Realizzare un momento di incontro autonomo e diverso da quello che contemporaneamente stava svolgendosi a Kyoto: è per questo obiettivo che a Firenze si è tenuto alcune settimane fa, il 1° Forum Alternativo Mondiale dell'Acqua.
Qui si è imposto il tema "Una agenda per l'azione: il diritto all'acqua per tutti" e si sono affermate presa di coscienza e mobilitazione dei cittadini, soprattutto di coloro che in America Latina, Asia ed Africa soggiacciono ad uno sviluppo che non permette ad un miliardo e mezzo di persone di avere accesso all'acqua potabile e a due miliardi e mezzo di beneficiare di un servizio sanitario. Non si può più indugiare: è ormai dimostrata l'incapacità strutturale dei gruppi sociali dominanti, fedeli alla nuova teologia liberista, di realizzare lo sradicamento della povertà nel mondo e di permettere a tutti gli uomini e a tutte le donne di accedere al diritto di vivere. Il Consiglio Mondiale dell'Acqua e il Global Water Partnership, istituzioni internazionali create su iniziativa della Banca Mondiale e delle grandi imprese multinazionali private dell'acqua, con il sostegno dei governi di Francia, Canada, Stati Uniti, Messico, Giappone, Egitto e delle organizzazioni dell'Onu attive nel settore quali l'Unesco, la Fao, l'Oms, sono l'espressione della nuova oligarchia mondiale dell'acqua che si è affermata negli ultimi anni. Questa oligarchia pretende di definire e mettere in atto la politica mondiale dell'acqua, in conformità con il modello della privatizzazione della gestione dell'insieme dei servizi d'acqua, un modello spacciato per efficace e razionale ma in realtà manifestatosi come lo strumento efficace di presa di controllo politico ed economico delle risorse idriche del pianeta da parte delle imprese private multinazionali. Non se ne può più di assistere alle celebrazioni rituali del primato del mercato, del capitale, dell'investimento privato, dell'iniziativa imprenditoriale, della proclamazione dell'acqua come "oro blu" e pertanto destinato ad essere la causa principale di nuove ondate di conflitti d'interesse e di guerre future. A Firenze si è aperta finalmente, per le popolazioni diseredate e sfruttate del pianeta, la speranza concreta che si impedisca la devastazione delle acque, superficiali e sotterranee. Occorreva rimuovere i motivi che ovunque nel passato hanno causato il fallimento delle politiche dell'acqua: così il Forum Alternativo ha inteso centrare il dibattito politico, civile, culturale, socioeconomico, su contenuti, scelte politiche, innovazioni da realizzare, ed è stata un'occasione preziosa di confronto e di ricerca di soluzioni alternative possibili. Tra gli obiettivi che si proponeva di perseguire, c'era quello di elaborare e proporre una serie di azioni sul piano legislativo, politico-istituzionale, economico-finanziario, sociale e culturale, da realizzare a livello mondiale, continentale, nazionale e locale, al fine di assicurare il diritto all'acqua per tutti. Tutto questo in una visione integrata della gestione e della tutela dell'acqua, rispettosa del suo ciclo temporale e spaziale.Ma c'è da capire che non si può evitare un nuovo fallimento, senza che si trovi il modo di unificare, tenere ben saldamente unite, quelle che io chiamo "le tre acque" e di curare il loro legame con il governo dell'assetto completo del territorio. Solo con questa consapevolezza, sarà possibile ridisegnare le politiche urbane e territoriali. Poiché si tratta di un punto d'arrivo, non facile e tutto da costruire, propongo un piano di lavoro e di approfondimento, che si articoli nei seguenti punti. Li riporto qui in maniera schematica, delineando un ragionamento che occorrerà sviluppare in un'altra sede. Spero così di scongiurare il rischio di visioni settoriali e riduttive del tema, promuovendo un suo allargamento ai rapporti con l'ambiente, l'economia e la politica e facilitando il passaggio da una posizione solamente negativa - che si traduce in un "No" alla privatizzazione delle risorse idriche - a un contributo positivo rivolto ad affermare la necessità oggettiva di unificare le tre acque e mettere in sicurezza il territorio.Ed ecco, schematicamente, i punti principali del mio ragionamento sulle tre acque..
1. La tematizzazione, cioè il tema da unificare. L'acqua, come principale condizione e principale obiettivo nel governo del territorio e nel riassetto urbanistico, deve intendersi come:
· acqua da usare e da prelevare;
· acqua da tutelare, dopo il consumo, e da salvaguardare nel suo habitat naturale;
· acqua da cui difendersi.
2. La localizzazione, cioè i luoghi da collegare. Nella pianificazione, il territorio intra ed extra moenia, dove l'uomo vive, abita e produce, è fatto di:
· luoghi - l'abitazione, la fabbrica, la campagna, i luoghi del lavoro e del divertimento - dove l'acqua giunge per essere usata;
· corpi idrici - falde sotterranee, fiumi, laghi, mari - in cui giungono gli scarichi dopo l'uso;
· molteplici parti di un bacino idrografico - versanti, boschi, valli, campi agricoli, suoli, corsi d'acqua, alvei, aree perifluviali, micro e macro organismi viventi, infrastrutture, opere di sistemazione, pianure deltizio-costiere, drenaggio urbano - dove le piene fanno danni.
3. I beni comuni, che sono beni di tutti, da tenere insieme e sottrarre insieme al mercato, alla commercializzazione, alla privatizzazione. Sono beni comuni le aree vincolate in zone urbane, villaggi, centri storici, periferie, zone d'espansione delle città, parchi naturali e ambientali, oasi naturalistiche, zone protette, aree vulnerabili, aree sensibili, dove si ha a che fare con:
· l'acqua, per continuare a vivere, per non morire e per produrre in maniera solidale;
· le risorse idriche, da conservare e tutelare per l'uso futuro e le future generazioni;
· i corsi d'acqua - solchi, fossi, aste, torrenti, fiumi, fiumare, gravine, lame - da preservare e da sistemare nel rispetto delle loro caratteristiche dinamiche ed evolutive, anche della loro esistenza.
4. I bilanci, da calcolare unitariamente. Nel cercare un equilibrio tra inurbamento e desertificazione, che può porsi come equilibrio tra città concentrata e città diffusa nel territorio, occorre definire:
· un bilancio idrico ( fatto di disponibilità, fabbisogni, consumi);
· un bilancio di ricettività ambientale dei corpi idrici;
· un bilancio clima-opere-dissesto.
5. I rischi, da mitigare complessivamente. Occupandosi contemporaneamente di dissesto sia urbanistico che territoriale, si affrontano i rischi di:
· deficit idrico;
· inquinamento dei corpi idrici;
· piena e dissesto idrogeologico.
6. Il diritto alla vita ed alla sicurezza, ovvero la vulnerabilità del territorio da affrontare nel suo insieme unitario. Gli abusi, le ferite, i crimini degli scempi urbanistici e territoriali si evitano se si impone il rispetto dei vincoli e si elaborano concrete proposte di delocalizzazione, per affermare il diritto della natura e del territorio all'acqua, più precisamente:
· il diritto all'acqua, per chi non ce l'ha (la garanzia dei minimi);
· le sanzioni per chi non tutela l'acqua e inquina i corpi idrici (i costi del cattivo uso);
· le tutele dai danni dell'abbondanza e delle devastazioni (il rischio idrogeologico e la messa in sicurezza da piene ed esondazioni dei fiumi, frane e movimenti gravitativi dei versanti, alluvioni e trasporto dei sedimenti, allagamenti di centri urbani ed infrastrutture produttive).
7. I minimi garantiti, che il mercato non può garantire. Per evitare nuovi scempi e per recuperare dove è ancora possibile, i piani urbanistici e territoriali, opportunamente coordinati, devono garantire:
· per vivere, una dotazione idrica di X (per 40 l/ab/giorno) + Y (a pagamento) + Z (vietato);
· per non inquinare, una rete depurativo-fognaria opportunamente dimensionata;
· per non soccombere alla furia delle acque ed al dissesto, un piano di sistemazione idrogeologica, unitaria dalla montagna al mare, con principi e metodi di rispetto ambientale.
8. La programmazione delle azioni e degli interventi, con piani da coordinare. La pianificazione urbanistica e la riorganizzazione dell'assetto territoriale, realizzate per stralci successivi ma coerenti, sia dal punto di vista tematico che spaziale, devono interessare:
· gli schemi idrici (prelievo, derivazione e utilizzazione dell'acqua), decisi dentro e durante la gestione degli scarichi e della qualità idrica, e non fuori o prima, come oggi spesso si continua a fare: rispetto integrato nella gestione di quantità e qualità delle risorse idriche;
· la gestione dell'acqua e del suo ciclo integrale, riportata all'interno della pianificazione dei bacini idrografici e non al di fuori degli interventi di difesa idrogeologica e di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua: coordinamento di gestione delle risorse idriche e difesa del suolo;
· la pianificazione dei bacini idrografici e la difesa del suolo, programmata e realizzata all'interno e in coerenza con la pianificazione territoriale ed urbanistica, di cui è parte integrante, e non dopo che si sono prese decisioni sulle scelte urbanistiche e territoriali: identificazione dei bacini idrografici con il territorio complessivo.
9. Gli investimenti e i provvedimenti finanziari e tariffari, le cose che non si osano. Fino a quando non sarà possibile modificare il regime dei suoli, bisognerà nell'immediato provvedere:
· a moderati investimenti pubblici e adeguamenti tariffari, per la razionalizzazione di consumi e reti idriche;
· alla verifica di funzionamento degli impianti esistenti e successivi finanziamenti, per la realizzazione e la manutenzione degli schemi depurativo-fognari;
· al superamento della cultura dell'emergenza nella spesa pubblica, dedicando una, se pur minima, quota parte del prodotto interno lordo nazionale alla messa in sicurezza del territorio da piene ed alluvioni.
10. Le leggi italiane, per riallacciare ciò che l'uomo e la storia hanno scisso. Il governo del territorio richiede una legge di coordinamento tra bacini idrografici, centri urbani, aree protette, che superi la settorialità di una legislazione incompiuta e disattesa:
· la legge Galli e l'organizzazione del Servizio Idrico Integrato;
· l'evoluzione dai principi della legge Merli ai criteri del Piano Regionale di Tutela delle Acque;
· la legge 183/89, con l'obbligo del Piano di Bacino e i succesivi piani stralcio, per l'organizzazione della protezione dal rischio idrogeologico.
11. Le autorità di pianificazione e di governo territoriale, precedenze e sussidarietà da coordinare. L'autorità di governo del territorio deve essere il risultato del coordinamento delle competenze di:
· autorità d'ambito territoriale ottimale;
· autorità regionale di tutela dell'acqua;
· autorità di bacino idrografico o autorità di governo degli accordi di programma per bacini interconnessi o interregionali.
12. Le difficoltà nell'attuazione delle leggi, ostacoli insormontabili che la volontà politica non sa superare. É impedita una legiferazione, in campo urbanistico, che permetta il superamento di:
· prevalenti difficoltà di governo dei conflitti, che non è opportuno affidare al mercato;
· difficoltà di gestione del rispetto delle tabelle normative dei limiti qualitativi, che l'autorità pubblica non ha saputo imporre;
· difficoltà di pianificazione e di attuazione delle linee di indirizzo, che l'autorità pubblica non ha saputo far accettare alla popolazione.
13. In Italia e nel mondo. Occorre ridimensionare i nostri modelli di sviluppo e modificare il nostro impegno nella cooperazione internazionale ai paesi poveri, partendo da:
· il riconoscimento del diritto all'acqua nelle costituzioni nazionali;
· la modifica dei nostri comportamenti, che contribuiscono all'inquinamento;
· il riprofilamento delle politiche urbane.
14. I conflitti per l'acqua, da comporre tra comuni, regioni, nazioni. Un impegno globale può ridurre la conflittualità tra le popolazioni, le economie, i modelli di sviluppo, distinguendo tra:
· conflitti, per i diversi usi e fabbisogni, tra il civile, l'agricolo, l'industriale, il turistico, l'energetico, il minimo deflusso vitale dei fiumi;
· conflitti tra i diritti degli abitanti nelle aree di prelievo idrico, di consumo, di scarico;
· conflitti tra la dinamica di corsi d'acqua e la stabilità di valli percorse e città attraversate.
15. L'impegno scientifico e le collaborazioni interdisciplinari per superare gelosie e resistenze culturali. Un impegno straordinario di urbanistica e pianificazione territoriale, economia e ingegneria dei sistemi, può far concorrere saperi diversi e specifici, tra cui:
· le costruzioni idrauliche, per gli schemi acquedottistici;
· l'ingegneria sanitaria-ambientale, la chimica, l'ecologia, per gli schemi depurativo-fognari;
· l'ingegneria, l'agraria e la geologia, per la pianificazione dei bacini idrografici.
16. L'economia. La sostenibilità delle scelte territoriali ha origine dalla necessità di accordare:
· i guadagni dell'uso dell'acqua e i reinvestimenti in acqua;
· i costi del risanamento e del trattamento delle acque;
· la responsabilità della difesa dalle piene e dalle inondazioni.Da queste note appare chiaro ciò che manca perchè il diritto all'acqua possa essere conseguito.Occorrono investimenti e finanziamenti, occorre sostenere proposte di derivazione fiscale, prelievi sulle tariffe per progetti di solidarietà, reinvestimenti dei guadagni dell'acqua in acqua, fondi di solidarietà internazionale. A Firenze si è detto anche che occorrono autorità mondiali: il Parlamento Mondiale dell'Acqua, il Tribunale Mondiale dell'Acqua, l'Agenzia Mondiale dell'Acqua (nell'ONU), la democratizzazione delle organizzazioni mondiali esistenti.
Ma, per giungere dall'enunciazione di principio fino al rispetto reale del diritto all'acqua per tutti, occorre passare per l'unificazione delle "tre acque" e per il loro nesso con il governo dell'assetto del territorio.