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Note e numeri: la frequenza

Do, re, mi, fa , sol ,la, si: in che cosa si distinguono?
Si distinguono per la frequenza: i suoni sono prodotti da vibrazioni e la frequenza è il numero di vibrazioni al secondo. L' orecchio percepisce questo numero come altezza del suono. La frequenza non distingue quindi solo un DO da un RE, un RE da un MI e così via, ma anche un DO grave da un DO acuto, un RE grave da uno acuto: la nota acuta più vicina alla sua omonima più grave ha frequenza doppia.

Usualmente le frequenze sono di qualche centinaio di vibrazioni al secondo e l' orecchio le sa discernere anche se differiscono solo di poche unità. Chiunque può saggiare la propria finezza percettiva, facendo emettere delle note vicine dal computer.Non conta tanto riconoscere la frequenza assoluta, cioè di che nota si tratta; conta piuttosto riconoscere la relazione fra le frequenze.Chi lo sa fare è intonato e può apprezzare la musica, mentre il cosiddetto orecchio assoluto è una dote curiosa, ma a quanto pare di scarsa utilità anche per un musicista.

Geometria dell' occhio e geometria dell' orecchio

La musica è la geometria dell' orecchio e funziona esattamente come la geometria dell' occhio. Quest' ultimo ha affinato la capacità di riconoscere i rapporti fra le grandezze, non le grandezze assolute:è la forma o, come dicono i matematici, ciò che è invariante per similitudine ad essere colto con immediatezza.Anche per un neonato o addirittura per un animale, l' uguaglianza geometrica è la simitudine, non la congruenza, altrimenti impazzirebbero in un mondo di oggetti, la cui identità cambierebbe in continuazione, a seconda della loro distanza.Quando uno studente svogliato copia sul proprio quaderno il triangolo che il professore disegna sulla lavagna, per spiegare la similitudine, forse non la sua mente disattenta non afferra il concetto, ma per il suo occhio e la sua mano è un' idea del tutto naturale,nota da sempre.Non esistono occhi stonati.
Tutto questo si trasferisce pari pari alla musica. Una melodia è una sequenza di note o frequenze.Per la verità per caratterizzarla è essenziale anche la durata delle note, ma ora, per semplicità,ne prescindiamo.Una melodia dunque è una sequenza di numeri;la sua forma è la sequenza dei rapporti fra un numero e il successivo ed è questa la sequenza davvero significativa, non l ' altra. Moltiplicando ogni nota di una melodia per uno stesso numero si ottiene dunque una melodia simile: i musicisti chiamano questa operazione trasposizione ad un' altra tonalità,in generale almeno. Se la costante moltiplicativa è un intero o l' inverso di un intero, non si tratta propriamente di trasposizione tonale, ma di un semplice innalzamento o abbassamento, nel quale le note conservano il loro nome.Qui l' analogia con la geometria dell' occhio non è perfettamente calzante:di fronte a tre cerchi, di raggio 1, 2, 3/2 , l' occhio coglie l' uguaglianza di forma, ma non ha l' impressione che i primi due siano più uguali.
Se dai cerchi passiamo a tre melodie, le cose cambiano: prese separatamente appaiono uguali a un orecchio non assoluto, salvo una differenza di altezza non ben quantificata; ma se vengono affiancate, le prime due sono più uguali: per un musicista, se la prima è in DO, anche la seconda è in DO, mentre la terza è in SOL. In geometria gli interi si confondono con gli altri numeri, mentre in musica conservano la loro specificità. La musica è, per dirla con Leibnitz, aritmetica dell' anima , in un senso assai preciso e suggestivo.

La chiave per accedere alle ragioni profonde di questa natura aritmetica dei suoni è offerta dall ' Analisi Matematica, oltre che dalla Fisica: un suono è un' oscillazione e un' oscillazione è il risultato di una sovrapposizione di oscillazioni elementari, le cui frequenze sono fra loro in rapporto intero...ma questo è un altro argomento:si tratta dell' Analisi di Fourier e chi ne fosse incuriosito non ha che da cliccare qui.

La scala naturale

La tradizione musicale dell' occidente ha assegnato un ruolo speciale ad alcune frequenze, o meglio ad una sequenza di rapporti fra frequenze: per non appesantire l' esposizione parleremo di note e non di rapporti fra note, attribuendo alla capofila una frequenza pari a 1.

Il loro nome è Do Re Mi Fa Sol La Si e queste sono le frequenze:

     

Nella casella successiva ritroviamo Do con frequenza 2, e poi il Re di 9/4, il Mi di 5/2 e così via. Questo è dunque l' alfabeto della musica occidentale,chiamato di solito scala naturale.
Non è facile dire in che misura sia davvero 'naturale' e quanto invece ci sia di culturale in questi numeri.Quest' indagine ci condurrebbe lontano, su terreni di diversa natura,che vanno dalla fisica alla fisiologia, dalla psicologia all' etnologia e potrebbero anche entrarci anche considerazioni estetiche: tutte cose di indubbia suggestione, su cui però non ci soffermeremo troppo, limitandoci a descrivere un' ipotesi per così dire tecnologica.

Un modo assai diffuso di produrre suoni è quello di usare corde vibranti.Fra frequenza e lunghezza della corda c'è una relazione di proporzionalità inversa: corda lunga, nota grave,corda corta,nota acuta. Si immagini un artigiano amante dei suoni che costruisce corde vibranti.Prende una corda,la dimezza e così ottiene un Do alto da un Do basso.Poi ne prende 2/3 e ottiene Sol. Prende 2/3 di quest' ultima e ottiene 4/9 , cioè un Re: è troppo alto, perché desidera solo corde di lunghezza compresa fra 1/2 e 1 o- che è lo stesso- note fra il Do basso e il Do alto e quindi raddoppia la corda.E così via.Tutto si basa sull' uso del numero 2 e del numero 3 e sostanzialmente l' artigiano non fa altro che moltiplicare per 3/2 le frequenze che via via ottiene.

Ecco come si può schematizzare il procedimento ( sono riportate le lunghezze, cioè gli inversi delle frequenze).

    

Le frecce gialle rispondono all' esigenza di restare nell' intervallo fra 1/2 e 1, quelle rosse indicano delle approssimazioni per evitare interi troppo grossi.

E' curioso tradurre lo scarto fra valore approssimato e valore 'esatto' in unità di frequenza, prendendo come frequenza assoluta 440 sia per LA sia per FA.

                                                

Per FA almeno, non è un' approssimazione impercettibile.
Chi vuol sentire la differenza, clicchi qui.

Comunque qualche approssimazione è inevitabile, se non si vuol costrigere l' artigiano
a proseguire indefinitamente, senza mai riottenere la nota iniziale, e questo anche se al posto della frequenza 3/2 usasse un' altra frazione.
Non occorrono complicati teoremi di Analisi per rendersene conto: basta un ragionamento profondo, ma semplice ( è il ragionamento che si fa per provare l' irrazionalità di radice di 2).

Chiamiamo a/b la frazione dell' artigiano (per esempio 3/2) .Se dopo n passi riottiene Do, la potenza n-esima di a/b deve essere un intero. Se lo indichiamo con k, deve valere quest'
uguaglianza:

                                                                       

Si pensino a, b e k decomposti in numeri primi e si noti che a e b si possono supporre privi di fattori primi comuni.Allora se p è un fattore primo di k, lo deve essere anche di a, ma non di b e ,nella fattorizzazione di k, p deve apparire elevato a un multiplo di n: tutto questo segue dall' ultima eguaglianza scritta e dal fatto che la decomposizione in fattori primi è unica. Ma quello che vale per p vale per ogni fattore primo di k. Dunque k è una potenza n-esima perfetta, cioè un intero elevato a n.Ma allora anche a/b è un intero! L' artigiano non dovrebbe fare proprio niente, per finire...

Il temperamento della scala naturale

La scala naturale ha origini antiche, ma solo in epoca relativamentente recente l' esigenza di renderla più regolare ha condotto ad una ridefinizione delle frequenze.Il risultato fu la scala temperata,che concilia in modo ottimale quell' esigenza di regolarità matematica con l' obiettivo di discostarsi il meno possibile dalla scala naturale.
L' introduzione di una maggiore regolarità non risponde solo ad un astratto bisogno estetico-matematico,ma è soprattutto necessaria per poter modulare con sistematicità.
Modulare significa cambiare tonalità,ma , semplificando un po',si può anche dire che significa passare da una melodia ad una melodia simile, attraverso la moltiplicazione per una costante.
Consideriamo come melodia ReDoMi e tentiamo di riprodurla partendo da Sol:si riesce.
Invece DoMiSol non si può riprodurre partendo da Mi.

                                                                           

La melodia ReDoFa si può riprodurre partendo da Fa solo approssimativamente.

                            

Entrambi questi problemi si risolvono temperando l' ottava, cioèsuddividendo l' intervallo di frequenze fra 1 e 2, in un opportuno numero n di parti-più di sette comunque-avendo cura di scegliere questo numero in modo da ritrovare fra le nuove note delle frequenze che si scostino il meno possibile da quelle naturali.

Due sono quindi le condizioni cui deve soddisfare il temperamento:

la condizione di equabilità, intendendo con questo che le note devono essere in progressione geometrica

                     

la condizione di quasi naturalità, intendendo con questo che dentro la scala temperata si deve ritrovare, pur con qualche approssimazione, la scala naturale.

Il fattore di dilatazione per passare da una nota alla successiva è la radice n-esima di 2 e si tratta di un numero irrazionale, per quanto si è visto sopra. Ogni sua potenza di ordine minore di n è anch' essa irrazionale,infatti se così non fosse, si avrebbe (r<n)

                           

mentre la radice n-esima di un intero -che non sia una potenza n-esima - non è razionale.

Quindi nella scala temperata non si può ritrovare nessuna nota naturale ( a parte Do...):si tratta dunque di trovare l' n ottimale.
Per cominciare preoccupiamoci di approssimare Sol, cioè 3/2.

Un grafico ci può aiutare.

                    

E' il grafico della funzione y=rx
Lungo l' asse orizzontale si immaginino gli interi, lungo quello verticale la lista delle note

                      

Si percorra la linea verde partendo da Sol, cioè da 3/2: si giungerà ad un numero X, che non essendo intero, cadrà fra due interi.In matematica questo numero si chiama logaritmo in base r di 3/2.Finora non ci siamo ancora sbilanciati sul valore di n.Possiamo quindi cercare di scegliere n in modo che X sia ' il più intero possibile': insomma dobbiamo rendere minima la distanza di X dall' intero più vicino.Possiamo dare a n i valori 7,8,9,10,....
Non potendo fare infinite prove possiamo fissare un tetto N e vedere qual' è l' intero n ottimale fra quelli che precedono N. Senza questa limitazione il minimo cercato potrebbe non esistere.

Descriviamo la procedura in modo un po' più formale e poi la eseguiremo su un foglio elettronico.

                             

Chiamiamo buccia di X il minimo fra la parte decimale di X e il suo complemento a 1.

Basta una calcolatrice per trovare l' n che minimizza la buccia di X entro un limite N ragionevole.
Se vogliamo tener conto non solo di Sol, ma anche delle altre note, dovremo considerare anche le bucce dei loro logaritmi, cioè le bucce di questi numeri:

                                

Poi si può minimizzare la media delle loro bucce.

Ecco tutto ciò realizzato su un foglio elettronico.Si tratta di una cartella excell che contiene due fogli,Temperasol e Temperatot: nella prima si approssima solo sol, nella seconda tutte le note.

Il Temperamento ottimale, al di sotto di N=60, si ottiene per n=53 e, in subordine, per n=12. Poiché 53 è eccessivo si è scelto 12.

Suggeriamo al lettore matematico l' esame grafico dell' andamento delle bucce al crescere di n.

Agli altri possiamo suggerire l' ascolto di un po' di Clavicembalo ben temperato, sperando che questo curioso aggettivo usato da Bach ora sia un po' meno misterioso, anche grazie alla matematica.