“Ogni giorno sulla terra circa centomila persone muoiono di fame o delle sue conseguenze immediate. 826 milioni di persone sono oggi cronicamente e gravemente sottoalimentati … La distruzione per fame di milioni di esseri umani ha luogo ogni giorno in una specie di normalità congelata su un pianeta traboccante di ricchezza. Allo stato attuale delle forze produttive agricole, la terra potrebbe nutrire normalmente dodici miliardi di esseri umani, fornendo ogni giorno ad ogni persona una razione di cibo equivalente a 2.700 calorie. Eppure, benché sulla terra vivano poco più di sei miliardi di persone, ogni anno 826 milioni soffrono di sottoalimentazione cronica e invalidante.” (1)
Quella considerata dal prof. Ziegler, ancorché scioccante, è solo una delle manifestazioni di inefficienza dei sistemi socio-economici odierni, praticamente tutti, direttamente o indirettamente, dominati dalle istituzioni capitalistiche. Vi sono altri sintomi, di livello forse quantitativamente inferiore, ma non meno significativi ed indicativi di incapacità, inadeguatezza ed inaffidabilità delle istituzioni medesime in rapporto ai problemi, ai bisogni ed alle emergenze che caratterizzano l'era odierna. Fra i tanti possibili esempi, particolarmente indigesti appaiono il “black out”, ossia il blocco della erogazione della energia elettrica, che ha colpito otto stati e circa 55 milioni di persone del nord ovest degli Stati Uniti ed in Canada, e la moria di migliaia di anziani, uccisi, in alcune delle zone più ricche e tecnologicamente avanzate d'Europa, da un micidiale cocktail di caldo, povertà e abbandono.
Altri episodi riguardano propriamente aspetti quali la democrazia, la sicurezza, la difesa nazionale, ma evidenziano comunque l'uso inefficiente ed antieconomico delle risorse e delle tecnologie disponibili. Gli attentati dell'11 settembre 2001, ad esempio, sono stati resi possibili, da un lato, dal mancato intervento degli aerei intercettori dell'aeronautica militare, protratto, incredibilmente, per ben 80 minuti, ossia per l'intera durata dell'attacco terroristico, e, d'altro lato, dalle carenze dei servizi segreti statunitensi, di gran lunga i più ricchi e potenti del mondo. Si sia trattato di errori o complicità, resta il fatto che da allora nessuna inchiesta è stata disposta per fare chiarezza sui motivi dell'inazione dell'aviazione e verificare se e da chi proprio quella mattina sia stato revocato l'ordine automatico e permanente di intercettazione degli aerei dirottati.
Un altro evento inammissibile ed inspiegabile, con risvolti questa volta anche esilaranti, è quello relativo alle elezioni presidenziali del 2000, che Gore Vidal, sulla base degli elementi informativi in suo possesso, considera un vero e proprio broglio, e che, comunque, hanno sicuramente declassato gli Stati Uniti al rango di repubblica delle banane, non foss'altro per la pretesa di voler a tutti i costi far credere al mondo intero che nell'arco di mesi la grande e potente democrazia statunitense, con la sua avanzatissima tecnologia, non sia stata in grado di contare i voti degli elettori della Florida.
Infine, sembra opportuno richiamare la vicenda tragica, ma che pure presenta aspetti grotteschi, della fabbricazione delle false prove del possesso di armi di sterminio di massa da parte del regime di Saddam Hussein, volte a giustificare l'intervento militare in Irak. È stupefacente come anche in questo caso il problema sembra essere costituito unicamente dall'eventualità che il presidente degli Stati Uniti, il primo ministro inglese ed i loro consiglieri abbiano mentito ai rispettivi parlamenti ed all'opinione pubblica. Evidentemente, invece, non si ritiene interessante, educato e rispettabile soffermarsi sui motivi, che hanno indotto a fabbricare la falsa verità ed il falso casus belli. Possono in qualche modo contribuire a spiegare le cose le rivelazioni di Bob Woodward, il famoso giornalista dell'inchiesta sullo scandalo Watergate, il quale ha provato che già il 17 settembre 2001 il presidente degli Stati Uniti faceva pressioni per un intervento militare in Irak.
Alla luce di eventi del tipo richiamato, sembra il caso di considerare seriamente la possibilità che le istituzioni capitalistiche non siano in realtà nulla di più, di diverso o di meglio che organismi di tipo predatorio, il cui ruolo edificatorio e produttivo, tanto celebrato anche da Marx ed Engels, sia stato frutto di una particolare contingenza storica, peraltro estremamente limitata nello spazio e nel tempo. Le vicende storiche dei circa due secoli e mezzo di durata del capitalismo moderno mostrano che esse hanno prosperato a spese dell'ambiente naturale e delle civiltà e dei popoli estranei all'Occidente e che, quando sono divenute insufficienti la conquista e l'aggressione all'ambiente, l'accumulazione è proseguita tramite l'espansione dei mezzi finanziari e tecnologici e, alternativamente o contemporaneamente, con la fabbricazione di armamenti e le guerre e, quindi, tramite successive distruzioni e ricostruzioni.
È verosimilmente una pia illusione la presunta radicale differenza, affermata dagli economisti classici e dalla teoria marxiana, tra i sistemi socio economici sorti dalla rivoluzione industriale e quelli mercantilisti che li hanno preceduti. Come i sovrani assoluti di un tempo, gli uomini d'affari dell'età odierna sono occupati a far soldi, servendosi degli stati che controllano, a spese dei popoli dominati, con metodi democratici, ogni volta che è possibile ed utile, altrimenti con la frode, l'inganno, la forza e l'aggressione.
Una volta il malloppo o bottino era costituito dall'oro o dall'argento o altri beni preziosi, che venivano depredati o accumulati con politiche commerciali volte a favorire le esportazioni e scoraggiare le importazioni. Oggi, per la verità, questo genere di politiche sopravvivono largamente, anche se si è costretti, per quanto possibile, ad occultarle o dissimularle. L'oro e l'argento, sono stati invece pressoché totalmente sostituiti dal debito pubblico.
In pratica, i governi, massimamente quello americano, aumentano a dismisura il debito a carico dei rispettivi popoli e girano i capitali in tal modo incassati alle forze armate e, soprattutto, alle imprese, per lo più multinazionali, fornitrici delle medesime, in genere grandi finanziatrici delle campagne elettorali. Queste stesse imprese sono anche proprietarie della maggior parte dei mezzi di comunicazioni di massa, impegnati a propagandare presso il pubblico il patriottismo e lo spirito di sacrificio ed a convincerlo a sottoscrivere i titoli del debito pubblico.
Un possibile punto debole di questo meccanismo è costituito dal fatto che, direttamente o indirettamente, ossia per il tramite di altri operatori e strumenti bancari e finanziari, i soldi necessari a depredare e distruggere devono provenire, su base volontaria, dagli stessi derubati, vittime predestinate, in termini fisici e/o finanziari, di quelle stesse attività predatorie e distruttive. Giusto per fare un esempio, il popolo americano fornisce nel modo descritto al mondo intero le armi, che prima o poi potranno essere utilizzate per esercitarsi al tiro al piccione, con i soldati americani nella parte del piccione, come per l'appunto sta accadendo attualmente in Irak.
Su scala planetaria, ritornando alla citazione riportata in esordio, dovrebbe essere evidente a chiunque come l'interesse degli uomini d'affari, specie di quelli che controllano le multinazionali, siano in palese conflitto con l'economia e con l'interesse economico delle nazioni di tutta la terra, i cui problemi di fame, miseria, malattie, inquinamento, mutazioni climatiche, desertificazione e così via sarebbero agevolmente eliminati con una aliquota anche modesta della ricchezza annualmente distrutta nella fabbricazione di armamenti e nelle guerre.
Si ribadisce ancora una volta quanto già altre volte sottolineato, ossia che l'umanità ha un mezzo, che potrebbe rivelarsi efficace, per reagire e tentare di liberarsi del potere politico-affaristico-militare che la soffoca e minaccia la sua sopravvivenza. Potrebbe, cioè, essere lanciata una campagna su scala planetaria di sabotaggio finanziario, volta a ridurre il più possibile il flusso di ricchezza al complesso politico, affaristico, militare e spionistico responsabile dell'escalation di guerre ed armamenti, del conseguente spreco distruttivo di risorse preziose e dell'uso folle, antieconomico e suicida della ricchezza delle nazioni.
Non si capisce perché i sociologi, politologi, economisti, ambientalisti, che fanno parte del grande movimento mondiale antiglobalizzazione, non si adoperino per convincere, organizzare ed assistere la gente comune in questa indispensabile attività di riappropriazione della propria ricchezza e della propria libertà di scelta.
Quand'anche il sabotaggio finanziario non avesse successo, comunque si avrebbe l'occasione di sperimentare, con l'assistenza di gente benintenzionata ed in buona fede, la gestione diretta delle proprie risorse per il benessere proprio e dell'umanità, perfettamente in linea, peraltro, con le regole dell'economia. Queste regole, per chi non se ne fosse ancora reso conto o se ne fosse dimenticato, tendono a realizzare e prescrivere l'uso razionale, oculato, previdente e parsimonioso delle risorse disponibili. Le spese superflue, l'incitamento e il prestito al consumo, la pubblicità, gli armamenti, le guerre, l'espansione del debito pubblico, viceversa, sono tutti fattori che incrementano affari e profitti, ma nuocciono all'economia delle famiglie e delle nazioni.
(1) Jean Ziegler, La privatizzazione del mondo, Marco Tropea Editore, pagg. 13-14.