El magnassč

 

Il magnassč

 

Una sera de Purim

s'era unė sett kakamim

su de sora nel Salon

de l'antico Can Barbon

per discuter e studiar

con qual nom doveen ciamar

l'appendice de la pansa

sensa offender la creansa.

Salta su un agricoltor,

un omin de bon umor,

che con gran disinvoltura

tira fora el nom: Cul-tura.

Subit dopo un ingegner,

che podeva ben taser,

con gran pompa de linguaggio

del sō ken vol dar un saggio

e propone di farlo chiamare

col vocabolo: Č-di-fica-re.

Vegna ters un farmacista

con in man una gran lista

de medsine e de cordiai,

e inforcando i sparnassai

dis con tono assai sicuro:

- Fč a mč mod: ciamel Io-duro -.

Č la volta d'un dotor,

taumaturgo de dolor,

che tormenten quei mortai

che el servel han dat a pai;

che solenne fa l'encomio

de la voce: Manico-mio.

Una vergine putela

gran maestra de capela,

dis con aria mesta e pia:

- Vo' chiamarlo: Me-lo-dia.

- Ma dov'č, dov'č la gloria,

siga un professor de storia

de la quale inver č degno

un cotal famoso ordegno? -.

e strappandose un ciuff de barba bionda

vol metterghe per nom Epa-m'inonda.

Ultim fra tutti č un om de gran parola,

un om, coma se dis, de cappa e stola,

che per meter un po' de serietā

in mesa a quel sussor indiavolā:

- Perché questi clamori e queste grida?

Chiamatelo, perbacco, Infanti-ci-da! -.

Nascost da una portiera mė ascoltava

quella serena e dotta discussion

e fra de mė ridendo ripensava

(e credi ben che mi darė ragion)

che pių bel nom al mond propria non gh’č

de quel dei noster vecc: El magnassč.

 

 

Una sera di Purim (la festa delle Sorti)

si erano uniti sette kakamim (saggi)

su di sopra nel Salon (la trattoria)

dell'antico Can Barbon

per discutere e studiare

con quale nome si doveva chiamare

l'appendice de la pancia

senza offendere la buona educazione.

Interviene un agricoltore,

un ometto di buon umore,

che con gran disinvoltura

propone il nome: Cul-tura.

Subito dopo un ingegnere,

che avrebbe fatto meglio a tacere,

con grande sfoggio di linguaggio

vuole dare una dimostrazione del suo ken (classe)

e propone di farlo chiamare

col vocabolo: Č-di-fica-re.

Al terzo posto un farmacista

con in mano una lunga lista

di medicine e di cordiali,

e inforcando gli occhiali

dice con tono assai sicuro:

- Fate come dico io: chiamatelo Io-duro -.

Č la volta d'un dottore,

taumaturgo del dolore,

di quelli che tormentano quei mortali

che hanno il cervello finito in rovina;

che solenne fa l'elogio

della voce: Manico-mio.

Una vergine fanciulla

gran maestra di cappella,

dice con aria mesta e pia:

- Voglio chiamarlo: Me-lo-dia.

- Ma dov'č, dov'č la gloria,

grida un professor de storia

della quale invero č degno

un siffatto famoso arnese? -.

e strappandosi un ciuffo di barba bionda

vuole mettergli per nome Epa-m'inonda.

Ultimo fra tutti č un uomo di gran parola,

un uomo, come si dice, di cappa e stola,

che per mettere un po' di serietā

in mezzo a quel baccano indiavolato:

- Perché questi clamori e queste grida?

Chiamatelo, perbacco, Infanti-ci-da! -.

Nascosto dietro una porta io ascoltavo

quella serena e dotta discussione

e ridendo fra di me pensavo

(e sono convinto che mi darete ragione)

che proprio non c’č al mondo un nome pių bello

di quello dei nostri vecchi: Il magnassč.

 

 

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