Rabindranath Tagore:

 

Postfazione di Brunilde Neroni

alla raccolta “LIPIKA”

 

La postfazione scritta da Brunilde Neroni a “Lipika”, nel libro omonimo edito da Mondadori:

 

 

La parola lipika in bengali, che è la lingua in cui Rabindranath Tagore pensò e scrisse per tutta la sua lunga vita, significa « piccolo scritto », « biglietto »: il libro che presentiamo, infatti, è una raccolta di brevi racconti, in un primo tempo pubblicati su riviste indiane con il titolo di Kathika. Quando Tagore curò l'edizione inglese delle sue novelle, nel 1916, per l'editore Macmillan di Londra, inserì in Hungry Stones and Other Stories, buona parte di questi racconti brevi. Con l'aggiunta d'impressioni, descrizioni e nuovi racconti li ripubblicò infine nel 1919 a Calcutta con il titolo finale di Lipika.

 

All'interno della straordinaria produzione artistica di Tagore, questo libro rappresenta un momento molto particolare, essendo scritto nel cosiddetto « chaltibhàsà », o lingua parlata. Nel Bengala, infatti, dopo la creazione del nuovo stile bengalico moderno « shadubàsà », o lingua gentile, da parte del romanziere Bankim Ciandra Ciatterji, romanzi e novelle venivano rigidamente scritti solo in questa forma espressiva. Tagore, che aveva utilizzato quello stile nelle prime opere in prosa, nella maturità operò una profonda riforma linguistica, iniziando a scrivere nella lingua parlata. Una lingua che colpisce per la sua semplicità libera da ogni retorica, pervasa da un grande senso poetico, così chiara e armoniosa da saper rendere la bellezza delle descrizioni sia naturali che umane, la scioltezza dei dialoghi, la favolosità dei temi, il realismo dei quadri di vita indiana.

 

Lipika è diviso in tre parti, secondo il tema e il contenuto dei racconti. La prima parte presenta essenzialmente descrizioni di ambienti, di fenomeni naturali, di sentimenti, di esperienze vissute. Il mondo e il clima del Bengala, in cui Tagore era nato nel maggio 1861 da nobile e ricca famiglia, viene descritto minuziosamente in quadri d'intonazione impressionistica, com'era già accaduto in un'altra raccolta in prosa di Tagore, Glimpses of Bengala Life, pubblicato a Londra, presso Luzac, nel 1913.

 

I protagonisti di queste brevi storie sono strade campestri, vecchie case abbandonate, sguardi, sentimenti, e su tutto domina il dolore per la perdita della moglie, Mrnalini Debi, morta il 25 novembre 1902 a soli ventinove anni. Indimenticabile, in questa prima parte del libro, la rappresentazione del sentimento di dubbio nei confronti della morte e del dolore, da parte di un bambino, in Domanda. Tagore si dimostra qui profondo conoscitore del mondo e della sensibilità infantili, come già nella raccolta poetica Sissa, del 1903, e nei numerosissimi saggi di pedagogia, scritti in momenti diversi della sua esistenza (cfr. G. Ottonello, Antologia di scritti pedagogici di R. Tagore, Brescia 1975).

 

Di certo l'interesse per il mondo infantile fu reso più acuto in Tagore dalla perdita di due figli piccoli: Renuka morto nel 1904, e Somindro, nel 1907, ai quali era particolarmente vicino dopo la morte della moglie. E così in Lipika, come nella maggior parte delle opere di Tagore scritte tra il 1903 e il 1921, ricorre di continuo il tema del ricordo e del rimpianto, che pare placarsi soltanto nella contemplazione della natura. Ricorrenti, in questo senso, sono le descrizioni di paesaggi, di alberi, di fiori; la stessa grande pioggia del monsone assurge a simbolo, ne Il messaggio della nuvola, di unione amorosa tra il cielo e la terra.

 

La seconda parte di Lipika presenta invece ritratti soprattutto femminili, particolarmente riusciti in Minu e Il desiderio della seconda regina. La donna vi appare come un essere ancora in grado di esprimere i sentimenti allo stato puro: la gelosia, la felicità, l'angoscia, il desiderio e la generosità sono descritti in queste pagine mirabilmente. L'appassionato interesse dello scrittore per la condizione della donna in India è noto: egli, infatti, tentò di favorire il movimento di emancipazione della donna dalla schiavitù dei costumi tradizionali. Tagore esprimerà questa sua sensibilità al problema sia in opere poetiche, teatrali e narrative, sia in numerose conferenze, prima tra tutte Women, tenuta negli Stati Uniti e poi raccolta e pubblicata con altri testi a Calcutta, nel 1917, in Personality. In questo saggio Tagore si fa promotore dell'estensione alla donna dei diritti più elementari, come l'istruzione e il voto, e soprattutto dell'abolizione del sati, cioè dell'uso indi, molto diffuso, di bruciare la vedova con il cadavere del marito. Lo scrittore seguiva anche in questo la tradizione familiare illuministica iniziata con il nonno Dvarkanâth (1794-1846) e poi proseguita dal padre Devendranâth (1817-1905), che nel Bengala si erano battuti a lungo per la modernizzazione della società civile.

Tra gli altri racconti della seconda parte, ricordiamo L'uomo superfluo, allegoria sul significato e sulle finalità dell'arte, Il giullare, amara satira contro la violenza del potere.

 

La terza parte delle novelle di Lipika è forse la più suggestiva. per la ricchezza fantastica di molti racconti, come Le bambole, Madhovi, Indistinto, L'eremita, e per la tensione pedagogica di altri come Il pappagallo e Lo stesso gioco, che appaiono come una critica spietata di una scuola assurda, basata sull'esercizio della memoria. La satira del pappagallo prigioniero, ingozzato sino alla sazietà con i fogli dei libri da parte di solerti educatori, come la figura di Kousik, che dopo aver sperimentato la scuola raffinata del palazzo reale preferisce completare la propria educazione nel cuore della foresta, ci mostrano un Tagore critico nei confronti di un insegnamento che vede privo di ogni vitalità e gioiosità e di ogni rispetto per le esigenze più profonde e naturali dei giovani. E proprio per opporsi alle concezioni pedagogiche dominanti, Tagore aveva fondato, nel 1901, l'istituzione di Shantiniketan e  darà vita poi, nel 1921, all'Università Vishva-Bharati. Le due istituzioni, ancora oggi funzionanti, si fondano sull'antichissima concezione indiana, condivisa da Tagore, secondo la quale un'educazione autentica, per assolvere il suo compito, deve essere congiunta alla gioia e al libero sviluppo della personalità dell'alunno.

 

Leggendo le brevi novelle di questo libro i lettori ritroveranno tutta la grazia delle poesie di Tagore, ma potranno anche conoscere il sereno e, a tratti, ironico stile della sua prosa, quasi del tutto sconosciuta in Italia. Quello che più stupisce è come, a distanza di decenni e in condizioni culturali completamente diverse, questi racconti sappiano comunicarci un messaggio complessivo di straordinaria profondità e attualità.

 

 

Brunilde Neroni

 

Nota: Per leggere i racconti “Lipika”, e non si disponga del libro, andare qui.

 

 

 

 

 

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