedia a dondolo si trovava all'incirca nel mezzo della stanza, e Milton, seduto in essa, guardava ardentemente la finestra, col desiderio di esservi più vicino, in modo d'avere almeno il piacere di poter guardare la fattoria lì fuori. Mentre era lì seduto, apparentemente immobile, preso dai suoi desideri e dai suoi pensieri, improvvisamente la sua sedia aveva cominciato a dondolare leggermente,
Questa esperienza, che probabilmente alla maggior parte di noi sarebbe passata inosservata, portò il ragazzo diciassettenne a un periodo di febbrile esplorazione di sé e di scoperta. Milton stava scoprendo da solo il principio ideomotorio fondamentale dell'ipnosi esaminato da Berneim una generazione prima che il solo pensiero o la sola -idea di un movimento potevano portare all'effettiva esperienza di un movimento automatico del corpo. Nelle settimane e nel mesi che seguirono, Milton andò a ripescare tutti i suoi ricordi sensoriali per cercare di reimparare a muoversi. Per esempio, si guardava per ore e ore la mano, e cercava di ricordare che sensazione gli avevano dato le dita quando tenevano un forcone. A poco a poco si accorse che le sue dita cominciavano a fare dei piccoli scatti e a muoversi leggermente in modo scoordinato. Continuò sino a che i movimenti diventarono più ampi, e lui poté controllarli coscientemente. E in che modo la mano afferrava un ramo d'albero? Come si muovevano gambe, piedi e dita quando si arrampicava su un albero?
Non erano semplici esercizi di immaginazione; erano esercizi di attivazione di reali ricordi sensoriali ricordi che ri-stimolarono la sua coordinazione senso-motoria tanto da permettergli di guarire. Ciò appare evidente dal seguente stralcio di colloquio:
Ma perché potesse guarire era necessario qualcosa di più della semplice introspezione: l'osservazione del mondo esterno.
Fortunatamente in quel periodo la sua sorella minore, Edith Carol, stava appena imparando a camminare. Milton iniziò una serie di osservazioni giornaliere nelle quali notava il suo modo (soprattutto inconscio) di imparare a camminare, in modo da poterlo copiare consapevolmente, e così costringere il proprio corpo a fare lo stesso. In una conversazione sinora inedita, egli così parla di quel periodo:
Imparai a stare in piedi guardando la mia sorellina che imparava a stare in piedi:
usa le tue due mani come base, allarga le gambe, usa le ginocchia come base larga, e poi poggia più peso su un braccio e una mano e sollevati. Ondeggia avanti e indietro per trovare l'equilibrio. Esercitati a piegare le ginocchia e a mantenere l'equilibrio. Dopo che il corpo è in equilibrio, muovi la testa. Dopo che il corpo è in equilibrio muovi la mano e la spalla. Metti un piede davanti all'altro mantenendoti in equilibrio. Cadi. Riprova.
Dopo undici mesi di questo intensivo allenamento, Mílton camminava ancora sulle stampelle, ma stava imparando rapidamente a camminare in modo sempre meno faticoso, in modo da sottoporre a minima tensione il suo corpo.
Erickson era capace di comunicare all’inconscio poiché utilizzava il suo stesso linguaggio mentre al contempo distraeva e sovraccaricava la mente cosciente. E in effetti sembra che Erickson considerasse l’Io cosciente la vera causa dei problemi con i suoi pregiudizi, i suoi schemi rigidi e le convinzioni limitanti.
Quindi l’ipnosi come spiega Erickson "di per sé non provoca la guarigione, questa è ottenuta tramite una ri-associazione delle esperienze della persona".
Erickson sviluppa più che altro una teoria dell’intervento strategico che si basa sui seguenti punti:

1. La persona agisce secondo la propria mappa interna, e non secondo la propria esperienza sensoriale.
2. In un qualsiasi dato momento, la scelta che la persona compie è quella per lei migliore
3. La spiegazione, la teoria o la metafora cui si ricorre per dire qualcosa su una persona non esauriscono la totalità della persona
4. Rispettate tutti i messaggi del cliente
5. Insegnate a scegliere, non cercate mai di limitare la scelta
6. Le risorse di cui il cliente ha bisogno risiedono nella sua storia personale
7. Andate incontro al cliente all’interno del suo modello del mondo
8. L’elemento più forte di un sistema è la persona che dispone della maggiore flessibilità o possibilità di scelta
9. Non è possibile non comunicare
10 Se una cosa è troppo difficile, suddividetela in pezzi
11. Il risultato è determinato a livello inconscio

Proprio in riferimento al punto 10 occorre rendersi conto che Erickson era veramente abile nel ridurre le variabili complesse in variabili semplici. Era capace di redarre una induzione di 30 pagine per poi ridurla fino a una pagina e mezza. Questa è una caratteristica dei grandi retori, che potremmo definire come la conclusiva brevità ovvero la capacità di esprimere compiutamente e concisamente il proprio pensiero. Ma questa abilità la si può trovare solo alla fine di un lungo percorso di affinamento. Erickson era veramente meticoloso, arrivò per esempio a registrare e a studiare gli schemi linguistici usati da uno psicotico per poi comunicare nel suo stesso stile.
Quel caso è anche una perfetta dimostrazione del punto 7: Erickson ricalcava e utilizzava la mente cosciente del cliente per poi comunicare nel suo stesso stile a livello verbale e non verbale e per far ciò occorre una enorme flessibilità e acutezza sensoriale, infatti il terapeuta deve trasformarsi in uno strumento di biofeedback per il cliente.


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