Dopo il 1° Forum Alternativo Mondiale dell’Acqua, che si è tenuto a Firenze nel marzo scorso, ho avuto modo di discutere con gli amici italiani, francesi, del Quebec, spagnoli e svizzeri, alcune delle principali idee emerse in quella sede.
In qualità di segretario generale del Comitato internazionale per il Contratto Mondiale dell’Acqua, sono oggi impegnato a mettere in ordine quelle idee e sollecitare un dibattito approfondito volto a definire un orientamento strategico ed un’azione comune del Movimento per un’altra politica dell’acqua.
A conclusione dei lavori del Forum di Firenze, il nostro movimento ha acquisito la piena convinzione che il nostro valore aggiunto risiede nell’originalità dell’approccio centrato sull’acqua in quanto elemento rivelatore delle grandi sfide attuali che caratterizzano la lotta contro la globalizzazione del mondo secondo i principi dell’economia capitalista di mercato, contro la privatizzazione dei servizi pubblici e la mercificazione della vita, per il diritto alla vita per tutti gli esseri umani e per la ricostruzione della democrazia a livello locale e mondiale. È necessario, quindi, che identifichiamo i campi di azione, in cui si esplica la nostra militanza per un altro mondo, a partire dall’acqua.
Un campo prioritario di azione è quello in cui continua la lotta per ottenere il riconoscimento del diritto all’acqua per tutti, coinvolgendo Kofi Annan e le Nazioni Unite in una dichiarazione politica e solenne, in cui si riconosca l’accesso all’acqua come diritto umano, universale, indivisibile ed irrinunciabile. Anche a tal fine occorre lanciare una campagna per la dichiarazione di illegalità della povertà, di concerto con le organizzazioni che sono impegnate nella lotta per lo sradicamento della povertà – più correttamente, della miseria - nel mondo, in particolare nel Brasile e in India. A livello italiano è in fase avanzata la costruzione di una rete di parlamentari ed eletti locali per l’acqua.
Un secondo campo prioritario è quello in cui prosegue la lotta per il riconoscimento dell’acqua come bene comune mondiale, appartenente all’umanità ed alle altre specie viventi e, quindi, si intensifica l’impegno contro ogni forma di privatizzazione e di mercificazione dell’acqua a livello locale, regionale, nazionale, internazionale, mondiale. Qui occorre prestare attenzione e preoccupazione alle politiche locali, a quelle nazionali e dell’Unione Europea, ai condizionamenti del WTO-GATS, al principio di condizionalità della Banca Mondiale, alla creazione di fondi internazionali d’investimento privati su valori borsistici di imprese specializzate nel campo dell’acqua, fino ai tentativi di fissare norme e standards mondiali ad opera dell’ISO, che è un’organizzazione internazionale privata. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, l’azione prioritaria dovrà concentrarsi contro la trasformazione dei gestori pubblici dell’acqua in società per azioni, per l’adozione della Carta locale dei servizi d’acqua, per la formazione dei Consigli dei Cittadini a livello dei 91 Ambiti Territoriali Ottimali esistenti nel paese, creati dalla legge Galli n. 36 del 1994, e infine in favore della ripubblicizzazione delle acque minerali.
È indispensabile, allora, iniziare una campagna per l’elaborazione e la messa in opera dei principi e dei meccanismi del finanziamento pubblico dei costi necessari per garantire il diritto all’acqua e riconoscere l’acqua come bene comune. Le idee non mancano.
Intanto l’idea centrale è quella di creare un servizio pubblico europeo, africano, arabo, latino-americano, centro-asiatico, nord-americano su basi cooperative, fondato su reti di imprese pubbliche cooperative, locali, nazionali, continentali. Poi ci vorrebbe l’istituzione di un sistema mondiale di imposizione fiscale decentralizzato ai vari livelli territoriali. L’istituzione di una banca cooperativa mondiale potrebbe articolarsi attraverso forme varie di banche cooperative locali e corrispondenti servizi finanziari. La creazione di nuove casse di risparmio cooperative pubbliche, locali, nazionali, internazionali e la promozione di un nuovo partenariato pubblico-pubblico completano il quadro degli strumenti da creare.
Così si capisce l’urgenza di togliere ai dominanti il monopolio della conoscenza, della produzione teorica, della elaborazione di proposte efficaci. E i dominanti sono non solo le classi dirigenti nazionali, la Banca Mondiale, l’FMI, le imprese multinazionali private, ma anche molti universitari “politicamente corretti”.
A questo livello – che è anche quello della reinvenzione della democrazia ‘locale’ e della promozione della democrazia internazionale, contro l’attuale oligarchia mondiale dell’acqua – occorre internazionalizzare le azioni di sensibilizzazione e di educazione condotte nelle scuole primarie e secondarie, a partire dall’esperienza italiana, e costituire una capacità autonoma di analisi teorica e di ricerca. Il progetto dell’Università del Bene Comune, elaborato da universitari dei vari continenti del mondo e prossimo al passaggio dalla fase di laboratorio a quella della realizzazione in campo, si situa in questa prospettiva.
In una prima versione operativa, l’Università del Bene Comune comprende quattro facoltà: la facoltà dell’Acqua, quella dell’Immaginazione, quella dell’Alterità e quella della Mondialità. Per i primi cinque anni sarebbe destinata ad una popolazione di adulti, cioè diplomati universitari, quadri delle amministrazioni territoriali locali, rappresentanti del mondo associativo e della società civile, esponenti del mondo dell’economia pubblica e dell’economia sociale.
La facoltà dell’Acqua che è fra le quattro facoltà quella in più avanzata fase di concretizzazione, potrebbe essere operativa in Italia nell’autunno del 2004, con l’inizio di primi moduli brevi, della durata variabile da una a tre settimane. Il gruppo ordinatore della facoltà sta producendo, oltre ad un regolamento didattico ed un ordinamento degli studi, anche un documento di ricerca, chiamato l’Alfabeto dell’Acqua, che potrà rivelarsi utile per una campagna di coinvolgimento di competenze scientifiche e di promozione di attività di ricerca.
La facoltà dell’Acqua è destinata a ricomporre i temi che riguardano il diritto alla vita per tutti e una gestione sostenibile e solidale della vita sul Pianeta partendo dall’intero ciclo dell’acqua, (variazioni climatiche, desertificazione, uso dell’acqua per fini produttivi, inquinamento, devastazioni alluvionali, salute…).
Dopo le numerosissime iniziative - quasi sempre soltanto enunciative e formali, che hanno avuto luogo in questo “anno internazionale dell’acqua”, ad opera di diverse istituzioni pubbliche e instancabili associazioni culturali - i corsi di studio progettati all’interno della facoltà dell’Acqua possono diventare la coerente prosecuzione e verifica di tante buone intenzioni, affinché l’anno 2003 non sia stato soltanto un episodio insignificante e ormai passato ed anche perché ci si misuri al fine di incidere davvero sull’attuale assetto politico e gestionale in materia d’acqua nel mondo.
Lavorare per una diversa università diventa obiettivo primario per un movimento capace di trasformare la politica e di trovare un punto avanzato nell’equilibrio tra autorganizzazione e ordine istituzionale. Al capitalismo contemporaneo, che vive di brevetti, monopoli, multinazionali, privatizzazioni, e dunque di mercificazione della conoscenza, occorre infatti rispondere, anche sul piano dell’analisi teorica e della formazione delle competenze dentro l’università, con l’alternativa dei saperi collettivi, la ridefinizione della proprietà intellettuale, la libera circolazione della conoscenza. L’Università del Bene Comune, intende contribuire alla riappropriazione pubblica di conoscenze prodotte collettivamente da mettere al servizio del “vivere insieme” e del diritto alla vita (il massimo bene comune) per tutti gli esseri viventi presenti e futuri.