L'impegno culturale
e il pensiero di |
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RICORDI
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I sessant'anni di Gruppi
Un ricordo personale di
Luciano Gruppi L'impegno di Luciano (di Marco del Bufalo,sul "Calendario del Popolo", ottobre 2003) Lettera di Gianfranco Gilardi (dicembre 2003) Lettera di Roberto Ricci (febbraio 2006)
Intitolazione del
Circolo del P.R.C. di Albano Laziale a "Luciano Gruppi"
Donazione
al Centro di Documentazione di Pistoia Ricordo di Laura (otto anni nel 2006)
Ricordo
di Tilde Bonavoglia Gruppi (ottobre
2006)
Ricordo
di Eugenio Gruppi (novembre
2006) Ricordo
di Giuseppe Prestipino (novembre 2006) Ricordo
di
Stefania Fagiolo
(dicembre 2006) Per Luciano Gruppi e la musica, ricordo di Luigi Pestalozza (aprile 2007) Ricordo di Maurizio Sarti (agosto 2007) Ricordo
di Mimma Vignolini Peruggi (febbraio 2008)
I sessant'anni di Gruppi Il compagno Luciano Gruppi ha compiuto sessant'anni. Gruppi entrò nel partito nel '43: fa ben presto l'esperienza del carcere, e poi, della lotta partigiana. Da allora, un'ininterrotta milizia per il partito continuamente sospesa tra l'impegno nell'attività di organizzazione e il bisogno di stare dentro la vita e il farsi della cultura e delle idee. A Torino, alla Liberazione, e poi a Milano, è responsabile della attività giovanile e della propaganda. I libri che si porta dietro dappertutto testimoniano una passione, ma anche la necessità di dirigenti che all'eredità e al patrimonio morale grandissimo sempre di più aggiungono il dovere continuo della conoscenza. Nel '48 è eletto vice segretario e poi segretario della Federazione di Torino. Sono i tempi asperrimi della sconfitta del Fronte popolare, della maggioranza assoluta democristiana; 11 compito è difticile, ma sono anche scarsi gli strumenti di conoscenza fino a quel momento elaborati dai comunisti e dal movimento operaio per far fronte ai temi nuovi che si vengono affacciando. Fu, comunque, un tempo di battaglie operaie e popolari assai dure e tali da impedire che la discriminazione contro i comunisti e contro il movimento operaio ne piegassero le aspirazioni più grandi, li riducesero a forza marginale e subalterna. Torino - fu, come sempre, luogo decisivo della lotta. Dopo, Gruppi, che è divenuto membro del CC al VII Congresso, inizia il lavoro presso la Direzione del Partito: alla propaganda, alla rivista internazionale, e dal '61 alla sezione centrale culturale come vice responsabile, e poi nel '64 come responsabile della "sezione ideologica". Da questo periodo, e fino ad oggi, come direttore della scuola centrale del partito, il lavoro di Gruppi è quello che moltissimi giovani e meno giovani compagni conoscono, avendone letto le pubblicazioni numerose e gli interventi nel dibattito culturale e politico: il lavoro di un organizzatore della lotta sul «fronte ideale» e di un produttore di cultura impegnato a non svendere una grande tradizione di pensiero ma attento e sensibile alle idee realmente nuove. Testi acuti e precisi, per molti aspetti esemplari di una capacità di approfondimento e di comunicazione anche attorno ai temi più ardui. E' lo sforzo' per la chiarezza delle idee, certo, ma insieme, un impegno ad intendere la cultura nel suo orizzonte più vasto. Gruppi, torinese, della sua gente ha i modi cortesi e la riservatezza, la lucidità mentale e il pudore dei sentimenti. Tanto più i compagni che hanno avuto occasione di lavorare con lui hanno imparato ad unire l'affetto alla stima. E' stato ed è un cammino tormentato, ma valeva la pena di essere percorso e di continuare a percorrerlo. Al compagno Gruppi è giunto questo
messaggio di Berlinguer. Un ricordo personale di Luciano Gruppi L'Unità ha ripercorso l'attività intellettuale e politica di Luciano Gruppi, ricordando un compagno straordinario che da ieri non è più con noi. Vorrei aggiungere un ricordo personale: la chiusura della Scuola del Pci a Frattocchie, di cui era stato direttore, non ha interrotto l'attività divulgativa di Luciano che, nel 1996-97, venne a tenere uno straordinario (per me) ciclo di lezioni su marxismo e socialismo ad una platea giovane e affezionata di compagni (spesso digiuni di fIlosofia) dell' allora neonata Sinistra Giovanile. Già malato, con la voce sottile, veniva in sezione dove ci leggeva e commentava il Manifesto di Marx, gli scritti di Labriola, passi scelti da altri autori che molti di noi conobbero allora per la prima volta; ci stupivano e affascinavano la pacatezza, la chiarezza e il rigore intellettualé che erano propri di quest'uomo schivo, coltissimo, animato da profondo spirito democratico. E' stata una grande ricchezza averlo conosciuto e amato: per la generosa dedizione con cui si è dedicato alla formazione di giovani e meno giovani, per la fiducia che lui, intellettuale di spessore, ha sempre dimostrato a noi, compagnucci in erba di una sezione di provincia, per la passione e l'umanità che l'hanno caratterizzato fino alla sua ultima apparizione pubblica, a Frattocchie, molti anni dopo la chiusura della Scuola, dove una platea di giovanissimi militanti tributò una standing ovation allo storico compagno che si sentiva "un postero di se stesso", ma ancora sognava di "inventare il socialismo o comunque una società giusta, libera e solidale". (lettera pubblicata sull'Unità del 21 agosto 2003) L'impegno di Luciano Il
19 Agosto 2003 è morto Luciano Gruppi, dirigente PCI,
intellettuale impegnato nella formazione dei quadri del partito. Eppure l'adesione al PCI non era stata scontata. Gruppi, dopo la presa di coscienza delle nefandezze del fascismo, aderì alla Resistenza e si avvicinò infatti agli ambienti del Partito d'azione, molto forte a Torino, giurando di non "diventare mai comunista". Il giuramento durò ben poco, il tempo di rendersi conto che l'unica possibilità di ricostruire la democrazia e lo stato di diritto era legata all'affermazione di un partito di massa dei lavoratori. Già nel novembre del 1943 Gruppi aveva compreso che l'esperienza fascista non era stata un semplice accidente della storia ma il risultato delle contraddizioni storiche del Risorgimento e delle tendenze sovversivistiche delle classi dirigenti liberali e che, dunque, per ricostruire la democrazia in Italia c'era bisogno di un progetto socialista di largo respiro che già veniva delineato dal partito nuovo di Togliatti. Proprio alla costruzione del partito di massa in grado di lottare contemporaneamente per la democrazia e il socialismo nelle condizioni date in Italia, Luciano dedica la sua vita dopo la lotta partigiana e il carcere. Inviato a lavorare nella Federazione di Milano, si trova a gestire la difficile situazione dell'occupazione della prefettura da parte dei comunisti e dei socialisti per protestare contro la destituzione del prefetto partigiano Troilo nel novembre del 1947. Da quella esperienza il giovane Gruppi, che da buon insegnante ha sempre saputo imparare, trae la lezione che occorre procedere con cautela, senza avventurismi o fughe in avanti. A tale lezione, impartita da Longo su direttiva di Togliatti, Gruppi rimarrà fedele per tutta la vita: il vero rivoluzionario non fa fughe in avanti, non deve agire secondo il proprio istinto e i desideri, ma in base alla valutazione dei rapporti di forza nella società, senza rinunciare nel contempo, ovviamente, ai principi basilari della dottrina comunista. Il difficile equilibrio tra queste due esigenze non sempre conciliabili viene messo duramente alla prova in occasione dell'attentato a Togliatti, alle violente repressioni della polizia di Scelba contro il movimento operaio, ai licenziamenti politici della Fiat di Valletta. Esami delicatissimi che i comunisti italiani riescono a superare, grazie alla loro capacità di legare indissolubilmente la lotta per il socialismo alla lotta per la democrazia. Tale legame diventa ancor più importante di fronte alle rivelazioni di Chruscèv al XX Congresso del PCUS che spinsero il PCI a ricercare in modo ancor più energico una via italiana al socialismo, diversa da quella tracciata dai sovietici. Una via non facile e irta di sentieri tortuosi che Luciano Gruppi deve trovare nel difficile lavoro a Praga nella rivista Problemi della pace e socialismo nel periodo agosto 1958 - maggio 1961. Un periodo difficile per il comunismo internazionale a causa del conflitto tra sovietici e cinesi che Luciano Gruppi vive in prima persona nel suo viaggio in Cina nel maggio del 1960 e nella successiva seconda conferenza mondiale dei Partiti Comunisti. Nel lavoro quotidiano alla rivista e negli incontri internazionali Gruppi riesce ad assolvere il delicato compito di salvaguardare i margini di autonomia del PCI in politica interna ed estera senza ledere il legame con il movimento comunista internazionale. Dopo la sua intensa e proficua attività nella politica internazionale del PCI, Gruppi viene richiamato in Italia per lavorare alla Sezione culturale nazionale e, in seguito, viene nominato responsabile delle scuole di partito. È proprio nel settore della cultura e della formazione che Luciano Gruppi halavorato intensamente sino ai suoi ultimi giorni, lasciando tracce profonde e insegnamenti utili anche per l'azione politica della sinistra oggi. La sua lunga e proficua attività di insegnante e di direttore delle scuole di partito non può essere disgiunta, come a torto è stato fatto per lungo tempo, dalla sua produzione scientifica. Luciano Gruppi è stato un eccezionale divulgatore, capace di parlare a tutti gli strati della popolazione, anche analfabeti, militanti del PCI senza perdere mai il rigore scientifico. Nella sua lunga attività di studioso e di insegnante nelle scuole del partito Gruppi ha analizzato a fondo e interpretato soprattutto il pensiero gramsciano che, grazie anche alle sue opere "Il concetto di egemonia in Gramsci" e "Per un avvio allo studio di Gramsci", è ancor oggi studiato e amato in America Latina (in particolare a Cuba, in Venezuela e in Brasile dove Luciano si recò nel 1982). Lo studio di Gramsci era funzionale, del resto, all'obiettivo principale delle scuole di partito: formare non solo quadri capaci di agire in ambito amministrativo e di diffondere le idee del PCI, ma anche cittadini esemplari in grado di difendere la democrazia nei momenti più difficili. E tali momenti non mancheranno certamente: il golpe militare in Cile, le stragi fasciste, la strategia della tensione e il terrorismo. Sono anni in cui il PCI di Berlinguer, prendendo atto della tragica fine di Allende e della divisione in blocchi, lancia il compromesso storico con la DC per bloccare le forze più retrive e reazionarie della politica e della società italiana e far entrare il movimento operaio nel governo del paese. Luciano Gruppi è certamente uno dei principali protagonisti nella preparazione e nello sviluppo della politica del compromesso storico: da una parte prepara e intesse un fittissimo dialogo con i cattolici, dall'altra convince pazientemente i quadri e i militanti del partito, attraverso i suoi scritti e le sue lezioni alle scuole quadri, della necessità della svolta. Non è un caso che in questo periodo Luciano Gruppi intensifichi la sua attività scientifica, pubblicando testi fondamentali per comprendere le scelte del PCI nell'ambito del pensiero dei classici del movimento operaio internazionale: ricordiamo solamente per ragioni di spazio Togliatti e la via italiana al socialismo, Teoria e politica della via italiana al socialismo, La teoria marxista dello Stato, II compromesso storico, II pensiero di Lenin, La dialettica materialistica della storia, La teoria del partito rivoluzionario. Tutta la produzione di Gruppi di questi anni è attraversata da un unico filo rosso: la ricerca di una via peculiare italiana al socialismo nell'ambito dell'insegnamento togliattiano, il rafforzamento del legame inscindibile tra socialismo e democrazia, la netta condanna di ogni forma di nichilismo all'interno del movimento operaio italiano e internazionale (in particolare si veda l'introduzione di Gruppi a L'estremismo malattia infantile del comunismo di Lenin). Al di là del giudizio politico sul compromesso storico, l'opera di Gruppi rimane ancor oggi importante e può essere utile a ricostruire una sinistra degna di questo nome. La sinistra oggi più che nel passato, avrebbe bisogno di momenti di riflessione e di scuole di formazione di quadri capaci di resistere agli attacchi del regime monopolistico berlusconiano. Se si pensa che già nelle direttive del PCI del 1947 le scuole quadri venivano pensate come mezzo per formare "compagni e cittadini che andando al governo e ricoprendo cariche pubbliche" siano "inflessibilmente rispettosi delle istituzioni e delle regole della democrazia", si scopre l'attualità e l'importanza della formazione dei quadri dei partiti della sinistra nell'epoca della giungla berlusconiana. Anche l'instancabile opera della lotta alle forme di nichilismo, di estremismo e di opportunismo presenti nel movimento operaio rimangono importanti oggi per ricostruire una sinistra che non sia né massimalista, né rinunciataria rispetto ai suoi valori fondamentali. A tali valori Luciano Gruppi, uno tra i pochi dirigenti di primo piano del PCI che non è mai stato eletto parlamentare, ha dedicato tutta la sua vita e le sue energie senza richiedere vantaggi personali, gloria e riconoscenza. La riconoscenza, però, gli va data. Anche se postuma. Cosi scrive di lui un collaboratore dell'Istituto Togliatti di Frattocchie: "Per noi tutti maestro di pensiero e di vita. Lo studio, il rigore, la modestia sono stati i tratti salienti della persona, un patrimonio trasmesso anche a noi, a coloro che lo hanno conosciuto, frequentato e voluto bene. La scuola di Frattocchie rimarrà un esempio di crescita comunitaria, e personale, per tanti di noi, militanti e dirigenti del PCI. Per la serietà e la bellezza dell'impegno culturale e politico. Tanti sono i ricordi. Grande l'originalità del pensiero di Luciano che ora non va assolutamente disperso". Il tempo dimostrerà che la sua opera e il suo pensiero rimangono vivi non solo in coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ma anche in coloro che non hanno mai sentito le sue lezioni. "Tutto ciò che è vivo, è degno di morire" diceva Hegel, ripreso da Gruppi nelle sue memorie. (dal "Calendario del Popolo" ottobre 2003) Lettera di Gianfranco Gilardi (estratto da una lettera a Tilde Bonavoglia Gruppi ... Ho appreso la triste notizia proprio in questi giorni da un compagno di Como che lasciandomi di sasso disse "purtroppo dopo la scomparsa di Gruppi i lavoratori sono più soli". Sono molto addolorato per quello che è successo e per non aver potuto partecipare al funerale. Luciano era una persona stupenda non solo dal punto di vista politico culturale ma anche umano. Per me fece moltissimo proponendo a Berlinguer di togliermi dalla federazione del P.C.I. di Varese dove lavoravo come funzionario e dove mi trovavo male aiutandomi ad inserirmi nella sezione Scuole di Partito con l'incarico di istruttore presso la scuola nazionale operaia di Faggetto Lario. Cara compagna Tilde mi piacerebbe tanto parlarti per esprimerti di persona i sentimenti che provo nei tuoi confronti e nei confronti di Luciano e per avere da te qualche ricordo sulla vita e sull'opera di uno dei più straordinari divulgatori del Marxismo. ... Lettera di Roberto Ricci (estratto da una lettera a Tilde Bonavoglia Gruppi La memoria di Luciano Gruppi non può disperdersi in questo tempo di crisi della democrazia in Italia. La sua memoria è la nostra memoria, di quanti lo hanno conosciuto, stimato, voluto bene. Il pensiero di Luciano, la sua umanità stanno dentro di noi, sempre, e appartiene al ricco patrimonio del P.C.I. Un patrimonio che deve essere preservato sul piano storico, e che deve rimanere un lascito ricco e utile alla Sinistra,al centro sinistra,alla democrazia in Italia ancora oggi, nonostante le diverse strade intraprese da ognuno di noi dopo lo scioglimento. Il contributo di Luciano è stato grande: un dirigente, un educatore esemplare che ha dato le sue migliori energie al P.C.I., contribuendo a coniugare,innovare, radicare i caratteri peculiari della sua analisi teorica e della sua prassi, da Togliatti a Berlinguer, investendo tutto se stesso, con generosità e umiltà, nella formazione politica, favorendo la crescita di diverse generazioni di militanti e di dirigenti del P.C.I. Molti di noi a lui devono il rigore, lo studio, la passione che ancora cerchiamo di preservare in questo tempo, nel lavoro, nell'impegno quotidiano, in politica. Il ricordo doveroso ci spinge a riflettere ancora su problemi di oggi, e sulla necessità di riportare la Sinistra, la democrazia alla sua essenza partecipativa, di "emancipazione" umana e civile." Relazione nel giorno dell’intitolazione
del Circolo del P.R.C. a “Luciano Gruppi” Luciano Gruppi nasce a Torino nel 1920 iscritto al PCI dal novembre del 1943 e al PDS e quindi DS dopo lo scioglimento del PCI. Nell’ottobre del 1999 restituisce la tessera dei DS e nel 2001 si iscrive al P.R.C. Ha vissuto dunque, come militante comunista, come umanista, storico e filosofo tutto un ciclo storico. Dalla “lotta di liberazione”, ai cambiamenti epocali della fine del secolo passato. È stato figura centrale della cultura e ideologia comunista italiana, europea e mondiale per tutta la seconda metà del secolo scorso. È stato un intellettuale del partito comunista, ha lavorato con continuità alla costruzione del partito di massa in grado di lottare contemporaneamente per la democrazia e il socialismo aprendo anche al dialogo con i dirigenti del partito cattolico. Egli difese sempre con convinzione le posizioni filosofiche di Marx e Lenin cercando e trovando in esse un forte aggancio con la sua ricerca epistemologica. Ha fatto parte di quei filosofi che aprirono la cultura italiana a quell’indirizzo di studi. Scienza e filosofia per Gruppi erano un tutt’uno, e la sua "filosofia", nel corso del tempo, era approdata al marxismo, con molta chiarezza e decisione ovvero “tanto comunismo ma comunismo critico”. Alle lezioni di Togliatti e Longo Gruppi rimarrà fedele per tutta la vita: il vero rivoluzionario non fa fughe in avanti, non deve agire secondo il proprio istinto e i desideri, ma in base alla valutazione dei rapporti di forza nella società, senza rinunciare nel contempo, ovviamente, ai principi basilari della dottrina comunista. Il difficile equilibrio tra queste due esigenze non sempre conciliabili viene messo duramente alla prova in occasione dell'attentato a Togliatti, alle violente repressioni della polizia di Scelba La sua capacità di legare indissolubilmente la lotta per il socialismo alla lotta per la democrazia lo spinsero a ricercare in modo ancor più energico una via italiana al socialismo. Una via non facile e irta di sentieri tortuosi che Luciano Gruppi deve trovare nel difficile lavoro a Praga (come rappresentante del PCI nella redazione) nella rivista Problemi della pace e socialismo nel periodo agosto 1958-maggio 1961. Gruppi, uno tra i pochi dirigenti di primo piano del PCI che non è mai stato eletto parlamentare, ha dedicato tutta la sua vita e le sue energie per ricostruire una sinistra che non sia né massimalista, né rinunciataria rispetto ai suoi valori fondamentali, senza richiedere vantaggi personali, gloria e riconoscenza. Intensa e proficua è stata la sua attività politica internazionale avendo fatto parte, come dirigente, di molte delegazioni del PCI in tutto il mondo e in molti congressi internazionali. Gruppi è stato un eccezionale divulgatore, capace di parlare a tutti gli strati della popolazione, anche analfabeti, militanti del PCI senza perdere mai il rigore scientifico. Nella sua lunga attività di studioso e di insegnante nelle scuole del partito, ha analizzato a fondo e interpretato soprattutto il pensiero gramsciano che, grazie anche alle sue opere è ancor oggi studiato e amato in America Latina. In America Latina (Brasile) e non solo, è stato poi invitato per tenere lezioni e conferenze sul Marxismo e sul pensiero di Gramsci. Riconoscimenti da molte Università anche cattoliche. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue: Portoghese, Spagnolo, Sloveno, Greco, Olandese e Giapponese ecc. Molti studiosi del Marxismo hanno richiesto per le proprie opere introduzioni di Gruppi. Lo studio, il rigore, la modestia sono stati i tratti salienti della persona, un patrimonio trasmesso a tanti compagni che lo hanno conosciuto, frequentato e voluto bene e che ne hanno apprezzato la disponibilità all’ascolto dote non facile a trovare ma caratteristica di un grande insegnante. La scuola delle Frattocchie, di cui ha avuto la direzione, rimarrà un esempio di crescita comunitaria, e personale, per tanti compagni. Concludo ricordando la serietà e la bellezza dell'impegno culturale e politico nonché i tanti i ricordi e la grande l’originalità del pensiero di Luciano. Siamo certi che la sua opera e il suo pensiero rimarranno vivi non solo in coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ma anche in coloro che non lo hanno mai conosciuto. Non ci potevamo sottrarre da questo riconoscimento e l’intitolazione del circolo è stato il meno che potevamo fare per ricordarlo. (testo di Angelo Antonelli, Albano Laziale, 10 febbraio 2006) Donazione della Biblioteca Luciano Gruppi al Centro di Documentazione di Pistoia (E-mail di Giuliano Ciampolini del 5 marzo 2006) Chi è arrivato negli anni '70 al grande PCI, quello di Enrico Berlinguer, non può aver dimenticato chi aveva la responsabilità della "linea teorica" a sostegno della politica del PCI: Luciano Gruppi (in quegli anni Direttore dell'Istituto di studi comunisti "Palmiro Togliatti"), i suoi innumerevoli articoli su l'Unità e Rinascita, i suoi libri (Il pensiero di Lenin Il concetto di egemonia in Gramsci, Togliatti e la via italiana al socialismo, Storicità e marxismo, La dialettica materialistica della storia e tanti altri), i suoi interventi in innumerevoli iniziative di confronto pubblico. E' davvero un grande onore - a mio parere - che (anche grazie all'amicizia di Luciano e Matilde con Lia) Matilde Bonavoglia Gruppi abbia scelto di donare la biblioteca personale di Luciano Gruppi a Pistoia e che sia stata accolta dal Centro Documentazione. Giuliano,
Ricordo di Laura Capozzi (otto anni nel 2006) Ero amica di Luciano, quando ero molto piccola. Luciano mi faceva gli scherzi e, insieme a Tilde, andavamo tutti al lago di Albano, a passeggiare. Io provavo a camminare come Luciano, a passi piccoli piccoli, e lui rideva. Ricordo di Tilde Ho vissuto 47 anni con Luciano. L'ho conosciuto nel 1956 ( avevamo 28 e 35 anni) quando in lui bruciava il dolore per la separazione dalla prima moglie e dai due figli. Anch'io avevo avuto qualche dispiacere. Forse per questo scattò un'intesa amichevole e solidale che si trasformò poi nella decisione di vivere insieme. Questa solidarietà, oltre all'affetto, alla stima, alla comunanza di ideali, di attività politica, non è mai venuta meno, neppure nei momenti di crisi, che non possono mancare quando si convive così a lungo. E' impossibile condensare in poche righe un'esistenza piuttosto complessa. Posso solo dire che non è stato facile stare accanto a un intellettuale del suo calibro, in continua effervescenza di pensiero e di azione. Ma sono fiera di averlo fatto. Luciano e la musica La personalità di Luciano Gruppi non risulterebbe completa se non si accennasse alla sua competenza e passione per la musica classica. Nulla di meglio che riportare alcune frasi di un testo da lui scritto per il 70° del noto musicologo,e suo grande amico, Luigi Pestalozza di Milano: "... mi trovavo unito a Luigi nell'amore per la musica (ho studiato violino da giovane e tuttora sono un patito dell'ascolto) e quindi cercavo di seguire da vicino le sue iniziative [come responsabile della Commissione per la musica presso la Direzione del PCI, N.d.R. ] . Ricordo incontri interessanti con Luigi Nono e Giacomo Manzoni, con Benedetto Ghiglia, allora sovrintentendente dell'Opera di Roma. ... Da noi si discutevano e si affrontavano, nei limiti del possibile, i problemi della vita musicale: l'insegnamento nei Conservatori, nella scuola pubblica, la vita dei Teatri dell'Opera. Per esempio ritenevamo assurdo che l'insegnamento della musica, della storia della musica, fosse assente nelle scuole medie e superiori italiane. Perchè la storia dell'arte (figurativa) e non quella della musica? Perchè Raffaello e non Giuseppe Verdi? Si potrebbe aggiungere - e di questo discutevamo nella Commissione Scuola - perché la storia dell'arte italiana e non uno sguardo ai fiamminghi e agli impressionisti francesi? ... " Un ricordo di Luciano Gruppi “Che cosa stai leggendo?”. Dei tanti ricordi di mio padre, uno dei più significativi è questa domanda, una delle prime se non la prima che mi faceva ogni volta che ci vedevamo o ci sentivamo per telefono. E questo sin da quando eravamo bambini, e veniva a trovarci a Torino o a Bussoleno dalla nonna Tilde, ed alla nostra immancabile risposta “Salgari!” (infatti nel mio ricordo, forse un po’ impreciso, io ed Enrico leggevamo praticamente solo Salgari) seguiva immancabilmente una sua scenetta in cui si divertiva a prendere in giro le retoriche gesta degli eroi salgariani, cosa che ci divertiva e però anche ci scandalizzava. Naturalmente passando gli anni le mie letture sono diventate più “serie” e così anche i suoi commenti, ma restava questo elemento di fondo della sua passione per la cultura che, penso, per lui fosse anche un modo per entrare in contatto con le persone e per esprimere la sua vocazione pedagogica. Questo gli permetteva anche di accettare le mie scelte politiche “estremistiche”, che naturalmente non condivideva ma riconosceva come legittime perché riteneva, anche troppo generosamente!, che fossero meditate e culturalmente fondate. Sempre ai ricordi più adulti, comunque non dovevo avere più di 15 anni, appartiene quello di una sua conferenza a Torino su Gramsci dopo la quale chiese a me ed Enrico se era riuscito ad essere chiaro e comprensibile anche nei concetti più complessi, e si capiva che non era una domanda di circostanza, che per lui una conferenza anche dopo tanti anni di attività culturale non era pura routine, ma un modo di comunicare cose che lo appassionavano. Circa quindici anni dopo, quindi, la sua risposta ai dubbi che gli esponevo di non sentirmi adeguato ad un insegnamento impegnativo come quello della filosofia non poteva che essere “Leggi i testi, che non c’è modo migliore per capire e far capire la filosofia!” Mi ha poi fatto molto piacere, e anche un po’ commosso,che questo tipo di rapporto e di confronto l’abbia continuato anche con mia figlia Francesca, che si sentiva molto lusingata e un po’ intimorita di dover rendere conto delle sue letture al nonno, famoso intellettuale. Questi primi ricordi possono sembrare parziali, forse lo sono, ma per me questa dimensione di “umanesimo intellettuale” di mio padre era molto significativa, anche se chiaramente ad essa se ne univano altre che magari cercherò di mettere per scritto un po’ per volta. Un’ultima osservazione sull’altra sua grande passione, la politica. Non mi ha affatto stupito che non abbia mai potuto accettare il superamento del PCI e che non si sia potuto riconoscere pienamente in nessuno dei partiti che ne sono nati, sia perché era non solo politicamente ma anche umanamente un comunista italiano ( con tutti i pregi e i difetti che questo significava) sia per un tratto che a me sembra lo caratterizzasse, di testarda fedeltà alle cose in cui credeva.
*
Ricordo di Luciano Gruppi Il ricordo che ho di Luciano Gruppi è di
lunga data. L'incontrai la prima volta nell'estate 1961, nella Sezione
culturale del PCI della quale lui era allora vice-responsabile. Ero
appena tornato da Mosca dove avevo frequentato l'Università
statale Lomonosov e gli consegnai la mia tesi di laurea tradotta in
italiano. Fu assai cordiale e gentile. Mi restituì il
grosso volume dopo qualche mese dicendomi di apprezzare le
cose che avevo scritto sulla condizione operaia nel capitalismo. Poi,
con un sorriso ironico ma timido nel contempo , mi fece capire che,
purtroppo, i tempi erano cambiati nel partito. Sbottò in una
risata quando gli raccontai che ero stato a trovare Salvatore
Cacciapuoti, il quale non appena mi vide mi disse brutalmente che
"soldi non ci sono", accompagnando la frase con un gesto tipico dei
napoletani, come se io fossi andato a chiedere soldi e non a dirgli che
ero a disposizione del partito. Luciano scosse la testa in segno di
disapprovazione e cercò di rassicurarmi dicendomi che il
partito mi avrebbe senz'altro utilizzato. Ebbi poi occasione di
trascorrere un pò di tempo insieme a Luciano nel marzo 1962,
nei giorni del noto convegno sulle tendenze del
capitalismo italiano. Lavoravo alla Sezione economica del PCI
e fui "prestato" alla Sezione esteri del PCI come accompagnatore della
delegazione sovietica presente al convegno. Per un paio di sere, mi
sembra, anche Luciano fece compagnia ai sovietici. Fu
così che conobbi anche Tilde, sua inseparabile compagna. Una
sera stavamo tornando a casa e Luciano mentre guidava l'auto si mise a
parlare rivolgendosi a me che stavo seduto nel sedile
posteriore. Ciò non piacque a Tilde che giustamente lo
rimproverò e in modo un po' energico lo invitò a
non distogliere lo sguardo dalla strada. Luciano fece finta di
crucciarsi e rivolgendosi ancora a me disse scherzando più o
meno così : "vedi,quanto la devo sopportare!".
Questa scenetta mi è rimasta impressa, forse
perchè mi fece capire subito il carattere di Luciano e il
rapporto intenso che lo legava a Tilde.
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Ricordo
di Luciano Gruppi Il
mio primo ricordo di Luciano (ma assolutamente confuso nella
nebbia) è una sorta di visita ufficiale che feci,
con una delegazione del PCI di Genova,
alla grande federazione di Torino di cui
egli era segretario. Ho un ricordo confuso di lui,
piccolo di statura, della sua gentilezza , e di quella grande
città (eppure venivo da Genova che non
è certo piccola), e del “movimento comunista e
operaio” di Torino, che sembrava così forte e
imbattibile! Poi lo ricordo in un intervento fatto, mi pare,
alla Conferenza d’organizzazione a Napoli. Sui limiti del
leninismo. Molto coraggioso e giusto ideologicamente. In seguito in una
conferenza alla scuola di Frattocchie: parlò del
decadimento del linguaggio, delle parole oscene, e dei problemi del
sesso: l’intervento mi piacque molto, glielo dissi, e
più tardi mi mandò (ce l’ho ancora) un
piccolo estratto della sua relazione, con una dedica. Ricordo di Luciano Gruppi Sarebbe impossibile in poche righe ricostruire il lavoro svolto da Luciano Gruppi come studioso, come autore di saggi sul pensiero marxiano e su quello gramsciano o di analisi storico-critiche sul contesto nazionale della politica togliattiana, specie postbellica. Debbo dunque limitarmi a poche notazioni sulla figura morale di Luciano Gruppi e sull'amicizia profonda, leale, ma improntata a "severità" militante, che ci legava, specialmente nel periodo non breve del suo e mio impegno per "Critica marxista", la rivista teorica del Partito Comunista Italiano. Non saprei dire se fosse più forte la mia condivisione delle sue idee di fondo, filosofiche e politiche, o l'ammirazione per la sua tempra morale, salda ma del tutto aliena da ogni rigorismo moralistico e, anzi, venata di indulgenza e di umana comprensione, concessa alle debolezze o ai difetti degli altri, per il suo carattere mite, modesto, lontano (vorrei dire fino all'indifferenza) dalle ambizioni personali protese verso carriere accademiche o verso cariche pubbliche, parlamentari ecc., o verso alti incarichi politici. Luciano Gruppi era ed è, come alcune altre persone delle quali è in me vivo il ricordo, un simbolo tangibile di quella generazione di rivoluzionari comunisti che ha operato il vero miracolo italiano: ossia, l'educazione a una superiore coscienza democratica perché comunista di masse popolari sporadicamente ribelli o durevolmente passive, di un "volgo disperso che nome non ha", ma anche di una classe operaia o lavoratrice combattiva e tuttavia dilaniata, lungo la sua storia, dai contrasti tra massimalismo e riformismo minimalista, tra sindacalismo laico e sindacalismo cattolico, tra tendenze unitarie e tentazioni separatiste. Vi erano in Italia, in quegli anni della guerra fredda, menti e cuori capaci di operare la sintesi virtuosa fra le diverse componenti dell'anima popolare: penso alla soluzione autonomista proposta da Togliatti al tempo degli scontri con i separatisti siciliani, alle parole d'ordine forgiate sulla scia dello scritto su "Ceto medio e Emilia rossa", al discorso di Bergamo sulle convergenze con la coscienza cattolica per salvare l'umanità dalla catastrofe nucleare ecc. ecc. Legato alle tormentate vicende del nostro dialogo con i cattolici (chi non ricorda le insipide ironie sui "catto comunisti" e le insinuazioni similari imbastite per discreditare Berlinguer?), mi sia consentito ricordare con particolare "nostalgia" l'incontro tra intellettuali comunisti e cattolici svoltosi nella dolce e elegante città termale di Marianske Lanske, in quella che era una Cecoslovacchia piena di fermenti alla vigilia della "Primavera di Praga". A quell'incontro partecipammo, come delegati del PCI, Luciano Gruppi, Cesare Luporini ed io. La discussione fu viva e cordiale, ma anche ansiosa, benché non potessimo prevedere le tragedie che sarebbero esplose di lì a poco. Per inciso: partecipava a quell'incontro tra comunisti e cattolici, come il più rappresentativo tra i filosofi "organici" al Partito comunista francese, colui che poco tempo dopo si sarebbe convertito alla religione islamica! Luciano Gruppi era un ''togliattiano'' convinto perché aveva assimilato profondamente la lezione di Gramsci. Vi sono. oggi politici o studiosi che amano esercitarsi sul presunto "uso politico" arbitrario che Togliatti avrebbe orchestrato dell'opera e del pensiero gramsciani. E invece ritengo che Togliatti abbia operato come ogni guida politica dovrebbe operare e come Gramsci stesso avrebbe consigliato di operare: abbia cioè ''tradotto'' un grande pensiero pensato, appunto, da Gramsci nel tempo di Gramsci e lo abbia tradotto nella "lingua" del tempo e del partito nuovo. Non mi dilungo su questo tema che meriterebbe più attenta riflessione. Dico soltanto che Luciano Gruppi fu tra i pochi che seppero cogliere questa feconda dialettica tra continuità e discontinuità. Perciò ripeto che egli fu un ''togliattiano'' convinto perché capiva il Gramsci capace di guardare anche al futuro (a tal punto da scandalizzare gli ortodossi, con il suo "storicismo", quando aveva ammesso che, in una futura società comunista, anche il materialismo storico potrebbe risultare "superato"). Perciò, nella disputa che allora divideva gli intellettuali o i filosofi comunisti, tra storicismo e antistoricismo, o strutturalismo, Gruppi si dichiarò apertamente storicista, non curandosi del malanimo di chi incolpava di spirito vetero-umanistico o persino di cripto-crocianesimo quei continuatori della lezione gramsciana. A Luciano mi accomuna anche la decisione, sua e mia, di non restare nel partito divenuto immemore del suo passato con la svolta cosiddetta della "Bolognina", di aspettare fuori da ogni partito per alcuni anni e, infme, di chiedere l'iscrizione al Partito della Rifondazione comunista, giudicato come quello che, in tempi mutati, poteva meglio incarnare i nostri ideali e le nostre prospettive, pur non essendo esente da debolezze interne derivanti dalla non sempre armonica convivenza tra correnti di diversa provenienza e dalla diffusa sfiducia verso i partiti, a sua volta ingenerata da cause molteplici, fra le quali la deprimente stagione di Tangentopoli, il redivivo trasformismo italiano e la declinante sovranità nazionale, fenomeno quest'ultimo iinputabile soprattutto alla unipolare e ademocratica globalizzazione neoliberista. Se Luciano si distingueva per la grande serenità del suo spirito, un non trascurabile merito dev' essere forse attribuito a Tilde Bonavoglia, la sua compagna di vita. Tilde, pur avendo avuto anche lei compiti politico-culturali delicati, soprattutto nei rapporti difficili con le rappresentanze dei paesi socialisti nel gruppo redazionale della rivista nata dal Cominform e insediata a Praga, nondimeno gli fu sempre affettivamente e intellettualmente vicina, così come gli è vicina tuttora nel custodirne la memoria e nel ravvivarla anche in noi. * Ricordo di
Luciano Gruppi Luciano…Luciano Gruppi, quanti anni sono passati. Era il 1958 quando l’ho conosciuto, mio marito, Franco Moranino, credo che lo conoscesse già da prima. Erano due persone completamente diverse. Franco era esuberante e molto rumoroso, ma la calma di Luciano lo frenava nelle discussioni che si accendevano a casa nostra. Luciano prima di rispondere metteva la mano sull’angolo della bocca e toccandosi il naso rifletteva, poi rispondeva. Queste pause che lui faceva mi colpivano molto, perché gli italiani, in gran parte, sono mercurio vivo e in generale non lasciano finire e interrompono. Luciano non lo faceva mai, aspettava, rifletteva e poi parlava. Amava tanto ascoltare Vivaldi ed altri classici. Ricordo un giorno in cui in redazione alla sezione di filosofia venne da lui un nuovo arrivato russo. Si presentò dicendo: “Sono il filosofo russo”, di rimando Luciano con un sorriso gli disse: “ Io sono uno studioso di filosofia”. E dopo il colloquio poi mi disse: “non me la sento di attribuirmi il nominativo di “Filosofo”, io mi occupo di filosofia”. Dal 1958 Gruppi era rappresentante del Partito alla rivista internazionale a Praga. Io fungevo dal segretaria e da traduttrice cosicché partecipavo a tutte le riunioni del Collegio di Redazione, così potevo osservare le difficili discussioni che si svolgevano al collegio. Gruppi era sempre molto deciso nella difesa della politica del Partito italiano, diverse volte ho assistito a dibattiti che non arrivavano a nessuna conclusione concreta, dopo queste discussioni inconcludenti iniziava il pellegrinaggio di diversi rappresentanti dei partiti da Gruppi, nella speranza che lui cambiasse la propria decisione. Su tutto ciò che toccava la politica del Partito lui era intransigente, ma sempre calmo e riflessivo, il suo nervosismo emergeva dalle tante sigarette che fumava. Era un periodo difficile, al principio del 1960 erano iniziate le divergenze con Partito cinese, che nel 1961 portarono alla rottura. Ci sono tanti ricordi di questo periodo. Poi quando sono tornata in Italia, dopo la morte di Franco, e mi sono trasferita a Roma, abbiamo ripreso a frequentarci. Venivano a casa mia lui e Tilde, mia figlia più piccola, Simona, lo adorava, perché le raccontava tante favole, si metteva sulle ginocchia di Luciano e chiedeva di raccontarle qualcosa, dopo di che chiedeva: “ Tu conoscevi mio papà?” e dopo la sua risposta affermativa aggiungeva: “Rimani a mangiare con noi!”. Lo chiamava “zio” e quando passava un po’ di tempo dall’ultima visita mi chiedeva: “ Quando viene zio Luciano?” Ricordo di Luciano Gruppi
Ho conosciuto Luciano Gruppi nel settembre del 1976, quando fu nominato direttore dell’Istituto Studi Comunisti “P.Togliatti”(Frattocchie), dove io allora lavoravo in segreteria da appena un anno. Erano gli anni in cui il PCI consolidava la sua forza e cercava di costruire l’originale percorso dell’ eurocomunismo, di cui Luciano Gruppi era uno tra i maggiori esponenti. Era una persona molto discreta e dai modi dolci e gentili. Sono stata la sua segretaria per 12 anni: tra i più belli per me, sia per la crescita professionale che per quella individuale e politica. Aspettavo con trepidazione i suoi foglietti dalla scrittura illeggibile, tranne che per me, che lui mi porgeva quasi scusandosi e che invece io aspettavo con una immensa gioia. Ma non ero isolata in questa felicità. Ricordo il piacere di ascoltare le lezioni di Luciano dei tanti compagni e compagne per la sua trasparenza di linguaggio quasi unica. Era incredibile come riusciva a rendere comprensibili alcuni pensieri così complicati, come ad esempio “la concezione materialistica e dialettica della storia”. Mentre scrivo questi ricordi su Luciano avverto una profonda tristezza per la superficialità, l’inconsistenza e la lontananza dai problemi della gente della politica di oggi, e rimpiango il suo rigore intellettuale, comune ai tanti intellettuali del PCI, nell’affrontare le questioni di carattere nazionale ed internazionale. Il suo insegnamento e la sua gentilezza sono sempre vivi in me e mi accompagneranno per sempre. Ricordo
del compagno Luciano
CIAO Compagno Luciano.
Per Luciano Gruppi e la
musica
Un ricordo di Luciano
Un ricordo di Luciano
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