Dino Campana (1885-1932)
Biografia
Dino, Carlo, Giuseppe Campana nasce
il 20 agosto del 1885 a Marradi, provincia di Firenze, da
Giovanni Campana e Francesca Luti.Gli anni scolastici della
sua vita scorrono fra le elementari a Marrani e il collegio
all'Istituto Salesiano di Faenza dove frequenta anche le
classi ginnasiali, sostenendo gli esami di terza e quinta
presso il locale Ginnasio-Liceo E.Torricelli. Il risultato
finale di prima liceo è disastroso: nell'esame di
luglio risulta insufficiente in tutte le materie salvo italiano
e filosofia, (ma anche in queste due materie era stato presentato
con cinque nello scrutinio di fine anno). Ad ottobre è
respinto.Secondo il padre intorno al 1901 inizia a manifestare
"impulsività brutale e morbosa" nei confronti
dei familiari, soprattutto della madre,donna molto silenziosa,
spesso irritata, che mostra a sua volta dei segni d'instabilità
mentale. Dino si trasferirà poi al liceo di Carmagnola
(Torino) dove si diplomerà nella sessione estiva
con una votazione discreta. Dino Campana viene in pratica
rifiutato dalla madre dopo la nascita del secondo figlio,
inoltre i rapporti fra i genitori del Campana non erano
buoni,dopo qualche anno di convivenza il rapporto s'incrinò,
essendo inconcepibile la separazione in quel periodo, la
vita familiare divenne tesa. La madre in pratica non lo
sopporta, in questo contesto il padre, un maestro elementare,
ne è talmente disturbato che un giorno, di sua iniziativa,
andò all'ospedale psichiatrico di Imola e per parlare
con un certo Brugia, direttore dell'ospedale, il quale gli
prescrisse delle misteriose polverine. Dirà poi Giovanni
Campana, il padre, che queste polverine, che possiamo ben
immaginare cosa fossero, gli restituirono "la serenità
e la felicità". Purtroppo però queste
polverine non poterono essere somministrate al figlio né
alla moglie, e i contrasti tra i due si inasprirono con
gli anni.
Durante l'estate del 1903 sostiene le prove scritte dell'esame
d'ammissione al Corso allievi ufficiali, il 24 novembre
s'iscrive all'Università di Bologna, facoltà
di scienze, corso di laurea in chimica, nel dicembre dello
stesso anno viene ammesso all'Accademia militare di Modena.
Il 4 agosto del 1904 "cessa l'attività di allievo
ufficiale per non aver superato gli esami al grado di sergente",
il 20 dicembre dello stesso anno ottiene il passaggio dall'università
di Bologna a quella di Firenze. A Firenze abita a casa dello
zio Francesco ma non sostiene nessun esame, a fine anno
torna a Bologna sotto la sorveglianza dello zio Torquato
e del padre, in quell'anno improvvisamente decide di fuggire,e
sale su un treno diretto a Milano ma a metà del percorso
è costretto a scendere, fermato dalla polizia viene
rispedito a Marrani. Il 10 Maggio il padre lo accompagna
da un clinico illustre, il professor Vitali, perché
lo visite e ne disponga l'internamento appena compiuti il
ventunesimo anno d'età. L'atto più atroce
di questa vicenda è una dichiarazione giurata in
cui Giovanni Campana e alcuni notabili marradesi, tra cui
un medico e un farmacista, rendono di fronte al sindaco
di Marradi alla vigilia del compimento della maggiore età
da parte di Dino, attestando che è matto, ha comportamenti
violenti specie nei confronti della madre e deve quindi
essere sottoposto a cure psichiatriche. Ma Dino, prima dell'internamento,
fugge nuovamente: va a Milano, poi nel Canton ticino, poi
in Francia; da lì viene rimpatriato. Il 5 settembre
del 1906 , ventuno anni compiuti da meno di un mese, il
pretore di Marrani ne dispone l'internamento nel manicomio
di Imola. La madre ne è contentissima, e pensa che
solo lì Dino potrà guarire, ma non va a trovarlo
una sola volta. Un paio di volte ci va invece il padre,
che si lascia forse commuovere, dalle condizioni disumane
in cui vive il figlio e chiede a Brugia di portarlo via,
firmando una documento nel quale si assume la completa responsabilità
di qualsiasi azione del ragazzo e dichiara di portarlo in
campagna, dove predisporrà un ambiente adatto ad
accoglierlo. Finisce così il primo di molti e spesso
lunghi periodi di internamento, durato un paio di mesi.
Dino Campana è ormai ufficialmente matto, e d'ora
in poi i suoi compaesani cercheranno con ogni mezzo di liberarsi
della sua fastidiosa presenza. Di buon grado, dunque, la
questura gli rilascia, l'anno dopo, un passaporto speciale
per Buenos Ayres. Che fosse un poeta, a quell'epoca, non
lo immaginava nessuno. Lui scriveva, forse già da
qualche anno, versi, pensieri e prose su un quaderno che
verrà ritrovato e pubblicato da un suo biografo molti
anni dopo, rivelando come alcune idee portanti e centrali
della poetica campaniana fossero presenti fin dall'inizio
nei suoi scritti, venendo poi costantemente rielaborate
in vista della composizione del libro unico, i Canti Orfici
appunto. L'avventura nel nuovo mondo dura poco: in gennaio
Campana è mozzo su una nave diretta ad Anversa, poi
finisce in un manicomio belga dove rimane qualche mese mentre
le autorità locali e quelle italiane se lo palleggiano.
Infine, con viva delusione dei suoi concittadini, torna
a casa. In settembre compie, a piedi, un pellegrinaggio
da Marradi al santuario della Verna, luogo delle stigmate
di Francesco d'Assisi. Il diario di quel viaggio diventerà
più tardi il terzo blocco dei Canti Orfici, un poema
in prosa che esemplarmente riassume la poetica campaniana.
Il viaggio, innanzi tutto; quel trovarsi solo al confronto
con una terra inizialmente carica di storia e poi, man mano
che si sale, sempre più nuda coi suoi colori vergini
nell'aria rarefatta. E sulla sommità, d'improvviso
spazzata dalle nebbie, ritrovare lo stupefacente nitore
di colori e contorni, ritrovare l'uomo finalmente restituito
a se stesso.
Di ritorno dalla mistica esperienza della Verna, Dino riprende
a girovagare tra Firenze, Genova e Bologna. Intanto, nel
1912, pubblica per la prima volta alcuni testi su un giornale
studentesco; l'anno dopo decide di mettere in bella copia
le "novelle poetiche e poesie" che sta scrivendo
da un decennio. Vuole trovare un editore.
Nel 1913, a Genova, gli capita tra le mani un numero di
Lacerba, rivista fiorentina diretta dai futuristi Soffici
e Papini. Ne rimane vivamente impressionato, tanto da cercare
un contatto più diretto con loro. I programmi esposti
nella rivista gli parevano quanto di più congeniale
ci fosse alle sue medesime aspirazioni: spazzare via l'arte
del passato, fatta di vuoti sentimentalismi e ossequi a
schemi formali ormai vuoti (Uccidete il chiaro di luna!
era una delle parole d'ordine del futurismo); creare un'arte
nuova, a misura di un mondo dominato dalle scosse elettriche
e dalla rapidità e quindi libera da regole grammaticali
e di bello stile. Tutto ciò piace molto a Campana,
che infatti scrive a Papini: "La vostra speranza sia:
fondare l'alta coltura italiana. Fondarla sul violento groviglio
delle forze nelle città elettriche delle selvagge
anime del popolo, del vero popolo, non di una massa di lecchini,
finocchi, camerieri, cantastorie, saltimbanchi, giornalisti
e filosofi come siete a Firenze". Spinto dall'entusiasmo
lascia Genova per Firenze, dove intende incontrare i fondatori
della nuova arte. E in effetti li incontra, ne riceve generiche
parole di apprezzamento unite al sottinteso fastidio di
chi vuole lasciar intendere di avere ben altro da fare.
Ugualmente consegna a Papini e Soffici il suo manoscritto,
il suo tesoro. Loro lo sfogliano, lo spostano, lo trasportano,
e infine lo perdono. Salterà poi fuori, nel 1971,
nella soffitta di casa Soffici. Ironia della sorte, si intitolava
Il più lungo giorno e conteneva, in forma meno elaborata,
il nucleo essenziale dei Canti Orfici.
>>Nel 1914 va in Svizzera a lavorare come stagionale,
ma a maggio ha un incidente con la polizia e viene espulso,
il 7 giugno a Marrani stipola un contratto con un tipografo
per la stampa di mille copie dei Canti Orfici, ma a causa
della dedica "a Guglielmo II imperatore dei germani"
e del sottotitolo che parla della "tragedia degli ultimi
dei germani in Italia", la polizia s'interessa allo
scritto e Dino fugge in Sardegna.
Nel 1915 si presenta al distretto militare di Firenze come
volontario per andare al fronte, veste la divisa con il
grado di sergente ma dopo pochi giorni viene rispedito a
Marradi, dove passerà un mese e mezzo in ospedale,
ufficialmente per nefrite, molto probabilmente per sifilide.
Nel 1916 soffre di emicranie notturne e di idee ossessive,
rivuole dopo anni il manoscritto che Papini e Soffici gli
hanno smarrito, ha incidenti con la polizia, sfida a duello
il direttore de "Il Telegrafo" ma non trova due
padrini pronti a rappresentarlo. Ha un'avventura con una
tale Anna dalla quale ottiene di poter soggiornare a Casetta
di Tiara. A giugno riceve la visita della scrittrice Sibilla
Aleramo, con la quale aveva avuto uno scambio epistolare.
Sibilla Aleramo, scrittrice femminista ante-litteram copiosamente
inserita nella famosa industria del cadavere. Lei ha quarant'anni
e un passato davvero avventuroso: divorziata dal marito,
perso l'affidamento del figlio, è già stata
amante di Cardarelli, Boccioni, Boine e svariati altri esponenti
della cultura italiana del tempo; per finire, vanta amicizie
illustri come quella con il critico Emilio Cecchi (uno dei
primi a dir bene di Campana). A questo incontro ne succedono
altri dove iniziano le scenate indecorose. Sibilla nel 1917
accompagna Dino Campana da un famoso psichiatra, a seguito
del colloquio fra Campana e il dott. Tanzi, i due si separano.
Ma A febbraio Dino riceve da Sibilla lettere di "straziante
passione", parte per raggiungerla ma, sospettato d'essere
un disertore viene introdotto nel carcere di Novara, verrà
rilasciato dopo due giorni grazie alle conoscenze della
Aleramo. A ottobre viene ricoverato per una visita di controllo
ma da segn icerti di pazzia e viene rispedito a casa. Il
12 gennaio del 1918, per ordine del sindaco di Lastra, viene
ricoverato d'urgenza all'ospedale psichiatrico di Firenze.
Definitivamente internato Dino legge libri e giornali, si
masturba e per un certo periodo lavora in cucina come sguattero,
tema ricorrente dei suoi deliri è l'elettricità,
al tempo usata per inibire comportamenti deviati (la masturbazione).
Riceve ripetutamente le visite dello psichiatra Pariani,
che è il suo aspirante biografo, che lui considera
, nel suo delirio, un agente de Re d'Italia.Dal novembre
del 31 da segni di miglioramento, chiede grammatiche delle
lingue che conosce,progetta di uscire dal matrimonio e di
trovare lavoro come interprete.ma il 27 febbraio s'ammala
improvvisamente di una malattia misteriosa. Muore il primo
Marzo.