di Peter Gomez
L'ESPRESSO Giugno 2007
La Liguria si riempie di torri e moli per yacht. Ma dietro la corsa al cemento ci sono i politici. Vecchi e nuovi.
La leggenda narra che i due Claudio si siano spartiti la regione: il ponente e le banche al sanguigno Scajola, l'ex ministro forzista dell'Interno costretto nel 2002 a dare addio alla poltrona dopo aver definito Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Br, "un rompicoglioni". Tutto il resto a Burlando, l'ex ministro diessino dei Trasporti, dal 2005 governatore di una Liguria sempre più ultima trincea rossa, in un nord votato anima e corpo al centrodestra. Loro smentiscono. Ma ormai lo fanno all'unisono e a ripetizione.
Venerdì primo giugno, durante un convegno organizzato a Imperia da Beatrice Parodi, la bellissima vedova del deputato Udc Gianni Cozzi, unica presidente donna di una Camera di commercio, e soprattutto grande costruttrice di porti, i due Claudio hanno rintuzzato nuovamente i velenosi sospetti d'inciucio, dicendo: "Tra noi non c'è nessun rapporto nascosto né privilegiato, c'è solo un rapporto di buon senso". Che per i liguri si traduce in un fiorire d'iniziative edilizie dal sapore bipartisan, in un'immensa colata di cemento che sta portando intellettuali, comitati di cittadini, associazioni ambientaliste a denunciare una nuova 'rapallizzazione' della regione, sul modello di quanto era accaduto nei primi anni Cinquanta.
Lo ha fatto, per esempio, dalle colonne di 'Micromega' il savonese Fabio Fazio, che ha detto: "È proprio come dopo la guerra. Come durante il boom quando la mentalità era quella di costruire a ogni costo, a prescindere dalle ragioni sociali e urbanistiche". Lo fa col suo blog Beppe Grillo. Lo scrive l'ex sindaco di Torino Diego Novelli ("In Liguria è in corso un vero saccheggio, ma in Regione, il mio amico Claudio Burlando - già ottimo sindaco di Genova - non vede, non sente, non parla") e lo dice anche Antonio Ricci: per giorni 'Striscia la notizia' ha denunciato come, nel centro storico di Albenga, la maggioranza di centrosinistra d'accordo con Arte, l'agenzia regionale territoriale per l'edilizia, tentasse di costruire sull'area di un ex ospedale quattro torri alte più di 70 metri, affidate all'architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra, e subito ribattezzate 'del magna, magna'. Un progetto forse pensato per far concorrenza a Savona, dove le giunte rosse e il presidente dell'autorità portuale, l'ex deputato di Forza Italia Cristoforo Canavese, hanno osservato compiaciuti il catalano Ricardo Bofill tirar su 19 piani di vetro e acciaio ai quali si dovrebbero aggiungere, nella vicinissima Albisola, i 120 metri di una sorta di grattacielo-faro, esile, bellissimo, ma decisamente fuori scala, disegnato da Massimiliano Fuksas. Una vera e propria gara di celolunghismo, perfettamente spiegabile con la difficoltà di trovare aree edificabili, ma che oggi spinge a progettare altre cinque torri nell'area della ex ferrovia, più una a Varazze e una a Vado.
Il piatto ligure per chi cerca fortuna col mattone è sempre più ricco. Gli ultimi piani della torre di Bofill sfiorano gli 8 mila euro al metro quadro, mentre in Riviera gli appartamenti frontemare superano spesso i 10 mila. Per questo si disegnano case ovunque: nelle cave, sui terreni delle aziende dismesse e delle Asl, vicino ai 15 porti in via di costruzione o approvazione che portano con loro non solo 9.807 nuovi posti barca, ma anche 38 mila metri cubi di edilizia residenziale, 52 mila di uffici e negozi, quasi 20 mila di alberghi, 40 mila per l'artigianato. Più 11 mila posti auto che finiranno per intasare ulteriormente la già impercorribile Aurelia. Niente e nessuno è in grado di fermare i mattoni. Non lo fa la politica che quando può partecipa direttamente agli affari: la moglie del deputato Ds ligure Massimo Zunino, per esempio, ha creato un'immobiliare, oggi rivenduta, con il figlio di uno dei geometri capo del Comune di Savona. E non riescono a farlo nemmeno le leggi della fisica. In Liguria non c'è più spazio nemmeno per uno spillo? Non importa: con l'ok dei comuni, alberghi ed ex ospedali si trasformano in seconde case. Guardate Alassio: negli ultimi sei anni ben 80 hotel su 150 sono stati riconvertiti in appartamenti per turisti.
Mentre la storica villa Fiske, inutilmente offerta nel 2003 al Comune dalla congregazione dei padri Oblati per poco più di 4 milioni di euro (diritto di prelazione), subito dopo il rifiuto da parte della giunta ha visto i nuovi proprietari ottenere le autorizzazioni a essere trasformata in residenze ed è stata rivenduta per 15 milioni di euro a una terza società. A nulla sono valsi i tentativi di bloccare l'operazione del vecchio presidente della Provincia, Alessandro Garassini. Appena eletto, il suo successore ha detto sì.
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Insomma, se bastano un sindaco e un presidente di Provincia a quadruplicare il valore degli immobili, diventa chiaro perché anche l'ex big boss della Banca Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani i suoi soldi li reinvestisse qui. Attraverso dei prestanome il banchiere controllava parte delle quote di una serie di società immobiliari a Imperia, Alassio e Celle Ligure. E quando poteva faceva una capatina in Regione. Così, nel settembre del 2003, eccolo in elicottero assieme a Scajola e al suo futuro coindagato per la scalata Antonveneta, Ignazio Bellavista Caltagirone, mentre sorvola Imperia per osservare il porto e l'area ex Italcementi. Due affari potenzialmente d'oro, tanto che gli architetti incaricati di seguire il recupero della Italcementi ora denunciano di aver ricevuto pressioni di ogni tipo affinché modificassero le volumetrie: quelle soft erano firmate da ex esponenti del Pci; quelle più rudi arrivavano via telefono dalla Sicilia.
Non è una novità per la Liguria, dove il business dell'edilizia è stato più volte accompagnato dal tritolo. Nei primi anni Ottanta andava forte il clan del presidente della Regione Alberto Teardo, un rampante tangentaro Psi arrestato alla vigilia delle elezioni che avrebbero dovuto portarlo a Roma. Da allora sono passati vent'anni. Molti dei suoi coimputati sono stati assolti e sono tornati ai posti di comando.
Prendete le torri di Albenga, quelle finite nel mirino di 'Striscia la notizia'. A costruirle doveva essere la Progetto Ponente Srl, una società a capitale misto tra l'Arte di Savona e il gruppo, controllato da finanziarie lussemburghesi, che fa capo ad Andrea Nucera, un imprenditore nemmeno quarantenne, legatissimo al cordinatore regionale di Forza Italia, l'onorevole Enrico Nan. Consigliere di amministrazione di Progetto Ponente e direttore generale di Arte, l'ente cui la Regione, per fare cassa, ha affidato il compito di acquistare e rivendere i beni di Asl e ospedali, è Mauro Testa: ex sindaco Psi della stessa Albenga, prima ammanettato con Teardo, poi giudicato innocente, tanto da venir scelto come segretario dello Sdi locale. Ovvero dell'unico partito che ad Albenga, dopo l'esplosione del caso torri, non ha fatto una precipitosa marcia indietro. Testa conosce Nucera da sempre. Il padre del costruttore era un consigliere comunale del Garofano e pure lui, negli anni Novanta, era finito in prigione venendo poi assolto.
In questo clima è ovvio che a Pietra Ligure si seguano con apprensione, e molte proteste, le sorti del Santa Corona, uno dei due soli ospedali liguri cui è riconosciuta la qualifica di Dea (dipartimento di emergenza e accettazione) di secondo livello: una sorta di medaglia che attesta l'efficienza e la completezza delle cure. Gli antichi padiglioni del Santa Corona sorgono su un'area vasta e bellissima che declina dolcemente verso il mare. Oggi ci arrivano pazienti da tutto il Nord, attratti da uno dei migliori centri di riabilitazione del Paese. Domani invece potrebbero arrivare le ville. Burlando nega, ma intanto l'ospedale verrà deaziendalizzato e la sua gestione passerà alla Asl. È un primo passo verso la speculazione edilizia? Tra le smentite, alcuni indizi fanno temere il peggio. I sindacati ricordano come il reparto di ostetricia verrà trasferito in una nuova struttura distante una quindicina di chilometri. E spiegano che senza di esso è scontata la perdita della qualifica di Dea. Le dichiarazioni rilasciate dagli uomini più vicini a Scajola, poi, danno la sensazione di trovarsi di fronte a un gigantesco risiko il cui obiettivo è vendere tutto. A Imperia il consigliere regionale di Forza Italia Gabriele Saldo ha detto di voler far nascere in provincia "un centro riabilitativo in grado di fare da punto di riferimento per tutto il nord Italia"? Un'operazione senza senso col Santa Corona aperto.
Per chi vive in Liguria è difficile non essere sospettosi. Il giornalista Bruno Lugaro sta per pubblicare un libro che spiega bene quanta pazienza e lungimiranza abbiano gli speculatori edilizi. S'intitola 'Il fallimento perfetto' e racconta la storia del Crescent, un altro serpentone di cemento ancora una volta firmato dallo spagnolo Bofill.
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Teatro dell'azione un'area un tempo dell'Italsider, sempre a Savona. Nei primi anni Novanta lo stabilimento viene venduto dall'Ilva a un pool di privati, che nonostante i finanziamenti pubblici quasi subito fanno crack. La Procura pensa che si tratti di una bancarotta pilotata, ma non riesce a dimostrarlo e archivia. Nel giro di dieci anni però uno dei proprietari dell'azienda fallita, con "un'operazione ben orchestrata tra imprenditori, amministratori pubblici, partiti (il Pds in prima fila) e cooperative", scrive Lugaro, ottiene il cambio della destinazione d'uso dei terreni e si mette a costruire. Fallire, da queste parti, conviene. A Finale Ligure, dove l'ultimo condono ha sanato 650 abusi edilizi, proprio alle porte del paese ci sono le cave Ghigliazza destinate a ospitare, secondo un progetto, 120 mila metri cubi di mattoni. La società dei cavatori molti anni fa aveva garantito, a estrazioni ultimate, il recupero dell'ambiente. Poi sono arrivate le bancarotte. E per rispettare l'impegno il nuovo proprietario ha chiesto di poter tirar su le case. L'ultima parola ora è della Regione, che deve pronunciarsi anche sul destino dei vicini stabilimenti Piaggio dove sono previsti altri 275 mila metri cubi di costruzioni.
Perché tanta impotenza di fronte allo strapotere delle imprese? Una risposta è forse nascosta nelle pieghe delle biografie di alcuni amministratori pubblici. Il presidente della provincia di Savona, Marco Bertolotto (Margherita), per esempio, è finito nel mirino dei pm quando si è scoperto che nel 2001, come sindaco di Toirano, aveva autorizzato il cambio di destinazione, da zona agricola a zona artigianale, di un bel po' di terreni tra i quali spiccavano quelli di suo suocero e di sua zia. Bertolotto, un medico attivo nel volontariato che appena eletto presidente si è aumentato lo stipendio annuo di 20 mila euro, dice di essere tranquillo. Ben pochi, del resto, appaiono disposti a cavalcare lo scandalo. E soprattutto non lo fa in Provincia l'opposizione guidata dall'avvocato Rosavio Bellasio, un ex Dc passato a Forza Italia. Quando, nel 2002, l'allora maggioranza regionale di centrodestra lo aveva nominato 'direttore gestionale' di tre ospedali, nell'Ulivo c'era chi aveva protestato. Oggi la Regione è rossa, ma Bellasio, candidato nel 2005 contro Bertolotto, intasca ancora i soldi dei contribuenti: è un consulente della Asl, scelto dagli avversari della sinistra.
Ma si tratta di minuzie. L'affare grosso, quello vero, è la costruzione dei 15 nuovi porti. In ballo ci sono investimenti privati per più di un miliardo di euro e lavori assegnati senza gare. Gli intrecci societari sono quindi curiosi. Impossibile non notare come, nella rossa La Spezia, la Marinella spa, che promette d'investire 300 milioni di euro in 900 posti barca, 700 residenze, 200 negozi e 25 stabilimenti balneari, sia controllata dal Monte dei Paschi di Siena, mentre a Imperia gestisce tutto la Porto Imperia. Ovvero una spa a maggioranza pubblica, nella quale sono entrati con il 33 per cento i costruttori romani Bellavista Caltagirone (Acqua Marcia). La Porto Imperia ha affidato i lavori (95 milioni) ai soci della Capitale. La posa della prima pietra è avvenuta alla presenza di Scajola, Burlando, Ignazio Caltagirone e Beatrice Parodi, che è pure lei azionista della Porto Imperia, ma si consola costruendo (con i Caltagirone) il porto laziale di Civitavecchia e, da sola, quelli liguri di Bordighera e Ventimiglia. Il risultato è che in alcuni tratti della Riviera finirà per esserci un approdo sicuro (e relative case) ogni 3 miglia. Unica eccezione il porto di Loano, dove è entrato in azione Salvatore Ligresti. In paese per le abitazioni proprio non c'era spazio: verranno edificati solo dei negozi sul molo centrale, ma Ligresti è soddisfatto lo stesso. All'ultimo momento il Comune gli ha allungato la concessione da 60 a 80 anni, nonostante che, secondo una lettera del demanio, l'opera si ammortizzasse in 35. Cose che succedono in Liguria.
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