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3.f  La preparazione degli “oggetti didattici”

Di tali “oggetti” si è detto diffusamente nella sezione 2. Si tratta di esaminare qualche ulte-riore aspetto organizzativo in relazione al loro approntamento e alla loro gestione.

i.

La preparazione degli “oggetti” deve far capo a un’apposita norma, che ne definisce la struttura e anche il formato a fini dell'omogeneità della documentazione didattica. La ge-stione degli oggetti deve prevedere una manutenzione periodica (annuale) in modo che non possano mai divenire obsoleti. La documentazione relativa agli “oggetti” deve non solo essere disponibile in rete ma deve poter essere fornita in forma cartacea, con un prezzo simbolico o “politico”, ma non gratuitamente, al fine di evitare sprechi e coprire perlomeno i costi di stampa.

ii.

La qualifica e la certificazione degli “oggetti” sono fasi necessarie al fine dell’inserimento degli “oggetti” stessi nel Manuale di Qualità.11 Ciò garantisce che la formazione costrui-ta sulla loro base è a sua volta certificabile a tutti gli effetti di fronte alle Istituzioni e al mondo del lavoro.
La distinzione che qui si introduce fra qualifica e certificazione è la stessa che si è posta fra qualità sostanziale e qualità formale. La qualifica, come sopra ricordato, prevede una sperimentazione – sperimentazione adeguatamente documentata, – mentre la certifica-zione consegue all’esame della documentazione raccolta durante la sperimentazione a fronte: del documento di base che costituisce l’“oggetto”, dei suoi requisiti e dei criteri di valutazione contenuti nel relativo progetto e, naturalmente, nella norma di certificazione.

3.g  Le relazioni con l’esterno

Per una scuola di qualità le relazioni con il mondo esterno – famiglie, Istituzioni, imprese e professioni, università – sono essenziali. La loro attivazione e il loro mantenimento hanno na-turalmente a loro volta un impatto sull’organizzazione.
Ogni responsabile di un’attività o di un progetto deve essere autorizzato formalmente a man-tenere i contatti con tutti gli enti esterni che possono essere utili all’espletamento delle sue funzioni, senza dover passare attraverso la gerarchia per ogni minimo passo, pena un ingiusti-ficabile rallentamento delle attività e spreco di risorse. Suo dovere al riguardo è, seppure sin-teticamente, documentare tali relazioni, anche perché l’organizzazione nel suo insieme sappia quali canali verso l’esterno sono aperti e praticabili dall’Istituto e non solo da una certa per-sona.12

In particolare:

i.

I rapporti con le famiglie – che sono forse i più difficili potendovi essere interferenza fra gli indirizzi educativi degli insegnanti e quelli delle famiglie stesse – debbono essere riportati a un livello di oggettività che non consenta di disperdersi in polemiche sterili, in cui entrano cioè termini come “antipatia”, “persecuzione” e affini. Esistono ben precisi “oggetti” a fronte dei quali in sostanza un allievo è giudicato unicamente dai fatti. Su questo aspetto non sono spendibili in alcun modo chiacchiere, polemiche o difese autore-ferenziali. Ciò che l’insegnante può fare, a fronte di insuccessi o ritardi, è dare sugge-rimenti sul metodo di studio, sull’affinamento di percorso, sull’assiduità di presenza. I giudizi sulla psicologia dell’allievo, benché inevitabili, è bene che l’insegnante li tenga per sé, eventualmente – se e solo se interpellato in merito dalla famiglia – indirizzando la famiglia stessa alle apposite sedi previste dall’istituzione scolastica. È da ritenersi del tutto improprio – e al limite persino illegale – emettere da parte di un insegnante dia-gnosi di carattere psicologico, anche se interpellato in merito dalla famiglia. È già difficile essere sufficientemente esperti nella propria disciplina e nella propria didattica senza an-dare a invadere la complessissima e delicatissima competenza dello psicologo.13

ii.

I rapporti con le Istituzioni sono retti da regole alquanto ferree, legate alle gerarchie for-mali interne della scuola (Dirigenza, Direzione amministrativa, Segreterie) e a quelle delle Istituzioni stesse. Per i contatti e le comunicazioni ufficiali, le strade e le procedure sono quindi rigidamente tracciate. Tuttavia anche in questo caso i rapporti informali si rivelano preziosi, e spesso consentono di risparmiare tempo e risorse. Sapere pertanto quali canali informali possono essere seguiti per ottenere adeguate informazioni o per individuare il contatto più efficace – sempre con le limitazioni della nota 12 – è un aspetto della strut-tura informale della comunicazione che non deve essere trascurato. A questo scopo è ne-cessario sapere chi, all’interno dell’Istituto, ha conoscenze presso le Istituzioni, e ciò, di nuovo, è possibile saperlo per via informale, vale a dire comunicando al livello della stima e della fiducia personale. Con ciò si ribadisce ancora una volta che un’organizzazione pur perfetta sotto gli aspetti formali è destinata a soccombere se non ha un solido fonda-mento nei rapporti informali. E, affinché ciò avvenga, è necessario creare un “clima” che dispone alla fiducia. Tale clima, al di là del carattere delle singole persone, è perlomeno favorito – se non causato – dalla presenza di responsabili ben identificati e, ovviamente, stimati; ma anche dal conseguimento di obiettivi importanti per l’Istituto, che ne miglio-rino l’immagine e quindi stimolino il senso di appartenenza e lo spirito di squadra.

iii.

Il rapporto con le imprese e le professioni esce – anzi non è ancora uscito – da un periodo di totale scollamento fra scuola e mondo del lavoro, tanto che persino gli ex-allievi risulta-no spesso poco graditi all’interno della scuola. Le ragioni sono molteplici. Da un lato c’è stata la chiusura della possibilità, per i tecnici delle imprese, di insegnare; da un altro gli investimenti nella ricerca e nella ricerca applicata si sono fortemente contratti – perciò le imprese non partecipano più come un tempo alla sponsorizzazione della scuola, – inoltre, anche a causa di questo allontanamento reciproco, i programmi e i metodi sono divenuti obsoleti, e ciò ha fatto entrare il processo in un circolo vizioso che ha portato al totale isolamento fra i due mondi.
Fortunatamente gli stimoli del mercato da un lato e dall’altro – da un lato la perdita di competitività delle imprese, dall’altro la perdita di utenza da parte delle scuole tecniche a favore dei licei (e molto spesso “a favore” della dispersione scolastica) – ora fanno sentire una certa necessità di un riavvicinamento, sempre che decenni ormai di tempo perduto possano essere recuperati ai fini della competitività delle imprese e della rico-struzione d’immagine da parte della scuola superiore tecnica.
Attualmente i rapporti con le imprese si limitano sostanzialmente agli stage, con numero-se ricorrenti difficoltà e notevoli aspetti burocratici abbastanza pesanti da entrambi i lati. Se le imprese accettano gli stage – questo deve essere ben chiaro – è per fare selezione del personale, non per spirito di pura collaborazione con la scuola. Inoltre, spesso, le imprese cercano solo forza lavoro gratuita per qualche mese, nel periodo di ferie del loro personale. Tutto ciò va cambiato, naturalmente, specie quest'ultimo comportamento (il primo non è negativo). Sia la scuola sia l’impresa devono comprendere che hanno in so-stanza il medesimo obiettivo di formare dei professionisti, con vantaggi per entrambi.
Alle imprese, tuttavia, per poter avviare un rapporto costruttivo, occorre presentarsi da professionisti, non da professori che vivono fuori del mondo e il cui orizzonte è chiuso nelle diciotto ore e nei testi scolastici delle loro discipline. Un professionista ha degli obiettivi e un programma realistico per conseguirli, e, se si presenta a chiedere qualcosa, offre in cambio qualcosa di altrettanto valido e appetibile. In altri termini non chiede l’elemosina, altrimenti il rischio che gli stagisti si riducano a fattorini o vengano confinati davanti a un computer senza alcun incarico è molto elevato – cosa che accade spesso. Il linguaggio del professionista è cioè quello della concretezza e non dell’utopia. Inoltre, a parte gli eventuali canali informali, è utile che la scuola passi attraverso le organizzazioni degli imprenditori, oppure attraverso la Provincia e la Regione, in modo che le credenziali con cui si presenta a un’impresa siano sufficientemente autorevoli.
I tipi di rapporto che possono essere instaurati con un’impresa, oltre agli stage, consisto-no nella formazione continua o nel recupero, in termini di formazione, del suo personale (domanda questa sempre più sentita da parte delle imprese a fronte di una tecnologia in continua evoluzione); inoltre la partecipazione ad attività di ricerca applicata con lo scopo, per la scuola, di far acquisire ai suoi allievi dei crediti spendibili nel mondo del la-voro, e, per l’impresa, di avere un contributo da parte della scuola in termini di concreta collaborazione. Quest’ultima possibilità è connessa alla prospettiva di istituire il ciclo di formazione superiore tecnica e tecnologica (post-diploma), entro il quale questo tipo di attività, in collaborazione con le imprese che rendono disponibili i loro tecnici per appron-tare e tenere i singoli corsi, può divenire la normalità se adeguatamente gestita. Con quest’ultima espressione intendendosi che la presenza di una direzione tecnica nell’Isti-tuto e lo svolgimento di attività “economiche” in senso lato – seppure no-profit – avvicina il linguaggio e i metodi dell’impresa a quelli della formazione superiore.

iv

Dei rapporti con l’università qualcosa si è già detto in precedenza. L’università, attual-mente, non ha molta considerazione per la scuola media, e perlopiù si limita a dei test d’ingresso per una selezione grossolana. Non curandosi della scuola media superiore e rimanendone staccata al pari delle imprese, deve poi subire l’ abbassamento di livello della formazione media superiore, e poi adeguarsi abbassando anche i propri standard. E ciò è ben lungi dall’essere positivo per entrambe le istituzioni, oltre che per la collettività che sostiene i costi di entrambe.
La proposta di questo progetto-ipotesi è che l’interazione con l’università diventi di scam-bio al livello delle competenze e della validazione – grazie anche alla certificazione – dei crediti acquisiti nel terzo ciclo (post-diploma). L’università accoglie studenti di tutte le provenienze, licei e scuole tecniche, e impartisce i medesimi insegnamenti ottenendo ne-cessariamente risultati molto diversi. È opinione di chi scrive che, specie nel caso di lauree brevi, sia sentita l’esigenza di una formazione non puramente teorica ma teorico-pratica, la cui parte applicativa o professionale l’università non è attrezzata per affron-tare, mentre una media superiore dotata di un terzo ciclo organizzato come descritto in precedenza è in grado di fornire questa fase di formazione professionale anche come servizio all’università, in particolare per allievi che non hanno alcuna preparazione tecnica ma hanno scelto di affrontare un percorso universitario tecnico. L’offerta di “oggetti di-dattici” specialistici tenuti da specialisti può integrare in modo significativo gli stage che l’università offre, i quali sono sempre inadeguati per definire un autentico credito forma-tivo, non essendo specificamente mirati e tantomeno gestiti dall’università.
Si tratta quindi di concordare con l’università – e anche in questo caso è necessario passare attraverso le Istituzioni – quali “oggetti” possono essere utili come crediti pro-priamente universitari, sia per allievi interni provenienti dal terzo ciclo sia per allievi inviati dall’università ai laboratori del terzo ciclo per acquisire esperienza concreta su ciò che studiano in forma teorica presso l’università stessa. Di fatto si tratterebbe ancora di “stage”, ma con un connotato decisamente mirato alla didattica e dentro di essa coor-dinato anziché essere solo, di fatto, di disturbo alle attività di un’impresa. Anche questo uso dei laboratori dell’Istituto (servizio didattico-applicativo all’università) può essere di natura “economica”, e ancora maggiormente incoraggia a dare alla struttura dei laboratori un’organizzazione di tipo professionistico sotto forma di una direzione tecnica.–


11. Non come testo completo ma come riferimento (numero-titolo-versione-data) nella forma cartacea, come link nella forma multimediale.
12. L’unico vincolo può essere che, se un certo contatto esterno è stato attivato e viene sostenuto da una singola persona – ben conosciuta quindi da quel contatto, – la persona stessa non venga scavalcata nei rapporti con il contatto stesso, con il rischio che un rapporto, costruito sulla fiducia e sulla stima personale, vada perduto per interferenza di persone considerate estranee (o persino sgradite) da quel contatto. La trasparenza e l’informazione, come già osservato, non implicano che un’organizzazione non debba servirsi di rapporti informali per poter funzionare anche sotto gli aspetti formali. I necessari rapporti informali sono fondati sulla conoscenza e sulla stima reciproca, interferire fra le quali può anche far chiudere una porta già aperta.
13. O peggio dello psichiatra. Questo aspetto qui si sottolinea di proposito, perché troppo spesso, anche in sede di esame di Stato, si sentono emettere diagnosi-sentenze di questo genere, specie da parte di persone che dovrebbero invece consultare lo psicologo per se stesse.

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