Galileo
Galilei nacque a Pisa nel 1564. Si dedicò dapprima agli studi
umanistici e poi a quelli di medicina e filosofia, ma, insofferente
della tradizione aristotelica imperante in queste due materie, passò
agli studi di matematica e fisica, nei quali eccelse ben presto in modo
sorprendente: già da giovane scoprì l'isocrosnismo del pendolo ed
inventò la bilancia idrostatica. La fama conseguita gli procurò la
protezIone dei Medici e la nomina di docente di matematica
nell'università di Pisa. Qui elaborò il suo metodo sperimentale che fu
poi perfezionato dall'inglese Francesco Bacone e dal francese Renato
Descartes (=Cartesio) e che sostanzialmente è tuttora valido: esso
consiste nell'intuire la probabile causa di un fenomeno della natura;
tale causa deve essere riprodotta artificialmente per osservare se
produce come effetto il fenomeno studiato; in caso negativo
l'esperimento deve considerarsi comunque un fatto positivo perché
consente di escludere una falsa ipotesi; si passa quindi a formulare
un'altra ipotesi di causa che viene a sua volta riprodotta
artificialmente, e così di seguito fino a quando non si è trovata
quella giusta, cioè quella che, riprodotta artificialmente, dia per
effetto il fenomeno che si sta studiando, a questo punto bisogna
appurare se è stato un caso fortuito a produrre l'effetto desiderato e
perciò bisogna ripetere più volte l'esperimento: se il risultato è
sempre lo stesso, allora si procede mettendo in rapporto la causa
ricercata e l'effetto prodotto (cioè quello che si voleva studiare) e
da questo rapporto scaturisce la "legge" scientifica che viene
espressa in termini matematici.
Il Galilei fu perciò contrario ad
ogni dogmatismo nel campo delle scienze e fu un deciso avversario
dell'aristotelismo allora imperante (secondo il quale Aristotele avrebbe
detto ogni possibile verità nel campo delle scienze). Anche la Chiesa
cattolica affermava il pregiudizio che tutto quanto fosse affermato nei
testi sacri ad opera dei profeti non potesse che essere vero e
applicando questo criterio si affermava che il Sole girasse intorno alla
Terra, mentre Galilei, che aveva la certezza che fosse la terra a girare
intorno al Sole, non poteva accettare quell'assurda posizione. Perciò
venne in contrasto con la Chiesa e fu anche ammonito dal Tribunale di
inquisizione di ritirare le sue tesi: egli accettò formalmente
l'ingiunzione per salvarsi dal rogo e fu per questo condannato solo agli
"arresti domiciliari" (come si direbbe oggi), conservando la
possibilità di proseguire i suoi studi.
In questo campo è importante il
rapporto da lui fissato fra la funzione del teologo e quella dello
scienziato: il primo deve interpretare i testi sacri per definire quelle
verità di fede che la ragione umana non potrebbe mai scoprire da sola;
lo scienziato deve interpretare la Natura con metodo scientifico per
scoprire quelle verità possibili alla intelligenza dell'uomo: entrambi
si sforzano di scoprire delle verità che avvicinano l'uomo a Dio.
Inoltre i testi sacri non riportano tutte verità, ma solo quelle
inerenti i doni della Fede: circa queste verità da rivelare agli
uomini, i profeti avevano l'ispirazione di Dio ed erano perciò
giustamente da considerare infallibili, ma per tutto il resto essi
usavano la loro personale cultura che, ovviamente, era quella del loro
tempo e perciò possibile da rivedere e da correggere.
Galileo scrisse numerosissime
opere, ma le più importanti sono il "Nuncius sidereus", il
"Saggiatore" e soprattutto il "DIALOGO SUI DUE MASSIMI
SISTEMI" e i "DIALOGHI DELLE SCIENZE NUOVE".
I dialoghi hanno un valore notevole
dal punto di vista poetico perché riproducono, attraverso l'esposizione
di tesi contrarie e fino all'affermazione della verità, l'intimo
travaglio dello studioso, i dubbi, le incertezze che lo assillarono nel
suo lavoro, i momenti di scoramento, i momenti di fiducia e quelli di
esaltazione per la scoperta effettuata. Egli si dimostra ancora un
poeta, quando infonde ai suoi scritti - che pure trattano argomenti
scientifici - i sentimenti di vivo stupore e di commossa ammirazione da
lui provati dinanzi ai misteri della Natura che via via egli scopriva.
la sua prosa si avvicina più al
modello classico del Cinquecento che a quello del Seicento barocco: allo
scienziato occorreva infatti una espressione limpida e netta, che non
consentisse alcun dubbio di interpretazione. Ciò non toglie, però,
che, quando doveva esprimere il suo entusiasmo e il suo stupore di
fronte alla scoperta di un nuovo segreto della Natura, di una nuova
bellezza, egli ricorresse ad uno stile più scintillante, più colorito,
più emozionante, di tipo barocco.
La sua prosa diede origine alla
cosiddetta "prosa scientifica".
Dopo la sentenza del 22
giugno 1633 che lo condannava al carcere a vita tramutato in domicilio
coatto, egli si ritirò nella sua villa di Arcetri, dove, colpito da
molti acciacchi e dalla cecità, visse fino al 1642, confortato
dall'assistenza dei suoi fedelissimi discepoli Vincenzo Viviani, padre
Benedetto Castelli ed Evangelista Torricelli.