Il lavoratore tutto “casa e bottega”
di Silvio Boccardi

Il telelavoro è qualsiasi attività svolta a distanza dalla sede dell’ufficio o dell’azienda per cui si lavora, quindi anche senza ricorrere a strumenti telematici.

Domenico De Masi (sociologo)


Da tempo è aperta la discussione su forme organizzative del lavoro più flessibili o precarie, a seconda dei punti di vista. In questo ambito assume un ruolo rilevante la categoria del telelavoro, modalità lavorativa resa possibile dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e di telecomunicazione. Voglio fornire alcuni spunti di riflessione su questa modalità di lavoro che, per motivi economici, ambientali e sociali, si diffonderà sicuramente negli anni a venire.
Analizzerò prima le caratteristiche tecniche ed il campo di applicabilità di questa modalità lavorativa e poi le implicazioni sociali del suo uso. La forma di lavoro in questione presenta vantaggi e svantaggi sia per l’azienda che per il lavoratore.
Vediamo innanzitutto quali attività possono utilizzare il telelavoro e quali no.
Non possono essere remotizzate, cioè eseguite con le modalità del telelavoro, tutte le attività che si svolgono per la produzione diretta di beni materiali nelle quali l’interazione del lavoratore con l’oggetto fisico della produzione è necessaria: operai nelle industrie, artigiani, archivisti. Non possono usufruirne neppure quei lavoratori impegnati in attività che comportano un contatto diretto con il cliente: chi lavora presso sportelli aperti al pubblico, gli operatori sanitari. Il caso dell’insegnamento presenta entrambe le condizioni: non è possibile remotizzare l’insegnante e lo studente nel caso in cui l’attività di insegnamento opera sui bambini avendo essi sempre bisogno della presenza fisica dell’insegnante, anche per esigenze psicologiche.
Possono essere remotizzate quelle attività “di concetto” che non comportano la produzione diretta di beni materiali. Riprendiamo il discorso dell’insegnamento che, in alcuni casi, ne offre la possibilità. Per esempio il consorzio Nettuno (www.nettuno.it) consente la remotizzazione dello studente che può assistere alle lezioni ed interagire con l’insegnante tramite Internet e la televisione (satellitare). Ad alcune lezioni è possibile assistere anche tramite nastri registrati consentendo così la possibilità di remotizzare anche l’attività del docente che, a scapito dell’interazione, può registrare da casa la lezione. I call-center sono nella maggior parte dei casi centralizzati presso le aziende che forniscono il servizio anche per conto terzi (dimostrando che, se è possibile remotizzare l’intero call-center, è possibile anche remotizzare il singolo lavoratore). Le attività professionali di progettazione, consulenza, e tutte quelle che comportano produzione di documenti, quindi beni concettuali non materiali, possono essere remotizzate. Le attività informatiche sono poi quelle remotizzabili per definizione; questa rivista ne è un esempio: la sede è a Molfetta, il webmaster è a Torino e il sito Internet è fisicamente ad Arezzo. Il telelavoro può, inoltre, essere suddiviso in almeno due categorie: quello cosiddetto a domicilio e quello mobile, svolto in luogo non determinato (dal treno, dall’albergo, dalla sede del cliente, ecc.) tipico dei rappresentanti commerciali. In pratica, tutte le attività in cui l’oggetto del lavoro è l’informazione, quindi le attività tipiche d’ufficio, possono essere remotizzate. Questo perché l’informazione non è un bene fisico, materiale, non occupa spazio e non è in un luogo determinato; l’informazione si scambia comunicandola, a voce, per iscritto, con un’immagine.
Vediamo ora cosa la tecnologia mette a disposizione per le attività di telelavoro. Il computer è lo strumento (quasi) indispensabile per l’attività remotizzata; una connessione ADSL, che non tiene occupata la linea, favorisce la comunicazione in rete ad alta velocità; un fax (il computer stesso equipaggiato di scanner può essere esso stesso un fax) consente lo scambio di documenti cartacei; la posta elettronica sostituisce quella ordinaria; il telefono cellulare rende reperibile il lavoratore quando richiesto dovunque esso sia e gli consente di collegare il computer portatile alla rete da qualsiasi luogo. I moderni centralini consentono di dirottare le telefonate su qualsiasi numero di telefono esterno all’azienda facendo sì che il cliente che telefonasse al numero aziendale del dipendente possa raggiungerlo a casa o sul cellulare senza neppure rendersene conto. Il rapporto sembra diventare impersonale in questo modo, si perde il contatto umano. Ebbene con una webcam è anche possibile vedere in viso l’interlocutore e ridurre quel senso di distacco che implica una conversazione telefonica o elettronica.

Il costo per l’azienda
Il costo dell’attrezzatura sufficiente per rendere un lavoratore un telelavoratore si aggira intorno ai 500 euro l’anno (1500 euro per un computer ammortizzati in tre anni); il costo dei servizi ADSL si aggira oggi intorno ai 30 euro al mese (360 euro circa l’anno) e tende a decrescere. Se si tiene conto che l’attrezzatura informatica per il lavoro d’ufficio deve comunque essere acquistata, i costi aggiuntivi risultano essere irrisori (senza tener conto dei risparmi in sede). L’azienda dovrà riconoscere al lavoratore una indennità per i costi che avrà in conseguenza dell’attività di telelavoro come ad esempio i consumi elettrici delle apparecchiature. A questo si aggiungeranno i costi iniziali di una trattativa sindacale per stabilire una equa indennità che copra almeno in parte questi costi trasferiti sul lavoratore.
Uno dei freni all’introduzione del telelavoro riguarda la sensazione di scarsa riservatezza delle comunicazioni tra dipendenti dell’azienda. Si teme, infatti, che informazioni importanti possano essere intercettate su internet a vantaggio della concorrenza. A seconda del livello di riservatezza che si desidera ottenere, i costi per assicurarsela variano. Se il mezzo di comunicazione tra i dipendenti e l’azienda è la sola posta elettronica, gli strumenti di crittografia e di firma sono gratuitamente reperibili su Internet e l’accesso ai siti web aziendali può essere protetto con il protocollo SSL (quello in cui il nome del sito comincia per https://). Un livello di sicurezza più sofisticato si può ottenere con l’utilizzo di apparecchiature o software che crittografano tutto il colloquio Internet tra il computer del dipendente e quelli aziendali, creando quella che si suole chiamare una Virtual Private Network (rete privata virtuale): i costi per i software commerciali variano a seconda dei produttori ma si aggirano intorno alla decina di migliaia di euro. Vi sono, per macchine con sistema operativo Linux, anche software gratuiti come FreeS/WAN (http://www.freeswan.org/) e tinc (http://www.tinc-vpn.org/). Con questi accorgimenti la sola cosa che è nota ad una spia in Internet sono gli indirizzi IP delle macchine che si stanno parlando; non è assolutamente possibile sapere cosa si stanno dicendo né quali programmi stanno utilizzzando.

Il risparmio per l’azienda
L’azienda potrà risparmiare sui costi di gestione degli uffici riducendo le dimensioni degli uffici, con conseguente riduzione di affitto, consumi elettrici, pulizie. Come già suggerito, una parte di questi costi, ad esempio i consumi elettrici, sono sostenuti dal lavoratore e saranno oggetto di trattativa sindacale. L’azienda beneficerà di un’organizzazione più razionale con la riduzione di alcuni ruoli intermedi il cui compito è esclusivamente di controllo: la riorganizzazione si tradurrà in un aumento di produttività. Se l’azienda ha una rilevante attività commerciale, potrà avere una diffusa rete di rappresentanti nelle vicinanze dei clienti riducendo i costi per i rimborsi spese e per l’allestimento di uffici periferici.

Il costo per il lavoratore
Come già suggerito in precedenza ci sono alcuni costi di consumi elettrici che si trasferiscono sul lavoratore. Ma, il telelavoratore “casalingo”, dovrà adibire una stanza della propria casa o parte di essa ad “ufficio” e garantire che essa sia conforme alle norme antinfortunistiche delle quali resta responsabile il datore di lavoro. La legge 626/94 stabilisce le regole antinfortunistiche per l’arredamento degli uffici in termini di tipologia e di materiali utilizzati. Per esempio le sedie negli uffici devono essere costruite con materiali ignifughi e con una base composta da cinque appoggi, un tipo di sedia che molto difficilmente si può trovare in casa. La “zona” attribuita al lavoro dovrà rispettare tutte le regole previste dalla legge 626/94?

Il risparmio per il telelavoratore
Il primo e principale risparmio per il telelavoratore deriva dalla sensibile riduzione dei costi dei trasporti e del tempo impiegato per raggiungere l’ufficio. I costi dei trasporti da casa ad ufficio sono tutti caricati sul lavoratore che si trova, in alcuni casi, a dover prendere difficili decisioni. Infatti, una delle misure che le aziende usano per la riduzione del personale è l’accentramento ed i traslochi di sede: in seguito di fusioni societarie o riorganizzazioni viene imposto ai lavoratori un trasferimento di sede di oltre cento chilometri; questo comporta l’impossibilità per molti di essi di sopportare i maggiori costi e li induce alle dimissioni. Questi effetti vengono annullati con il telelavoro perché la distanza non ha più alcuna influenza sull’attività lavorativa.
Per le famiglie con figli si ha una riduzione dei costi di “baby-sitter” (non ci si illuda di annullarli) e maggiori possibilità di cura della famiglia. Soprattutto tra le donne è incrementata la richiesta di part-time in conseguenza della necessità di trovarsi in casa per le faccende familiari; il telelavoro consentirebbe a gran parte di esse di mantenere il tempo-pieno conciliando cure parentali e lavoro senza decurtazione di stipendio.

Vantaggi e svantaggi per il lavoratore
Uno degli svantaggi è quello della riservatezza. Se l’ufficio “entra” in casa, anche solo tramite una connessione telematica, il rischio è quello di essere controllati a distanza (rischio presente anche per l’attività in ufficio) anche nelle attività extralavorative; se il lavoro comporta anche l’uso di una webcam c’è anche il rischio di venire spiati visivamente. Il lavoratore è però tutelato dall’art. 4 della legge 300/70 (Statuto dei lavoratori) che vieta il controllo a distanza; nella pratica sarà cura del lavoratore, ad esempio, spegnere la webcam durante le pause e quindi vigilare sul fatto che tali controlli non vengano effettuati. Per uno non esperto di informatica non è facile capire quali tra i programmi installati siano veramente necessari all’attività lavorativa e quali invece funzionali al controllo a distanza.
Sarà compito del sindacato quello di concordare con l’azienda la configurazione hardware e software della postazione informatica per le reali necessità lavorative ed informare i lavoratori su come verificarne la conformità agli accordi.
A proposito di sindacato, c’è il rischio che questo perda il contatto con i lavoratori a svantaggio delle tutele: anche il sindacato dovrà modernizzarsi ed essere più attivo nei confronti dei lavoratori. La bacheca sindacale dell’azienda dovrà essere sostituita da una pagina web facilmente accessibile e da una newslwetter periodica; bisognerà che il sindacato studi adeguate forme alternative per le assemblee soprattutto per quelle aziende in cui i lavoratori sono distribuiti geograficamente in modo rado. Anche il sindacato dovrà rinnovarsi!
Tra i vantaggi ci sono una migliore gestione del rapporto famiglia-lavoro: i tempi morti dell’attività di ufficio possono, con il telelavoro, essere più facilmente utilizzati a vantaggio del lavoratore. In alcuni casi gli orari di lavoro potrebbero adattarsi alle esigenze del lavoratore al contrario di quello che avviene oggi. I disabili potrebbero avere maggiori occasioni di lavoro in conseguenza del fatto che l’azienda dovrebbe preoccuparsi meno dell’adeguamento degli ambienti di lavoro; rendendo indistinguibile il lavoratore disabile da quello normodotato si annullerebbero le resistenze psicologiche che inducono l’azienda a limitare al minimo di legge l’assunzione di disabili.
Il telelavoro però comporta anche la possibilità per le aziende di cercare il lavoratore dove costa meno. Se questo può portare lavoro dove non c’è, al sud, può anche portare a una competizione al ribasso degli stipendi.
Si è soliti pensare che il telelavoro abbia conseguenze negative sui rapporti sociali, riducendoli o annullandoli. C’è però da considerare che insieme alla riduzione dei rapporti tra colleghi si verifica un aumento dei rapporti sociali familiari e di vicinato; quindi il bilancio tende a pareggiare con il vantaggio di rompere la struttura monoculturale dei rapporti tra colleghi.

Benefici per la comunità
Oltre le implicazioni già descritte ve ne sono altre che influenzano la società intera. Queste riguardano principalmente traffico ed inquinamento. Chiunque lavori in città come Milano, Roma e Torino sa cosa significhi dover imboccare quotidianamente le tangenziali. La velocità media nelle ore di punta non supera i trenta chilometri orari; per chi abita fuori città i tempi medi per raggiungere il posto di lavoro sono di circa un’ora, altrettanto per tornare a casa. I mezzi pubblici, anche nelle città più efficienti, sono insufficienti nelle ore di punta ed i parcheggi, per chi si sposta con mezzi propri, sono praticamente introvabili (anche quelli a pagamento). Un uso diffuso della modalità del telelavoro ridurrebbe molto il traffico cittadino, con benefici per la qualità dell’aria e per la lotta all’inquinamento acustico in città. Inoltre favorirebbe una migliore gestione dei servizi di trasporto pubblico dovendo soddisfare una richiesta maggiormente costante nel tempo ed esente dai picchi delle “ore di punta”.
Le grandi città sono progettate secondo schemi funzionali; ci sono quartieri “dormitorio”, quartieri per gli uffici e quartieri per le compere. Così la gente si sposta durante l’arco della giornata da un quartiere ad un altro a seconda di ciò che deve fare. I quartieri residenziali si spopolano di giorno e si ripopolano di notte; ma si ripopolano all’interno dei singoli appartamenti. Spesso i quartieri residenziali si trovano alla periferia delle città ed assumono un aspetto squallido e desolato, privo di negozi e di servizi con strade buie e deserte. Un maggiore uso del telelavoro riduce questi effetti, provoca una più costante frequentazione del quartiere con stimolo all’apertura di nuovi negozi e locali. Con una maggiore vivacità del quartiere, questo diventa più vivibile e sicuro.
Allo stesso modo sarebbe ridotto lo spopolamento dei paesi più isolati, come le comunità montane, dando maggiore vita a quelle località che hanno importanza storica e artistica ma che oggi sono disagevoli per chi deve recarsi al lavoro nelle grandi città. Sarebbe inoltre possibile dare lavoro al meridione senza costringere il lavoratore ad emigrare nelle grandi città del nord con enormi benefici per il riequilibrio delle tensioni sociali dovute alla disoccupazione e del rapporto domanda-offerta.

Svantaggi per la comunità
Ovviamente è possibile che si inducano anche problemi collaterali. La riduzione dei movimenti di persone potrà avere ripercussioni sull’occupazione in determinati settori come, ad esempio, nel settore dei carburanti e del trasporto pubblico che dovranno essere compensati da un incremento di occupazione in altri settori, come i telefoni e le comunicazioni. Per far ciò si renderà necessario un deciso intervento del Governo che accompagni ed incoraggi il graduale cambiamento delle abitudini nazionali.

Effetti psicologici
Come già accennato, il telelavoro ha l’effetto di modificare i rapporti sociali riducendo la prevalenza di quelli tra colleghi a vantaggio di quelli familiari e di vicinato. I rapporti familiari oggi sono dominati dagli orari di lavoro: si va al lavoro al mattino presto e si torna, stanchi, la sera; giusto il tempo di preparare la cena e poi ci si prepara per andare a letto. Anche i vicini di casa sono spesso degli sconosciuti. La maggiore permanenza in casa favorisce i rapporti sociali tra le varie categorie di cittadini. Quindi abbiamo una maggiore partecipazione dei genitori alla vita e all’istruzione dei figli, con innegabili vantaggi psicologici e formativi, ed un maggiore scambio culturale tra le varie categorie di cittadini.
Una delle resistenze psicologiche tipiche dell’introduzione del telelavoro è prerogativa dei capi in azienda. Il ruolo dei capi è sempre stato (male) interpretato come quello di “guardiano” del lavoratore e non come quello di organizzatore del lavoro. È tipico sentirsi dire che con il telelavoro non è possibile sapere se il lavoratore stia lavorando o facendo altro: il capo si sente nel suo ruolo solo se può avere il “dominio” fisico del tempo e dello spazio del lavoratore che deve essere al suo posto anche se non c’è nulla da fare. Spesso il capo si sente tale se può chiamare il dipendente nel suo ufficio per porgli delle (anche futili e non pertinenti) domande, mettendo tra lui ed il lavoratore la barriera della scrivania (in tutti i manuali di psicologia è descritto questo modo di agire come quello di chi vuole rimarcare la gerarchia). Il telelavoro toglie al capo la possibilità di far valere il suo ruolo su basi strettamente gerarchiche trasferendolo sullo scivoloso campo delle competenze, che possono portarlo a misurarsi con il lavoratore gerarchicamente sottoposto.
Per tutte queste questioni il telelavoro non può essere decisione esclusiva dell’azienda ma, dove possibile, deve essere concordata con i lavoratori.

Concludiamo con un sondaggio pubblicato nel luglio 2003 dalla sede europea di AT&T e condotto presso i propri clienti (ad ogni intervistato è stato chiesto di fornire fino a tre indicazioni).
Alla domanda di quali siano i benefici principali dell’introduzione del telelavoro per l’azienda, il 69% ha indicato i risparmi nella gestione fisica degli uffici; il 64% l’incremento di produttività; il 49% il miglioramento del morale dei dipendenti; il 31% indica la maggiore continuità del lavoro in caso di problemi all’infrastruttura informatica aziendale; infine il 29% indica la maggiore attrattiva per i nuovi dipendenti.
Alla domanda di quali siano gli ostacoli all’introduzione del telelavoro il 56% ha indicato la difficoltà di controllare il lavoratori remoti; il 49% ha indicato problemi di sicurezza informatica; il 41% la struttura aziendale orientata al contatto diretto con il cliente; il 37% i costi connessi ad assicurare una connessione sufficientemente veloce ai servizi informatici aziendali; il 35% le resistenze da parte del management più anziano; infine il 34% una minaccia alla “cultura” aziendale (il dipendente si sentirebbe meno coinvolto).
È stato chiesto anche quali siano le funzioni aziendali alle quali meglio si può applicare la forma del telelavoro. Il risultato è stato che il 75% ha indicato la forza di vendita; il 52% ha individuato il reparto di ricerca; il 42% ha indicato il marketing; il 34% ha indicato l’infrastruttura informatica; i manager di livello superiore sono stati indicati per il 23%; infine gli addetti al settore finanza sono stati indicati nel 21% dei casi.

maggio - agosto 2004