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RECENIONE SU METALLOITALIANO.IT

Questi Lifend sono la classica band che non ti aspetti ma che al contempo ti lascia l'amaro in bocca per le potenzialità dimostrate e, paradossalmente, i risultati raggiunti. Mettiamo subito le mani avanti: "Entwined Emotions" non è assolutamente una demo da disprezzare, anzi, ed alcuni spunti e certi passaggi ci mostrano una band che sa pienamente il fatto suo, capace di creare soluzione nuove in un genere, il death gothic a due voci, che in quest'ultimo periodo sembra aver smarrito l'aurea ammaliatrice degli esordi. Nei quasi 30 minuti di musica proposta è il collettivo a far la parte del leone, dimostrando che una formazione a sei elementi non deve, per forza di cose, produrre brani che assomigliano, per la maggior parte, ad accozzaglie sonore; ognuno svolge il proprio lavoro in maniera ordinata, e per quanto ci riguarda crediamo sia giusto tributare un plauso particolare alla calda voce di Sara e alle nenie malinconiche prodotte dalle keys di Davide. Una band camaleontica questi Lifend, che riescono ad ottenere risultati di un certo valore anche con pezzi piuttosto lunghi e brani quasi interamente cantati in clean dalla coppia Alberto/Sara, davvero affiatata e ben assortita per quanto riguarda il discorso prettamente tecnico della timbrica vocale. Ok, punto debole di questo lavoro? A mio avviso una maggiore razionalizzazione dei brani. Ovvero capitoli come l'iniziale "First", di quasi 8 minuti, è una mélange di idee azzeccatissime e sempre fresche, che tuttavia a lungo andare non capitalizzano, lasciando il brano smorto, privo d'anima, sebbene, come già sottolineato, validissimo per idee espresse e tecnica musicale dimostrata. Stesso discorso per "This Cold Life", aggraziata dal fiuto tutto particolare della band per retaggi armonici di grande effetto e dal tipico sonwriting della stessa, molto coinvolgente. Qui si fanno più marcate le similitudini con acts di un certo valore, anche internazionale, come Macbeth, Tristania e Lacuna Coil, risultando tuttavia atipico nel suo genere per quel cambio di tempo fulmineo e straniante alla Goblin posto a metà brano. Altro piccolo appunto va fatto allo screaming di Alberto, ancora non troppo pulito sui medi. Chiude "Violence in Music", il brano meno ispirato del lotto, in netto contrasto con quel piccolo gioiellino a titolo "Wait in Silence and Die", davvero struggente nella sua pedissequa lentezza e pieno di groove tanto da ricordare alcuni lavori degli Edge Of Sanity più ispirati e qualcosina dei My Dying Bride del periodo mistico romantico del capolavoro "The Angel and the Dark River". Che altro dire quindi su questi Lifend, la strada imboccata è quella giusta, senza ombra di dubbio, manca ancora quel quid che in qualche modo sollevi la band da semplice band emergente a qualcosa di più corposo….

Maurizio Gabelli

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