1973:
Fondazione di Psichiatria Democratica
Trentanni fa, a Bologna, nasceva Psichiatria Democratica, per iniziativa
di un gruppo di psichiatri raccolti intorno a Franco Basaglia. I primi
tentativi di rinnovamento della psichiatria in Italia risalgono allinizio
degli anni sessanta. Ben presto, lesperienza di Gorizia, in cui
Basaglia e la sua équipe intraprendono un lavoro di distruzione
dellospedale psichiatrico dal suo interno, coagula intorno a sé
un movimento che ha come principale obiettivo labolizione del manicomio.
Con la pubblicazione, nel 1968, del volume Listituzione negata.
Rapporto da un ospedale psichiatrico, il movimento antiistituzionale
incontra gli altri movimenti di contestazione e per la prima volta il
dibattito sullassistenza psichiatrica, uscendo dallambito
strettamente specialistico, diventa un problema di rilevanza politica
e sociale. La rete di movimenti di lotta di base consente dunque il collegamento
tra la questione psichiatrica e la problematica della lotta di classe,
ed è su questa base che, nel 1973, il movimento di Psichiatria
Democratica enuncia le sue linee programmatiche, riassunte in questo documento
di Gian Franco Minguzzi, primo segretario nazionale di Psichiatria Democratica:
Le prime critiche sistematiche allimpostazione strettamente
organicistica della psichiatria ufficiale e soprattutto allarretratezza
delle strutture assistenziali datano dagli inizi degli anni sessanta;
ma è con le lotte del 68 e 69 che queste critiche assumono un deciso
carattere di contestazione. I temi ricorrenti di quegli anni: lantiautoritarismo,
il rifiuto del mito della scienza neutrale, la denuncia delle istituzioni
repressive, trovano infatti un riferimento pratico nel campo psichiatrico,
grazie soprattutto ad alcune esperienze già in atto, di cui quella
di Gorizia è stata la più esemplare.
In questo clima di lotta, la psichiatria, per il suo stretto legame con
i problemi di ordine pubblico, con la definizione dei limiti di norma
e, quindi, con i processi di mantenimento dellassetto sociale che
su questa norma si fonda, si pone in primo piano e vi rimane anche quando
si attenua lo slancio delle lotte studentesche, e ciò soprattutto
per il carattere pratico della contestazione che ne mette in discussione
la teoria. Lindividuazione sul terreno pratico istituzionale della
natura classista della segregazione manicomiale e dellideologia
su cui tale segregazione si fonda, e la contemporanea presa di coscienza
da parte dei tecnici del loro ruolo di esecutori materiali dellideologia
dominante nel settore specifico di loro competenza, sono gli agganci diretti
della lotta anti-istituzionale psichiatrica alla politica generale, che
la fanno uscire dal terreno tecnico-specialistico inglobando la messa
in discussione dellassetto sociale di cui manicomio e ideologia
psichiatrica sono espressione. Del resto, non è privo di significato
il fatto che il momento di maggiore fermento e di maggiore incisività
della lotta contro lideologia psichiatrica e contro la sua pratica
repressiva, coincida con il momento di maggiore apertura di tutti i movimenti
che mettono in discussione il nostro assetto sociale (la prova di forza
del movimento operaio nel 69, il movimento studentesco dal 68 in poi);
così come la successiva repressione o il tentativo di razionalizzazione
di questi fermenti coincidono con le fasi alterne del quadro politico
generale.
La tematica psichiatrica diviene dunque, in questi anni, parte integrante
degli obiettivi della sinistra: migliori condizioni di vita, difesa della
salute, gestione sociale della medicina; i problemi dellesclusione
e la crisi dei ruoli, tipicamente psichiatrici, rapidamente si estendono
ad altri campi, soprattutto al carcere e alla scuola. Anche in campo strettamente
psichiatrico le esperienze innovative si sono moltiplicate e diversificate.
Nel 1973 ci troviamo dunque con una vasta serie di iniziative in vari
settori, quasi sempre separate luna dallaltra. Per dare loro
unità e quindi maggiore forza, anche di fronte alle frequenti minacce
repressive, per tentare di fornire degli strumenti di chiarificazione,
affinché sia possibile distinguere tra posizioni veramente efficaci
e significative e semplice trasformismo verbale e velleitario, nasce Psichiatria
Democratica, con questo programma.
Innanzitutto rimanere sul proprio terreno specialistico, ma con la consapevolezza
della politicità dellazione tecnica. Quindi non gruppo politico
autonomo, bensì costante riferimento al movimento della sinistra,
perché una psichiatria nuova, liberatoria anziché oppressiva,
non può che essere critica dellattuale assetto sociale. Esclusa
anche la scelta pregiudiziale di un particolare indirizzo scientifico;
ogni teoria deve essere valutata sulla base della pratica che consente
e stimola. [
]
E ancora, creare uno strumento di collegamento con operatori di altri
settori (medico, giudiziario, pedagogico), che condividono la problematica
dellemarginazione e della repressione e la lotta contro di esse.
Infine gettare le basi per un rapporto organico e sistematico con le forze
della sinistra (partiti e sindacati), in modo da ridefinire dialetticamente
il ruolo del tecnico: questultimo può e deve dare alle prime
dei suggerimenti fondati sulle proprie conoscenze specialistiche, ma la
sua azione non è valutabile solamente con dei criteri intrinseci,
bensì sulla base del contributo effettivo fornito al movimento,
alla lotta per migliori e diverse condizioni di vita.
2003:
Il Documento di Psichiatria Democratica al Forum Sociale Europeo di
Parigi
Il 27 ottobre 2003 Rocco Canosa, presidente nazionale di Psichiatria
Democratica, ha visitato con lon. Alba Sasso il Centro di Permanenza
Temporanea di Restinco (Brindisi). Questa iniziativa, sollecitata dai
compagni del gruppo no-CPT del Tavolo Migranti, segna una tappa fondamentale
nel rapporto tra Psichiatria Democratica e i Forum sociali. Tuttavia,
crediamo che nessuno di noi aspiri a costruire delle alleanze tecniche,
senza discutere, senza confrontarsi. Non per affermare unidentità,
ma per guardare le cose da punti di vista diversi, per avere una chance
di diventare altri da ciò che siamo. E una
questione di arricchimento reciproco, che richiede uno spazio politico
non gerarchizzato, rapporti orizzontali dove non ci sono né punti
di vista superiori né lotte politiche più importanti di
altre. Partendo dalla questione dei CPT, Psichiatria Democratica intende
costruire un rapporto critico con i movimenti, unalleanza
fondata sulla disponibilità a farsi attraversare dallaltro,
facendosi spiazzare, provocare, contestare dalle sue domande, senza
per questo rinunciare alle proprie; sulla capacità di costruire
ogni volta piani di riflessione e di lotta più ampi, nei quali
storie e culture diverse possano articolarsi senza dissolversi luna
nellaltra; sulla consapevolezza che questa costruzione non si
fonda né su una verità trascendente, né su una
necessità storica, ed è perciò ricca e fragile
come un evento.
Gli strumenti critici che Psichiatria Democratica può offrire
a questo dibattito sono essenzialmente tre:
1. Soggettività.
Il movimento antiistituzionale, guidato da Franco Basaglia, ha posto
la questione dei diritti dei malati di mente ed affermato la necessità
di abolire i manicomi. E stato uno di quei movimenti specifici
o locali che nel corso degli anni 60 e 70 hanno
messo al centro del discorso e della lotta politica la soggettività
delle persone. Soggettività significa che cè qualcosa
di irriducibile che contesta alla radice le razionalizzazioni
scientifiche (per es. la spiegazione dellomosessualità
in termini di malattia o di anomalia), senza per questo ricadere nelle
razionalizzazioni politiche (per es. la convinzione che basti offrire
alle persone diritti e salute per risolvere il problema della loro soggettività).
Psichiatria Democratica nasce da un movimento di contestazione della
norma, dove per norma sintende la naturalizzazione
arbitraria di un modello sociale che poi legittima la negazione giuridica
dei diritti per coloro che a tale modello non corrispondono. Questi
movimenti di contestazione hanno attraversato gli anni 60-70,
andando a formare il tessuto connettivo su cui lantagonismo politico
ha potuto attecchire e svilupparsi. La contestazione della norma è
uninsurrezione della soggettività contro la gerarchia del
discorso scientifico, che la squalifica come irrazionale e la riduce
al silenzio; ma è anche un campanello dallarme contro la
tentazione di ritenere che una rivoluzione politico-economica potrebbe
risolvere il problema della soggettività e dei suoi irriducibili
eccessi. In altri termini, i movimenti di contestazione
della norma cercano di evitare la deriva dellavanguardismo teorico,
che rischia di gerarchizzare lo spazio politico, di semplificare le
lotte e di renderle perciò meno incisive.
2. Etica.
Il movimento di Psichiatria Democratica ha una valenza etica non solo
perché pone al centro lirriducibilità di ciò
che è soggettivo, ma anche perché rifiuta lidea
che il potere sia qualcosa che sta fuori e contro di noi, e che quindi,
per essere liberi, sia sufficiente liberarsi dalla repressione e dal
dominio. Se cè una lezione che si può trarre dallesperienza
di Basaglia, è che quando arrivò a Gorizia per dirigere
il manicomio rifiutò subito la delega di controllo sociale nascosta
sotto la pretesa terapeuticità dellintervento medico. In
questo modo, la sua identità di psichiatra entrò in crisi:
crisi del sapere psichiatrico che legittima e copre la violenza istituzionale,
crisi del ruolo istituzionale che nasconde la propria natura politica
- il controllo della devianza improduttiva - sotto una veste di neutralità
scientifica e tecnica. La nostra pratica quotidiana si gioca costantemente
allinterno di questa contraddizione: offrire risposte concrete
alle persone senza occultare la funzione normalizzatrice implicita nel
nostro ruolo tecnico, e rendere quindi il rapporto terapeutico aperto
allo scambio, al confronto, alla negoziazione, al conflitto. Il potere
passa sempre attraverso di noi, perciò non si può pensare
di agire politicamente senza far entrare in crisi il ruolo specifico
che noi rivestiamo nel contesto sociale, culturale, lavorativo.
3. Politica
Lazione politica di Psichiatria Democratica si sviluppa su due
piani apparentemente contraddittori. Per noi politica significa in primo
luogo vivere le contraddizioni istituzionali per costruire insieme ai
pazienti, alle famiglie, alla comunità, reali percorsi riformistici,
come quelli che in Italia hanno condotto alla riforma psichiatrica del
1978 (legge 180), percorsi di emancipazione e di autodeterminazione,
di lotta contro lo stigma e lesclusione, di riconoscimento e tutela
dei diritti delle persone; in secondo luogo, però, significa
continuare a criticare tutti i progetti di riformismo politico volti
a neutralizzare i conflitti sociali attraverso il pretesto della modernizzazione.
Basaglia amava citare questa formula di Antonio Gramsci: ottimismo
della volontà e pessimismo della ragione. Riprendendo questa
formula, noi potremmo dire: riformisti nelle pratiche e antiriformisti
nella teoria politica.
Dopo la nostra visita al CPT di Restinco, possiamo affermare che i CPT
sono nuovi manicomi per immigrati? La risposta devessere
necessariamente articolata. Perché, come dimostra il tentativo
di abrogazione della legge 180, proposto dal centrodestra con un progetto
firmato dallon. Burani Procaccini, il legislatore neoliberale
non sembra essere interessato soltanto a un ritorno alla logica dellesclusione,
né soltanto alla privatizzazione dei servizi pubblici e alla
distruzione delle tutele sociali, ma anche allo sviluppo di un dispositivo
biopolitico di prevenzione dei rischi che minacciano la salute pubblica
e la sicurezza del corpo sociale. Il neoliberalismo è anche biopolitica:
cultura del pericolo, controllo della popolazione, normalizzazione diffusa
e capillare degli individui. La proposta di legge Burani Procaccini
rientra in un programma controriformista sistematico e ad ampio spettro,
nel quale i diritti delle persone vengono attaccati anche in ambiti
specifici come la salute mentale, la prostituzione, la tossicodipendenza,
i minori. Tutte queste nuove leggi e proposte di legge, apparentemente
marginali, sono invece decisive per comprendere la complessità
della governamentalità neoliberale, e per costruire dei percorsi
di lotta che sappiano confrontarsi con tale complessità.
P.S.:
Gli autori dellarticolo sono componenti del direttivo nazionale
di Psichiatria Democratica
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settembre - dicembre 2004 |