Firenze 10 Novembre 2002. Social Forum Europeo.
Firenze? Si! la città che qualcuno diceva che stava per essere invasa da una mandria pronta a distruggere l'arte e la cultura "italica", di cui Firenze è degna testimonianza, quella medesima cultura e arte che il governo "italico" berlusconiano è pronto a svendere al peggior offerente.
Firenze del milione di persone in piazza per dire no alla guerra.
Firenze della Fortezza dal Basso.
Firenze
Firenze
Firenze
Firenze 11 Novembre 2002. Si chiude il Social Forum Europeo e si chiude con un appello ai movimenti ed ai popoli europei: mobilitarsi al più presto possibile contro la guerra e le guerre, mobilitarsi per una manifestazione europea
almeno queste le intenzioni iniziali.
No alla guerra! Ma a quale guerra? Quella contro l'Iraq? Un Iraq già martoriato da 10 anni d'embargo made in Usa? Basta? Basta dire "stop the war"? Oppure opporsi ad una guerra globale e globalizzata? Quella guerra che mira ad eliminare e privatizzare i diritti fondamentali dell'essere umano?! Il diritto alla tutela della salute; il diritto ad un lavoro giusto e dignitoso, il diritto ad un lavoro che non sia un privilegio offerto dal padronato per qualche mese e poi, quando non servi più al meccanismo produttivo-capitalistico, sei tranquillamente licenziato senza diritti o leggi a cui appellarsi; il diritto alla protezione dell'ambiente e della terra, ricordando, a chi non ha volutamente approvato il trattato di Kyoto (guarda caso il solito imperatore Bush jr.), che di terra ne abbiamo solo una e che, come dicevano gli Indiani d'America: "La terra c'è stata data in eredità per essere riconsegnata come l'abbiamo trovata"; il diritto ad una scuola ed un'istruzione che non sia semplicemente la porta d'ingresso al mondo del lavoro ma che sia soprattutto un'istruzione di crescita culturale ed intellettuale; il diritto a poter scegliere di vivere e migrare dove le condizioni socio-storico-economiche permettono di vivere con dignità; il diritto all'opinione senza il rischio di essere incarcerati e considerati sovversivi; il diritto a disobbedire con la propria mente e con il proprio corpo a leggi ingiuste ed alle guerre ingiuste (sempre che ci possano essere guerre giuste) e quindi far sì che quel "stop the war" diventi "stop the global war".
No alla guerra! Ma a quale guerra? Quella di una democrazia rappresentativa ormai sulla via del fallimento? In cui il voto ormai è un abitudine consuetudinaria praticata, quando va bene, ogni 5 anni? Da Seattle in poi si è mostrato che ciò non basta, il ruscello martoriato e picchiato dei 300.000 di Genova è diventato un fiume a Firenze con il milione in piazza e un fiume in piena con i tre milioni di Roma del 15 Febbraio 2003.
Questo fiume in piena in realtà è un oceano se teniamo contro dei 110 milioni scesi in piazza in tutto il mondo, nello stesso giorno, avvenimento con nessun precedente nella storia dell'umanità. Una manifestazione indetta inizialmente solo come europea ma ben presto diventata mondiale o, meglio, globale.
Un oceano o, come l'ha definito il "New York Times", una nuova superpotenza pronta a contrastare i criminali organismi internazionali come Banca Mondiale, FMI e WTO, una superpotenza stanca di chi si trucca da democratico per i suoi sporchi affari privati, se siano petroliferi o massmediatici poco importa.
La riuscita della manifestazione del 15 è stata sorprendente, soprattutto per chi da tempo è nel movimento ed altresì cerca di portare più gente possibile ad una manifestazione, la cosa sorprendente è quando è la gente a chiamarti per informarsi, per chiederti se ci sono pullman, treni, auto, camion, biciclette, tricicli, motocicli. La gente ci vuole essere. Ti telefona la gente più impensabile, gente che non senti da tempo, forse da anni, gente che conosci appena, gente che non conosci, il telefono squilla al punto da intasarsi. "Ciao sono Mauro, sono Luciano, sono Rosa, sono Antonio, sono Patrizia, sono Daniela, allora sai qualcosa? Si va? Come si va?" e tu a dirgli quanto viene a costare il viaggio ma loro niente, a loro importa esserci, non per essere modesto ma mi sa che una sentita partecipazione del genere non si vedeva forse dall'epoca della resistenza partigiana. La gente ha capito che la libertà è partecipazione e vuole essere libera.
Si parte. C'è chi parte in pullman, chi in treno, chi in auto, ma c'è gente che partirebbe anche in triciclo e monociclo, i mezzi non bastano, ci si sforza di trovare altri pullman ma niente sono tutti gia prenotati. Le ferrovie, dal loro lato, nonostante le trattative abbastanza negative, rendendosi conto che i treni speciali offerti non bastano, decidono di rendere speciali i biglietti, in modo che si possa prendere qualsiasi treno con destinazione Roma.
Sul tragitto domina l'arcobaleno, la bandiera che ormai si vede ovunque, sui balconi delle città che attraversi e sui mezzi che attraversano le città, ed intanto ti trovi il compagno di lunga data che ti saluta col pugno alto e lo scout che ti saluta sorridente, con la sua divisa con cui ora non fa solo il campo scout ma anche la manifestazione; ti trovi l'anarchico anticlericale e il frate antianarchico; ti trovi il bambino che è sorpreso al vedere tanta gente e forse ha un po' di timore infantile, e il vecchio col fazzoletto da partigiano al collo; ti trovi il gonfalone del comune con i vigili urbani ed il consigliere del centrosinistra che prima pensava che la guerra fosse umanitaria e poi ha rilevato che molto probabilmente la guerra è un'assurdità; ti trovi il pullman dei centri sociali e quello della finalmente ridestata CGIL; ti trovi le organizzazioni femministe e quelle per i diritti di gay e lesbiche. Ci sono tutti e forse anche di più.
Ci sono tre milioni di persone.
A Roma molti dei novellini delle manifestazioni sono alla ricerca del personaggio, e cosi si cerca di vedere dove sia Bertinotti o Casarini, Don Vitaliano o Zanotelli, Agnoletto o Don Ciotti. Non ho capito se li cercano per chiedere un autografo oppure perché sono spesso presenze televisive e per questo esistono, e dato che non ci sarà diretta televisiva è probabile che la manifestazione non esista. Ma quella marea di gente che occupa 8 chilometri di corteo, dall'Eur a Piazza San Giovanni, in realtà esiste e si sente la sua esistenza. Confusi nella marea, perdendo il loro carattere di vip, si confondono artisti e politici, da Benigni che va gridando "bombardiamoli tutti" a Tullio Solenghi con il suo cane avvolto nella bandiera della pace; da Proietti contento a Santoro incazzato, da Scalfaro riciclato ad Ingrao sempre coerente con se stesso, e chi più ne ha più ne metta; e forse da qualche parte, in incognito, c'è Veronica Lario (mi permetto di ridere sotto i baffi).
Musica
slogan
bandiere rosse
e soprattutto le bandiere arcobaleno della pace, queste sono ovunque tra gli anarchici e tra le suore carmelitane.
Si sfila a Roma, a passo lento per la calca, si sfila allegri ed incazzati, e nel resto del mondo? Si sfila ovunque.
Per i fusi orari si inizia a Melbourne in Australia e si finisce a New York. Qui la manifestazione non viene autorizzata dal Comune, ma chissà come mai un mese dopo il comune di New York si schiera contro la guerra unilaterale. Che strano il mondo!
E tra Melbourne con i suoi 200 mila e New York con 500 mila, si manifesta ovunque: Budapest, Berna, Londra, Parigi, Lione, Montpellier, Berlino, Stoccarda, Atene, Patrasso, Salonicco, Bilbao, Oviedo, Siviglia, Barcellona, Madrid, Canarie, Cadiz, Girona, Algeciras, Almeira, Cadice, Cordoba, Granada, Huelva, Jaen, Malaga, Motril, Sardegna, Oslo, Helsinki, Turku, Tampere, Sofia, Dublino, Belfast, Istanbul, Praga, Varsavia, Copenaghen, Vienna, Lussemburgo, Zagabria, Belgrado, Mosca, Cecenia, Bratislava, Bruxelles, Porto, Lisbona, Sarajevo, Amsterdam, Stoccolma, Goteborg, Malmo, Glasgow, Los Angeles, Minneapolis, San Diego, Filadelfia, Seattle, San Francisco, Vancouver, Edmonton, Toronto, Montreal, Buenos Aires, Santa Fe, Rosario, Cordoba, Mar del Plata, San Paolo, Rio de Janiero, Città del Messico, Montevideo, Maldonado, Paysandu, Salto, Quito, Santiago del Cile, Giordania, Amman, Pakistan, Tokyo, Osaka, Baghdad, Bombay, Tel Aviv, Beirut, Johannesburg, Cape Town, Durban, Harare, Bullawayo, Il Cairo, Nairobi, Canberra, Lismore, Newcastle, Pearth, Adelaide, Auckland, Wellington, Dunedin, Tuaranga, Whanganui, Christchurch e non dimentichiamo i 50 di McMurdo Station in Antartide, prima manifestazione al Polo Sud.
Arrivata la sera, per i mass-media ufficiali siamo 500.000. Ma in realtà si è fatta la storia. Certamente non si è ancora riusciti a fermare la carneficina affaristica della guerra globale, ma qualcosa il 15 Febbraio l'ha segnato: se da un lato le città ormai parlano con i social forum e con le bandiere dai balconi, dal canto suo il Berlusca per la paura di perdere il consenso elettorale, soprattutto cattolico, riesuma la gentile consorte Veronica, per farle dire che ad Arcore sono pacifisti (torno a ridere sotto i baffi).
Oggi, 17 marzo 2003, giorno in cui sto scrivendo, abbiamo vissuto le due giornate più brutte del movimento: nella Striscia di Gaza, con il tacito assenso di Bush, viene uccisa, da una ruspa israeliana, Rachel Carrey, pacifista americana di 24 anni; in Italia a Milano viene ammazzato, con il tacito assenso delle forze dell'ordine, in un agguato fascista, Davide Cesari; in Iraq i 3 Natural Born Killers Bush, Blair e Aznar decidono di ammazzare l'Onu, prima di fare una carneficina del popolo iracheno. Ma in questo caso non ci sarà il tacito assenso del movimento.
Siamo passati da 300.000 a tre milioni. Potremo crescere anche di più.