Apparati di cattura. Il Guercio, il Monco e i Barakuda
di Marino Centrone

“È dunque un strano ritmo quello che anima l’apparato di Stato ed è anzitutto un grande mistero, quello degli dei che legano o degli imperatori maghi, Guerci che emettono da un occhio unico i segni che catturano, che legano a distanza. I re giuristi sono piuttosto dei Monchi, che alzano l’unica mano come elemento del diritto e della tecnica, della legge e dell’utensile. Nella successione degli uomini di stato cercate sempre il Guercio e il Monco.”(1)

Hanno detto che se divenisse animale potrebbe somigliare a un cane, un bracco per l’esattezza. Accanto a sé porta sempre una cagnolina seducente Condoleeza, la cagnolina più seducente e potente d’America. Lilli e il vagabondo. È andato a mangiare il tacchino nel giorno del tanksgiving con le truppe di occupazione a Bagdad. Avrebbe voluto imitarlo per il giorno di San Silvestro, il Monco, con le truppe italiane, ma non si è fatto vivo ed ha mandato lo schifato, Schifani. Il Guercio continua a portare avanti la sua crociata contro l’Islam e il terrorismo internazionale; ritiene che i giacimenti petroliferi in Iraq e in Kuwait siano una riserva esclusiva degli Stati Uniti e guarda con diffidenza alla politica estera di Francia e Germania. Il problema delle condizioni di vita del popolo iracheno da circa un anno gli sembra marginale e gli attacchi dei kamikaze la reazione dei folli. Vuole ridurre la nazione irachena in condizioni di assoluta obbedienza, prima o poi anche gli altri stati limitrofi verranno addomesticati. Del resto i suoi antenati hanno massacrato gli indiani d’America perché i coloni non sopportavano di vedere i loro campi devastati dai bisonti. La civiltà dell’uomo bianco. Recentemente ha dichiarato che bisogna restituire l’Iraq agli iracheni, ma deve fare i conti con gli interessi dell’industria bellica statunitense e con quelli del Pentagono. Se almeno si aprisse la possibilità di colonizzare Marte e la Luna, una certa quantità di risorse verrebbe dirottata in quella direzione. Marx aveva individuato nel modello asiatico il tipo di regime impostosi agli inizi della civiltà occidentale; in questo tipo di stato svolge un ruolo essenziale il Guercio.

“Marx storico, Childe archeologo si accordano su questo punto: lo Stato imperiale arcaico che viene a surcodificare delle comunità agricole, presuppone almeno un certo sviluppo delle loro forze produttive, perché occorre un sovrappiù potenziale capace di costituire lo stock di Stato, di sostentare un artigianato specializzato (metallurgia) e di far sorgere delle funzioni pubbliche.” (2)

Certamente gli Stati Uniti oggi non sono in nessun modo paragonabili ad uno stato arcaico, ma il ruolo del Guercio, del garante dell’ordine e della pax mondiale è sempre lo stesso. Dall’altra parte dell’Atlantico, fido alleato dell’amico americano, si muove destreggiandosi con disinvoltura fra leghisti ed ex-fascisti, il Monco. Gli hanno messo dei trampoli nelle scarpe durante il semestre di presidenza europea e quando appare in video si copre con una calzamaglia e con il cerone, alla fine di Dicembre si è sottoposto ad un restauro. Quel bel sorriso tagliente sempre in mostra, peccato quella calvizie precoce forse provocata dall’indossare continuamente l’elmo di Scipio. Anche lui ha inviato truppe italiane in Iraq per aiuti umanitari di assistenza alla popolazione irachena, ma i terroristi non l’hanno capito e hanno scagliato contro la caserma italiana camions pieni di tritolo provocando la morte di diciannove ragazzi e padri di famiglia. Sul piano della politica interna continua a mantenere in piedi un gigantesco piano di opere pubbliche compreso il ponte sullo stretto di Messina.
In periferia ha mandato i suoi Barakuda, gli squali esperti in Computer Science ed Epistemologia meglio se informatica, addestrati a ridefinire i processi formativi. Di solito trascorrono tutta la giornata a tessere trame ed ottenere soldi dalla Comunità europea. L’azione del Guercio e del Monco avviene in contesti relazionali che possono assumere le forme delle società primitive e dello stato. Nelle prime oltre ad elementi governamentali essenziali per la dinamica interna e lo sviluppo prevale un tipo di relazione orizzontale che favorisce l’innestarsi di un processo di deterritorializzazione, negli stati prevale invece l’assetto verticale, l’organizzazione dall’alto delle comunità in esso contenute.

“Definiamo le formazioni sociali con processi macchinici e non con modi di produzione. Così le società primitive sono definite da meccanismi di scongiuramento-anticipazione; le società a Stato sono definite da apparati di cattura… Gli stati non operano cattura senza che il catturato, non resiste nella società primitiva o non fugga sotto nuove forme, città, macchine da guerra.”(3)

Con la nascita del capitalismo si delinea la progressiva imposizione di una assiomatica relazionale fra le varie organizzazioni sociali che si manifesta nel mercato. Il mercato capitalistico si muove in un luogo sovranazionale che trova oggi nell’impero la sua più cospicua manifestazione. Ai margini del mercato si muovono realtà relazionali, società primitive, stati in via di sviluppo che pur partecipando al mercato con le forniture di materie prime (petrolio, minerali, generi alimentari) non ne costituiscono la struttura connettiva.

“Quando diviene assiomatica capitalistica, l’organizzazione internazionale continua ad implicare l’eterogeneità delle formazioni sociali, suscitando ed organizzando il suo «terzo mondo».”(4)

Fra le forme di cattura bisogna inserire la rendita, il profitto, le imposte. Sono tre forme che delineano la condizione post-moderna relegando i soggetti nomadi nella condizione di variabili controllate. La maggiore rendita oggi è quella finanziaria, la dislocazione dei titoli sui mercati internazionali per ottenere il massimo rendimento possibile Il profitto ottenuto dal pluslavoro e dal plusvalore delle merci ha costituito l’elemento dinamico della società occidentale dal Rinascimento fino ai giorni nostri. Le imposte diventano invece un aspetto costante degli stati moderni in seguito alle politiche keynesiane e all’avvio gigantesco delle opere e dei servizi pubblici (scuole, ospedali, opere di urbanizzazione, etc.). Per i soggetti nomadi, quelli che non detengono denaro, non hanno la possibilità di offrire lavoro, quelli che pagano le tasse sono meccanismi inesorabili di cattura, meccanismi che ti costringono a stare nella stessa condizione per anni e anni, meccanismi che ti distruggono. È quando penso a queste cose che vengo di prepotenza rinviato al passato. Mi tornano in mente le immagini e i sapori antichi, quando a sei anni mangiavo con gli operai giù nel frantoio i fagioli bianchi pestati con il pane e l’olio crudo durante la pausa pranzo per la molitura delle olive. Si mangiava con i cucchiai di legno e il cibo era più buono. Oppure alle ultime sere d’estate, quando le ragazze abbronzate giravano in villa aspettando che iniziasse il nuovo anno scolastico ed eri solo felice all’idea dell’incontro, alla possibilità del primo sciopero. E penso ai Beatles, alle prime minigonne, al bel mondo che si apriva davanti a noi, quelli del ’68, alla meglio gioventù che dovevamo vivere. Non pensavo allora che nel mondo esistesse il Guercio e il Monco, e nemmeno i Barakuda, meglio qualcosa di simile l’avevo notato in qualche fesso di professore, ma non è che poi fosse tanto grave se ti rimandava a Ottobre in Latino, tanto c’era ancora una vita davanti. Un mondo da trasformare e non pensavo che una pesante cappa di piombo avrebbe condizionato i nostri progetti e trasformato in universo carcerario la nostra vita quotidiana.


1 G. Deleuze – F. Guattari, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, Roma, 2003, vol. II, p. 621
2 Op. cit., vol. II, p. 627
3 Op. cit., vol. II, p. 636
4 Op. cit., vol. II, p. 638

maggio - agosto 2004