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2.c  Ancora questioni di metodo

La problematica del metodo ha diversi aspetti: strutturali, logistici, documentali, di comunica-zione e di approccio. Tutti questi aspetti sono tra loro correlati e reciprocamente influenti, fino a poter diventare di ostacolo l’uno all’altro in assenza di integrazione fra di essi.

Gli aspetti strutturali: l’organizzazione, la distribuzione dei compiti/responsabilità, il controllo di avanzamento delle attività – in una parola la gestione – vanno commisurati agli obiettivi descritti in precedenza. Pertanto una logica dei percorsi come descritta al punto 2.b richiede che la struttura sia progettata ad hoc. Non si tratta di struttura “aziendale”, considerate le sue finalità, tuttavia ciò non esclude che alcune sue parti (laboratori, stage interni) siano gestite con modalità “aziendali” e che comunque si miri sempre all’efficienza e all’efficacia dei proces-si.

Gli aspetti logistici. A parte quelli direttamente connessi alla gestione, ci sono quelli connessi alla distribuzione dei tempi destinati alle singole discipline, alla distribuzione temporale degli “oggetti didattici”, alle modalità di accesso alle informazioni proprie della didattica (dispense, testi, rete, disponibilità dei laboratori), alle modalità di relazioni studenti-famiglia-scuola.

Gli aspetti documentali concernono da un lato la struttura della documentazione che fa capo al Manuale di Qualità e di cui si è detto al punto 1.f, dall’altro la formazione della matrice dei percorsi (dei contenuti) di cui al punto 2.a e di cui si parlerà più in dettaglio nel seguito, cui consegue anche il livello di informazione da fornire all’utenza nel Piano dell’ Offerta Formativa.

Gli aspetti di comunicazione si riferiscono al modo di far funzionare l’organizzazione e la logi-stica in termini di rapporti fra le varie funzioni. Infatti la qualità della comunicazione è essen-ziale e condizionante per il buon successo di tutte le attività.

Per quanto concerne l’approccio, si intende il modo di affrontare l’insegnamento nelle varie di-scipline, e si è già detto per esteso in precedenza quale tipo di approccio si ritiene qui che possa portare a una formazione di qualità. Se ne riporta di seguito una sintesi con qualche aggiunta e precisiazione.

i.

Approccio sistemico: L’approccio “fisico” è adatto a una tipologia di studi rivolta all’inda-gine e alla ricerca di base. Un approccio sistemico è un approccio per strutture logiche dei sistemi e per caratteristiche esterne (comportamenti) dei componenti e dei sottosistemi, ed è il più adatto per una formazione rivolta ad attività tecniche-tecnologiche. L’approccio sistemico è fondato sull’analisi dei problemi e del loro ambito, sull’individuazione delle varie funzioni e delle loro interfacce e sulla definizione della loro struttura complessiva e di dettaglio. Il medesimo approccio, relativamente ai contenuti, è quello qui suggerito anche per l’organizzazione degli “oggetti didattici” e quindi anche della matrice dei percorsi (delle conoscenze, competenze e abilità). In altri termini l’approccio sistemico è applicato nell’insegnamento e al tempo stesso fa parte delle modalità di dar forma ai contenuti. Nessuno impedisce che all’approccio sistemico si affianchi l’approccio fisico in forma di approfondimento in alcune discipline, ma ciò è da ritenersi accessorio e facolta-tivo.13

ii.

Didattica per progetti. Quale che sia la disciplina, è da ritenersi che affrontarla su obiet-tivi concreti, vale a dire sulla realizzazione di “prodotti” nel suo ambito, sia l’approccio più formativo in vista del divenire professionisti entro un certo profilo professionale. Il pro-getto, concordato con gli allievi o con gruppi di essi all’inizio di un corso o di un insieme particolarmente significativo di “oggetti didattici”, diventa il polo di attrazione – e di acquisizione di significato concreto – di tutti i temi previsti dal programma. I quali non sono svolti a sé come entità astratte, ma sono specificamente traguardati in funzione degli obiettivi, trovando in tal modo l’immediata applicazione di cui si è detto in prece-denza. In un’attività basicamente fondata su progetti, l’insegnante diviene un gestore dei progetti stessi – vale a dire una guida operativa (un project manager) – e non solo una fonte di informazione, e gli allievi sono stimolati nella loro inventiva e nella loro iniziativa anziché limitarsi ad assistere a lezioni pur accuratamente prefabbricate. Va da sé che l’attività di progetto comporta rischi, perché contiene necessariamente imprevisti, ma proprio questo è un aspetto che conferisce professionalità dal momento che la profes-sionalità non è nell’eseguire meticolosamente dei compiti precotti ma nell’affrontare pro-blemi concreti che non si ripetono mai identici a se stessi. Che è ciò che le attività di qualunque tipo richiedono oggi.

2.d  Tipologia delle discipline

La tipologia delle discipline deve avere un impatto sull’organizzazione. La distribuzione a piog-gia, secondo un orario deciso in forma standard e che pone sul medesimo piano tutte le disci-pline, assegnando le ore secondo criteri sostanzialmente quantitativi – a parte vincoli del tutto estranei alla didattica – ha poco a che fare con la formazione.
La distribuzione dei tempi del singolo corso – o di “oggetti didattici” particolarmente signi-ficativi – deve tenere conto del suo contenuto e del tipo di impegno che comporta sia a scuola sia a casa.
Pertanto questo è uno degli aspetti più critici per la costruzione di una scuola di qualità.

In particolare, una didattica per progetti richiede che i tempi non siano dispersi e inframezzati da impegni a loro volta dispersivi. Il progetto – di qualsiasi disciplina si tratti – richiede concentrazione, quindi continuità. E nulla come la concentrazione è formativo e sviluppa le doti degli allievi.

Una prima osservazione, quasi banale, circa la dispersività e altri effetti sgradevoli, è che le lezioni di Educazione Fisica in palestra vengano svolte in ore intercalate con ore di lezione in classe. Si tratta di un cambiamento di modo di essere al lavoro del tutto incomprensibile. Si va in palestra o prima o dopo il lavoro, non durante il lavoro, per la semplice ragione che l’attività fisica richiede di prepararsi adeguatamente prima e di riprendere fiato e di ripulirsi poi, il che riduce l’ora di Educazione Fisica – se non si vuole svolgerla senza cambiarsi e tornare sporchi e sudati in classe (come spesso accade) – a pochi minuti. L’Educazione Fisica vuole almeno due ore di seguito, senza l’impegno di correre in classe eventualmente per una verifica o per un’interrogazione. Perciò va sistemata in spazi appositi, o alle ultime due ore (ma in tal caso i ragazzi sono a corto di energie) o meglio al pomeriggio, dopo un pasto leggero e un adeguato intervallo.
Un’altra osservazione, forse altrettanto banale, riguarda le ore di Religione, che vedono gran parte dei ragazzi disperdersi per l’Istituto.
Di nuovo dunque si dispongano queste ore all’inizio o alla fine della mattinata o al pomerig-gio. I pochi che partecipano, in questo caso, possono essere raggruppati con miglior utilizzo anche dell’insegnante e senza l’andirivieni dell’inizio e fine ora.
Tutto ciò se l’ora di Religione non cambia natura e non diviene “laica”, nel senso che diventa parte integrante dello studio della Storia e delle culture. In questo modo sarebbe normale che fosse obbligatoria e trovasse un’adeguata collocazione al mattino.

In entrambi i casi (Educazione Fisica e Religione), questo spostamento porterebbe a una mag-giore efficacia dell’attività e a una migliore gestibilità delle ore del mattino per altre attività che necessitano di maggiore continuità.

Fra le altre discipline, la distinzione tradizionale – e ha le sue buone ragioni – è fra discipline umanistiche e discipline scientifico-tecniche. Le buone ragioni consistono perlomeno nel carattere più discorsivo delle prime e nel carattere più formale delle seconde, oltre alla neces-sità di laboratorio, per queste ultime, nel significato proprio fisico del termine, che comporta cioè manipolazione di strumenti e apparecchi. Il “laboratorio”, per le prime, comporta al più l’uso di ambienti attrezzati per la multimedialità.
Ma la distinzione più rilevante fra le due classi di discipline è che quelle scientifico-tecniche, e specialmente tecniche-tecnologiche, richiedono concentrazione dei tempi. Non è pensabile – benché di fatto accada attualmente così – che si studi una data tecnica o procedura e le si sperimenti in tempi frammentati, talvolta a distanza di mesi. Il loro svolgimento deve essere in blocchi “compatti”, al più entro un trimestre o un quadrimestre. Si tratta, in questo caso, di distribuire le cattedre in modo opportuno, definendole in funzione degli “oggetti didattici” anziché di “corsi” spesso molto disomogenei al loro interno e che altrettanto spesso ripetono gli stessi argomenti sotto nomi di corso diversi (es. i vari corsi di Elettronica e Telecomuni-cazioni). Su questo punto si entrerà in maggiore dettaglio nel seguito.
Le discipline umanistiche, al contrario, hanno buone ragioni per essere distribuite in modo continuo lungo l’anno, non tanto perché riguardano tutti gli aspetti delle professioni e non solo quelli strettamente specialistici, quanto perché il loro esercizio diluito e costante è adatto alla loro natura essenzialmente linguistica. L’esercizio della lingua (delle lingue), in particolare, è utile che sia continuo lungo tutto l’anno scolastico. La Storia è utile che sia sviluppata in parallelo con la letteratura, quindi a sua volta in forma distribuita lungo l’ anno.

Queste ultime discipline necessitano anche di un numero elevato di ore e non conviene siano concentrate in periodi limitati dell’anno estraniando del tutto gli allievi dalle attività tecniche. Per il Diritto potrebbe valere un discorso a sé, dato il limitato numero di ore che comporta.14

Discorso a parte è per la matematica, che ha necessità di esercizio continuo a sua volta ma anche la necessità di essere di supporto alle materie di indirizzo, perciò va organizzata ad hoc, tenendo distinti l’esercizio sistematico e l’introduzione/richiamo di temi specifici a supporto delle discipline d’indirizzo – che può prevedersi in forma di compresenza.

Tutto quanto sopra va poi tarato sui contenuti dei tre cicli, nei quali hanno una maggiore o minore rilevanza le discipline di carattere generale e quelle di indirizzo. Pertanto la struttura dell’orario va commisurata ai contenuti dei cicli.

2.e  Organizzazione dei tempi

Come criterio di carattere generale si può proporre quanto segue, pur con le necessarie messe a punto in funzione dei tre cicli:

le prime due (o tre) ore di ogni giorno sono dedicate alle discipline di carattere generale (umanistiche, matematica);

le altre ore fino alla sesta sono dedicate al laboratorio, e, in particolare, alle discipline di indirizzo che richiedono di essere svolte in periodi concentrati;

il pomeriggio – uno o più pomeriggi – è dedicato a discipline particolari (Educazione Fisica, Religione) e alle attività culturali extra-curricolari.15

Va tenuto presente, a questo riguardo, che la distribuzione delle ore deve essere commisurata all’efficacia didattica,16 e che le ultime ore del mattino sono assai poco produttive, oltre che faticose per i ragazzi, se dedicate alla sola teoria, mentre le attività di laboratorio ? che non bloccano i ragazzi nei banchi e hanno un tipo diverso di approccio alla materia ? possono essere svolte con profitto anche nelle ultime ore.

Per quanto concerne le discipline d’indirizzo – specialistiche, – è indispensabile che vengano svolte con continuità in tempi concentrati, trattandosi in sostanza di attività lavorative che richiedono presenza costante sugli argomenti e sulle loro applicazioni. Non ha alcun senso infatti riprendere a una settimana di distanza – come accade attualmente – una lunga e complessa procedura di approntamento, sperimentazione e misura su apparati, oppure di studio del software per sistemi programmabili.17

Come conseguenza di tutto questo, a fronte di una matrice complessiva dei contenuti dei profi-li professionali, è necessario aprire progetti appositi per definire la distribuzione oraria nei tre cicli, sempre tenendo conto dell’efficacia didattica e non di interessi particolari.

Per quanto concerne i corsi specialistici – o gruppi significativi e omogenei di “oggetti didatti-ci” – è conveniente considerarli autonomi e impartibili anche più di una volta l’anno. Non è necessario che vengano impartiti a gruppi coincidenti con la classe. Questo approccio confe-risce maggiore flessibilità alla costruzione dei profili e favorisce i recuperi.18

I tempi – di massima o indicativamente – possono essere distribuiti come segue:

i.

nel primo ciclo, prima parte (biennio), sono da prevedersi due alternative (a pari program-ma)19 a seconda che l’orientamento degli allievi sia verso il completamento dell’obbligo (A) o verso la continuazione degli studi (B):

(A): 2 ore di lezione e 4 di laboratorio giornaliere

(B): 3 ore di lezione e 3 di laboratorio giornaliere

ii.

anno per la qualifica (primo ciclo, seconda parte): vale la stessa suddivisione A proposta per il biennio

iii.

secondo ciclo, prima parte (diploma). Anche in questo caso è da prevedersi una distin-zione fra chi intende lasciare gli studi dopo il diploma del quarto anno (C) e chi intende accedere al quinto anno (D),20 con una differenza rispetto al primo biennio: i corsi più specialistici hanno carattere monografico autonomo e sono tenuti più volte in un anno (es. due volte al mattino e una al pomeriggio per eventuali recuperi e anche per sessione d’esame di recupero); tali corsi non hanno limitazione di classe ma solo di dimensione (es. 20 allievi):

(C): 2 ore di lezione e 4 di laboratorio

(D): 3 ore di lezione e 3 di laboratorio

iv.

secondo ciclo, seconda parte (anno pre-universitario): date le sue finalità sono da preve-dersi 4 ore di lezione e due di laboratorio. Questo anno è obbligatorio per chi intenda aprirsi l’accesso all’università, ma potrebbe anche considerarsi non indispensabile per chi voglia solo accedere al terzo ciclo per un post-diploma (che ridurrebbe quindi l’intero percorso di studi da 7 a 6 anni).21 Questo anno di pre-università, essendo in buona parte teorico, può prevedere che non vi sia obbligo di frequenza alle lezioni.

v.

terzo ciclo. La sua struttura temporale è “universitaria”, inclusa la mancanza di obbligo di frequenza alle lezioni solo teoriche (di carattere generale), ma non alle ore di laboratorio, che contengono anche la parte teorica specialistica. Il materiale didattico è anche in rete e le lezioni sono tenute in forma monografica con esame specifico su ciascun “oggetto didattico”. L’“oggetto” contiene tutte le indicazioni necessarie per l’obbligo di frequenza (laboratorio): l’allievo è tenuto a essere presente e a realizzare i progetti previsti dall’“og-getto” stesso, nei tempi stabiliti per il corso tenuto in sede. Nel terzo ciclo non ci sono discipline “umanistiche”, ma queste sono sostituite da discipline di carattere generale applicabili direttamente alle professioni (sicurezza, qualità, normativa specifica ecc.) Anche per il terzo ciclo conviene disporre le discipline di carattere generale nelle prime ore e le altre nelle ultime ore. È utile prevedere che questo biennio sia dotato di una forte struttura didattica multimediale, per consentire il conseguimento della specializzazione a studenti esterni, in particolare lavoratori, prevedendo per essi in sede solo dei blocchi concentrati di attività di laboratorio, oltre agli esami sui vari “oggetti didattici”. In tal caso l'attività degli insegnanti si modifica sensibilmente nel verso della gestione di classi virtuali.

In tutti i cicli sopra descritti il superamento di un “oggetto didattico” (blocco monografico autosufficiente) garantisce un credito “inalienabile”, ossia un allievo non perde un intero anno in tutte le discipline se è in ritardo solo in alcune, ma è unicamente tenuto a recuperare entro il suo piano di studi gli “oggetti” non superati. Se estende il suo periodo di permanenza in un ciclo o nell’intero percorso di studi non è perché – come accade attualmente – “ha perso un anno”. Perde un anno automaticamente solo chi non acquisisce i crediti in tutti gli “oggetti di-dattici” previsti per lui per quell’anno. Non si tratta però di “bocciatura” (con le implicazioni di demotivazione che ciò comporta, e di sgradevoli confronti fra chi ce l'ha fatta per il rotto della cuffia e chi no) ma solo di mancata acquisizione di crediti, pochi o tanti. In altri termini questo metodo consente a ciascuno di procedere negli studi alla velocità che gli è più congeniale, senza inutili umiliazioni. Al limite si possono abbreviare i tempi (anticipando alcuni “oggetti” se si riesce a conciliare le ore di frequenza dei diversi anni, consultandosi tuttavia, per questa decisione, con gli insegnanti).


13. Se un allievo è particolarmente interessato alla fisica delle particelle o dei campi – alla meccanica quantistica – al di là delle conoscenze delle caratteristiche esterne di un diodo tunnel e delle sue modalità di impiego, sarà indirizzato dai suoi insegnanti sulla bibliografia adatta, e potrà anche trarne una tesi bibliografica di cui tenere conto nell’asse-gnazione dei crediti. Va da sé che un simile studio, in sostanza, non consente alcuna sperimentazione, e quindi rimane puramente teorico e professionalmente inapplicabile, tuttavia, oltre a essere cultura, può essere utile nell’anno preparatorio all’università di cui si è detto in precedenza.
14. Probabilmente è vantaggioso un corso intensivo in particolari periodi dell’anno (es. subito dopo le feste natalizie o nell’ultimo mese di scuola).
15. Approfondimenti disciplinari, integrazione dell’attività di progettazione; inoltre cinema, teatro ecc.
16. Non alle esigenze personali dei singoli insegnanti.
17. La stesura di un programma (software) richiede dedizione continua: la sua interruzione per più giorni comporta dover ricominciare daccapo. Ciò è vero per tutte le attività che implicano l’uso di linguaggi e tecniche formali; in tal caso infatti l’intuizione – e quindi la memoria – è di scarso supporto nella fase di stesura delle delle istruzioni, e inoltre ogni passo va motivato proprio formalmente. Un linguaggio di programmazione, a causa dei suoi formalismi, se non usato, si dimentica in breve tempo.
18. Poiché il medesimo “oggetto didattico” può essere svolto da diversi insegnanti, è bene che tale “oggetto” sia tale anche dal punto di vista formale, che cioè sia dotato di documentazione ufficiale, ossia d’Istituto e non personale del singolo insegnante. I contenuti possono essere concordati secondo la procedura indicata al punto 1.f, quindi ogni insegnante può dare il suo contributo in sede di preparazione e di revisione del documento. Perciò il medesimo argomento non sarà svolto in modo diverso in momenti diversi dell’anno e da insegnanti diversi in sezioni/indirizzi diversi, dato che la formazione deve avere un carattere omogeneo, seppure in continua evoluzione, per facilitare gli spostamenti degli allievi fra i vari indirizzi e non causare confusione con il turnover degli insegnanti.
19. Non è necessario cambiare i programmi, ma solo ridurre la parte di lezione e aumentare quella di laboratorio a parità di contenuti. Sono necessariamente da risolvere alcuni problemi logistici.
20. Chi cambiasse idea durante il quarto anno e volesse continuare gli studi avrebbe da integrare la sua preparazione mediante “oggetti didattici” appositi, per completare i suoi crediti con le parti teoriche non sviluppate o meno approfondite nel percorso C. A questo scopo gli “oggetti didattici” devono indicare i limiti delle parti adatte ai vari profili. V. punto 2.f.
21. Ma che dovrebbe essere poi recuperato nel caso in cui si volesse nel seguito accedere all’università.

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