Due parole su di noi...................

Un territorio punteggiato da trulli, da cubetti di cemento, da archi e strutture atipiche, irregolari, spesso senza una logica urbanistica, frastagliato da oasi di verde intenso e da chiazze di terra bruciata, non è facile paragonarlo, metterlo a confronto con altre realtà: Locorotondo è tutto questo! Per un attimo possiamo avere il bisogno di ritornare indietro nel tempo ed immaginarlo ricorperto da cespugli selvatici e da alberi secolari, poi ad un tratto, come per incanto una miriade di formiche che fino a quel momento non aveva avuto modo di attivarsi si ribella, si agita e dà inizio ad un’opera di trasformazione senza precedenti: nasce così un angolo d’Italia meraviglioso per la tipologia, pregno di una umanità tutta particolare, dove il senso del lavoro e del risparmio sono momenti irrinunciabili di vita. Sorgono gli oltre ventimila trulli, le centotrenta contrade di Locorotondo, i duecento e più chilometri di strade rurali, i preziosi vigneti della Valle d’Itria coltivati a  Verdeca e Bianco d’Alessano, i maestosi oliveti abbarbicati sulla roccia; nasce così la vera civiltà contadina della murgia estrosa, chiamata originale per la natura geologica del suo suolo. In questo spazio dove l’incanto e la realtà non sono mai riusciti a stabilire alcun confine, prese vita un particolare e suggestivo tessuto urbano: Locorotondo. Situato ad un’altitudine di 410 m. s/l.m. si estende per circa 4700 ettari, circoscritto da territori che si appartengono a due province diverse (Taranto e Brindisi). Chiamato, all’inizio, Casale San Giorgio, da cui la festività del Protettore S. Giorgio, venne poi modificato in Casale Rotondo ed ancora in Luogorotondo ed infine Locorotondo (dal latino locus e rotundus), proprio dalla forma circolare della sua configurazione topografica.In campagna da giugno a ottobre si susseguono le sagre: è festa continua che esalta gli avvenimenti più salienti della civiltà contadina.

Ricordiamo  le feste religiose campagnole in onore di S.Marco e di S. Maria Maddalena, di S. Elia, S. Giuseppe, ecc.; della pentolaccia e della « vecchia », dei falò e dei diversi riti quaresimali. Ma la festa più importante, che assurge all’apice di tutte le tradizioni, è quella del Santo Patrono: San Rocco il 16 agosto; appuntamento che coincide non solo con ferragosto e le ferie ma principalmente con il mese più soleggiato per la campagna locorotondese e quindi con il massiccio esodo di quanti scelgono i trulli per trascorrere un periodo di relax fra gli ulivi e le viti. Una seconda, non meno importante festività, è quella riservata al Protettore della città, San Giorgio (23 aprile) in cui viene ad essere annualmente riproposto all’attenzione non solo dei cattolici ma dell’intera popolazione il rito del « dies natalis », cioè il dono in onore di S. Giorgio alla presenza delle massime autorità del paese. La Chiesa della Madonna della Greca, riconosciuta monumento nazionale, è una costruzione basiliana del 1100. Riedificata da Pirro del Balzo, figlio di Giovanni Orsini, Principe Tarantino, nel occasione di una sua visita a Locorotondo. Un secondo monumento di rilevante valore artistico de XVIII è quello della Chiesa Madre, che porta il nome di San Giorgio Martire. Altre chiese antiche sono: la Cappella dello Spirito Santo, eretta nel 1683, la Chiesa di San Rocco (1601), la Chiesa dell’ Ospedale (1500), della Madonna della Catena (1897), della SS. Annunziata, dell’Addolorata, di San Nicola (tipica per la copertura a trullo in pieno centro storico). Nelle zone rurali esistono altre vecchie chiese, la più antica quella di S.. Marco, che risale al 1100.

Il piatto più tradizionale è certamente quello degli involtini soffocati « i gnummeredde »; di trippa di agnellone adulto, ridotta a mazzetti e legata con le interiora dello stesso animale insieme a rametti di prezzemolo. Il rito della cottura degli involtini è quanto mai suggestivo: nella pentola gli involtini trovano compagnia a due cipolle tagliate a fettine, prezzemolo, sale, pepe, pomodori e per due ore circa, a fuoco lento,avviene la cottura non dimenticando di coprire il tegame(possibilmente di creta) con un piatto ripieno di acqua. Altri piatti tipici sono: le orecchiette nere con le rape, la taglierina (a sagne) fatta in casa con il sugo di baccalà o ragù, etc..