Abitare l'urgenza, progettare l'emergenza
di Giangiacomo D'Ardia

tratto da "Piano progetto città", n. 20/21, rivista dei dipartimenti di Architettura e Urbanistica della facoltà di Architettura di Pescara


eventi e mutamenti
Progettare I'urgenza per abitare in emergenza. E' un'idea che nasce ogni volta che l'inutilità di un ruolo, impigrendo, si scontra con una violenza, più o meno naturale, inattesa e sorprendente, traducendo in modalità convulse il senso di frustrazione e colpa derivante da salvifiche lontananze e da ingiustificate assenze di corrette strumentazioni.
L'idea si perfeziona cozzando contro la purtroppo prevedibile rozzezza ruffiana del bacio (sempre protetto, però) al lebbroso di turno, e per opporsi a soluzioni che vogliono essere strabilianti, promettendo convenevoli di solidarietà ufficiale, impolverata ad arte nell'ostentata partecipazione; e così nascono in un irresponsabile batter d'occhio, progetti di "piste ciclabili" tra "fìoriere festose" e "laghetti con cigni", destinati a chi ha ben altre urgenze e sacrosante rivendicazioni.
Sempre, la proposta corrente, tenta di razionalizzare l'ambito ambiguo tra soccorso e rifondazione, che si produce tra i momenti del prima e del dopo, intorno ad eventi di inattesa complessità.
Sempre a questo punto si sostituisce il problema reale con suggerimenti di immediata ed acquisibile felicità improntata a soluzioni di evidente cinismo commerciale; le icone dello sradicamento, le allusioni a radicamenti ed identità inesistenti, giocano su spostamenti programmatici che alla distanza si dimostreranno deleteri.

dove e come
dove e come, dovrebbero essere sostantivi primari che non possono sottostare a tempistiche di emergenza, ma essere occasione di predisposizioni istituzionali, allargando i problemi connessi alla organizzazione del soccorso, fino al recupero dei valori più stabili di una quotidianità stravolta dagli eventi.
dove e come, non solo per le eventualità della catastrofe geologica ma anche per assolvere ai doveri di accoglienza, legati alle improvvise emergenze delle nuove immigrazioni.

La definizione del dove corrisponde quasi sempre alla individuazione, negli strumenti di pianificazione e programmazione, di luoghi fortemente caratterizzati da marginalità indotte dalle preesistenze infrastrutturali o da un permanente disinteresse commerciale che li ha ridotti ad inutilizzati lacerti del territorio. Difficilmente si potrà stabilire continuità e contiguità con i centri urbani preesistenti non offesi dagli eventi, caratteristiche, queste, necessarie a predisporre i primi elementi per una futura integrazione.
Questa localizzazione, di per sé emarginante, sarà quasi sempre accentuata dalla costruzione di nuovi ostacoli alle possibili integrazioni, con la definizione del limite fisico: un recinto ghettizzante.
Se è vero che la definizione del margine costituisce quasi sempre la protezione del proprio territorio dalle possibili ingiurie, in questo caso avviene una sorta d'inversione dei soggetti: il recinto proteggerà noi del fuori dalla indesiderabile vicinanza di quelli del dentro, ribadendo lo stato di "soccorsi a patto che". La definizione del limite, quindi, come primo gesto dell'emarginare, tracciare il recinto: il tema dello stare fuori ma anche il tema della costrizione. Il recinto come ribadire lo stato di ante portas, passare da un ante portas all'altro, in una sorta di effetto di risonanza dello stato di emarginato. Giocare sullo smarrimento stabilendo recinti di sicurezza.

Chi stabilisce, poi, la possibilità/modalità di uscire per entrare nell'altra città?
La recinzione nella città dispersa, conferma il desiderio di classificazione permettendo di stabilire i gradi dell'emarginazione.
Il problema rimane sempre quello di progettare le modalità di un rapporto non previsto che costruisce interruzioni della quotidianità presunta tranquilla. Ed ecco avanzare il problema identificativo: identità della tradizione del mestiere, del costruire, il rapporto con le tradizioni locali, delle proprie culture residenziali. Siamo poi così sicuri che il tema dell'identità sia implicito nel processo di formulazione dell'idea tipologica o forse che non sia soltanto il risultato di una ripetizione di aggettivazioni in realtà indifferenti dall'essere attente all’identità? Quanto il tema della personalità rappresenti un dovere di attenzione del progettista? Non è forse più corretto arrivare ad una decisione di totale indifferenza al problema identità, per quanto concerne il progetto di architettura? Certo questo non dovrà comportare la rinuncia a combattere anche contro la "provvisorietà permanente", contro la mancanza di programmi urbani possibili, contro la conferma della sottrazione d'identità tra abitante e luogo; tenendo conto che a seguito di questi eventi corrisponde, come in una sezione o in uno spaccato su aspetti non noti, la massima densità di valori e di messaggi sulla cultura dell'abitare, stratificata nelle proprie storie.
La casa distrutta o abbandonata, per quanto umile o anonima, costituisce l'icona più ricca della personale idea di radicamento.
Identità del luogo o identità della storia dei luoghi. Il rapporto consequenziale del luogo sull'architettura. Oggi non siamo più interessati ai traslochi ideologici né alle ripetizioni del vincolo.

Ed ecco, come in una sequenza disordinata, sommarsi e confliggere tra loro problemi fondamentali per la individuazione del dove:
stabilire il rapporto primario tra luogo nuovo e città preesistente; razionalizzare la localizzazione di questo luogo in funzione dell'accessibilità d'urgenza.

Pensare alla nuova residenzialità corne ampliamento della città ospite, con i difficili problemi di integrazione, nei quali, forse il ruolo del progetto di architettura potrà avere un ruolo nella definizione di questa nuova condizione, della dignità urbana, e del superamento dell'idea ghetto, l’idea recinto. E a questo punto ci stiamo addentrando nel come, che comporterà, come prima cosa, il superamento di un'afasia propositiva derivata da un impigrimento affidato alla riutilizzazione di esperienze altrui, riferite a latitudini non esportabili se non con eccessi di superficialità formale.
Introdurre nuovi concetti come la forma della "città provvisoria" e le forme dell'architettura dell’urgenza, indagare il rapporto tra provvisorietà e permanenza nella eventualità che la provvisorietà diventi definitiva, diventando il paradosso strutturante per una superfetazione stanziale. Affidare alla sempre trascurata forma degli impianti primari e dei servizi il ruolo di matrice fondante del disegno urbano. Sono questi alcuni temi del come diretti alla predisposizione di un disegno urbano non più basato esclusivamente su aspetti quantitativi. Dovremo predisporre un basamento urbano ad alta disponibilità e flessibilità tecnologica. Sarà, quindi, predisposto il disegno della fondazione primaria, come traccia/programma: progettare il basamento come forma primigenia destinata a fissare le azioni del montare e dello smontare. Predisposizione dei gesti significanti per un Kit urbano. Prefigurazione delle parti fisse e parti mobili, delle parti serventi e parti servite. Progettare la traccia della nuova città, come una preesistenza programmatica, con la quale stabilire rapporti di posizione (vicino, sopra, dentro), di ruolo (appoggio, piazzola di sosta, garage), e, in attesa, utilizzabile come modellazione artificiale di un prato urbano con usi urbani anche essi provvisori (parco, concerti, mostre, fiere e mercati).

La tecnologia della casa provvisoria, basata sul principio non solo economico, del costruire semplicemente, predisporrà tracce fondamentali nella progettazione di un'area che dovrà essere sempre disponibile ad una destinazione ma che nell'attesa e nel dopo non dovrà rinunciare alle qualità formali di luogo appartenente a tutti gli effetti alla città ospite. L'eventualità dell'autocostruzione. L'uso di materiali impropri per una nuova riconoscibilità urbana. Il catalogo. I temi dell'aggregazione e del montaggio, la variazione funzionale, l'estensione della logica dell'urgenza alle strutture dei servizi primari e non.

Definizione e scelta dei materiali, delle loro caratteristiche legate alla provvisorietà, alla programmazione del viaggio delle parti e delle case dal magazzino al basamento urbano, costituiscono segni primari di una forma di pianificazione in continuo mutamento ed adattamento alle diverse, possibili, urgenze.

gennaio - aprile 2004