Anchio
sono apparso al mondo con questi occhietti,
che ancora non vedono, ma percepiscono la realtà
Cosa deve rappresentare una nascita, non solo quella di un bambino ma
quella di ogni giorno nuovo,
di ogni nuova forma della realtà?
Ermanno Olmi
Ho sempre
pensato a Terlizzi come al paese dove nascono i bambini. Non ho mai capito
perché molfettesi, giovinazzesi, ruvesi, bitontini, biscegliesi,
coratini portassero a nascere i loro figli a Terlizzi, pur avendo in alcuni
casi un ospedale nel proprio paese.
Terlizzi
è un piccolo paese a 191 m.s.l.m, nellentroterra a nord
di Bari in Puglia a sud dItalia. Conta circa 28.000 abitanti.
Una piazza e due torri il Carro Trionfale i fiori la Madonna di Sovereto
il tornio e largilla.
Il mare visto da Terlizzi si mostra nella sua rotondità, complessità.
Sembra un ventre materno.
Una corsa
sfrenata in bicicletta, di due ragazzi
Percorrono le strade del paese, uno dietro laltro. Meta da raggiungere
il mare. Un percorso a ritroso per continuare a cercarsi e a rinascere
dal mareliquido amniotico.
Sulla strada pioviggina, i due corrono uno davanti allaltro, senza
ostacolarsi, proteggendosi. Non cè gara né competizione
fra i due. E semplicemente un tratto di strada percorso insieme
per raggiungere una meta comune. Il mare per bagnarsi completamente.
Terlizzi diventa il posto giusto per prendere il giusto slancio e tuffarsi
E estate, fa molto caldo.
Incontro
Marta, Lucrezia, Donatella, ad un bar in piazza, prendiamo patatine
e birra. Sono giovani attiviste nella battaglia dellospedale Sarcone.
Mi raccontano con orgoglio e ancora incredule di quanto accaduto negli
ultimi mesi nel loro paese. Mi raccontano che il Comitato delle Donne
per lOspedale è nato da un gruppo di ragazze che, volendo
impedire lo smantellamento delle attrezzature ospedaliere, avevano organizzato
un presidio davanti al Sarcone dove inaspettatamente si sono ritrovate
centinaia di persone. Il presidio è così diventato permanente,
è nata una battaglia politica, ma soprattutto civile per la difesa
del diritto alla salute come bene collettivo, pubblico.
Una battaglia con la partecipazione spontanea di centinaia di donne
di diverse generazioni, figlie, mamme con prole a seguito e nonne. Hanno
presidiato per oltre due mesi lospedale, permanentemente, notte
e giorno, scambiandosi in turni. Hanno organizzato incontri con altri
cittadini per coinvolgerli nella lotta, facendo leva su energie che
mai avrebbero pensato di possedere, si sono incatenate ai cancelli,
hanno innalzato barricate, affrontato la celere, sono salite su palchi
per tenere comizi gridando la loro rabbia. Lo testimoniano anche le
molte immagini dei tg nazionali e quelle girate amatorialmente.
Dallaltra parte, chi, dallalto della propria carica istituzionale,
convinto che il popolo sia solo lespressione, prona,
di un dato elettorale, numerico, emana i suoi dictat: lospedale
Sarcone deve chiudere! I reparti verranno trasferiti a Corato.
Chirurgia generale: soppressa. Ortopedia: soppressa. Ostetricia
e ginecologia: soppressa. Pediatria: soppressa. Anestesia e rianimazione:
soppressa. Chirurgia plastica: soppressa. Oftalmologia: soppressa. Servizio
immunotrasfusionale: soppresso. Quello che stava partendoera
il furgone che avrebbe portato via i primi gioielli del Sarcone:
tre delle dieci incubatrici del reparto di Neonatologia. (La
Repubblica di Bari, 5.11.03). Ho incontrato quelle donne ad una
riunione del comitato, quello stesso popolo che, invece,
è voce critica con reali capacità di autodeterminarsi,
con un reale senso civico, portatore di valori estranei a chi, convinto
o semplicemente fascinato, persegue modelli neoliberisti e pianifica
il territorio secondo logiche di vassallaggio e di spartizione.
Malgrado la determinazione a difendere un bene comune come quello dellospedale,
su cui il paese aveva investito 40 anni di storia cittadina che hanno
prodotto nel reparto di Neonatologia più di 1000
nati allanno, malgrado questo, la battaglia delle Donne di Terlizzi
contro la Regione Puglia nella persona del suo governatore Raffaele
Fitto è stata persa! Ha prevalso larroganza acuta, premeditata,
calcolata di chi, dovendo far quadrare i conti, non esita a indebolire
una sanità pubblica già carente nei servizi e nelle infrastrutture,
sfrondando i posti letto disponibili per ospedale, avviando di fatto
la privatizzazione del sistema sanitario regionale, determinando unulteriore
concentrazione di privilegi.
Malgrado la sconfitta, quelle donne hanno maturato una nuova consapevolezza,
si riconoscono come forza attiva e capace di immaginarsi lambiente
in cui vogliono vivere, vogliono incidere direttamente sulle scelte
per Terlizzi e il proprio futuro. Si stanno riorganizzando per riprendere
e far crescere questo percorso di partecipazione diretta.
Le Donne di Terlizzi hanno fede, sono volitive e coraggiose, si fanno
carico delle sofferenze della madre partoriente, portano con sé,
intimamente, il valore della perdita del Figlio, della nascita, del
parto, quel dolore a cui danno sfogo pubblicamente solo una volta lanno
battendo i pugni contro il portone della Cattedrale, per entrare e correre
piangendo e urlando verso leffige della Madonna di Sovereto, la
loro patrona, per confortarla, ringraziarla, a riconoscerle il dono
del conforto.
Il sole
sta tramontando. Due vecchietti, Nicola e Michele, scambiano due chiacchiere
passeggiando per le strade del borgo vecchio. Passano dalla Piazza dove
incrociano altri uomini disposti casualmente a gruppi di quattro, cinque,
a passare il tempo o ad accogliere la promessa di lavoro di giovani
studenti o, per la maggior parte, di extracomunitari desiderosi di lavorare
nelle serre a far nascere rose o gerbere o ranuncoli o violacciocche
o crisantemi. Limportante è che vengano assunti al più
presto per poter rinnovare il permesso di soggiorno.
Si conoscono più o meno tutti fra loro nel paese. Facendo cenno
con la testa, Nicola e Michele abbozzano un saluto con chi incrociano.
Continuano la loro passeggiata. Parlano dei preparativi della festa
del Carro Trionfale, dellennesima asta fra i vari gruppi di timonieri
per aggiudicarsi la guida del Carro.
Parlano nostalgicamente di come la festa, nel corso degli anni, si sia
snaturata del suo senso originario, di cosa rappresentasse per loro
da giovani, e ricordano le parole di Don Tonino che un anno salì
sulla pedana della cassa armonica, tra unesecuzione bandistica
e laltra, inveendo contro i fedeli, chiamandoli pagani,
per la Madonna portata in processione fra i fumi della carne arrostita,
per una festa diventata affaristica. La modernità che travolge
anche la religiosità e la festa. Nicola e Michele da giovani
vivevano quella festa come riposo dal lavoro, ma era occasione anche
per cercare, per chi era scapolo, una moglie. Cosa difficile per i
cafoni - così chiamavano i contadini - perché snobbati
dalle famiglie di quelle ragazze che speravano nellemancipazione
sociale con dei mariti operai.
Nicola racconta a Michele che, da quando è andato in pensione,
dopo aver lavorato per anni alle Officine Calabresi, e dopo la cassa
integrazione, ora passa la maggior parte del tempo in campagna a coltivare
il proprio orticello per la famiglia e per ritrovare un po di
tranquillità.
Tutti e due in silenzio continuano la loro passeggiata.
Questo tempo, con la visione delle immagini di repertorio della Festa
del Carro del 1930 (Giornale Luce), diventa tempo del ricordo, memoria
collettiva che sfuma, successivamente, nelle immagini colorate e assordanti
della festa così come la vediamo oggi.
Giustina
grida. Ha cominciato il travaglio già da unora. I medici
la tranquillizzano che tutto andrà per il meglio, ma dovrà
avere pazienza e essere forte. Suo figlio ha bisogno del suo tempo per
nascere. Intanto suo marito Corrado nella sala dattesa fuma sporgendosi
da una finestra.
Giustina è una delle Donne del Comitato per lOspedale,
ha 26 anni ed è bellissima. Ha lunghi capelli neri che porta
raccolti con la coda, gli occhi neri e profondi le labbra sottili.
Ho incontrato Giustina al comitato. Come le altre, malgrado sia più
giovane, mostra nei suoi discorsi una forte determinazione. Trovandosi
allottavo mese di gravidanza avrebbe potuto fregarsene di tutto,
ma ha continuato a partecipare alle riunioni per cercare insieme alle
altre una nuova via, un nuovo percorso da intraprendere.
Continua a gridare, sono passate altre due ore è sudata, stanca,
ma decisa a non mollare, a resistere.
Ci siamo, alterna a brevi momenti di pausa, in cui raccoglie il respiro
e le forze e spinge spinge, grida grida. La testa del suo bambino si
vede chiaramente, adesso il piccolo è pronto. Giustina spinge
con tutte le sue forze.
I medici e le infermiere che lassistono la incoraggiano, una delle
infermiere le asciuga la fronte poi laccarezza. Ladrenalina
scorre, i loro volti sono tesi le pupille dilatate.
Singhiozza, sgrana gli occhi, sente di avercela fatta, il bambino è
fuori. Continua a singhiozzare, lascia scivolare la testa sul cuscino,
respira con affanno, la vista è annebbiata, guarda il soffitto
chiude gli occhi li riapre e cerca suo figlio.
La terra
è umida per la pioggia del giorno prima. Sullerba e sulle
foglie dulivo soffia una leggera brezza. E lalba e
in campagna laria è fresca. Fra gli ulivi intravediamo
il sole che sorge. Il suono di una bicicletta in lontananza che si avvicina
percorrendo una strada sterrata. E uno dei due ragazzi che correvano
verso il mare. E Amik lalbanese, a Terlizzi da cinque anni,
che inizia la sua giornata lavorativa nelle serre dove coltiva fiori
Un giorno
ideale destate, dallalba a quella del giorno dopo per raccontare
Terlizzi e una battaglia, non per cronaca ma portando lo sguardo allinterno
di quel laboratorio di partecipazione dal basso, che diventa racconto
universale di nascite e di incontri.
Lintenzione è quella di ascoltare ciò che la gente
ha da dirsi, ascoltare le loro storie, raccogliere le loro emozioni
e le loro esperienze di tutti i giorni.
La macchina da presa segue i personaggi durante il loro lavoro e le
diverse esperienze quotidiane e segue gli avvenimenti in divenire per
poter cogliere dei fatti la loro reale essenza.
Losservazione partecipante come metodo di lavoro, come punto di
partenza per cogliere le molte verità di cui ogni quotidiano
è portatore. Associazioni attrattive, pensieri collegati anche
nella casualità dellincontro e nella sua magia, che si
fa storia da raccontare mentre si racconta.
Venni
in questo universo, il perché non sapendo,
né il donde, comacqua che scorre volente o nolente,
e da esso uscirò come vento del deserto
che soffia volente o nolente, non so verso dove.
Omar Khayyam
Lidea
di affrontare il tema della partecipazione diretta intorno ai fatti
dellospedale di Terlizzi e del comitato delle donne nato in
sua difesa spinge lautore a cercare una condivisione del progetto
che parte da chi è stato direttamente coinvolto nella battaglia
dellospedale Sarcone e va al di là dei canali necessari
per la realizzazione di un film documentario: addetti ai lavori,
producers e maestranze da una parte ed enti ed istituzioni dallaltra.
In questa linea, la rivista si fa promotrice del progetto nel tentativo
di allargare il tiro e la partecipazione.
Questo progetto non prescinde da una gestione economica dello stesso.
In parole povere non può essere realizzato senza soldi, considerato
che il mercato del cinema documentario in Italia è quasi
inesistente quindi no-profit. Normalmente la realizzazione di un
progetto come questo può fare affidamento quasi esclusivamente
sullinteresse a finanziarlo da parte di un ente pubblico,
magari quella stessa Regione che con Fitto ha razionalizzato il servizio sanitario e chiuso reparti a Terlizzi come in tutta
la Puglia.
Quello che chiediamo ai lettori è unopinione sulleventualità
di portare avanti Il paese dove nascono i bambini, per
svilupparlo e realizzalo. Occorrono, quindi, idee e suggerimenti
sul come praticare non solo la critica al sistema attraverso le
idee ma anche lesercizio stesso della critica, e decidere
di produrre un documentario è già pratica fantasiosa
e alternativa.
Come ed in che termini questa partecipazione allargata alla realizzazione
del documentario possa concretizzarsi è ancora oscuro e nebuloso.
Invece ciò che è chiaro è lidea del film,
il tema, il racconto.
Sallustio racconta di nascite, e di nascita di una realtà
possibile, di un nuovo modo di far politica. Racconta di una storia
di democrazia diretta, di gente che torna a sentirsi comunità,
che partecipa attivamente e consapevolmente alla costruzione del
proprio futuro.
Ci rivolgiamo a quelle minoranze sensibili che vorranno far proprio
idealmente e moralmente questo progetto e vorranno dedicarvi un
po del loro tempo.
Buona lettura!