Una
delle prime cose che colpiscono il viaggiatore nel suo impatto con Amman
(Giordania (1)) è sicuramente la sua scintillante modernità,
le sue macchine, le ville, i palazzi, i tanti cartelli in inglese, le
luci al neon, i quartieri da passeggio, con i negozi delle firme più
importanti del mercato mondiale. Il viaggiatore informato sa che Amman
è una città senza storia recente, che non è mai stata
una capitale, come sono Damasco, Gerusalemme o il Cairo. E il viaggiatore
curioso scoprirà che dietro i palazzi e le vetrine, dietro i quartieri
alla moda, come Shmeisani o Abdoun, è ben presente e radicata una
realtà molto diversa. Senza bisogno di andare nei campi profughi
che ancora ospitano, in condizioni di vita spesso ripugnanti, rifugiati
palestinesi da più di mezzo secolo, o nei quartieri più
poveri, o nel turbolento e tribale sud del paese (2).
Specialmente mi ha incuriosito la condizione della donna, in particolare
nella capitale.
Alle ultime elezioni è stata introdotta una quota, molto ridotta,
per far entrare le donne in Parlamento, e questo limitatissimo provvedimento
ha suscitato profonde polemiche. Mi è stato riferito che lambasciatore
italiano, durante una cena con i ministri del governo, sia stato avvicinato
dal ministro donna per le pari opportunità, e che
gli altri ministri tutti uomini, generalmente shuyukh tribali
siano insorti, sostenendo che i problemi della Giordania sono altri,
e che la situazione della donna è conforme ai precetti dellIslam.
Al primo impatto, una visita nel campus suggerisce una netta separazione
tra le ragazze progredite, senza velo, vestite alloccidentale,
secondo le ultime mode, generalmente appartenenti a famiglie di censo
più elevato, e le ragazze allantica, velate
in vari modi, da quelle che portano un hijab (il velo più
ridotto, che incornicia il volto) sopra i jeans e la maglietta, fino alle
studentesse completamente velate di nero, senza neanche gli occhi scoperti
(generalmente provenienti da paesi del Golfo) che generalmente
non rivolgono la parola agli stranieri. Il viaggiatore in visita solo
nei quartieri bene e negli hotel di alta categoria
potrebbe facilmente convincersi che le ragazze in questo paese godano
di grande libertà, specialmente avendo presente il modello della
giovane ed affascinante regina Rania, piuttosto popolare nei media
occidentali.
Sabah è una ragazza di 26 anni, studentessa nella Facoltà
di Scienze dellEducazione. Di famiglia beduina, velata con lhijab,
è una persona molto attiva socialmente - collabora come volontaria
in un centro che si occupa di minori con problemi motori ed è
una delle poche ragazze che conosco ad avere una vita sentimentale che
ai miei occhi appare del tutto normale. Ha infatti un fidanzato,
un ragazzo che vive nella regione di Petra beduino anche lui
che ho conosciuto personalmente. Di recente si sono fidanzati ufficialmente,
e secondo le loro usanze questo è il primo passo verso il matrimonio
(3). Una mattina la vedo particolarmente stravolta, e poi non la incontro
più per una settimana. Chiamo una comune amica che mi rivela che
Sabah, avendo avuto un rapporto damore con il suo fidanzato, aveva
paura di essere rimasta incinta e aveva confidato i suoi timori al partner
che, probabilmente spaventato, o forse semplicemente soddisfatto dallaver
ottenuto quello che cercava, aveva deciso di lasciarla. Rimanere incinta
prima del matrimonio in questa parte del mondo è ancora qualcosa
che può condizionare una vita, come ai tempi di Maria! In questo
caso tutto è finito bene, nel senso che la gravidanza non cè
stata, e Sabah ha potuto più o meno riprendere la stessa vita che
faceva prima, probabilmente con meno fiducia nei confronti del genere
maschile.
Mesa è una ragazza di 22 anni, da poco laureata nella Facoltà
di Scienze Biologiche. Anche lei molto attiva socialmente al momento
della disoccupazione post lauream ha cominciato a fare volontariato
come insegnante di matematica in una scuola di un campo profughi ad Amman
velata con lhijab, a differenza di Sabah molto consapevole
e convinta della sua appartenenza religiosa, dovuta probabilmente al fatto
che suo padre è un muatazilita (4). Approfittando
del rapporto di amicizia e di grande confidenza che cè tra
noi, ero solito provocarla scherzosamente, chiedendole come mai suo padre
non le portava a casa un marito, visto che si era laureata, ma lei continuava
a giurare che era lultima cosa alla quale pensava. Qualche giorno
dopo mi ha confessato che aveva cominciato a frequentare un ragazzo, che
aveva conosciuto in università, allinsaputa dei suoi, che
non sapeva se fosse innamorata ma che aveva voglia di conoscerlo prima
della eventuale presentazione in casa. Ed era sicura che suo padre avrebbe
accettato qualunque cosa pur di saperla felice.
Leila è una ragazza di 22 anni, che studia nella Facoltà
di Economia. È una delle numerose figlie di famiglie miste, con
padre ovviamente musulmano e madre, di solito europea o nordamericana,
più o meno convertita. Nel suo caso, la madre è di origine
britannica, e Leila ne va tanto orgogliosa che parla correntemente linglese
meglio dellarabo, pur essendo nata e cresciuta in Giordania. Veste
decisamente alloccidentale, non è velata né particolarmente
religiosa, e delle tre è sicuramente quella che più appare
libera ed emancipata, anche se devo dire che qualche
sera ho potuto incontrare Sabah e Mesà senza grandi problemi dorario,
mentre lei ha lobbligo di tornare a casa non oltre le otto. Di ritorno
da una breve vacanza, la incontro nel campus e appena mi vede scoppia
a piangere. Ci sediamo in un luogo il più possibile appartato,
e mi spiega che suo padre ha deciso che è ora che si sposi, e le
ha fatto conoscere un giovane dottore in medicina, che lei non aveva mai
visto prima. Dopo una settimana cè stato il fidanzamento
ufficiale alla presenza delle due famiglie, e il matrimonio legale è
previsto per soli tre mesi dopo. Ovviamente Leila ha protestato, soprattutto
dopo che ha conosciuto un po il ragazzo e ha scoperto che non solo
non hanno nulla in comune, ma che lui non le permetterà di lavorare
né di rivolgersi a lui in inglese, essendo un puro musulmano orgoglioso
della sua identità, anche linguistica. Ha cercato lappoggio
di sua madre, che le ha suggerito di provare a fidarsi del giudizio di
suo padre. Ha provato a riparlarne con il padre, minacciando anche di
fare una scenata il giorno del fidanzamento, e lui le ha detto che se
avesse rifiutato il ragazzo non avrebbe avuto più il permesso di
uscire di casa, e questa punizione sarebbe servita ad ammorbidirla
nel momento in cui le venisse proposto un altro fidanzato. Leila è
una ragazza piena di risorse, ed è riuscita a fingersi talmente
odiosa da convincere il pretendente a ripudiarla senza averla mai
toccata. Ma è una situazione che le si può ripresentare
in qualsiasi momento.
1 Di particolare
interesse sulla Giordania sono i numeri della rivista Jordanie,
edita dal centro culturale francese, Ifpo, ex CERMOC, www.lb.refer.org,
oltre a una serie di libri di carattere storico, è M. Wilson, King
Abdallah, Britain and the Making of Jordan, Cambridge Middle East
Library, Cambridge (Mass.), Cambr. Univ. Press, 1987. Per una prospettiva
dei nuovi storici israeliani, si veda AA VV, Jordan, the
making of a pivotal state, 1948-1988, Haifa University. Per una rilettura
più recente, si veda George Joffé, (ed.), Jordan in transition,
Hurst & Co., London, 2002. Per una discussione antropologica sul ruolo
delle tribù nella costruzione statale giordana, Linda L. Layne,
Home and Homeland. The dialogics of tribal and national identities
in Jordan, Princeton, NJ, Princeton Univ. Press, 1994. I materiali
disponibili in lingua italiana sono pochi. A titolo informativo, segnalo
Ugo Fabietti, Antropologia del Medio Oriente, Einaudi, Torino,
2000, unintroduzione al campo degli studi antropologici nellarea
mediorientale che copre aspetti sociali culturali e politici.
2 Si veda a questo proposito Red alert in Jordan: Recurrent Unrest
in Maan, Middle East Briefing, 19 February 2003, disponibile sul
sito www.icq.org . Lunico (breve) articolo in lingua italiana che
ho trovato disponibile è sul sito www.reporterassociati.org a cura
di Rosarita Catani.
3 NellIslam, è bene ricordarlo, il matrimonio non è
un sacramento, ma un semplice contratto. Nella tradizione giordana generalmente
una coppia comincia a frequentarsi dopo il fidanzamento ufficiale. Dopo
pochi mesi avviene il matrimonio legale, alla presenza di un Imam e di
due testimoni maschi testimoni donne sono ammesse, ma devono essere
due per valere come un testimone maschio. Questo matrimonio è seguito,
anche dopo mesi, dal matrimonio sociale, con i tre giorni
di festa con tutta le famiglie allargate e gli invitati. Gli sposi generalmente
cominciano a vivere insieme, e ad avere rapporti, solo dopo questultimo
matrimonio, ma su questo punto non ci sono imposizioni religiose.
4 Una setta islamica molto antica, spesso duramente repressa,
specialmente durante il califfato abbaside. Promuove un credo marcatamente
razionalista, pur rimanendo fedele allinterpretazione letteralista
del Corano.
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settembre - dicembre 2004 |