Alcune riflessioni sulla "dottrina Bush"
Non avevamo dubbi che, con o senza diplomazia, Bagdad sarebbe caduta in mano degli americani, considerati gli straordinari interessi economici, politici e strategici che il controllo dell'Irak implica per gli Stati Uniti. Per una lunga fase gli U.S.A. hanno giocato con l'O.N.U. come il gatto col topo; alla fine, quando si sono resi conto che non avrebbero potuto dare più alcuna parvenza di "legalità" all'intervento militare programmato da tempo, hanno fatto più o meno da soli. L'Irak è stato devastato, migliaia di persone sono state ammazzate, molte di più sono state ferite; distrutti gli ospedali, minacciati di morte i giornalisti (alcuni purtroppo sono stati ammazzati), saccheggiati e distrutti musei e biblioteche. Sono state usate armi terribili, mai usate prima, così come appena qualche mese prima altre nuove armi erano state usate in Afghanistan. Il tutto su un paese che era stato sottoposto ad una lunga guerra con l'Iran, poi all'invasione "alleata" nel 1991, ed in seguito ad un lunghissimo embargo e a bombardamenti quasi quotidiani nelle cosiddette "no fly zone" da U.S.A. e Gran Bretagna. I dittatori sono stati cacciati ma la dittatura di occupazione straniera resta, e, con essa, lo sfruttamento, in nome del "libero commercio", delle risorse del paese.
Nel numero precedente di questa rivista ci siamo riservati di presentare, ai lettori, delle valutazioni su "La strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America-settembre 2002" , divenuta nota come "dottrina Bush" , un documento in cui è esposta in maniera organica la strategia della politica estera dell'attuale governo statunitense. Un documento che appare come un impressionante zibaldone di enunciazione di principi e di fondamentalismo militarista. La teoria della guerra preventiva e duratura è il risultato di un lungo processo politico-economico-militare di dominio su aree sempre più vaste del pianeta, iniziato nell'Ottocento (Dottrina Monroe) e perseguito dagli U.S.A. con lucida determinazione fino ai nostri giorni, giustificato dal pretesto della "sicurezza nazionale".
Dice il documento "La strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America-settembre 2002" (da questo momento S.S.N.): "Gli Stati Uniti d'America sono in guerra contro il terrorismo globale. Il nemico non è un singolo regime politico, o un'unica persona, o una particolare religione o ideologia. Il nemico è il terrorismo: la violenza premeditata, politicamente motivata e perpetrata ai danni di innocenti." (S.S.N. punto 3) Appunto! Ma la guerra cos'è? Non è violenza premeditata, politicamente motivata e perpetrata ai danni d'innocenti? L'amministrazione americana ci ha fornito la chiave d'interpretazione della sua concezione della politica: guerrorismo contro terrorismo. Se quest'ultimo è manifestazione aberrante e criminale della politica, cosa si deve dire dell'altro che, in risposta al terrorismo e quasi a giustificarsi si esprime nelle forme devastanti della guerra?
Nella "Introduzione" alla S.S.N. il presidente Bush ha con molta chiarezza affermato: "Oggi gli Stati Uniti godono di una posizione d'impareggiabile forza militare e di grandioso potere economico e politico" e il documento della sua amministrazione ribadisce: "E' il momento di riaffermare il ruolo della forza militare americana…La potenza senza precedenti delle forze armate statunitensi ha mantenuto la pace in alcune zone più strategicamente vitali del mondo…" (S.S.N. punto 9) A questo proposito è opportuno ricordare che il Congresso americano ha stanziato lo scorso anno 379 miliardi di dollari per la "difesa", cifra mai stanziata prima e che, da sola, corrisponde al 40% della spesa militare globale. In virtù sia di questa "impareggiabile forza militare" che di un "grandioso potere economico e politico" l'amministrazione americana ritiene di poter tracciare le linee strategiche di sviluppo politico-culturale-economico non degli U.S.A. soltanto, ma dell'intera umanità.
La superpotenza imperiale applica una tattica duttile nei rapporti con gli altri stati: da un lato mostra di comprendere le esigenze delle potenze minori fino a sollecitarne la collaborazione anche per evitare di umiliarle, con i rischi che ne conseguirebbero ( è il caso di Russia, Cina e India), dall'altro ritiene opportuno ribadire che, comunque vadano le cose (cioè: con o senza la collaborazione di altri paesi) gli U.S.A. faranno comunque quello che si sono prefissati, ovunque gli "interessi nazionali" lo richiederanno. E poiché le cosiddette "crisi regionali" possono creare problemi "e dare luogo a spaventosi insulti alla dignità umana" il governo U.S.A. delinea alcuni percorsi strategici: in particolare prende in considerazione il conflitto israelo-palestinese che da più di mezzo secolo non ha avuto la volontà di risolvere. Questo conflitto terminerà "se i palestinesi abbracceranno la democrazia e il diritto, se combatteranno la corruzione e rifiuteranno fermamente il terrorismo" e se Israele smetterà con l'occupazione permanente e intraprenderà "misure concrete per sostenere la nascita di uno stato palestinese realizzabile e credibile". E cioè i palestinesi devono "abbracciare" il diritto, come se finora fossero stati loro e non gli israeliani a violare tutte le risoluzioni dell'O.N.U. che hanno riguardato la Palestina e il suo popolo.
Di grande interesse per la S.S.N. americana è la teoria della guerra preventiva che si basa su questo assunto: sconfitta l'Unione Sovietica, perché gli U.S.A. non dovrebbero sconfiggere il terrorismo e chi lo protegge, i cosiddetti "stati canaglia" che sono molto meno potenti anche se più infidi dell'U.R.S.S.? Poiché non è possibile controllare questi stati con la deterrenza, e poichè da questi stati possono partire attacchi con armi di distruzione di massa contro gli U.S.A. e i loro alleati, è opportuno impedire che questi paesi attentino alla supremazia planetaria degli U.S.A. Questi stati, (ad es. l'Irak governato da Saddam Hussein e la Corea del Nord) sono "canaglie" perché "abbrutiscono il proprio popolo…non mostrano alcun riguardo per il diritto internazionale…sono decisi ad acquisire armi per la distruzione di massa…sostengono il terrorismo su scala globale…rifiutano i valori umani basilari e odiano gli Stati Uniti per ciò che essi rappresentano" (S.S.N. punto 5); per questo motivo "gli Stati Uniti sostengono ormai da lungo tempo l'opzione dell'attacco preventivo per contrastare una minaccia anche di modesta entità alla nostra [loro-n.d.r.] sicurezza nazionale" (idem) Se nel passato era sufficiente una mobilitazione generale in un paese per creare una minaccia e giustificare una rappresaglia o addirittura una guerra, oggi per gli U.S.A. è sufficiente pensare d'essere minacciati per mettere a ferro e fuoco uno stato ritenuto "canaglia": un concetto abnorme e mostruoso. Se dovessimo applicare la logica della "dottrina Bush" sulla guerra preventiva e sugli stati canaglia alle liti fra condòmini vedremmo presto le nostre città in fiamme.
Se sul piano militare gli U.S.A. non hanno rivali e possono permettersi, da potenza imperiale, di fare il bello e il cattivo tempo fino a infrangere, come abbiamo appena visto a proposito della guerra preventiva, norme fondamentali del diritto internazionale, sul piano economico hanno diversi problemi da affrontare, tant'è che devono ricorrere alla guerra per avere nuova aree da controllare e sfruttare e mercati sempre più ampi da riempire di proprie merci. "Per promuovere il libero commercio gli Stati Uniti hanno elaborato una strategia completa" (S.S.N punto 6); ma questa strategia, stranamente, nel documento sulla "sicurezza nazionale" viene presentata solo con alcune affermazioni di principio e solo con veloci riferimenti a particolari problemi di politica internazionale. Ci riferiamo, ad es., all'Area di libero commercio delle Americhe (A.L.C.A.), alle questioni connesse alla proprietà intellettuale, ai numerosi contenziosi con l'Unione Europea sul libero scambio delle merci. Prendiamo in considerazione l'A.L.C.A.: "Gli Stati Uniti ed altre democrazie dell'emisfero occidentale hanno deciso di dare vita all'Area di libero commercio delle Americhe… Quest'anno gli Stati Uniti proporranno ai propri partner negoziati per l'accesso ai mercati, incentratati sull'agricoltura, su beni di produzione industriale, sugli investimenti e sugli appalti pubblici" (S.S.N. punto 6). Considerati i seri problemi che il "libero commercio" potrebbe causare ed anche il fatto che l'A.L.C.A. diverrà un organismo soprannazionale capace d'ignorare la volontà degli stati partecipanti e le loro costituzioni, anzi sarà in grado di sanzionare gli stati che non accetteranno la volontà delle multinazionali, veri sponsor di questa entità soprannazionale, molte organizzazioni sia di lavoratori che di produttori di diversi paesi hanno manifestato anche violentemente la loro opposizione a questo progetto, tanto che alcuni stati hanno deciso di indire dei referendum sull'adesione all'A.L.C.A., ed altri (ad es. Brasile, Venezuela, Cuba) di lavorare per la creazione di un'organizzazione soprannazionale alternativa. Proprietà intellettuale: "Oltre all'accesso ai mercati, l'area più importante in cui il commercio e la proprietà s'intersecano è rappresentata dalla sanità pubblica. Garantiremo che la flessibilità delle norme per la proprietà intellettuale sancita dal W.T.O. sia sufficiente a consentire alle nazioni in via di sviluppo di procurarsi medicine essenziali per pericoli eccezionali come l'H.I.V./A.I.D.S., la tubercolosi e la malaria." (S.S.N. punto 6). Ma a Ginevra nel dicembre scorso gli U.S.A. hanno impedito che venisse siglato l'accordo fra i 144 membri del W.T.O., perché il compromesso che era stato faticosamente raggiunto fra i delegati dei diversi paesi avrebbe permesso la produzione e la vendita a basso costo di farmaci non solo per A.I.D.S., tubercolosi e malaria, ma anche per malattie non contagiose. E su questo le multinazionali farmaceutiche non sono state disposte a transigere. Inoltre: "Alcuni paesi come per es. l'India, stanno rivelandosi dei minacciosi concorrenti. Basti pensare che solo l'anno scorso una delle più grandi compagnie farmaceutiche nazionali, la Cipla Ltd di Bombay ha offerto a Medici senza frontiere una combinazione di tre principali anti-retrovirali che compongono la terapia anti-A.I.D.S., per un prezzo di 350 dollari l'anno a paziente… Visto che l'offerta speciale fatta a Medici senza frontiere non copre completamente i costi, per compensare le perdite la Cipla ha deciso di muoversi su tre livelli di prezzi, offrendo lo stesso pacchetto di farmaci ai governi per 600 dollari e ai distributori per 1200. Oggi nei paesi industrializzati la triplice terapia viene offerta [dalle multinazionali -ndr] a un prezzo che va dai 10000 ai 15000 dollari… Per far fronte a questo tipo di concorrenza le supermoderne compagnie farmaceutiche utilizzano una strategia vecchia quasi quanto la rivoluzione industriale: il buon vecchio protezionismo in chiave brevettale, per far fuori i concorrenti." (S. Morandi-"Liberazione" 24/12/02) Protezionismo contro libero commercio: "Lo spionaggio industriale internazionale deve essere individuato e impedito." (S.S.N. punto 6). Ma il 27 maggio 2001 il presidente dell'apposita commissione d'inchiesta istituita dal Parlamento europeo, Carlos Coelho, ha reso noto che le imprese europee venivano spiate da Echelon, rete informatica con cui gli U.S.A., con molta faccia tosta e con l'appoggio della solita Gran Bretagna spiavano e spiano ciò che avviene sul pianeta. Un modo davvero originale di applicare i principi del liberismo, cosa che del resto fa il paio con quello che segue: "Promuovere accordi tra industrie locali e lavoratori. Tali tutele temporanee si inquadrano in una valida cornice giuridica che abbiamo utilizzato nel settore agricolo e continuiamo ad utilizzare quest'anno per aiutare l'industria americana dell'acciaio. I benefici del libero commercio dipendono dall'applicazione di prassi commerciali leali." E' dal 1982 che dura la controversia tra U.S.A. ed Europa sull'acciaio, con reciproche accuse di protezionismo; la stessa cosa avviene in agricoltura sia a proposito di prodotti allo stato naturale, che di quelli sottoposti a trasformazione industriale, che degli organismi geneticamente modificati.
Se dovessimo discutere di tutti gli argomenti affrontati dalla "dottrina Bush" avremmo bisogno di ben altro spazio. Ci limitiamo a fermare l'attenzione sull'opposizione degli Stati Uniti alla Corte Penale Internazionale: "Prenderemo le misure necessarie per garantire che i nostri sforzi per adempiere ai nostri impegni per la sicurezza globale e la protezione degli americani non siano ostacolate da potenzialità investigative, da inchieste o da un rinvio a giudizio da parte della Corte Penale Internazionale, la cui giurisdizione non riguarda gli americani e che noi non accettiamo." (S.S.N. punto 9) " La Corte è stata creata per giudicare individui accusati di genocidio, di crimini di guerra e contro l'umanità, di reati di aggressione […essa] si basa sul principio delle "complimentarity", cioè sul principio per cui ogni paese ha per primo la facoltà di giudicare i propri cittadini accusati di crimini contro l'umanità ma nello stesso tempo, a livello internazionale, viene creato lo strumento per farlo nel caso il singolo stato scelga di non valersi di tale facoltà." (S. Baraldini -"Guerre e pace" novembre 2002). Abbiamo così una situazione grottesca e paradossale: gli U.S.A. s'inventano gli "stati canaglia", si riservano il "diritto" di scatenare guerre e di imporre i loro governi militari nelle zone devastate e occupate, pretendono di catturare e giudicare i governanti degli "stati canaglia", inventandosi tribunali ad hoc ed orribili centri di detenzione come quelli attualmente in funzione a Guantanamo, peggiori persino dei lager nazisti ma aborriscono dall'idea che qualche organismo internazionale (nel nostro caso la Corte Penale Internazionale riconosciuta da 70 stati) possa giudicare gli americani presunti autori di crimini gravissimi.
Gli Stati Uniti perseguono una strategia di dominio imperiale con l'obiettivo del controllo -diretto o indiretto- sia delle aree del pianeta ricche di risorse naturali, sia di zone strategicamente indispensabili per il controllo militare del pianeta. Ovviamente non sempre trovano la complicità degli altri stati ma, come ha chiaramente spiegato la "dottrina Bush" è sufficiente la sola forza militare al servizio dell'impero per risolvere le controversie con altri paesi, come dimostrano l'invasione e l'occupazione sia dell'Afghanistan che dell'Irak. D'altro canto non è sempre necessario usare la forza militare: alcune volte è sufficiente minacciarne l'uso (per il momento questa minaccia è stata usata contro i paesi arabi non "amici" degli U.S.A.), altre volte è sufficiente aiutare reazionari d'ogni sorta (è il caso delle forze al potere in Colombia o di quelle all'opposizione in Venezuela) per tenere sotto controllo zone strategicamente importanti ma che si muovono per conto proprio.
La "dottrina Bush" e la sua applicazione all'Irak hanno per il momento avuto effetti devastanti per l'Europa e riverberano effetti sinistri sull'Italia. Si potrà affrontare questo argomento in un prossimo numero della rivista; per il momento ci limitiamo a cogliere questi nuovi elementi: a) la creazione di un nuovo asse internazionale che fa leva sulle diplomazie di Francia, Germania e Russia b) l'aspirazione della "sinistra riformista" italiana (e forse anche europea) a inseguire, nonostante tutto, il miraggio della "terza via" blairiana; c) il disinvolto dilettantismo in politica estera del governo di estrema destra italiano; d) un movimento contro la guerra e il guerrorismo che lascia sperare in un futuro meno desolante in cui il protagonismo torni ad essere dei popoli. |
maggio - agosto 2003 |