L'impegno culturale e il pensiero di
LUCIANO GRUPPI





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RICORDI



I sessant'anni di Gruppi
(L'Unità, novembre 1980)

Un ricordo personale di Luciano Gruppi
(di Aureliana Di Rollo, sull'"Unità" del 21 agosto 2003)

L'impegno di Luciano (di Marco del Bufalo,sul "Calendario del Popolo", ottobre 2003)

Lettera di Gianfranco Gilardi (dicembre 2003)

Lettera di Roberto Ricci  (febbraio 2006)

Intitolazione del Circolo del P.R.C. di Albano Laziale a "Luciano Gruppi"
(di Angelo Antonelli, febbraio 2006)

Donazione al Centro di Documentazione di Pistoia
della biblioteca di Luciano Gruppi
 
(di Giuliano Ciampolini, marzo 2006)

Ricordo di Laura (otto anni nel 2006)

Ricordo di Tilde Bonavoglia Gruppi (ottobre 2006)
... Luciano e la musica

Ricordo di Eugenio Gruppi (novembre 2006)

Ricordo di Osvaldo Sanguigni (novembre 2006)

Ricordo di Simona Mafai De Pasquale (novembre 2006)

Ricordo di Giuseppe Prestipino (novembre 2006)

Ricordo di Bianca Vidali Moranino (dicembre 2006)

Ricordo di Stefania Fagiolo (dicembre 2006)

Ricordo di Giovanni Fasolo (dicembre 2006)

Per Luciano Gruppi e la musica, ricordo di Luigi Pestalozza (aprile 2007)

Ricordo di Maurizio Sarti (agosto 2007) 

Ricordo di Mimma Vignolini Peruggi (febbraio 2008)


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I sessant'anni di Gruppi
("L'Unità" del 10 novembre 1980)

Il compagno Luciano Gruppi ha compiuto sessant'anni.
L'augurio a Luciano Gruppi è, anche, memoria del non facile percorso della generazione di giovani intellettuali che vennero al partito nella Resistenza e che scelsero la strada dell'impegno pieno nel partito, la strada del "rivoluzionario di professione".

Gruppi entrò nel partito nel '43: fa ben presto l'esperienza del carcere, e poi, della lotta partigiana. Da allora, un'ininterrotta milizia per il partito continuamente sospesa tra l'impegno nell'attività di organizzazione e il bisogno di stare dentro la vita e il farsi della cultura e delle idee.

A Torino, alla Liberazione, e poi a Milano, è responsabile della attività giovanile e della propaganda. I libri che si porta dietro dappertutto testimoniano una passione, ma anche la necessità di dirigenti che all'eredità e al patrimonio morale grandissimo sempre di più aggiungono il dovere continuo della conoscenza.

Nel '48 è eletto vice segretario e poi segretario della Federazione di Torino. Sono i tempi asperrimi della sconfitta del Fronte popolare, della maggioranza assoluta democristiana; 11 compito è difticile, ma sono anche scarsi gli strumenti di conoscenza fino a quel momento elaborati dai comunisti e dal movimento operaio per far fronte ai temi nuovi che si vengono affacciando. Fu, comunque, un tempo di battaglie operaie e popolari assai dure e tali da impedire che la discriminazione contro i comunisti e contro il movimento operaio ne piegassero le aspirazioni più grandi, li riducesero a forza marginale e subalterna. Torino - fu, come sempre, luogo decisivo della lotta.

Dopo, Gruppi, che è divenuto membro del CC al VII Congresso, inizia il lavoro presso la Direzione del Partito: alla propaganda, alla rivista internazionale, e dal '61 alla sezione centrale culturale come vice responsabile, e poi nel '64 come responsabile della "sezione ideologica".

Da questo periodo, e fino ad oggi, come direttore della scuola centrale del partito, il lavoro di Gruppi è quello che moltissimi giovani e meno giovani compagni conoscono, avendone letto le pubblicazioni numerose e gli interventi nel dibattito culturale e politico: il lavoro di un organizzatore della lotta sul «fronte ideale» e di un produttore di cultura impegnato a non svendere una grande tradizione di pensiero ma attento e sensibile alle idee realmente nuove. Testi acuti e precisi, per molti aspetti esemplari di una capacità di approfondimento e di comunicazione anche attorno ai temi più ardui. E' lo sforzo' per la chiarezza delle idee, certo, ma insieme, un impegno ad intendere la cultura nel suo orizzonte più vasto.

Gruppi, torinese, della sua gente ha i modi cortesi e la riservatezza, la lucidità mentale e il pudore dei sentimenti. Tanto più i compagni che hanno avuto occasione di lavorare con lui hanno imparato ad unire l'affetto alla stima. E' stato ed è un cammino tormentato, ma valeva la pena di essere percorso e di continuare a percorrerlo.

Al compagno Gruppi è giunto questo messaggio di Berlinguer.
"Caro Gruppi, in occasione del tuo sessantesimo compleanno ricevi i fraterni auguri miei e dei compagni della Direzione del partito.
Se sessant'anni rappresentano un traguardo importante nella vita di un uomo penso tu possa riandare a questo cammino compiuto con l'orgoglio di avere ben speso questa parte della tua vita di militante comunista dando un forte contributo al partito, alla sua politica e al suo lavoro, e conservando la freschezza dei nostri ideali.
Ti auguro tanta salute e molti anni ancora di impegno comune nelle nostre battaglie per una società migliore".





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Un ricordo personale di Luciano Gruppi
(di Aureliana Di Rollo)

L'Unità ha ripercorso l'attività intellettuale e politica di Luciano Gruppi, ricordando un compagno straordinario che da ieri non è più con noi. Vorrei aggiungere un ricordo personale: la chiusura della Scuola del Pci a Frattocchie, di cui era stato direttore, non ha interrotto l'attività divulgativa di Luciano che, nel 1996-97, venne a tenere uno straordinario (per me) ciclo di lezioni su marxismo e socialismo ad una platea giovane e affezionata di compagni (spesso digiuni di fIlosofia) dell' allora neonata Sinistra Giovanile.

Già malato, con la voce sottile, veniva in sezione dove ci leggeva e commentava il Manifesto di Marx, gli scritti di Labriola, passi scelti da altri autori che molti di noi conobbero allora per la prima volta; ci stupivano e affascinavano la pacatezza, la chiarezza e il rigore intellettualé che erano propri di quest'uomo schivo, coltissimo, animato da profondo spirito democratico.

E' stata una grande ricchezza averlo conosciuto e amato: per la generosa dedizione con cui si è dedicato alla formazione di giovani e meno giovani, per la fiducia che lui, intellettuale di spessore, ha sempre dimostrato a noi, compagnucci in erba di una sezione di provincia, per la passione e l'umanità che l'hanno caratterizzato fino alla sua ultima apparizione pubblica, a Frattocchie, molti anni dopo la chiusura della Scuola, dove una platea di giovanissimi militanti tributò una standing ovation allo storico compagno che si sentiva "un postero di se stesso", ma ancora sognava di "inventare il socialismo o comunque una società giusta, libera e solidale".

(lettera pubblicata sull'Unità del 21 agosto 2003)

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L'impegno di Luciano
(di Marco Del Bufalo)

Il 19 Agosto 2003 è morto Luciano Gruppi, dirigente PCI, intellettuale impegnato nella formazione dei quadri del partito.
La scomparsa di Gruppi lascia un notevole vuoto sia a livello politico che a livello umano.
La politica, del resto, è stata una passione talmente grande da inglobare anche tutti i sentimenti e le emozioni private di cui Luciano, da buon schivo torinese, non amava parlare come dimostrano le sue memorie "Testimonianze di un postero".
Del resto Luciano Gruppi è stato sino all'ultimo respiro un vero "rivoluzionario di professione" sempre pronto a sacrificare i propri interessi personali a quelli dell'organismo collettivo, il PCI, a cui si è sentito indissolubilmente legato sino al suo scioglimento.

Eppure l'adesione al PCI non era stata scontata. Gruppi, dopo la presa di coscienza delle nefandezze del fascismo, aderì alla Resistenza e si avvicinò infatti agli ambienti del Partito d'azione, molto forte a Torino, giurando di non "diventare mai comunista". Il giuramento durò ben poco, il tempo di rendersi conto che l'unica possibilità di ricostruire la democrazia e lo stato di diritto era legata all'affermazione di un partito di massa dei lavoratori. Già nel novembre del 1943 Gruppi aveva compreso che l'esperienza fascista non era stata un semplice accidente della storia ma il risultato delle contraddizioni storiche del Risorgimento e delle tendenze sovversivistiche delle classi dirigenti liberali e che, dunque, per ricostruire la democrazia in Italia c'era bisogno di un progetto socialista di largo respiro che già veniva delineato dal partito nuovo di Togliatti. Proprio alla costruzione del partito di massa in grado di lottare contemporaneamente per la democrazia e il socialismo nelle condizioni date in Italia, Luciano dedica la sua vita dopo la lotta partigiana e il carcere. Inviato a lavorare nella Federazione di Milano, si trova a gestire la difficile situazione dell'occupazione della prefettura da parte dei comunisti e dei socialisti per protestare contro la destituzione del prefetto partigiano Troilo nel novembre del 1947. Da quella esperienza il giovane Gruppi, che da buon insegnante ha sempre saputo imparare, trae la lezione che occorre procedere con cautela, senza avventurismi o fughe in avanti. A tale lezione, impartita da Longo su direttiva di Togliatti, Gruppi rimarrà fedele per tutta la vita: il vero rivoluzionario non fa fughe in avanti, non deve agire secondo il proprio istinto e i desideri, ma in base alla valutazione dei rapporti di forza nella società, senza rinunciare nel contempo, ovviamente, ai principi basilari della dottrina comunista. Il difficile equilibrio tra queste due esigenze non sempre conciliabili viene messo duramente alla prova in occasione dell'attentato a Togliatti, alle violente repressioni della polizia di Scelba contro il movimento operaio, ai licenziamenti politici della Fiat di Valletta. Esami delicatissimi che i comunisti italiani riescono a superare, grazie alla loro capacità di legare indissolubilmente la lotta per il socialismo alla lotta per la democrazia. Tale legame diventa ancor più importante di fronte alle rivelazioni di Chruscèv al XX Congresso del PCUS che spinsero il PCI a ricercare in modo ancor più energico una via italiana al socialismo, diversa da quella tracciata dai sovietici. Una via non facile e irta di sentieri tortuosi che Luciano Gruppi deve trovare nel difficile lavoro a Praga nella rivista Problemi della pace e socialismo nel periodo agosto 1958 - maggio 1961. Un periodo difficile per il comunismo internazionale a causa del conflitto tra sovietici e cinesi che Luciano Gruppi vive in prima persona nel suo viaggio in Cina nel maggio del 1960 e nella successiva seconda conferenza mondiale dei Partiti Comunisti. Nel lavoro quotidiano alla rivista e negli incontri internazionali Gruppi riesce ad assolvere il delicato compito di salvaguardare i margini di autonomia del PCI in politica interna ed estera senza ledere il legame con il movimento comunista internazionale.

Dopo la sua intensa e proficua attività nella politica internazionale del PCI, Gruppi viene richiamato in Italia per lavorare alla Sezione culturale nazionale e, in seguito, viene nominato responsabile delle scuole di partito.

È proprio nel settore della cultura e della formazione che Luciano Gruppi halavorato intensamente sino ai suoi ultimi giorni, lasciando tracce profonde e insegnamenti utili anche per l'azione politica della sinistra oggi. La sua lunga e proficua attività di insegnante e di direttore delle scuole di partito non può essere disgiunta, come a torto è stato fatto per lungo tempo, dalla sua produzione scientifica. Luciano Gruppi è stato un eccezionale divulgatore, capace di parlare a tutti gli strati della popolazione, anche analfabeti, militanti del PCI senza perdere mai il rigore scientifico. Nella sua lunga attività di studioso e di insegnante nelle scuole del partito Gruppi ha analizzato a fondo e interpretato soprattutto il pensiero gramsciano che, grazie anche alle sue opere "Il concetto di egemonia in Gramsci" e "Per un avvio allo studio di Gramsci", è ancor oggi studiato e amato in America Latina (in particolare a Cuba, in Venezuela e in Brasile dove Luciano si recò nel 1982). Lo studio di Gramsci era funzionale, del resto, all'obiettivo principale delle scuole di partito: formare non solo quadri capaci di agire in ambito amministrativo e di diffondere le idee del PCI, ma anche cittadini esemplari in grado di difendere la democrazia nei momenti più difficili. E tali momenti non mancheranno certamente: il golpe militare in Cile, le stragi fasciste, la strategia della tensione e il terrorismo. Sono anni in cui il PCI di Berlinguer, prendendo atto della tragica fine di Allende e della divisione in blocchi, lancia il compromesso storico con la DC per bloccare le forze più retrive e reazionarie della politica e della società italiana e far entrare il movimento operaio nel governo del paese. Luciano Gruppi è certamente uno dei principali protagonisti nella preparazione e nello sviluppo della politica del compromesso storico: da una parte prepara e intesse un fittissimo dialogo con i cattolici, dall'altra convince pazientemente i quadri e i militanti del partito, attraverso i suoi scritti e le sue lezioni alle scuole quadri, della necessità della svolta. Non è un caso che in questo periodo Luciano Gruppi intensifichi la sua attività scientifica, pubblicando testi fondamentali per comprendere le scelte del PCI nell'ambito del pensiero dei classici del movimento operaio internazionale: ricordiamo solamente per ragioni di spazio Togliatti e la via italiana al socialismo, Teoria e politica della via italiana al socialismo, La teoria marxista dello Stato, II compromesso storico, II pensiero di Lenin, La dialettica materialistica della storia, La teoria del partito rivoluzionario. Tutta la produzione di Gruppi di questi anni è attraversata da un unico filo rosso: la ricerca di una via peculiare italiana al socialismo nell'ambito dell'insegnamento togliattiano, il rafforzamento del legame inscindibile tra socialismo e democrazia, la netta condanna di ogni forma di nichilismo all'interno del movimento operaio italiano e internazionale (in particolare si veda l'introduzione di Gruppi a L'estremismo malattia infantile del comunismo di Lenin). Al di là del giudizio politico sul compromesso storico, l'opera di Gruppi rimane ancor oggi importante e può essere utile a ricostruire una sinistra degna di questo nome. La sinistra oggi più che nel passato, avrebbe bisogno di momenti di riflessione e di scuole di formazione di quadri capaci di resistere agli attacchi del regime monopolistico berlusconiano. Se si pensa che già nelle direttive del PCI del 1947 le scuole quadri venivano pensate come mezzo per formare "compagni e cittadini che andando al governo e ricoprendo cariche pubbliche" siano "inflessibilmente rispettosi delle istituzioni e delle regole della democrazia", si scopre l'attualità e l'importanza della formazione dei quadri dei partiti della sinistra nell'epoca della giungla berlusconiana. Anche l'instancabile opera della lotta alle forme di nichilismo, di estremismo e di opportunismo presenti nel movimento operaio rimangono importanti oggi per ricostruire una sinistra che non sia né massimalista, né rinunciataria rispetto ai suoi valori fondamentali. A tali valori Luciano Gruppi, uno tra i pochi dirigenti di primo piano del PCI che non è mai stato eletto parlamentare, ha dedicato tutta la sua vita e le sue energie senza richiedere vantaggi personali, gloria e riconoscenza. La riconoscenza, però, gli va data. Anche se postuma. Cosi scrive di lui un collaboratore dell'Istituto Togliatti di Frattocchie: "Per noi tutti maestro di pensiero e di vita. Lo studio, il rigore, la modestia sono stati i tratti salienti della persona, un patrimonio trasmesso anche a noi, a coloro che lo hanno conosciuto, frequentato e voluto bene. La scuola di Frattocchie rimarrà un esempio di crescita comunitaria, e personale, per tanti di noi, militanti e dirigenti del PCI. Per la serietà e la bellezza dell'impegno culturale e politico. Tanti sono i ricordi. Grande l'originalità del pensiero di Luciano che ora non va assolutamente disperso". Il tempo dimostrerà che la sua opera e il suo pensiero rimangono vivi non solo in coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ma anche in coloro che non hanno mai sentito le sue lezioni. "Tutto ciò che è vivo, è degno di morire" diceva Hegel, ripreso da Gruppi nelle sue memorie.

(dal "Calendario del Popolo" ottobre 2003)



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Lettera di Gianfranco Gilardi

(estratto da una lettera a Tilde Bonavoglia Gruppi
del 16 dicembre 2003)

... Ho appreso la triste notizia proprio in questi giorni da un compagno di Como che lasciandomi di sasso disse "purtroppo dopo la scomparsa di Gruppi i lavoratori sono più soli".

Sono molto addolorato per quello che è successo e per non aver potuto partecipare al funerale.

Luciano era una persona stupenda non solo dal punto di vista politico culturale ma anche umano.

Per me fece moltissimo proponendo a Berlinguer di togliermi dalla federazione del P.C.I. di Varese dove lavoravo come funzionario e dove mi trovavo male aiutandomi ad inserirmi nella sezione Scuole di Partito con l'incarico di istruttore presso la scuola nazionale operaia di Faggetto Lario.

Cara compagna Tilde mi piacerebbe tanto parlarti per esprimerti di persona i sentimenti che provo nei tuoi confronti e nei confronti di Luciano e per avere da te qualche ricordo sulla vita e sull'opera di uno dei più straordinari divulgatori del Marxismo. ...





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Lettera di Roberto Ricci

(estratto da una lettera a Tilde Bonavoglia Gruppi
del 3 febbraio 2006)

La memoria di Luciano Gruppi non può disperdersi in questo tempo di crisi della democrazia in Italia. La sua memoria è la nostra memoria, di quanti lo hanno conosciuto, stimato, voluto bene. Il pensiero di Luciano, la sua umanità stanno dentro di noi, sempre, e appartiene al ricco patrimonio del P.C.I.

Un patrimonio che deve essere preservato sul piano storico, e che deve rimanere un lascito ricco e utile alla Sinistra,al centro sinistra,alla democrazia in Italia ancora oggi, nonostante le diverse strade intraprese da ognuno di noi dopo lo scioglimento.

Il contributo di Luciano è stato grande: un dirigente, un educatore esemplare che ha dato le sue migliori energie al P.C.I., contribuendo a coniugare,innovare, radicare i caratteri peculiari della sua analisi teorica e della sua prassi, da Togliatti a Berlinguer, investendo tutto se stesso, con generosità e umiltà, nella formazione politica, favorendo la crescita di diverse generazioni di militanti e di dirigenti del P.C.I.

Molti di noi a lui devono il rigore, lo studio, la passione che ancora cerchiamo di preservare in questo tempo, nel lavoro, nell'impegno quotidiano, in politica.

Il ricordo doveroso ci spinge a riflettere ancora su problemi di oggi, e sulla necessità di riportare la Sinistra, la democrazia alla sua essenza partecipativa, di "emancipazione" umana e civile."



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Relazione nel giorno dell’intitolazione del Circolo del P.R.C. a “Luciano Gruppi”
(
Sala Vespignani di Albano Laziale, 10 febbraio 2006)

Luciano Gruppi nasce a Torino nel 1920 iscritto al PCI dal novembre del 1943 e al PDS e quindi DS dopo lo scioglimento del PCI. Nell’ottobre del 1999 restituisce la tessera dei DS e nel 2001 si iscrive al P.R.C.

Ha vissuto dunque, come militante comunista, come umanista, storico e filosofo tutto un ciclo storico. Dalla “lotta di liberazione”, ai cambiamenti epocali della fine del secolo passato.

È stato figura centrale della cultura e ideologia comunista italiana, europea e mondiale per tutta la seconda metà del secolo scorso. È stato un intellettuale del partito comunista, ha lavorato con continuità alla costruzione del partito di massa in grado di lottare contemporaneamente per la democrazia e il socialismo aprendo anche al dialogo con i dirigenti del partito cattolico.

Egli difese sempre con convinzione le posizioni filosofiche di Marx e Lenin cercando e trovando in esse un forte aggancio con la sua ricerca epistemologica. Ha fatto parte di quei filosofi che aprirono la cultura italiana a quell’indirizzo di studi. Scienza e filosofia per Gruppi erano un tutt’uno, e la sua "filosofia", nel corso del tempo, era approdata al marxismo, con molta chiarezza e decisione ovvero “tanto comunismo ma comunismo critico”.

Alle lezioni di Togliatti e Longo Gruppi rimarrà fedele per tutta la vita: il vero rivoluzionario non fa fughe in avanti, non deve agire secondo il proprio istinto e i desideri, ma in base alla valutazione dei rapporti di forza nella società, senza rinunciare nel contempo, ovviamente, ai principi basilari della dottrina comunista. Il difficile equilibrio tra queste due esigenze non sempre conciliabili viene messo duramente alla prova in occasione dell'attentato a Togliatti, alle violente repressioni della polizia di Scelba

La sua capacità di legare indissolubilmen­te la lotta per il socialismo alla lotta per la democrazia lo spinsero a ri­cercare in modo ancor più energico una via italiana al socialismo. Una via non facile e irta di sentieri tortuosi che Luciano Gruppi deve trovare nel difficile lavoro a Praga (come rappresentante del PCI nella redazione) nella rivista Problemi della pace e socialismo nel periodo agosto 1958-maggio 1961.

Gruppi, uno tra i pochi dirigenti di primo piano del PCI che non è mai stato eletto parlamenta­re, ha dedicato tutta la sua vita e le sue energie per ricostruire una sinistra che non sia né massimalista, né rinunciata­ria rispetto ai suoi valori fondamentali, senza richiedere vantaggi per­sonali, gloria e riconoscenza. Intensa e proficua è stata la sua attività politica internazionale avendo fatto parte, come dirigente, di molte delegazioni del PCI in tutto il mondo e in molti congressi internazionali.

Gruppi è stato un eccezionale divulgatore, capace di par­lare a tutti gli strati della popolazione, anche analfabeti, militanti del PCI sen­za perdere mai il rigore scientifico. Nel­la sua lunga attività di studioso e di in­segnante nelle scuole del partito, ha analizzato a fondo e interpretato soprattutto il pensiero gramsciano che, grazie anche alle sue opere è ancor oggi stu­diato e amato in America Latina. In America Latina (Brasile) e non solo, è stato poi invitato per tenere lezioni e conferenze sul Marxismo e sul pensiero di Gramsci. Riconoscimenti da molte Università anche cattoliche. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue: Portoghese, Spagnolo, Sloveno, Greco, Olandese e Giapponese ecc. Molti studiosi del Marxismo hanno richiesto per le proprie opere introduzioni di Gruppi.

Lo studio, il rigore, la mode­stia sono stati i tratti salienti della per­sona, un patrimonio trasmesso a tanti compagni che lo hanno conosciuto, frequentato e voluto bene e che ne hanno apprezzato la disponibilità all’ascolto dote non facile a trovare ma caratteristica di un grande insegnante. La scuola delle Frattocchie, di cui ha avuto la direzione, rimarrà un esempio di crescita comunitaria, e personale, per tanti compagni. Concludo ricordando la serietà e la bellezza dell'impegno culturale e politico nonché i tanti i ricordi e la grande l’originalità del pensiero di Luciano. Siamo certi che la sua opera e il suo pensiero rimarranno vivi non solo in coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ma anche in coloro che non lo hanno mai conosciuto.

Non ci potevamo sottrarre da questo riconoscimento e l’intitolazione del circolo è stato il meno che potevamo fare per ricordarlo.

(testo di Angelo Antonelli, Albano Laziale, 10 febbraio 2006)

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Donazione della Biblioteca Luciano Gruppi al Centro di Documentazione di Pistoia

(E-mail di Giuliano Ciampolini del 5 marzo 2006)

Chi è arrivato negli anni '70 al grande PCI, quello di Enrico Berlinguer, non può aver dimenticato chi aveva la responsabilità della "linea teorica" a sostegno della politica del PCI: Luciano Gruppi (in quegli anni Direttore dell'Istituto di studi comunisti "Palmiro Togliatti"), i suoi innumerevoli articoli su l'Unità e Rinascita, i suoi libri (Il pensiero di Lenin Il concetto di egemonia in Gramsci, Togliatti e la via italiana al socialismo, Storicità e marxismo, La dialettica materialistica della storia e tanti altri), i suoi interventi in innumerevoli iniziative di confronto pubblico.

E' davvero un grande onore - a mio parere - che (anche grazie all'amicizia di Luciano e Matilde con Lia) Matilde Bonavoglia Gruppi abbia scelto di donare la biblioteca personale di Luciano Gruppi a Pistoia e che sia stata accolta dal Centro Documentazione.

Giuliano,
comunista difettoso (che ha sempre ammirato Luciano Gruppi, non solo per la sua grandissima cultura marxista e per la sua originalità di pensiero, ma anche per la sua semplicità nei rapporti avuti con ogni persona che ha incontrato, per il suo totale disinteresse personale, per il suo rigore intellettuale, per il suo idealismo comunista testimoniato fino alla sua morte.



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Ricordo di Laura Capozzi (otto anni nel 2006)

Ero amica di Luciano, quando ero molto piccola. Luciano mi faceva gli scherzi e, insieme a Tilde, andavamo tutti al lago di Albano, a passeggiare. Io provavo a camminare come Luciano, a passi piccoli piccoli, e lui rideva.





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Ricordo di Tilde

Ho vissuto 47 anni con Luciano. L'ho conosciuto nel 1956 ( avevamo 28 e 35 anni) quando in lui bruciava il dolore per la separazione dalla prima moglie e dai due figli.

Anch'io avevo avuto qualche dispiacere. Forse per questo scattò un'intesa amichevole e solidale che si trasformò poi nella decisione di vivere insieme. Questa solidarietà, oltre all'affetto, alla stima, alla comunanza di ideali, di attività politica, non è mai venuta meno, neppure nei momenti di crisi, che non possono mancare quando si convive così a lungo.

E' impossibile condensare in poche righe un'esistenza piuttosto complessa. Posso solo dire che non è stato facile stare accanto a un intellettuale del suo calibro, in continua effervescenza di pensiero e di azione. Ma sono fiera di averlo fatto.

Luciano e la musica

La personalità di Luciano Gruppi non risulterebbe completa se non si accennasse alla sua competenza e passione per la musica classica. Nulla di meglio che riportare alcune frasi di un testo da lui scritto per il 70° del noto musicologo,e suo grande amico,  Luigi Pestalozza di Milano: 

"... mi trovavo unito a Luigi nell'amore per la musica (ho studiato violino da giovane e tuttora sono un patito dell'ascolto)  e quindi cercavo di seguire da vicino le sue iniziative [come responsabile della Commissione per la musica presso la Direzione del PCI, N.d.R. ] . Ricordo incontri interessanti con Luigi Nono e Giacomo Manzoni, con Benedetto Ghiglia, allora sovrintentendente dell'Opera di Roma. ... Da noi si discutevano e si affrontavano, nei limiti del possibile, i problemi della vita musicale: l'insegnamento nei Conservatori, nella scuola pubblica, la vita dei Teatri dell'Opera. Per esempio ritenevamo assurdo che l'insegnamento della musica, della storia della musica, fosse assente nelle scuole medie e superiori italiane. Perchè la storia dell'arte (figurativa) e non quella della musica? Perchè Raffaello e non Giuseppe Verdi? Si potrebbe aggiungere - e di questo discutevamo nella Commissione Scuola - perché la storia dell'arte italiana e non uno sguardo ai fiamminghi e agli impressionisti francesi? ... " 




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Un ricordo di Luciano Gruppi
(di Eugenio Gruppi)



Che cosa stai leggendo?”. Dei tanti ricordi di mio padre, uno dei più significativi è questa domanda, una delle prime se non la prima che mi faceva ogni volta che ci vedevamo o ci sentivamo per telefono. E questo sin da quando eravamo bambini, e veniva a trovarci a Torino o a Bussoleno dalla nonna Tilde, ed alla nostra immancabile risposta “Salgari!” (infatti nel mio ricordo, forse un po’ impreciso, io ed Enrico leggevamo praticamente solo Salgari) seguiva immancabilmente una sua scenetta in cui si divertiva a prendere in giro le retoriche gesta degli eroi salgariani, cosa che ci divertiva e però anche ci scandalizzava. Naturalmente passando gli anni le mie letture sono diventate più “serie” e così anche i suoi commenti, ma restava questo elemento di fondo della sua passione per la cultura che, penso, per lui fosse anche un modo per entrare in contatto con le persone e per esprimere la sua vocazione pedagogica. Questo gli permetteva anche di accettare le mie scelte politiche “estremistiche”, che naturalmente non condivideva ma riconosceva come legittime perché riteneva, anche troppo generosamente!, che fossero meditate e culturalmente fondate.

Sempre ai ricordi più adulti, comunque non dovevo avere più di 15 anni, appartiene quello di una sua conferenza a Torino su Gramsci dopo la quale chiese a me ed Enrico se era riuscito ad essere chiaro e comprensibile anche nei concetti più complessi, e si capiva che non era una domanda di circostanza, che per lui una conferenza anche dopo tanti anni di attività culturale non era pura routine, ma un modo di comunicare cose che lo appassionavano. Circa quindici anni dopo, quindi, la sua risposta ai dubbi che gli esponevo di non sentirmi adeguato ad un insegnamento impegnativo come quello della filosofia non poteva che essere “Leggi i testi, che non c’è modo migliore per capire e far capire la filosofia!”

Mi ha poi fatto molto piacere, e anche un po’ commosso,che questo tipo di rapporto e di confronto l’abbia continuato anche con mia figlia Francesca, che si sentiva molto lusingata e un po’ intimorita di dover rendere conto delle sue letture al nonno, famoso intellettuale.

Questi primi ricordi possono sembrare parziali, forse lo sono, ma per me questa dimensione di “umanesimo intellettuale” di mio padre era molto significativa, anche se chiaramente ad essa se ne univano altre che magari cercherò di mettere per scritto un po’ per volta.

Un’ultima osservazione sull’altra sua grande passione, la politica. Non mi ha affatto stupito che non abbia mai potuto accettare il superamento del PCI e che non si sia potuto riconoscere pienamente in nessuno dei partiti che ne sono nati, sia perché era non solo politicamente ma anche umanamente un comunista italiano ( con tutti i pregi e i difetti che questo significava) sia per un tratto che a me sembra lo caratterizzasse, di testarda fedeltà alle cose in cui credeva.

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Ricordo di Luciano Gruppi 
(di Osvaldo Sanguigni)



Il ricordo che ho di Luciano Gruppi è di lunga data. L'incontrai la prima volta nell'estate 1961, nella Sezione culturale del PCI della quale lui era allora vice-responsabile. Ero appena tornato da Mosca dove avevo frequentato l'Università statale Lomonosov e gli consegnai la mia tesi di laurea tradotta in italiano. Fu assai cordiale e gentile. Mi restituì il grosso  volume dopo qualche mese dicendomi di apprezzare le cose che avevo scritto sulla condizione operaia nel capitalismo. Poi, con un sorriso ironico ma timido nel contempo , mi fece capire che, purtroppo, i tempi erano cambiati nel partito. Sbottò in una risata quando gli raccontai che ero stato a trovare Salvatore Cacciapuoti, il quale non appena mi vide mi disse brutalmente che "soldi non ci sono", accompagnando la frase con un gesto tipico dei napoletani, come se io fossi andato a chiedere soldi e non a dirgli che ero a disposizione del partito. Luciano scosse la testa in segno di disapprovazione e cercò di rassicurarmi dicendomi che il partito mi avrebbe senz'altro utilizzato. Ebbi poi occasione di trascorrere un pò di tempo insieme a Luciano nel marzo 1962, nei giorni del noto convegno sulle tendenze del capitalismo italiano. Lavoravo alla Sezione economica del PCI e fui "prestato" alla Sezione esteri del PCI come accompagnatore della delegazione sovietica presente al convegno. Per un paio di sere, mi sembra, anche Luciano fece compagnia ai sovietici. Fu così che conobbi anche Tilde, sua inseparabile compagna. Una sera stavamo tornando a casa e Luciano mentre guidava l'auto si mise a parlare rivolgendosi a me che stavo seduto nel sedile posteriore. Ciò non piacque a Tilde che giustamente lo rimproverò e in modo un po' energico lo invitò a non distogliere lo sguardo dalla strada. Luciano fece finta di crucciarsi e rivolgendosi ancora a me disse scherzando più o meno così : "vedi,quanto la devo sopportare!". Questa scenetta mi è rimasta impressa, forse perchè mi fece capire subito il carattere di Luciano e il rapporto intenso che lo legava a Tilde.
Dopo il convegno, per lungo tempo, ebbi con Luciano e Tilde contatti sporadici pur lavorando nello stesso palazzo. Ricordo di qualche allegra serata trascorsa insieme, in compagnia di altre persone. Lo stabilirsi di rapporti di amicizia avvenne, invece, quando ci trovammo a lavorare insieme a Frattocchie. Furono rapporti che si protrassero nel tempo, anche dopo che entrambi cambiammo lavoro, e mi dettero la possibilità di conoscere Luciano sia come persona riservata, dall'aspetto serioso talvolta ma ottimista e a suo modo gioviale, che come dirigente politico, e di apprezzarne le capacità di sintesi e di interpretazione della politica del PCI di allora, assai complessa.







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 Ricordo di Luciano Gruppi
(di Simona Mafai De Pasquale)



Il mio primo ricordo di Luciano  (ma assolutamente confuso nella nebbia) è una sorta di visita ufficiale  che feci, con una delegazione  del  PCI  di Genova, alla grande  federazione  di  Torino di cui egli era  segretario. Ho un ricordo confuso di lui,  piccolo di statura, della sua gentilezza , e di quella  grande città  (eppure venivo  da Genova che non è certo piccola), e del “movimento comunista e operaio” di Torino, che sembrava così forte e imbattibile! Poi lo ricordo  in un intervento fatto, mi pare, alla Conferenza d’organizzazione a Napoli. Sui limiti del leninismo. Molto coraggioso e giusto ideologicamente. In seguito in una conferenza alla scuola di  Frattocchie: parlò del decadimento del linguaggio, delle parole oscene, e dei problemi del sesso: l’intervento mi piacque molto, glielo dissi, e più tardi mi mandò (ce l’ho ancora) un piccolo estratto della sua relazione, con una dedica.
I maggiori ricordi li ho quando l’ho poi rivisto con te; negli ultimi tempi. In particolare l’ultimo: il pranzo in una trattoria di Viale Trastevere. E il suo progetto di scrivere su Trockij.
Fatti i conti, quasi niente. Eppure Luciano è molto presente nella storia della mia vita politica: non è stato solo un compagno, ma l’esponente di una capacità tutta comunista (italiana) di analizzare la realtà, rifacendosi ai classici del pensiero marxista, ma senza nessuna subordinazione ideologica. Con assoluta, coraggiosa, autonomia di pensiero. Una persona che sapeva esplorare e percorrere i sentieri imprevisti che la storia ci sbatteva davanti. 



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Ricordo di Luciano Gruppi
(di Giuseppe Prestipino)



Sarebbe impossibile in poche righe ricostruire il lavoro svolto da Luciano Gruppi come studioso, come autore di saggi sul pensiero marxiano e su quello gramsciano o di analisi storico-critiche sul contesto nazionale della politica togliattiana, specie postbellica. Debbo dunque limitarmi a poche notazioni sulla figura morale di Luciano Gruppi e sull'amicizia profonda, leale, ma improntata a "severità" militante, che ci legava, specialmente nel periodo non breve del suo e mio impegno per "Critica marxista", la rivista teorica del Partito Comunista Italiano. Non saprei dire se fosse più forte la mia condivisione delle sue idee di fondo, filosofiche e politiche, o l'ammirazione per la sua tempra morale, salda ma del tutto aliena da ogni rigorismo moralistico e, anzi, venata di indulgenza e di umana comprensione, concessa alle debolezze o ai difetti degli altri, per il suo carattere mite, modesto, lontano (vorrei dire fino all'indifferenza) dalle ambizioni personali protese verso carriere accademiche o verso cariche pubbliche, parlamentari ecc., o verso alti incarichi politici.

Luciano Gruppi era ed è, come alcune altre persone delle quali è in me vivo il ricordo, un simbolo tangibile di quella generazione di rivoluzionari comunisti che ha operato il vero miracolo italiano: ossia, l'educazione a una superiore coscienza democratica perché comunista di masse popolari sporadicamente ribelli o durevolmente passive, di un "volgo disperso che nome non ha", ma anche di una classe operaia o lavoratrice combattiva e tuttavia dilaniata, lungo la sua storia, dai contrasti tra massimalismo e riformismo minimalista, tra sindacalismo laico e sindacalismo cattolico, tra tendenze unitarie e tentazioni separatiste. Vi erano in Italia, in quegli anni della guerra fredda, menti e cuori capaci di operare la sintesi virtuosa fra le diverse componenti dell'anima popolare: penso alla soluzione autonomista proposta da Togliatti al tempo degli scontri con i separatisti siciliani, alle parole d'ordine forgiate sulla scia dello scritto su "Ceto medio e Emilia rossa", al discorso di Bergamo sulle convergenze con la coscienza cattolica per salvare l'umanità dalla catastrofe nucleare ecc. ecc.

Legato alle tormentate vicende del nostro dialogo con i cattolici (chi non ricorda le insipide ironie sui "catto comunisti" e le insinuazioni similari imbastite per discreditare

Berlinguer?), mi sia consentito ricordare con particolare "nostalgia" l'incontro tra intellettuali comunisti e cattolici svoltosi nella dolce e elegante città termale di Marianske Lanske, in quella che era una Cecoslovacchia piena di fermenti alla vigilia della "Primavera di Praga". A quell'incontro partecipammo, come delegati del PCI, Luciano Gruppi, Cesare Luporini ed io. La discussione fu viva e cordiale, ma anche ansiosa, benché non potessimo prevedere le tragedie che sarebbero esplose di lì a poco. Per inciso: partecipava a quell'incontro tra comunisti e cattolici, come il più rappresentativo tra i filosofi "organici" al Partito comunista francese, colui che poco tempo dopo si sarebbe convertito alla religione islamica!

Luciano Gruppi era un ''togliattiano'' convinto perché aveva assimilato profondamente la lezione di Gramsci. Vi sono. oggi politici o studiosi che amano esercitarsi sul presunto "uso politico" arbitrario che Togliatti avrebbe orchestrato dell'opera e del pensiero gramsciani. E invece ritengo che Togliatti abbia operato come ogni guida politica dovrebbe operare e come Gramsci stesso avrebbe consigliato di operare: abbia cioè ''tradotto'' un grande pensiero pensato, appunto, da Gramsci nel tempo di Gramsci e lo abbia tradotto nella "lingua" del tempo e del partito nuovo. Non mi dilungo su questo tema che meriterebbe più attenta riflessione. Dico soltanto che Luciano Gruppi fu tra i pochi che seppero cogliere questa feconda dialettica tra continuità e discontinuità. Perciò ripeto che egli fu un ''togliattiano'' convinto perché capiva il Gramsci capace di guardare anche al futuro (a tal punto da scandalizzare gli ortodossi, con il suo "storicismo", quando aveva ammesso che, in una futura società comunista, anche il materialismo storico potrebbe risultare "superato").

Perciò, nella disputa che allora divideva gli intellettuali o i filosofi comunisti, tra storicismo e antistoricismo, o strutturalismo, Gruppi si dichiarò apertamente storicista, non curandosi del malanimo di chi incolpava di spirito vetero-umanistico o persino di cripto-crocianesimo quei continuatori della lezione gramsciana.

A Luciano mi accomuna anche la decisione, sua e mia, di non restare nel partito divenuto immemore del suo passato con la svolta cosiddetta della "Bolognina", di aspettare fuori da ogni partito per alcuni anni e, infme, di chiedere l'iscrizione al Partito della Rifondazione comunista, giudicato come quello che, in tempi mutati, poteva meglio incarnare i nostri ideali e le nostre prospettive, pur non essendo esente da debolezze interne derivanti dalla non sempre armonica convivenza tra correnti di diversa provenienza e dalla diffusa sfiducia verso i partiti, a sua volta ingenerata da cause molteplici, fra le quali la deprimente stagione di Tangentopoli, il redivivo trasformismo italiano e la declinante sovranità nazionale, fenomeno quest'ultimo iinputabile soprattutto alla unipolare e a­democratica globalizzazione neoliberista.

Se Luciano si distingueva per la grande serenità del suo spirito, un non trascurabile merito dev' essere forse attribuito a Tilde Bonavoglia, la sua compagna di vita. Tilde, pur avendo avuto anche lei compiti politico-culturali delicati, soprattutto nei rapporti difficili con le rappresentanze dei paesi socialisti nel gruppo redazionale della rivista nata dal Cominform e insediata a Praga, nondimeno gli fu sempre affettivamente e intellettualmente vicina, così come gli è vicina tuttora nel custodirne la memoria e nel ravvivarla anche in noi.





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Ricordo di Luciano Gruppi
(di Bianca Vidali Moranino)



Luciano…Luciano Gruppi, quanti anni sono passati. Era il 1958 quando l’ho conosciuto, mio marito, Franco Moranino, credo che lo conoscesse già da prima. Erano due persone completamente diverse. Franco era esuberante e molto rumoroso, ma la calma di Luciano lo frenava nelle discussioni che si accendevano a casa nostra. Luciano prima di rispondere metteva la mano sull’angolo della bocca e toccandosi il naso rifletteva, poi rispondeva. Queste pause che lui faceva mi colpivano molto, perché gli italiani, in gran parte, sono mercurio vivo e in generale non lasciano finire e interrompono. Luciano non lo faceva mai, aspettava, rifletteva e poi parlava. Amava tanto ascoltare Vivaldi ed altri classici.

Ricordo un giorno in cui in redazione alla sezione di filosofia venne da lui un nuovo arrivato russo. Si presentò dicendo: “Sono il filosofo russo”, di rimando Luciano con un sorriso gli disse: “ Io sono uno studioso di filosofia”. E dopo il colloquio poi mi disse: “non me la sento di attribuirmi il nominativo di “Filosofo”, io mi occupo di filosofia”.

Dal 1958 Gruppi era rappresentante del Partito alla rivista internazionale a Praga. Io fungevo dal segretaria e da traduttrice cosicché partecipavo a tutte le riunioni del Collegio di Redazione, così potevo osservare le difficili discussioni che si svolgevano al collegio. Gruppi era sempre molto deciso nella difesa della politica del Partito italiano, diverse volte ho assistito a dibattiti che non arrivavano a nessuna conclusione concreta, dopo queste discussioni inconcludenti iniziava il pellegrinaggio di diversi rappresentanti dei partiti da Gruppi, nella speranza che lui cambiasse la propria decisione. Su tutto ciò che toccava la politica del Partito lui era intransigente, ma sempre calmo e riflessivo, il suo nervosismo emergeva dalle tante sigarette che fumava.

Era un periodo difficile, al principio del 1960 erano iniziate le divergenze con Partito cinese, che nel 1961 portarono alla rottura.

Ci sono tanti ricordi di questo periodo. Poi quando sono tornata in Italia, dopo la morte di Franco, e mi sono trasferita a Roma, abbiamo ripreso a frequentarci. Venivano a casa mia lui e Tilde, mia figlia più piccola, Simona, lo adorava, perché le raccontava tante favole, si metteva sulle ginocchia di Luciano e chiedeva di raccontarle qualcosa, dopo di che chiedeva: “ Tu conoscevi mio papà?” e dopo la sua risposta affermativa aggiungeva: “Rimani a mangiare con noi!”. Lo chiamava “zio” e quando passava un po’ di tempo dall’ultima visita mi chiedeva: “ Quando viene zio Luciano?”



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Ricordo di Luciano Gruppi
(di Stefania Fagiolo)



Ho conosciuto Luciano Gruppi nel settembre del 1976, quando fu nominato direttore dell’Istituto Studi Comunisti “P.Togliatti”(Frattocchie), dove io allora lavoravo in segreteria da appena un anno.

Erano gli anni in cui il PCI consolidava la sua forza e cercava di costruire l’originale percorso dell’ eurocomunismo, di cui Luciano Gruppi era uno tra i maggiori esponenti. Era una persona molto discreta e dai modi dolci e gentili. Sono stata la sua segretaria per 12 anni: tra i più belli per me, sia per la crescita professionale che per quella individuale e politica. Aspettavo con trepidazione i suoi foglietti dalla scrittura illeggibile, tranne che per me, che lui mi porgeva quasi scusandosi e che invece io aspettavo con una immensa gioia. Ma non ero isolata in questa felicità. Ricordo il piacere di ascoltare le lezioni di Luciano dei tanti compagni e compagne per la sua  trasparenza di linguaggio quasi unica. Era incredibile come riusciva a rendere comprensibili alcuni pensieri così complicati, come ad esempio “la concezione materialistica e dialettica della storia”.

Mentre scrivo questi ricordi su Luciano avverto una profonda tristezza per la superficialità, l’inconsistenza e la lontananza dai problemi della gente  della politica di oggi, e rimpiango il suo rigore intellettuale, comune ai tanti intellettuali del PCI,  nell’affrontare le questioni di carattere nazionale ed internazionale. Il suo insegnamento e la sua gentilezza sono sempre vivi in me e mi accompagneranno per sempre.

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Ricordo del compagno Luciano
(di Giovanni Fasolo)



Mi chiamo Gianni e lavoro in un grosso albergo sul mare a Gaeta, diversi anni fa annoverammo tra i nostri nuovi clienti una coppia molto discreta , che veniva nei periodi piu' tranquilli primavera ed autunno.
Facevano lunghe passeggiate o piccole escursioni, la Signora Tilde aveva i rapporti con la reception e spesso chiedeva del suo compagno, il Sig. Luciano che non riusciva a trovare, lui schivo,taciturno ma cortese,era sempre nei posti piu' insoliti dell'albergo,come una lucertola a caccia del sole, spesso era immerso nelle sue letture per ore.
Leggeva o meglio divorava mattoni di filosofia o di politica, era evidente che era un uomo di grande spessore culturale.
Quando venni a sapere dalla Signora Tilde che entrambi erano stati partigiani, incuriosito chiesi a mio fratello, ex militante dell'allora P.C.I. se conosceva un certo "Luciano Gruppi" e lui mi rispose apostrofandomi " mahh ....che comunista sei..!!!!!!" mostrandomi dalla sua libreria diversi libri scritti o tradotti dal Compagno Luciano.
Negli anni a venire durante i loro soggiorni gli dedicavo, quando potevo e con molto piacere, piccole escursioni nei dintorni; mi chiedeva delle amministrazioni locali, non mi pesava il confrontarmi con lui, un intellettuale, aveva un suo modo di commentare la politica in modo semplice e sintetico, ma soprattutto in modo appassionato ed umano.
Serbo di lui un ricordo di un uomo delicato con una grossa nobiltà d'animo.

CIAO Compagno Luciano.



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Per Luciano Gruppi e la musica
(di Luigi Pestalozza)


Ci univa anche la musica. Luciano ed io. Io per come la musica era ed è da sempre al centro della mia vita, del mio lavoro; lui a partire dalla sua passione per essa, dall’intelligenza dei suoi ascolti, ma non secondariamente anche dalla coscienza critica della musica come parte del rapporto generale, ovvero dal sentire e capire che la musica sta nella società come la società sta (in ogni) musica. Parlavamo così della musica, così la gustavamo, la capivamo, la pensavamo, insieme.
Insieme anche quando non l’ascoltavamo insieme. Con alla base, però, significativamente, un altro  modo di rapportarci a essa, comune. Politico. Dunque dialettico. Se in comune c’era il suo modo –così l’essere comunisti fu un’altra, perfino principale, ragione di sintonia musicale-, di intendere il marxismo. Coscienza critica, cioè aperta al possibile altro non preordinato, mai storicisticamente consequenziale, appunto reale in quanto possibile, per cui l’impegno qualunque fosse, per Luciano, era stare in rapporto coi fatti, con le contraddizioni,  del presente e del passato, di pensiero o della prassi, in modo dialettico senza l’incubo della sintesi, del tertium datur. Tutto, sempre, da scegliere criticamente, cioè secondo la coscienza critica con cui si sta nel rapporto, nei rapporti, se non si è pre-ordinati. Per cui il suo stesso ascolto della musica non aveva limiti di pre-formazione musicale, indipendentemente dalla musica che privilegiava, che infine prediligeva. E io che ho imparato da questa sua apertura dialettica, mentre a essa mi portava la stessa nuova musica italiana di cui ero parte, non a caso marxiana ai suoi livelli più significativi, qualificati (Bruno Maderna, Luigi Nono, Giacomo Manzoni, Giovanni Guaccero, Franco Oppo, Giovanna Marini, non solo loro, i Canzonieri, l’”altra canzone” dei cantautori, eccetera). Mentre, d’altra parte, grazie a Gramsci capivamo Marx in quella giusta direzione, che ritrovavo nell’ascolto della musica, nella passione per la musica, di Luciano. Non era particolarmente vicino alla musica contemporanea e alla nuova musica del Novecento. Non importa. Ricordo quando scoprimmo il Gramsci che nel 1935 aveva scritto che “Ogni volta che affiora in un modo o nell’altro, la questione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi”, e subito disse di capire perché e come la nuova musica italiana linguisticamente  problematica in direzione del cambiamento musicale, poneva la questione del cambiamento di tutti i rapporti, storico,sociale, culturale oltre la musica. Era cioè, per lui, una questione di frequentazione. Non dogmatizzava quello di musicale che più facilmente poteva frequentare, che infine prediligeva. Diciamo, la musica storica. La capiva, infatti, in avanti: per cui ancora ricordo bene quando ascoltando Beethoven, la Sonata op.111 per pianoforte, e parlandone fra noi, si interessava con convinzione musicale e intellettuale, al Beethoven andato oltre il suo tempo musicale ma quindi non solo musicale, come subito conveniva, fino al nostro, fino ai cambianti della musica del e nel XX secolo. Fino al presente. Ricordo quando ci fermammo sulle variazioni nell’ultimo movimento di quella sonata, sulla variazione sul registro alto della tastiera quando all’ascolto arriva il suono di quel variare puramente sonoro nel quale la trama tonale delle note si perde anamorfosicamente sullo sfondo. Mi disse che gli sarebbe piaciuto aver più tempo e più occasioni per ascoltare l’atonalismo musicale. Era un comunista, cioè un uomo aperto, vero, per cui  anche quando la musica gli piaceva anche soltanto come gusto della musica che piace, sapeva, come mi era evidente, come capivo, che il semplice piacere è anch’esso un fatto di vera o falsa coscienza nel caso musicale. Gli piaceva sempre, semplicemente, la musica anche semplice, ma vera. Per ciascuno è importante, così mi comunicava, questo modo di ascoltare qualunque musica, compresa quella, diciamo, di tappezzeria, di intrattenimento e basta, che però riguarda sempre il rapporto con la musica, il suo senso nello stato di cose, contraddittorie, presente. Come dire, la musica era nella sua vita, nel suo lavoro, nel suo essere comunista, marxista, in ogni rapporto, senza naturalmente incombere, ma come presenza organica e costruttiva, infine come il momento del piacere, perfino del riposo, che contribuisce comunque al pensare, allo stare dalla parte critica, cioè della contraddizione. Per cui non importa quale musica potesse soprattutto frequentare, ascoltare. Per cambiare lo stato di cose presente è sufficiente capire anche attraverso la semplice emozione, perché Paganini negli anni Venti dell’Ottocento ha scritto i suoi quartetti con chitarra: sonoramente fuori dall’ordine, cambiando il suono del quartetto d’archi, ponendo mentre così poneva una questione di lingua musicale –cento anni prima che Gramsci ponessela questione delle implicazioni della lingua-, altri problemi  di cambiamento. Luciano capiva queste cose mentre si emozionava a Paganini o a Mahler. Mai niente di accademico, di inerte: continuo a pensare che fosse perché intanto, mentre ascoltava così, era contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, cioè stava nella contraddizione, nella problematica del possibile altro, per il cambiamento del mondo. Una presenza importante, per me anche sul versante musicale, quella di Luciano. Che dura.        

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Un ricordo di Luciano
(da una lettera di Maurizio Sarti a Tilde)


... essendo stato all'estero nell'anno 2003, non ero a conoscenza della scomparsa di suo marito, l' indimenticabile Luciano Gruppi. Ho appreso dell'evento dal secondo numero della rivista "Essere comunisti".
Per ricordare il compagno ho voluto riprendere dalla mia libreria il suo "Il concetto di egemonia in Gramsci" ed ho ritrovato la vibrante passione politica del dirigente unita alla originale capacità d'analisi dello studioso, espresse con un argomentare chiaro e bello come il cristallo. La comprensione della dialettica, dell'eghelismo, di Croce, della relazione tra soggetto ed oggetto.... con lui tutto diventa comprensibile.
Il rimpianto di compagni intellettuali e dirigenti politici di questa tempra é oggi più acuto che mai.
Sono impegnato, insieme ad un gruppo di compagni, nella redazione di un "quaderno", che testimoni dell'esperienza vissuta dalla sezione di fabbrica "Lenin" del PCI di Taranto. Questa sezione era quella dove militavano i lavoratori comunisti dell'talsider, l'azienda siderurgica più grande d'Europa, ora privatizzata con il nome di ILVA. La rilettura del testo sull'egemonia mi ha dato spunti interpretativi e chiavi di lettura sul nostro agire di allora e sul "che fare"di adesso.
Cara compagna, se mi consente di chiamarla così, la saluto con affetto
Maurizio Sarti 

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Un ricordo di Luciano
(lettera di Mimma Vignolini Peruggi)

Sono amica di Tilde Bonavoglia dal 1947, amicizia nata durante un periodo di studio e, malgrado le nostre residenze siano molto lontane, ci siamo sempre ritrovate, tanto da sentire Tilde come parte della mia famiglia.
Poi è arrivato nella sua vita Luciano Gruppi e ne siamo stati subito entusiasti: uomo dolcissimo, amico sincero e maestro, tanto colto quanto modesto, che riusciva ad infondere, con chiarezza in chi lo ascoltava, fiducia e voglia di approfondire gli orizzonti della politica e della storia.
Tutti noi lo portiamo nel cuore con tanta stima ed affetto.

Mimma Vignolini Peruggi e famiglia, Sarzana


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questo sito è dedicato alla memoria
e all'opera di Luciano da sua moglie Tilde Bonavoglia
e da suo nipote Andrea Bonavoglia
(ottobre 2006)

realizzazione di ANDREA BONAVOGLIA 2006