La natura della pace e i fondamenti criminali dell'impero americano
di Francesco Mancini

I temi della pace e della guerra sono parte rilevante e fondamentale del pensiero e delle opere di Veblen. L'autore vi dedicò un trattato intitolato An Inquiry into the Nature of Peace and the Terms of its Perpetuation, che fu pubblicato nel 1917, proprio nei giorni della dichiarazione di guerra degli Stati Uniti, e riscosse un successo immediato, tanto da essere definito da Francis Hackett, celebre redattore letterario di The New Republic, "la più significativa opera in inglese sul conseguimento di una pace duratura" (1). Inoltre, i tre piccoli saggi proposti in traduzione nella presente occasione rappresentano solo una piccola parte della ampia terza sezione, interamente dedicata all'argomento della pace, della raccolta Essays in Our Changing Order. (2)
Più in generale, la concezione di Veblen circa la natura ed il funzionamento del capitalismo e del sistema industriale moderno ne evidenzia il carattere meccanico, assimilabile cioè a quello di una macchina, in cui tutte le parti componenti sono legate da un rapporto di interdipendenza e mutuo servizio. L'autore sottolinea il carattere internazionale - oggi si direbbe globale - di tale sistema e come esso non tenga alcun conto e venga danneggiato dagli interessi affaristici e finanziari privati, pubblici e nazionali, che al suo interno si contrappongono e confliggono per il conseguimento del proprio vantaggio e dei propri particolari fini, in contrasto con quelli perseguiti dagli altri. Egli tiene, quindi, a rimarcare che condizione di massima efficienza nel funzionamento del sistema socioeconomico del capitalismo moderno sia il suo operare in assenza di conflitto, ossia in condizioni di pace.
Si riportano di seguito citazioni tratte da alcune delle opere più importanti, atte ad illustrare il punto di vista dell'autore sotto l'aspetto appena delineato:
"Il sistema industriale funziona come un'organizzazione comprensiva di molti e diversi processi meccanici interconnessi, interdipendenti ed equilibrati tra loro in modo tale che il regolare funzionamento di ciascun componente di esso è condizionato dal regolare funzionamento di tutto il resto. Perciò funziona nel modo migliore solo a condizione che … esperti industriali, o ingegneri della produzione, operino insieme di comune intesa; e più particolarmente a condizione che non operino in contrasto reciproco." (3)
" In ogni società organizzata sulla base del sistema dei prezzi, degli investimenti e della impresa d'affari, la disoccupazione abituale, parziale o totale degli impianti industriali e della manodopera disponibile appare come la condizione indispensabile senza di cui non potrebbero essere mantenute condizioni di vita sopportabili; cioè in nessuna società del genere si può consentire al sistema industriale di funzionare al massimo della capacità per un qualsiasi considerevole periodo di tempo, pena la stagnazione degli affari e le conseguenti privazioni per tutte le classi e i ceti sociali." (4)
"Qualsiasi controllo affaristico della produzione e della distribuzione è obbligatoriamente in contrasto sempre più costante con la garanzia della sussistenza della comunità, via via che le tecniche industriali progrediscono e che il sistema industriale si amplia. La società è infatti solita tirar avanti tranquillamente ad un livello considerevolmente inferiore alla metà della produzione che i suoi impianti realizzerebbero lavorando senza interruzione al massimo della capacità; e ciò nonostante che, come di consueto, qualche cosa come la metà della produzione effettiva sia consumata in superfluità dilapidatorie." (5) "Ogni misura di ostruzione, diversione o impedimento di ciascuna delle forze produttive disponibili, rivolta al fine del guadagno particolare di una nazione o di un investitore, produce inevitabilmente una disarticolazione del sistema, il che comporta uno sproporzionato abbassamento dell'efficienza operativa di questo, e quindi una perdita sproporzionata per la collettività, cioè una perdita netta per tutte le sue componenti." (6)
"… può non essere molto lontano il giorno in cui i processi intercomunicanti del sistema industriale saranno divenuti così strettamente interdipendenti e delicatamente bilanciati che perfino quel poco di normale sabotaggio comportato dalla consueta condotta degli affari porterà il tutto ad un fatale crollo … In effetti la progressiva evoluzione del sistema industriale verso un onnicomprensivo equilibrio meccanico di processi interconnessi sembra avvicinarsi ad un punto critico, al di là del quale non sarà più possibile lasciarne il controllo in mano agli uomini d'affari operanti in contrasto reciproco per il privato guadagno, o affidarne la successiva amministrazione a coloro che non siano tecnici esperti idoneamente addestrati, ingegneri della produzione senza interessi commerciali. (7) "Accade, in effetti, dato come vanno oggi le cose nell'industria e nel commercio del mondo civile, che, per un qualche involontario ma universale caso fortuito, la gestione degli affari secondo i principi della finanza sia nettamente in contrasto con gli interessi dell'uomo comune." (8) "La gestione degli affari è impostata sul criterio dell'utile finanziario e non si propone di raggiungere il massimo livello di produttività o l'impiego più economico delle risorse." (9)
"Il ruolo dell'uomo d'affari nell'economia della natura è "far soldi", non produrre beni. La produzione di beni è un processo meccanico, incidentale rispetto al far soldi; mentre il far soldi è una operazione pecuniaria, realizzata attraverso la contrattazione e la vendita, non tramite apparati meccanici ed energie. Gli uomini d'affari utilizzano gli apparati meccanici e le energie del sistema industriale, ma ne fanno un uso pecuniario. E infatti, quanto minore è l'uso che un uomo d'affari può fare delle attrezzature e delle energie meccaniche a suo carico e quanto meno il prodotto che può riuscire a fabbricare per un dato ritorno in termini di prezzo, tanto meglio persegue il suo scopo. Il miglior risultato negli affari è quello che più si avvicina al conseguimento di qualcosa per niente. Ciò che una azienda d'affari guadagna deve scaturire dall'industria produttiva, naturalmente; e in tale limite ogni determinata azienda ha interesse alla produzione continua di beni. Ma meno una data azienda riuscirà a dare per ciò che ottiene, più lucroso sarà il suo commercio. Il successo negli affari significa "prendere il meglio dal mercato"" (10)
"È interesse della comunità nel suo insieme che l'impresa sia diretta in modo da consentire la migliore e più vasta produzione possibile di beni e servizi; mentre l'interesse dell'impresa in quanto organizzazione in attività è quello di una gestione che ne mantenga la efficienza e che consenta di vendere il maggior quantitativo possibile di prodotti ai prezzi migliori ottenibili nel lungo periodo; ma l'interesse dei managers, e dei temporanei proprietari è di dirigere l'impresa in modo da potere comprare o vendere [Nota: l'impresa stessa o quote di essa] il più velocemente ed il più vantaggiosamente possibile. L'interesse della comunità nel suo insieme richiede l'efficienza industriale e l'utilità del prodotto; l'interesse economico dell'impresa in quanto tale richiede la vendibilità del prodotto; e l'interesse di coloro che detengono il potere discrezionale ultimo della gestione di queste società consociate richiede la vendibilità del capitale sociale." (11) "… il mercato dei beni … non è più come un tempo il fattore predominante dell'attività affaristica e industriale. Sotto questo aspetto, il mercato dei capitali ha assunto il primo posto." (12) "… questo tipo di attività è così sicuro e lucrativo che è soprattutto dai guadagni derivanti direttamente e indirettamente da tale traffico di capitale vendibile che si vanno accumulando le grandi fortune moderne … La storia della civiltà umana non conosce nulla di altrettanto efficace agli effetti di un'accumulazione di ricchezza personale." (13)
Le conclusioni cui Veblen perviene nella sua ricerca sulla natura della pace e le condizioni della sua perpetuazione hanno carattere inequivocabilmente rivoluzionario e non potrebbero essere più sgradevoli per i poteri e gli interessi costituiti: "L'evoluzione delle circostanze condizionanti è destinata a rendere inadeguate anche le buone istituzioni, e allora non si tratta più di ripristinarle ma di sradicarle. Per giungere in qualche modo ad una sicura conclusione negativa, diremo che non è necessario sostituire un'istituzione che il tempo abbia reso nociva." (14) "…la conservazione della legge e dell'ordine attuali, in materia finanziaria, con tutti i loro corollari di proprietà e d'investimento, non è compatibile con uno stato di pace e di sicurezza alieno dalla guerra. Il sistema corrente d'investimenti, di affarismo e di sabotaggio avrebbe assai migliori possibilità di sopravvivere, a lungo andare, se le attuali condizioni di preparazione bellica e d'insicurezza nazionale fossero mantenute o se la progettata pace fosse lasciata in una posizione alquanto problematica, abbastanza precaria da tenere all'erta le animosità nazionali e quindi da far trascurare gli interessi interni, specialmente quelli che riguardano il benessere del popolo." (15) "…la causa della pace e della sua conservazione potrebbe esser materialmente avvantaggiata prendendo in anticipo delle precauzioni per togliere di mezzo, nei limiti del possibile, le divergenze di interessi e di sentimenti tra le nazioni e tra le classi, che portano alla discordia e infine alle ostilità. Quindi, se i promotori di questa pace generale sono in qualche misura disposti a cercare delle possibili concessioni in base alle quali si potrebbe render duratura la pace, dovrebbe far parte dei loro sforzi fin dall'inizio il metter in moto gli eventi in modo tale da ridurre in breve e in seguito abrogare i diritti di proprietà e il sistema dei prezzi, nel cui ambito questi diritti esercitano la loro azione. Un buon inizio in questo senso sarebbe, chiaramente, la neutralizzazione di tutti i diritti economici connessi con la cittadinanza…" (16)
Veblen non si limita a mettere in luce l'incompatibilità degli affari, delle istituzioni finanziarie e degli stati nazionali con la pace e ad evidenziare il loro bisogno vitale di guerre e spese per armamenti. Egli sottolinea anche il carattere intrinsecamente criminale e predatorio delle guerre e come esse siano sempre combattute contro i popoli e l'uomo comune. In particolare, si sofferma sugli aspetti criminali dell'azione degli uomini di stato USA al servizio delle grandi corporation, all'epoca quasi neonate, nell'assoggettamento al loro dominio ed ai loro interessi di territori su scala sempre più vasta, dal Nord America all'America Latina a tutto il mondo.
L'autore registra, altresì, i prodromi dello degenerazione intellettuale, morale e politica del popolo americano, prodotta dalla propaganda prima interventista poi bellica in occasione della grande guerra, evidenziandone gli effetti negativi sulla democrazia e le libertà civili. Veblen ne mette in luce l'aspetto verosimilmente più inquietante, consistente in una patologica credulità e in una disposizione mentale estremamente permeabile nel prendere per vere e mobilitarsi contro tutte le minacce più fantasiose create dalla propaganda e dalla manipolazione dell'informazione e delle coscienze. Assolutamente giustificato e profetico si è rivelato il pessimismo dell'autore allorché, in chiusura del più famoso dei saggi qui riportati, prevede la rapida diffusione ad ampio raggio nella società statunitense della credulità persecutoria nella forma della dementia præcox, con effetti profondi e duraturi.
Estremamente sgradevole è, altresì, Veblen, quando esorta a non fermarsi al valore facciale delle dichiarazioni e dei trattati stipulati dagli uomini di stato, evidenziandone l'attitudine alla menzogna e all'inganno, così come quando sostiene le ragioni e la fondatezza delle posizioni dei pacifisti e degli oppositori alle spese militari ed alle guerre. Non sottomettendosi alla regola della menzogna e della reticenza nei confronti delle malefatte e dei crimini del potere, dicendo e scrivendo sistematicamente quello che pensa, Veblen si rende in alto grado non rispettabile, non responsabile e non patriottico e pagherà tutto ciò con un persistente e generalizzato ostracismo nei confronti della sua persona e delle due opere.
È ovviamente falso che Veblen fosse non patriottico o antiamericano. Era piuttosto schierato con quelli che riteneva i reali interessi del popolo degli Stati Uniti e dell'uomo comune e, quindi, per la pace e contro la sistematica depredazione effettuata tramite la spesa per armamenti, le guerre ed il loro finanziamento tramite l'espansione del debito pubblico, della pressione fiscale e dell'inflazione. Allo stesso modo, ai giorni nostri, sono realmente patriottici e filoamericani coloro che, come Noam Chomsky e Gore Vidal, evidenziano la rapina ed i crimini commessi dalle grandi multinazionali statunitensi, in particolare dall'apparato affaristico militare, e dagli uomini di stato al loro servizio, ai danni dei popoli di tutto il mondo e di quello statunitense. Purtroppo, la storia ha dimostrato che, sotto questo profilo, le democrazie moderne non si distinguono dagli stati dinastici dei tempi di Veblen. D'altra parte, sembra di poter dire che anche la dementia praecox, nella forma di una estesa credulità popolare, abbia fatto nel frattempo passi da gigante, arrivando ad interessare larghi strati di opinione pubblica di tutto il mondo.
Gore Vidal ha di recente pubblicato una raccolta di suoi saggi, in cui mette in luce alcuni degli aspetti più oscuri dell'attività delle multinazionali, dei governi e dei servizi segreti statunitensi. L'autore è tra coloro che sostengono e ritengono provato e documentato che l'attacco giapponese a Pearl Harbor sia stato provocato e volutamente non impedito dall'amministrazione Roosevelt, per giustificare l'entrata in guerra degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale e, quindi, l'affarone connesso alle spese belliche. Analogamente, Vidal è fra coloro che ritengono dimostrato che le bombe atomiche dell'agosto del 1945 non fossero giustificate dalla dichiarata necessità militare di accelerare la fine della guerra, ma che l'amministrazione Truman abbia volutamente ignorato le richieste di resa del Giappone, per spaventare l'Unione Sovietica e lanciare il massimo affare del secolo per i fornitori di armamenti: la guerra fredda e l'anticomunismo. (17)
Gore Vidal è anche fra coloro che sostengono esservi le prove o, quantomeno, indizi numerosi, solidi e concordanti della complicità dell'apparato governativo, affaristico, militare e spionistico USA negli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, che hanno reso possibili ed attuabili le imprese belliche e la conquista dell'Eurasia, già da anni programmate dallo stesso gruppo di potere. Al riguardo, egli sottolinea che gli attentati terroristici sono stati posti in atto solo perché proprio quel giorno è stato inesplicabilmente revocato l'ordine permanente, obbligatorio, automatico all'aviazione militare di intercettare qualunque aereo su territorio USA venga dirottato o, comunque, non rispetti il proprio piano di volo. In altri termini, gli attentati sarebbero stati impossibili, se, come prescritto dalla legge, alle 8:15 di quel mattino gli aerei intercettori si fossero levati in volo. Invece, per un'ora e venti minuti, gli attentatori sono stati lasciati completamente liberi di compiere la loro azione indisturbati, mentre vi erano tutte le possibilità, i mezzi ed il tempo per impedirla. Va rammentato che solo il presidente ed il capo di stato maggiore hanno il potere di revocare l'ordine permanente di intercettazione automatica e che non è stata disposta alcuna inchiesta né sulla violazione di tale norma obbligatoria né sui motivi per cui l'aviazione militare sia intervenuta solo ad avvenuta conclusione dell'azione terroristica. (18) Sembra incredibile, ma larga parte del pubblico non ha trovato da ridire sul fatto che, per gli ottanta minuti della durata dell'attacco, il presidente fosse, già di prima mattina, imboscato in una scuola elementare della Florida a chiacchierare coi bambini, per presentarsi solo a cose fatte davanti alla televisione, con le sue fesserie sulla lotta del bene contro le forze del male.
Ovviamente, le imprese belliche del governo USA non hanno niente a che vedere con la difesa del benessere e dei valori democratici del popolo statunitense. A tale riguardo, non c'è bisogno di essere profeti per prevedere che, se, come sembra, questa volta non vi saranno paesi disposti a sostenere finanziariamente l'avventura imperiale del complesso affaristico-militare-spionistico degli USA, la stessa sarà realizzata ad esclusivo carico del popolo statunitense e ne comporterà il completamento della rovina economica e finanziaria, oltre al definitivo tracollo delle sue istituzioni democratiche. Già da tempo, infatti (almeno, dal 1947, anno di nascita del National Security Act, della NSA e della CIA) è in atto quello che è andato sempre più appalesandosi come un vero e proprio colpo di stato, con la progressiva e sistematica riduzione del popolo statunitense a livello di sudditi dell'impero, anziché cittadini di un paese libero. Tale involuzione è resa evidente dalla crescente invadenza del complesso affaristico-militare e dei servizi segreti, oltre che da episodi come le elezioni farsa del 2000, che hanno declassato gli Stati Uniti al rango di repubblica delle banane, con la designazione a presidente di un candidato diverso da quello votato dal popolo.

NOTE:
(1) La citazione è a pag. 44 del volume delle Opere di Thorstein Veblen, edito dalla UTET nel 1969 nella collana Classici della Sociologia, a cura di Francesco De Domenico, con una introduzione di Franco Ferrarotti, ed è tratta dalla nota biografica redatta dal curatore. Le opere di Veblen contenute nel volume, che comprende anche un'ampia nota bibliografica, sono La teoria della classe agiata, La Germania imperiale e la rivoluzione industriale, Ricerca sulla natura della pace e le condizioni della sua perpetuazione, Gli ingegneri e il sistema dei prezzi. The Theory of Business Enterprise è stata tradotta nel 1970 a cura dell'editore Franco Angeli, che l'ha pubblicata con il titolo La teoria dell'impresa ed una introduzione di Luigi Del Grosso Destrieri. Salvo errori, a parte le edizioni Einaudi e Comunità de La teoria della classe agiata, non risultano traduzioni in italiano delle altre importanti opere dell'autore;
(2) La raccolta di scritti di Veblen intitolata Essays in Our Changing Order è stata pubblicata postuma, per la prima volta nel 1934, a cura di Leon Ardzrooni; l'opera è stata riedita nel 1998 da Transaction Publishers, con una introduzione di Scott R. Bowman;
(3) Thorstein Veblen, Gli ingegneri e il sistema dei prezzi, in Opere, Classici della sociologia, UTET, pag. 940;
(4) T. Veblen, idem, pag. 914;
(5) T. Veblen, idem, pag. 969;
(6) T. Veblen, idem, pag. 941;
(7) T. Veblen, idem, pag. 943;
(8) T. Veblen, Sulla natura della pace, op. cit., pag. 755;
(9) T. Veblen, idem, pag. 756;
(10) T. Veblen, The vested interests and the common man, George Allen & Unwin Ltd, Londra, 1919, pagg. 92-93;
(11) T. Veblen, La teoria dell'impresa, Franco Angeli, pag. 142;
(12) T. Veblen, La teoria dell'impresa, Franco Angeli, pag. 138;
(13) T. Veblen, La teoria dell'impresa, Franco Angeli, pag. 148;
(14) T. Veblen, Sulla natura della pace, op. cit., pagg. 790-791;
(15) T. Veblen, idem, pagg. 905-906;
(16) T. Veblen, idem, pag. 906;
(17) Gore Vidal, Le menzogne dell'impero e altre tristi verità, Fazi Editore, pagg. 124-145;
(18) G. Vidal, op. cit., pagg. 9-43.

maggio - agosto 2003