Lenorme
distesa urbana, quasi piatta si estende sulla riva sinistra del rio Guayas.
Uniche interruzioni in questa marea di asfalto e cemento sono una manciata
di grattacieli scintillanti nel centro, e un paio di colline, che sembrano
finite lì per caso a spezzare la monotonia del paesaggio. Con i
suoi 2 milioni di abitanti Guayaquil è la città più
popolosa dellEcuador.
Sconosciuta ai più in Europa, è generalmente considerata
dai turisti che visitano il paese poco più che uno stop sulla strada
delle località della costa. Il clima soffocante ed il contendersi
con la capitale il poco invidiabile primato di città più
pericolosa dellEcuador, non sono certo il migliore dei biglietti
da visita per trattenere i viaggiatori più di una notte. Oltretutto
Guayaquil non può competere con Quito per la quantità o
la bellezza dei suoi siti e monumenti storici.
In compenso non mancano i business man locali e stranieri;
vengono a discutere i loro affari nella capitale economica e finanziaria
del paese, riempiendone i numerosi alberghi cinque stelle. Le due ultime
amministrazioni comunali hanno investito molto nel migliorare la reputazione
della città. Renderla più bella, più vivibile e più
sicura. E anche per cercare di attrarre quel turismo internazionale che
è pur sempre una delle principali voci in ingresso nel bilancio
dello Stato, anche se concentrato soprattutto alle Galapagos ed in un
pugno di altre località.
Fulcro di questa operazione di rilancio è stato il faraonico Malecon
2000; questo è il nome del progetto che comprende una serie
di interventi di riabilitazione urbana che hanno interessato il centro
della città. Malecon significa molo, ed è il nome con il
quale da sempre viene chiamato il lungofiume della città, la cui
riabilitazione è il principale degli interventi pensati per ridare
lustro allimmagine cittadina. Il tutto è accompagnato da
unimponente servizio di securizzazione del nuovo salotto
buono della città. Gli oltre 100 milioni di dollari spesi
dal comune in questo progetto rappresentano una cifra enorme per unamministrazione
locale, soprattutto in un paese povero come lEcuador.
Passeggiando per i vialetti di Malecon, due sono i pensieri che ronzano
continuamente nel cervello.
Il primo è rivolto alla bellezza dellopera ed alla perfezione
nella sua realizzazione. Raramente in un paese in via di sviluppo capita
di ammirare qualcosa di così grande senza che si riesca a trovare
almeno un difetto, se non altro a livello stilistico; il nostro gusto
raffinato di europei tende a trovare un po kitsch molte espressioni
dellarchitettura e dellarte di questi paesi. Il prendere generalmente
gli States a modello da parte della classe dirigente del paese
non poteva che aumentare il rischio. Perfettamente scongiurato.
Il secondo pensiero torna più pragmaticamente alla cifra spesa,
e si concretizza in poche semplici domande. Serve veramente tutto questo?
Era il modo migliore di spendere questi soldi?
Trovare argomenti contro la realizzazione di unopera tanto dispendiosa
in un paese come lEcuador è fin troppo ovvio, di fronte ad
una povertà diffusa nella popolazione: perché non investire
nel sociale, nellistruzione o nella sanità per esempio? A
questo proposito è anche utile ricordare che listruzione,
in particolare quella superiore ed universitaria, è a pagamento
in Ecuador. Chi è povero difficilmente può accedervi, e
quindi è probabilmente destinato a mantenere la sua condizione.
Anche il sistema di sanità pubblica non copre la maggior parte
delle necessità della popolazione; potersi curare per problemi
che vanno al di là dei più banali malanni è un lusso
che molti non si possono permettere.
Ovviamente spesso questi sono anche gli stessi che ne avrebbero più
bisogno: per loro cè lo sciamano! Sono i populisti,
come il vicino Chavez, che ragionano così, che cercano semplicemente
di accaparrarsi i voti delle classi più povere. Questo è
il tono di molte risposte a certe obiezioni.
Altrettanto facile è sentir dire che certe critiche dimenticano
una volta di più che sono proprio grandi opere come queste che
portano per tutti sviluppo e benessere, e poi è una cosa bella
fatta per tutti. Creare un luogo di aggregazione, di socializzazione e
di divertimento, ed anche di cultura - ci sono oltre ai cinema anche alcune
librerie ed uno spazio espositivo - fa indubbiamente parte del ruolo di
una amministrazione comunale.
Non si può poi negare che lopera ha sicuramente creato molti
nuovi posti di lavoro, un centro commerciale, alcune zone per la ristorazione,
vari bar, un paio di cinema, persino un galeone dei pirati che porta avanti
e indietro i turisti per il lungo fiume. Non è facile quantificare
loccupazione creata, ma si tratta sicuramente di qualche centinaio
di persone.
Lenorme servizio di pulizia, che si estende anche ad alcune zone
del centro, dà limpressione che ogni addetto non debba occuparsi
di più di dieci mattonelle tanto è capillare e numeroso.
Credo che in tutto lEcuador sia impossibile trovare spazi urbani
tanto puliti e ben tenuti come nella T costituita dal Malecon
lungo il fiume e dallAvenida 9 de Octubre, che si allunga perpendicolarmente
verso linterno fino a sconfinare in zone meno frequentabili della
città.
Il servizio di sicurezza è assolutamente imponente, ed onnipresente.
Si può passeggiare per il lungo fiume con inusitata tranquillità
rispetto a qualsiasi grande città ecuadoriana; tranquillo scorre
al lato anche il fiume Guayas nonostante le acque cariche di sedimenti
non gli diano un aspetto molto rassicurante, e tranquilla sembra la gente
che si gode questa grande opera costruita per i cittadini, questo enorme
regalo che un Sindaco illuminato ha voluto confezionare per il popolo
della sua città. La serie di aiuole e piccoli parchi, in cui si
riproduce su piccola scala la stupefacente biodiversità del paese,
i laghetti con pesci e tartarughe, le lunghissime file di giochi per bambini
inframezzate da punti di ristoro e bar: in effetti ci sono tutti i presupposti
perché la gente possa veramente godere di questo bellissimo luogo.
Dopo un po che si passeggia, incrociando tanta gente soddisfatta
e orgogliosa delle propria città si è quasi disposti a dare
credito alla bontà del progetto. E poi parlando con la gente tanti
dicono: Guayaquil è cambiata, il sindaco di adesso è uno
in gamba, adesso è veramente più bella e più sicura.
Ma cè sempre qualcosa che non convince fino in fondo.
Facendo più attenzione si nota che, tra tutta la gente che si sta
godendo il Malecon, pochissimi sono gli indios e i neri, che però
nel paese costituiscono, sommati tra loro, il 45% della popolazione. Difficile
darsi una spiegazione: i neri e gli indios appartengono in massima parte
agli strati sociali più bassi, e non hanno certo soldi da spendere
per i divertimenti. Molti bar e ristoranti, hanno effettivamente prezzi
esorbitanti per gli standard ecuadoriani, né ci si aspetterebbe
di vederli sul galeone, ma il parco è ad ingresso libero, perché
non approfittarne? La logica vorrebbe che proprio i più poveri
fossero i primi a sfuggire alla bruttura dei loro quartieri, affollando
le rive del fiume.
Lenigma è presto risolto, un piccolo cartello rivela una
grande ingiustizia. Molto sobriamente, ricorda che: La direzione
dellente Malecon 2000 si riserva di selezionare le persone in ingresso:
il gioco è fatto! Il bene di tutti, non è poi così
di tutti. Il suo godimento è perlomeno discrezionale, se non proprio
inaccessibile per molti, forse per i più.
Ma questo ancora non è tutto. Percorrendo verso nord il Malecon,
fino ad uscirne, si arriva ad ammirare unaltro riuscito intervento
di riabilitazione urbana, quello del quartiere storico di Las Penas. Il
quartiere è abbarbicato su due colline, ed è la parte più
antica di Guayaquil. Luogo storico, con un certo potenziale turistico.
Purtroppo pare che fino a tempi recenti fosse piuttosto improbabile entrarci
senza uscirne alleggerito dei propri averi. Quello che può essere
considerato lingresso principale del quartiere è una lunga
scalinata, sui cui lati si allineano casette di due tre piani, stile coloniale,
colori pastello. Incantevole.
Facendo qualche passo indietro ci si accorge però di un fatto abbastanza
sorprendente: il restauro ha riguardato solo una metà circa della
prima collina, tutto il resto del quartiere versa nelle stesse pietose
condizioni di prima, tetti di lamiera che coprono vecchie mura decrepite
e cadenti, di cui ormai solo con difficoltà si riesce ad indovinare
che avevano lo stesso stile delle altre. Le strade non sono asfaltate,
le fogne inesistenti, la spazzatura ovunque.
Le due zone sono confinanti.
Cominciando a salire la scalinata, gli addetti alla sicurezza ti ricordano
che si deve obbligatoriamente tenere la destra; cerco tra i miei ricordi
qualcosa di simile in Europa ma non ci riesco. Sulle facciate delle casette
perfettamente restaurate, accanto alla porta una foto ricorda le condizioni
(pietose naturalmente) in cui versava labitazione prima dellintervento.
Certo, chi si è ritrovato la casa qua in mezzo, adesso sta facendo
buoni affari. Chi invece se lè trovata giusto accanto naviga
nella stessa miseria di prima. Purtroppo i secondi sono la maggioranza,
ed è difficile immaginare che il modello venga esteso a tutto il
quartiere e poi a tutta la città.
Comunque qui solo facce contente. Si allineano tanti piccoli ristoranti,
negozi di souvenir, venditori di bibite e generi alimentari in un dedalo
di stradine, piazzette e strette scalinate che si snoda tra deliziose
casette colorate. La poesia è però bruscamente interrotta;
basta guardare un po meglio e si nota che il confine tra la Disneyland
e la bidonville non è solo marcato dal colore
delle case, ma da portali ad arco con tanto di cancellata in metallo prudentemente
socchiusa, non si sa mai chi potrebbe entrare! E se poi qualcuno dallaltra
parte del muro avesse strane idee, in corrispondenza di ogni portale cè
unagente, non accanto però, così il messaggio sarebbe
troppo evidente, basta dare unocchiata da una certa distanza, senza
che tutto sembri troppo una gabbia, sarebbe poco attraente. I poveri e
i disperati ci sono ancora, ma non cè pericolo che nuocciano,
sono tenuti a debita distanza, e anzi non si vedono neanche, quindi no,
non ci sono più.
Se rimanevano ancora dubbi sui beneficiari del nuovo corso della città,
adesso sono definitivamente fugati. La verità è che i destinatari
non sono tutti gli abitanti di Guayaquil, e tutto sommato neanche i turisti,
ma semplicemente la borghesia della città. Non è neanche
per i veri ricchi, quelli se ne stanno nelle loro megaville, con guardie
armate fino ai denti a proteggerli. E decidono quello che deve succedere.
Perché questo è il loro cadeau per fare
contento il ceto medio. Gettare un po di fumo negli occhi, creando
questo grande cambiamento che alla fine non cambia proprio niente. Solo
un po di cera perché tutto brilli, e la polvere sotto il
tappeto.
Ma lentusiasmo e lorgoglio per una città più
bella può indirizzare i voti nella giusta direzione. Garantirsi
che la nuova Guayaquil sia come la vecchia. Tanta ricchezza in poche mani.
Tante mani vuote.
Con la sera che scende si attenua il caldo, e i turisti che già
nel pomeriggio percorrevano su e giù le scalinate di Las Penas
sono adesso accompagnati da una folla di Guayaquilenos. I ristorantini
sono tutti pieni. Ecuadoriani ben vestiti e con il cellulare li affollano.
Anche lungo il fiume la gente che passeggia è molto più
numerosa. Bar e ristoranti pieni, un karaoke che canta La
cucaracha. A passeggio famiglie intere, dai nonni fino ai nipotini.
Coppie di fidanzatini in cerca di un angolo un po più nascosto.
Bambini che corrono.
Corrono verso il futuro, verso la modernità, verso un Ecuador nuovo
e migliore, un Ecuador che qui un po esiste già. Ma non è
per tutti.
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settembre - dicembre 2004 |