OPUSCOLO INFORMATIVO SULLE ATTIVITA' DEL CLUB

NUMERO 4/1999

CONSUNTIVI E PREVENTIVI di Livio Zaccagnini

L'INCONTRO SULLA NATO di Vincenzo Baldassarre

CORRIDOI TRANSEUROPEI di Domenico Catera

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE di Lorenzo Mazza

TUNGSTENO AL POSTO DELL'URANIO SUGLI AEREI: UNA LEZIONE DALL'ORIENTE di Marco Saba

"WELFARE STATE": LE RAGIONI DI UNA CRISI di Domenico Catera

BERLINO CAPITALE di Francesca Barbara Scisciani

CONSUNTIVI E PREVENTIVI

Tutto ciò che il Limes Club Roma ha fatto e tutto ciò che ha intenzione di fare

di Livio Zaccagnini

EDITORIALE

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Il Limes Club Roma ha raggiunto i due anni di vita. In questo periodo abbiamo cercato di avviare un dibattito geopolitico a Roma e abbiamo provato a farlo tentando di ampliare i mezzi a nostra disposizione.
Abbiamo organizzato numerosi incontri con importanti esponenti della politica e della cultura italiana ed internazionale (Caracciolo, Jean, Letta, De Michelis, Violante, Rugova, Fassino, Ferrara, Cossutta, Rizzo e molti altri) cercando di offrire un quadro più vivo degli avvenimenti geopolitici che il mondo ci propone.
Ma non solo; proseguiamo infatti nel consegnare ai nostri amici la nostra rivistina Border che è giunta con questo al suo sesto numero e che contiene non solo le relazioni delle nostre conferenze, ma anche articoli di approfondimento dei nostri soci e pagine scherzose sull’attualità geopolitica; insomma, lo scopo che ci eravamo prefissati con la nascita di Border è stato raggiunto: rendere più vivace il dibattito sulla realtà geopolitica.
E ci siamo aggiornati. Infatti è presente in rete il nostro sito Internet che contiene tutte le informazioni sul nostro club e tutti gli articoli apparsi su Border in una sorta di specchio virtuale accessibile a tutti. E, soprattutto, con il nostro ingresso nel web il numero dei soci è quasi triplicato, raggiungendo quasi le cento unità con contatti non solamente nella capitale, ma anche in altre città italiane o addirittura fuori del Bel Paese.
Come poi non ricordare le nostre mirabolanti pizze geopolitiche nelle quali si apre un dibattito aperto ed informale tra i nostri soci e con gli ospiti che Limes ci porta.
Abbiamo anche organizzato il I° Corso dei geopolitica insieme al Cisci dell’amb. Ferraris riscuotendo un notevole successo con l’iscrizione di oltre 150 persone.
Per il futuro ci proponiamo di continuare nelle nostre attività, con nuove conferenze, nuovi numeri di Border e nuovi corsi; ma soprattutto vogliamo espandere le nostre attività con l’aiuto di tutti i soci, dai quali non possono che scaturire ottime idee visti l’interesse e la passione con cui seguono e sostengono queste nostre iniziative.

L’INCONTRO SULLA NATO

Un punto di vista con critiche ed impressioni della nostra conferenza del 9 novembre 1999
(Vedi anche nella pagina sulle nostre
relazioni)

di Vincenzo Baldassarre

INCONTRI

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Ieri 9 Novembre, presso la Società Italiana Organizzazioni Internazionali, si è tenuta la presentazione del nuovo numero della rivista Limes, incentrato sulla domanda " A che ci serve la NATO? ". Coordinatore della presentazione il Dr. Rizzo, relatori l'Ambasciatore La Rocca, l'onorevole Bertinotti e il ministro Enrico Letta, l'ex ministro degli esteri De Michelis ed il Generale Jean rappresentante della OCSE nel Kosovo e, naturalmente, il direttore della rivista Lucio Caracciolo.
Il gen. Jean, da grande realista pragmatico qual'è, ha ricordato ai presenti l'inevitabilità della presenza di una qualsivoglia organizzazione il cui obiettivo è la difesa degli interessi comuni. Ha, poi, avanzato una sua idea sullo sviluppo futuro della geopolitica mondiale ipotizzando un asse occidente-Russia-Giappone che dovrebbe costituire il polo principale sulla scena dell'ordine mondiale. Ferma restando la più o meno sostenibilità di questa ipotesi, contestata da altri relatori, quello che interessa è l'enunciazione del principio degli interessi nazionali da sostenere e difendere. Mentre per alcune nazioni occidentali, per esempio USA, Gran Bretagna, Francia e Germania, questa nozione è ben chiara sia al livello della classe politica sia nella media della comune popolazione, non altrettanto può dirsi per l'Italia. Abbiamo davvero una chiara coscienza degli interessi nazionali, che per definizione dovrebbero essere super partes? E se la coscienza di questi interessi esiste cosa in pratica la classe dirigente di questo paese fa per attuarli? Personalmente ritengo che da noi sia ben presente una chiara coscienza degli interessi di parte, qualunque parte, ma manca una visione anche non condivisa degli interessi nazionali.
L'onorevole Bertinotti, nella sua presentazione ha affermato che la NATO si è rileggittimata e rifondata praticamente attraverso l'intervento nel Kosovo e che è mancato completamente il primato della politica. Il Consiglio Atlantico, nella sua riunione a livello Capi di Stato e di Governo a Roma il 7-8 novembre 1991, approvò il nuovo concetto strategico dell'Alleanza. Siamo nel 1991 ovvero subito dopo alcuni eventi tipo caduta del muro di Berlino, scioglimento del Patto di Varsavia, dissoluzione del sistema dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e guerra del Golfo. La Nato, quindi, sentì il bisogno di rivedere le ragioni della sua esistenza in un ambiente geopolitico fondamentalmente diverso da quello in cui era nata. Il nuovo concetto strategico dell'Alleanza delinea in maniera chiara, tra le varie cose,  le sfide ed i rischi per la sicurezza, i nuovi compiti dell'Alleanza, i nuovi metodi da utilizzare in questo contesto così mutato e ancora mutevole (Chi è interessato a questo documento lo può consultare presso il sito Web ufficiale della NATO all'indirizzo www.nato.int/docu/basics.htm ). Il fatto che questo concetto, come del resto tutte le maggiori decisioni della NATO, sia stato preso attraverso il massimo organo dell'organizzazione, che è politico e non militare, mi sembra che dimostri chiaramente che il primato della politica nella Nato sia un'istituzione non discutibile.
L'ex ministro degli esteri De Michelis ha preferito, invece, incentrare la sua esposizione sulla mancanza di una volontà politica europea comune nel campo della sicurezza nel tempo trascorso ed ha espresso un certo ottimismo per il futuro. Nulla da eccepire su questa posizione ma se si va un poco indietro nel tempo e si analizzano le travagliate vicende del Consiglio Europeo della Difesa e poi dell'Unione Europea Occidentale, non sarei così ottimista circa il futuro poiché le posizioni di base delle principali nazioni interessate non sono oggi molto diverse da quelle del passato.
Infine, il Ministro per le politiche comunitarie Enrico Letta, ha in parte ricapitolato i punti iniziali della discussione ed ha individuato nell'attuale designazione di Solana a rappresentante PESC e segretario generale dell'UEO uno dei punti di forza iniziali nel cammino verso la costituzione di un organismo europeo capace di dialogare alla pari con oltre atlantico. Che questo sia un ottimo auspicio è fuori di discussione, ma la strada è ben costellata di ostacoli: per esempio manca una chiara definizione della divisione dei compiti tra il presidente della Commissione europea, il rappresentante alle relazioni esterne della stessa e Mr. . PESC nel campo della sicurezza comune inoltre, l'attuale struttura della Commissione è prevalentemente a carattere tecnico amministrativo riservando ancora ai vari Capi di Stato e di Governo l'effettiva potestà decisionale. Si tratta, quindi, di riuscire a fare quelle riforme istituzionali dell'Unione che comporteranno una rinuncia di sovranità nazionale ben superiore all'attuale.
Ha concluso l'esposizione il direttore della rivista Lucio Caracciolo che ha ribadito le posizioni espresse nell'editoriale della stessa.

“CORRIDOI” TRANSEUROPEI

Cosa sono e quali possibilità offrono all’Italia

di Domenico Catera

ATTUALITÀ

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Quando le bombe della Nato, durante le incursioni aeree sul Kosovo, arrecavano devastazioni e morte sul territorio jugoslavo, nelle cancellerie dei Paesi dell’Alleanza Atlantica si apprestavano e si discutevano i piani per la futura ricostruzione dell’intera regione balcanica; area geografica di importanza strategica per l’Europa, perché la mette in comunicazione con il Medio Oriente e l’Asia Centrale, regioni ricche di fonti energetiche. Piani di ricostruzione che prevedono anche il ridisegnare le mappe dei “Corridoi” transeuropei, i quali non sono altro che degli assi geopolitici e geoeconomici, definiti come direttrici di collegamento multimodali, dei network su cui devono transitare merci, persone, energia e sistemi di comunicazioni ed è per queste dorsali che si sono riaccesi  nuovi conflitti, questa volta non combattuti sui cambi di battaglia, ma nelle ovattate cancellerie delle Potenze Nato che hanno partecipato massicciamente al conflitto contro la ex-Yugoslavia, infatti, chi di questi Paesi (o gruppi di Paesi) riuscirà ha porre sotto la propria influenza uno o più di questi “Corridoi”, vedrà aumentare enormemente la propria influenza diplomatica ed economica su questo importante scacchiere. Esemplare è il caso del X Corridoio, la via che da Germania e Austria, passando per la Croazia, la Serbia e il Kosovo, ha delle diramazioni che terminano nel porto greco di Salonicco, importante nodo di comunicazione ferroviaria e stradale e, in quello bulgaro di Varna, terzo centro economico della Bulgaria e primo porto per importanza del Paese. Lo sviluppo di questo Corridoio è al momento impedito dall’emarginazione della Serbia. Emarginazione che non può durare in eterno dato che attraversare questo Paese rappresenta la via più semplice ed economica per la costruzione del Corridoio. Un altro importante asse di comunicazione fluviale che rimane chiuso è il Danubio, che è l’unica arteria di collegamento affidabile ed economica a disposizione delle economie dell’Europa Centrale. L’interruzione del Danubio e la non possibile esecuzione del X Corridoio, pone il problema della ricerca di percorsi alternativi. Uno di questi probabili percorsi è l’Ottavo Corridoio, infatti, esso dovrebbe   prendere il via dai porti pugliesi e ricongiungersi con l’Albania, per poi proseguire per l’Asia Centrale; attraversando gli stati di Macedonia, Bulgaria e Turchia. Corridoio che per l’Italia ha un’importanza rilevante, dato che esso potrebbe poi proseguire per l’Austria e la Germania, fino ad arrivare al Baltico e ai Paesi Scandinavi. Altro percorso sempre via mare potrebbe essere il V Corridoio, che partendo da Ancona e collegandosi con il porto di Place, in Bosnia, potrebbe poi proseguire per Mostar e Zenica (variante b) o salire per la dorsale adriatica (variante a). Altri Corridoi presi in considerazione sono il IV e il VII, molto meno importanti e più costosi da realizzare perché più estesi. Dall’analisi dei percorsi che i Corridoi dovrebbero seguire si evince che tutti hanno un percorso alternativo, eccetto l’Ottavo, ed è per tale motivo che la sua realizzazione è più difficoltosa, perché su di esso si dovrebbero coagulare i molteplici interessi di più Paesi Occidentali, con l’Italia in prima fila, infatti, il nostro governo ha già varato una task force con il compito principale di raccogliere ed elaborare tutte le informazioni disponibili sui programmi di ricostruzione e di elaborare le  priorità di intervento.

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

Un nuovo modo di commerciare per un mondo più giusto.

di Lorenzo Mazza

SOLIDARIETÀ

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Il commercio equo e solidale è una nuova forma di commercio tra i paesi cosiddetti in via di sviluppo ed i paesi industrializzati. Le regole del commercio internazionale hanno determinato una profonda frattura tra Nord e Sud del mondo. La povertà ed il degrado ambientale dipendono in gran parte dagli iniqui rapporti economici esistenti: sotto il peso del debito estero, il Sud si trova costretto ad esportare grandi quantità di materie prime ed altri prodotti a prezzi molto bassi, stabiliti da poche e potenti multinazionali del Nord.
Il commercio equo e solidale è volto a rendere l’economia più giusta, aiutando i paesi poveri ad uscire dal sottosviluppo in maniera sostenibile e contribuisce a creare maggiore consapevolezza nel consumatore sui problemi planetari. Questo commercio alternativo si basa essenzialmente su alcuni principi:
. garantire prezzi equi d’acquisto, decisi dai produttori del sud in base ai loro reali costi di produzione, evitando i passaggi tra gli intermediari;
. pagare una parte dell’ordine in anticipo evitando l’indebitamento dei produttori per l’acquisto delle materie prime e dei mezzi di produzione;
. promuovere con sovrapprezzi progetti sociali autogestiti;
. usare materie prime locali rinnovabili, incentivando la coltivazione biologica, la trasformazione ed il confezionamento in loco dei prodotti.

L’idea è nata una trentina d’anni fa in Olanda dove alcuni organismi già lavoravano nel Sud del mondo con dei progetti di sviluppo per i più poveri. Grazie a questo rapporto di collaborazione, i gruppi di contadini e di artigiani poterono organizzarsi in cooperative autonome ed esportare i propri prodotti in Olanda dove nacque una cooperativa d’importazione e vennero creati dei punti vendita.
Quest’esperienza si diffuse anche nei paesi vicini ed attualmente esistono numerose cooperative di importazione europee, la maggior parte delle quali sono coordinate dall’EFTA (European Fair Trade Association). Il loro fatturato è in continua crescita ed esistono oltre 3.000 punti vendita in tutta Europa. Il commercio equo è anche presente in Australia, Canada, Giappone ed. U.S.A. In Italia esistono varie cooperative importatrici ed oltre 300 Botteghe del Mondo. Parallelamente al settore commerciale, si è sviluppato anche un settore di risparmio per il supporto finanziario del commercio equo, nell’ambito del quale è possibile investire i propri risparmi che vengono impiegati per prefinanziamenti e prestiti agevolati ai produttori. Da questa esperienza, che ha percorse varie strade, ha avuto origine anche la "Banca Etica" una vera e propria banca che investirà esclusivamente in progetti eticamente corretti.

A Roma attualmente sono presenti varie realtà che si occupano di commercio equo e solidale:

 


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