2.b Istruzione e
Formazione Professionale
Chiarito il significato dei termini chiave come usati in questi appunti,
qui di seguito si delinea un’ipotesi di percorso di istruzione e
formazione professionale, precisando le finalità delle suddivisioni
e motivando l’estensione temporale rispetto ai percorsi attuali.
Particolare attenzione è rivolta alla flessibilità della
struttura e dei processi.
La flessibilità della struttura si ottiene non soltanto pensando
una matrice in cui si possa scegliere un percorso e ci si possa muovere
con relativa facilità, ma anche facendo in modo che la matrice
sia di per sé strutturata in modo da facilitare lo spostamento
da uno all’altro percorso o profilo professionale, e da consentire
di integrare un certo percorso quando e quanto si ritiene utile a fronte
degli interessi e talenti di ciascuno.
Quest’ultima caratteristica della matrice si può ottenere
se la matrice stessa ha dei legami concettuali e formali interni che la
rendono sostanzialmente unitaria, legami da cui non si evade, ma entro
i quali si approfondiscono gli aspetti che più puntualmente definiscono
un certo profilo professionale. E ciò ha naturalmente molte implicazioni
nell’analisi critica delle discipline, dei loro contenuti e dei
loro metodi. Soprattutto suggerisce che le discipline non debbano essere
compartimenti stagni, per quanto riguarda i linguaggi e il metodo, pena
la formazione di menti a loro volta a compartimenti stagni, il che corrisponde
in sostanza a non- formazione ma a semplice acculturazione, se non a de-formazione.
Le discipline che hanno notevole responsabilità nel creare o nel
distruggere questa continuità interna della matrice sono naturalmente
quelle cosiddette propedeutiche e quelle di carattere generale che continuano
lungo buona parte del percorso (es. la matematica).
Esse dunque hanno il dovere di confrontarsi con i profili professionali
da costruire, vale a dire di non rimanere astratte, e di accompagnare
– anziché solo precedere – il percorso formativo. Accompagnare
nel senso di seguire le applicazioni nelle discipline di indirizzo, non
solo di essere “materie” aggregate o parallele che poi vanno
a costituire medie di valutazione fasulle basate su conoscenze che, in
quanto astratte e isolate, sono sconnesse dalle finalità del profilo
professionale in corso di costruzione.
Non va dimenticato che all’età dei ragazzi che iniziano
il ciclo secondario la capacità di astra-zione è ancora
sostanzialmente da formare, salvo rare eccezioni. Pertanto introdurre
delle discipline in forma astratta in nome della loro propedeuticità
è da considerarsi un errore di metodo educativo. Al contrario,
proprio per accompagnare i ragazzi a sviluppare la loro capaci-tà
di astrazione, si deve approfittare della necessità dei ragazzi
di “toccare con mano” e di “visualizzare” per
poter capire. Se molto spesso, per esempio, cambiando la variabile indipen-dente
da ‘x’ a ‘t’ i ragazzi mostrano di perdersi, si
deve dedurre che non hanno colto l’astrat-tezza di tutte le proposizioni
che contenevano una variabile indipendente; e questo è un modo
per rendere ostica la matematica, per farla sentire come un esercizio
a sé e come un elenco di formule da far entrare in un orecchio
e far uscire dall’altro dopo aver conquistato il sei. Allora serve
una matematica calata nel concreto, una matematica “sperimentale”.
Lo stesso, tuttavia vale per altre discipline “propedeutiche”
come la lingua italiana o la lingua straniera o la fisica o la chimica
o le altre scienze. Esse, per lasciare una traccia profonda, devono radicarsi
nella realtà. E non nella realtà dell’esperimento
che si ripete uguale a se stesso come da copione e che si limita a mostrare
che una certa formula del libro di testo è vera, come del resto
nessuno avrebbe mai dubitato. La realtà è quella del percorso
o profilo professionale che l’allievo sta costruendo nel mondo di
oggi. Gli esempi possono essere infiniti, ma, per esempio, se un allievo
che intende formarsi come professionista della meccanica esegue esperimenti
chimici tipici delle applicazioni meccaniche, quali, sempre per esempio,
i trattamenti superficiali dei metalli, allora ciò che apprende
in laboratorio non gli servirà solo a rimediare un buon voto, e
non sarà dimenticato ma si assocerà immediatamente alle
applicazioni della meccanica; ciò consente anche di pensare a brevi
stage mirati al tema in questione, per vedere come profes-sionalmente
viene applicata la soluzione vista in laboratorio. E se un concetto del
Diritto sarà esteso all’esame della normativa vigente per
la pratica dell’indirizzo scelto, il Diritto non appa-rirà
più come una disciplina aggiunta giusto perché nella vita
bisogna sapere qualcosa di Diritto. E infine, se la composizione di un
testo è orientata alla comunicazione chiara e distinta in tutti
gli ambiti delle relazioni umane più che alla ripetizione di concetti
– di nuovo astratti e inattuali – acquisiti in lezioni pur
magistrali su questo o quell’autore, allora la scrittura diverrà
parte viva del bagaglio di abilità dell’allievo; il quale
nel singolo autore andrà a cercare, anche nella vita futura fuori
della scuola, il linguaggio – la sua qualità espressiva,
– al di là delle opi-nioni o dei malesseri personali che
l’autore ha espresso nelle sue opere. Opinioni e malesseri personali
(o sociali) che, se non sono sentiti personalmente dai ragazzi nel loro
tempo, restano quadretti appesi in un salotto chiamato pomposamente “cultura”.
In sintesi: l’astratto non educa all’astrazione, né
il complesso e profondo educa alla comples-sità e alla profondità,
ma ne allontanano. Non si impara a volare stando seduti come passeg-geri
in un jumbo, neppure in prima classe, ma in quel modo si impara solo a
essere passivi e a non sentirsi in grado di attingere a tanta profondità
e conoscenza quale quella di un pilota (il docente). Il che è profondamente
falso e diseducativo. Per graduali passi concreti si può arri-vare
invece a qualunque livello di conoscenza, sicuramente al più elevato
cui possono condurre le doti di ogni singolo allievo.
In quest’ottica, l’ipotesi di struttura del percorso di istruzione
e formazione professionale assu-me una forma che può essere rappresentata
da uno schema in cui non esiste una presunta
piattaforma propedeutica che dovrebbe fondare “poi” l'esperienza
(come se prima si studiasse la grammatica e solo poi si cominciasse a
parlare), ma in cui l'esperienza e i relativi chiari-menti teorici vanno
di pari passo, così che il percorso nel suo insieme è solo
un costante allar-gamento e approfondimento di abilità, competenze
e conoscenze che fin dall'inizio si sanno usare.
La chiosa di questo semplice schema è la seguente:
— |
tutti i parallelepipedi sono da considerarsi “trasparenti”,
con ciò intendendosi che non hanno solo una continuità
“orizzontale” secondo la numerazione, ma anche una continuità
“verticale”, nel senso che ciò che è contenuto
nel parallelepipedo più piccolo appartiene anche a tutti
gli altri: ne è un estratto, una sintesi finalizzata a un
certo grado di forma-zione;
|
— |
ogni parallelepipedo corrisponde appunto a un grado di formazione
(e di certificazione), secondo quanto precisato nel seguito;
|
— |
stante questo tipo di struttura, a partire dal terzo anno (corrispondente
al termine del-l'obbligo) si può decidere di fermarsi, oppure
di procedere verso una formazione più arti-colata sulle medesime
radici di conoscenza, competenza e abilità;
|
— |
la medesima struttura che connota il percorso di formazione di un
certo profilo nel suo complesso si deve ritrovare nella formulazione
dei percorsi disciplinari specifici e degli “oggetti didattici”;5
solo a questa condizione è possibile realizzare una formazione
omogenea, non a compartimenti stagni;
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— |
lo schema indica dunque simbolicamente il tracciato di metodo comune
ai vari indirizzi e allo sviluppo delle discipline al loro interno,
che è e rimane comune in quanto formazione del professionista
inteso come persona impegnata su una certa direttrice nel suo mondo.
I profili o indirizzi non sono, pertanto, che diversi punti di vista
su una medesima realtà. Realtà umana. Che non vuol
dire realtà “umanistica” o realtà “tecnica”.
Vuol dire realtà umana.
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— |
le direttrici di lettura dello schema sono pertanto due: una quella
che a partire dallo spi-golo superiore sinistro e da un parallelepipedo
limitato in termini di contenuti e di appro-fondimenti diverge verso
una progressiva estensione in quantità e in profondità
dei con-tenuti stessi, e questa è una direttrice temporale;
l’altra direttrice – in certo senso in-versa –
è quella delle finalità, che parte dal fine generale
della formazione umana a quello particolare, ma non disgiunto dal
primo, della formazione del profilo professionale.
|
Le fasi o livelli di formazione simbolicamente indicati dai parallelepipedi
sono i seguenti:
i. |
Primo ciclo. Si articola in due fasi:
• |
Prima fase: primo biennio. Si propone di fondare
le radici di esperienza necessarie e sufficienti per affrontare
gli approfondimenti del percorso o profilo professionale scel-to.
I contenuti della prima fase non sono autosufficienti, se
non in termini applicativi, ma necessitano di estensioni e
approfondimenti quanto più si deciderà di approfondire
e allargare la formazione del profilo scelto. La formazione
del primo biennio ha tuttavia almeno in parte carattere generale,
ma, se non si vuole che sia totalmente sconnessa dall’evoluzione
del profilo professionale, deve avere un essenziale carattere
sperimentale nel senso di cui si è già detto.
Non nel senso cioè di ripetere esperienze codificate
da decenni, uguali per tutti e da “copiare” dai
manuali, ma nel senso di escogitare esperienze e brevi stage
calati nel mondo in cui vivono i ragazzi e soprat-tutto nell'indirizzo
scelto, altrimenti sperimentare non ha per loro alcun rilievo
forma-tivo. E tutto ciò non è affatto difficile.
È solo questione di provare a guardare il mondo e di
cercarvi – nella sua indiscutibile vastità –
le opportunità di esperienza in relazione ai temi che
si sviluppano via via. Ciò che ne esce deve essere
dunque attuale e sperimentalmente alla portata degli allievi,
direttamente connesso con l'indirizzo scelto e con ciò
che vedono nella loro vita quotidiana. Il concetto, come già
detto più sopra, è che non ci si forma se non
ci si mette in gioco, se non si è protagonisti dell’apprendimento,
se le regole che si acquisiscono non sono applicabili direttamente
e con le proprie mani nell'area del proprio interesse. Questo
approccio consente di affrontare poi efficacemente l'evoluzione
del percorso, e anzi può indurre a continuare anche
chi era partito con obiettivi minimi, ma soprattutto consente
di far emergere le inclinazioni, e quindi di capire assai
per tempo se è necessario cambiare percorso. E tutto
questo vale sia che si sia scelto, in prima battuta, un percorso
tecnico, sia che si sia scelto il percorso del liceo tecnologico,
che è utile adotti i medesimi principi, fondati sull'esperienza,
nel relativo biennio. Tutto ciò consente un passaggio
indolore da una scelta di percorso a un’altra, perché
tutti i percorsi devono avere fondamenti realistici, come
sembrerebbe ovvio ma come troppo spesso non è. Inoltre
anche la scelta più breve – quella della ‘qualifica’
come dal punto seguente ‘ii’ – trova una
continuità senza che sia “squalificante”
fare quella scelta o sia “elitario” farne un’altra,
la realisticità delle conoscenze essendo la base comune
a ogni tipo di formazione umana.6
In sintesi, un simile esercizio di sperimentazione –
che in tal modo è sperimentazione di sé –
favorisce la scoperta delle potenzialità e delle inclinazioni,
minimizzando l’errore delle scelte di percorso e facilitando
lo sposta-mento dall’uno all’altro percorso in
caso di cambiamento di rotta. |
• |
Seconda fase: porta anche alla prima possibilità
di terminare gli studi. Completa il ciclo dell’obbligo.
Viene riconosciuta una qualifica
professionale. Questa seconda fase è fondamento a sua
volta delle successive – non è isolata, –
e introduce i principali concetti delle discipline di indirizzo,
sempre secondo l’approccio suggerito per la prima fase:
rigore ed esperienza, anzi rigore nell’esperienza. Intendendosi,
con questa espressione, che le nozioni devono essere nella
forma di immediata applicabilità e di immediata applicazione.
In principio dovrebbero essere impartite in laboratorio; con
tutto il rigore necessario e sufficiente ma mai senza il supporto
dell’immediata esperienza. Credere senza vedere non
è applicabile a chi deve operare nel concreto delle
professioni. E questo vale per le discipline di indirizzo,
come già osservato in precedenza, come per tutte le
altre: in particolare le discipline umanistiche vanno interpretate
– in questo tipo di formazione – come discipline
della comunicazione, anziché come discipline dell’opinione
o come discipline ermeneutiche e storiche.7
Specialmente in questa fase del percorso, considerata l’età
degli allievi, è possibile pensare a stage, con le
limitazioni e le soluzioni di cui si dirà nel seguito.8
È anche utile e auspicabile prevedere corsi extra-curricolari
– in collabo-razione con gli enti pubblici preposti,
– al fine dell’ottenimento dei “patentini”
neces-sari per lo svolgimento di compiti particolari regolamentati
da apposita legislazione e normativa.
|
|
ii. |
Il secondo ciclo è costituito come segue:
• |
in parte è un’integrazione della
formazione acquisita con la “qualifica”, e può
portare a una seconda opportunità di uscita dagli studi
con un diploma. Tale prima parte del secondo ciclo
approfondisce tematiche più complesse e articolate
proprie delle professioni – per esempio la sistemistica,
oltre alla componentistica, – sia sotto gli aspetti
teorici sia sotto gli aspetti applicativi. In questa parte
è da ritenersi necessario, più che utile e auspicabile,
coordinarsi con gli enti normativi esterni per far ottenere
agli allievi attestati e “patentini” atti a certificare
il lavoro che svolgeranno nelle loro professioni. Anche in
tale parte l’attività di laboratori, quella teorica
e di stage devono essere fortemente integrate, con anche maggior
impegno da parte dei laboratori a causa della maggiore specializzazione
dei temi trattati. |
• |
La seconda parte del secondo ciclo, mentre continua nell’estensione
e nell’appro-fondimento nelle discipline di indirizzo,
ha la finalità di predisporre adeguatamente gli allievi
per l’accesso all’università. Questa parte
è come conseguenza più spostata sugli aspetti
teorici delle varie discipline, con particolare riferimento
agli strumenti matematici di cui esse si servono – comunque
non come nozioni astratte. Un coordi-namento con le università
– perlomeno con quelle di indirizzo tecnico –
è da ritenersi indispensabile, in questa fase come
nella successiva, per poter mettere gli allievi nelle migliori
condizioni per affrontare il percorso universitario senza
i frequenti fallimenti a cui si assiste nel passaggio dall’uno
all’altro corso di studi. È del resto da ritenersi
improduttivo che la media superiore e l’università
operino continuando a ignorarsi, come sostanzialmente accade
attualmente se si escludono estemporanei momenti di “orientamento”
da parte delle università, finalizzati soltanto ad
acquisire utenza.
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iii. |
Il terzo ciclo, post-diploma e che comunque
presume il superamento del quinto anno di preparazione all’università9
(l’accesso all’università, da questo momento
in poi, è possi-bile comunque) potrebbe essere definito “corso
superiore di istruzione e formazione pro-fessionale”. In esso
l’accento è posto sulle attività proprie delle
professioni, da quella dell’approntamento delle specifiche
di sistemi e apparati, a quella della loro progetta-zione di tipo,
a quella dell’ingegnerizzazione, dello studio dei metodi di
collaudo e qua-lifica, fino all’introduzione di corsi specifici
tenuti da specialisti delle professioni, corsi certificati e quindi
spendibili nel mondo del lavoro. In tale fase post-diploma il posto
delle discipline umanistiche è rilevato dalle discipline
di carattere generale che regolano le attività professionali:
sicurezza, qualità, organizzazione, legislazione/normativa.
La struttura dei corsi e i metodi devono essere quelli tipici delle
attività, quindi fondati sull’assegnazione di obiettivi
e sul lavoro di gruppo per il loro conseguimento, le valuta-zioni
essendo basate unicamente sull’efficacia e sull’efficienza,
vale a dire sui risultati concreti in termini di realizzazione di
sistemi e di documentazione. Il superamento dei vari compiti o di
insiemi opportuni di compiti, garantisce una “promozione”
in termini di riconoscimento oggettivo di professionalità.10
L’ organizzazione dei corsi e delle attività, pertanto,
non è quella dell’università, in cui si assiste
al quasi totale scollamento fra docenti e studenti, ma è
quella di una ‘direzione tecnica’ aziendale, con il
relativo orga-nigramma di responsabilità e i corrispondenti
controlli di avanzamento delle attività. Ciò, anche
e in particolare, perché sono in gioco risorse e infrastrutture
di costo conside-revole. È da esaminarsi, in questo senso,
l’eventualità di prevedere un contributo d’iscri-zione
non soltanto simbolico, o una forma di cauzione, o di prevederlo
per i singoli corsi specialistici che comportano costi particolari
di materiali, attrezzatura e strumentazione, e infine consulenza
di professionisti esterni.
Per questo tipo di istruzione e formazione professionale superiore
è necessario prevedere le infrastrutture adatte, vale a dire
un insieme di aule-laboratorio apposite, in cui si deve svolgere
anche una certa quantità di attività esecutiva basata
sulle competenze acquisite negli anni precedenti. Tali infrastrutture
si prestano quindi anche a fungere da luoghi di stage per gli allievi
dei primi anni, che, come già osservato, di sicuro le aziende
esterne non possono accogliere. In tali stage gli allievi più
giovani vengono affiancati ai più anziani per svolgere appunto
compiti esecutivi sotto la loro guida e sottoposti alla loro valutazione.
Tali stage si svolgerebbero quindi in ambiente scolastico –
con l’assistenza e la sorveglianza adeguata – ma nell’ambito
di un’organizzazione di tipo professionale. Una certificazione
di qualità di simili infrastrutture e dei relativi metodi
conferirebbe validità anche formale (crediti formativi) a
tali stage.
A questo proposito, nell’ Istituto è stato proposto
il progetto per i nuovi laboratori di tecniche e tecnologie digitali
– orientati all’automazione da tutti i punti di vista
(mecca-nico, elettrico, elettronico) e alle telecomunicazioni. Questo
progetto prevede anche com-piti di servizio o più propriamente
“aziendali”, come l’assistenza tecnica al materiale
informatico e alla rete dell’Istituto, e quindi va precisamente
nel verso della formazione della suddetta infrastruttura, con in
più la possibilità di fornire reddito e quindi di
auto-finanziarsi, almeno in parte. Per tali laboratori il progetto
prevede, come sopra indicato, l’organizzazione tipica della
“direzione tecnica”, e si dovrà valutare, sotto
gli aspetti giuridici ed economici, se non sia conveniente costituirli
in forma di attività professionale propriamente detta, il
cui prodotto è la formazione tecnica superiore e –
non marginal-mente – la ricerca applicata.11
Tali infrastrutture si prestano inoltre per corsi tipo IFTS e FSE,
che a loro volta servono come autofinanziamento, e inoltre si prestano
anche – sia come logistica sia come docenti – per la
formazione continua in collaborazione con le imprese. E ciò
costituirebbe una concreta apertura al territorio, sia in termini
di fornitura di servizi sia in termini appunto di autofinanziamento
per il continuo aggiornamento della struttura e del personale –
oltre che per un’adeguata retribuzione del personale stesso.
In associazione con il suddetto progetto dei laboratori e con quello
già attuato della dorsale in fibra ottica – che rende
disponibile la larga banda nell’intero Istituto e consente
comunicazioni con il mondo esterno in tempo reale tramite Fastweb
– le infrastrutture di cui si è appena detto offrono
la possibilità di organizzare istruzione a distanza, come
peraltro auspicato dalla Provincia e dalla Regione. Dove per ‘istruzione
a distanza’ non si intende la sola messa in rete (con opportune
chiavi d’accesso) di lezioni specialistiche, ma si intende
che queste ultime siano alternate a fasi svolte in sede, nei laboratori,
dove si mettono in atto le nozioni acquisite e se ne verifica in
concreto l’acquisizione. Questo metodo può consentite
a studenti lavoratori di ottenere un certificato di formazione superiore
(o post-diploma) studiando in buona parte a casa o dovunque abbiano
un PC a disposizione connesso in rete, risparmiando in tal modo
tempo, oltre che problemi e costi di trasporto.12
Un’ulteriore opportunità offerta dalla struttura di
laboratori suddetta e dell’organizzazione relativa è
che può essere utilizzata come “spalla” per l’università
tecnica, dove ormai gli studenti non vedono quasi mai i laboratori.
E per gli studenti provenienti dal liceo questo apporto può
essere particolarmente utile. Opportune convenzioni con l’università
possono consentire di offrire “oggetti didattici” certificati
e validi come crediti per l’università stessa. Questo
tipo di collaborazione con l’università si può
anzi estendere a diverse attività, e portare progressivamente
a una integrazione sistematica fra le lauree brevi e il post-diploma,
lasciando all’università gli approfondimenti teorici
e all’ Istituto Tecnico gli aspetti più strettamente
inerenti le professioni nella loro concretezza.
In definitiva l’istituzione di questo corso superiore di
istruzione e formazione profes-sionale può offrire aperture
in tutte le direzioni, e inserire nel mondo del lavoro autentici
professionisti. Va osservato a questo riguardo che la scuola privata
– benché priva di adeguate infrastrutture e molto disorganizzata
– sta già ottenendo finanziamenti per iniziative di
formazione post-diploma. È sterile poi fare una guerra politica
alla scuola privata se non si fa quello che si può fare approfittando
delle concrete opportunità dell’autonomia e della riforma.
|
5. |
V. nel seguito la relativa definizione. Con “medesima struttura”
si intende che il singolo “oggetto” deve essere “trasparente”
allo stesso modo nella sua espansione dagli essenziali agli approfondimenti
e alle applicazioni. |
6. |
Da notare, per inciso, che la struttura che si sta descrivendo e
che sarà meglio precisata nel seguito, consente di costruire
percorsi “multipli” o “misti”, ossia professionalità
“d’interfaccia” fra i diversi indirizzi tradizionali.
Questa professionalità d’interfaccia – che consente
l’interazione fra discipline tecniche molto diverse (es. meccanica
ed elettronica) – è sempre più richiesta dal mondo
delle professioni, che sempre meno sono monodisciplinari anche se
fortemente specialistiche. Questo aspetto è da sottolineare,
perché l’alternativa di una formazione generica o generalista
non risolve il problema della domanda di competenze pluridisciplinari,
ma crea solo disoccupazione e sottoccupazione. Esperienza, questa,
ormai fin troppo consolidata nel nostro Paese. |
7. |
Quest’ultimo punto di vista è più coerente con
una formazione liceale di tipo classico o scientifico tradizionale;
già nel tecnologico è dubbio che sia ancora utile applicarlo.
Ciò non esclude, naturalmente la possibilità di approfondimenti
organizzati extra-curricolarmente e sistematicamente mediante “oggetti
didattici” opportuni. |
8. |
È altamente improbabile che si possa imporre alle aziende
di accogliere ragazzi meno che sedicenni. È necessario quindi
prevedere soluzioni diverse. |
9. |
Con le precisazioni esposte nel seguito. |
10. |
Andando anche incontro a una difficoltà ricorrente, che consiste
nella richiesta, da parte del mondo del lavoro di “anni di esperienza”.
Se questa fase di studi è organizzata come si dirà nel
seguito e certificata, essa sarà di fatto un’esperienza
lavorativa. |
11. |
Non ultime attività di collaudo e certificazione. |
12. |
L’istruzione a distanza può sostituire del tutto i
corsi serali, che in termini di vincoli di orario e logistici sono
ormai impraticabili.
|
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