Cari Lettori,
la redazione della rivista che avete tra le mani mi ha chiesto di raccontare con questo articolo le giornate del Forum Sociale Europeo di Firenze.
Alcuni di voi sicuramente sono stati con me qui a Firenze in queste giornate meravigliose. Alcuni di voi hanno partecipato da protagonisti, da volontari, da militanti, da curiosi al vortice favoloso che ha abbracciato in questa città le moltitudini delle Passioni di cui l'Europa - nonostante i suoi penosi governanti, le sue arroganti oligarchie tecnocratiche e imprenditoriali, i suoi avidi banchieri - è ancora magicamente capace.A voi che c'eravate non devo alcuna precisazione ulteriore.Agli altri invece devo le mie scuse.Si le mie scuse perché, per raccontare questi momenti indimenticabili, ho solo la parola, messa per iscritto in un personal computer, che un altro computer metterà su carta. Solo la parola per raccontare giornate che sono state parole (dette, scritte, tradotte) ma anche suoni, colori, voci, canti, danze, recitazioni, incontri, abbracci, sorrisi, lacrime, emozioni, desideri, sogni, aspirazioni, fantasie, passioni
Solo la parola per tradurre ciò che la parola solo in minima parte può raccontare.Per questa inadeguatezza da scribacchino dilettante io vi devo, sin da ora, le mie scuse.18 conferenze plenarie, 80 seminari, centinaia (forse 250, ma un calcolo esatto è forse impossibile) di laboratori sono i numeri che pesano il livello quantitativo della discussione sviluppata a Firenze tra il 6 e il 10 novembre.Una discussione ampia e complessa dunque, strutturata attorno a tre assi di ragionamento: 1) economia neoliberista; 2) guerra e pace; 3) diritti, cittadinanza, democrazia.Su ciascuno di questi tre assi la discussione si è articolata in vari momenti di approfondimento, da una riflessione sull'Unione europea forgiata dalla globalizzazione neoliberista al tema della sovranità alimentare contro lo sfruttamento commerciale della vita per una relazione equa tra nord e sud.Dal ruolo dell'Europa centrale e orientale di fronte alla globalizzazione, al tema dei diritti sociali e del welfare contro l'ondata di privatizzazioni.Dal tema dello sviluppo durevole, dell'acqua, dell'aria, della terra, dei modelli di consumo delle questioni energetiche alla discussione sull'Europa dei lavoratori tra produzione mondiale e frammentazione sociale, per una lotta sui diritti sociali contro la precarietà.Dal tema della pace e dei suoi intrecci con il tema della giustizia e della solidarietà ai rischi del riemergere dell'estrema destra e dei nazionalismi.Dal tema dell'ossessione sulla sicurezza in Europa con le conseguenze di controllo sociale, restrizione dei diritti, criminalizzazione dei conflitti sociali e repressione feroce contro gli immigrati al ruolo dell'Europa nel nuovo (dis)ordine mondiale tra Usa, Onu, Nato.Dal tema della guerra infinita, della dottrina Bush, della predisposizione di uno scontro tra civiltà, della prossima guerra in Iraq, all'analisi dell'economia e della produzione al servizio della guerra.Dal tema della lotta contro l'esclusione sociale per costruire un avvenire basato sul diritto all'autonomia, al lavoro, al reddito, alla discussione su informazione, cultura, media, conoscenza.Dal tema della carta di Nizza, della Convenzione europea, della cittadinanza e della democrazia in Europa, a quello del conflitto uomo donna, contro il patriarcato, con un'attenzione al tema del potere e della rappresentazione politica ineguale di genere.Dal tema dei diritti e delle libertà dei gay, delle lesbiche e dei transessuali a quello dei migranti di fronte alla fortezza europea.E poi ancora Palestina, lavoro, non lavoro, per una rete europea contro la precarietà, sindacalismo, terra e agricoltura, ambiente, trasporti, rifiuti, democrazia e partecipazione, non violenza, disobbedienza e conflitti sociali, lotta al razzismo per una rete europea dei migranti, partiti e soggettività politiche antagoniste
E poi ancora tanto altro
Un vortice di passioni come si è detto, e una rete ampissima di idee, di discussioni, di approfondimenti, di soggettività.Un grande movimento mondiale, il popolo di Porto Alegre sede da tre anni del grande forum sociale mondiale. Un grande movimento mondiale, definito curiosamente dai media movimento no-global, eppure così globale, il primo movimento politico democratico veramente mondiale, autenticamente globale.Eppure non c'è contraddizione in questo essere ad un tempo globale e no-global.
Non c'è contraddizione perché questo movimento ha compreso tutta la carica di violenza strutturale, costituzionale dell'ordine mondiale della globalizzazione neoliberista, ha compreso la natura disgregante di questa violenza, ha svelato il nesso tra questa disgregazione e l'ondata terrorista che attraversa il pianeta, ricostruendo in tal modo la filiera che lega strettamente neoliberismo, guerra e terrorismo, e ha cominciato ad articolare una risposta a livello mondiale non basata sul particolarismo nazionalista, ma sulla costruzione di una soggettività politica, sociale, conflittuale su scala mondiale, che pensa globalmente e agisce altrettanto globalmente anche quando sviluppa importantissime battaglie, azioni, campagne nei singoli territori in cui è radicata.Il popolo di Porto Alegre quindi, che proprio perché mondiale, è stato anche il popolo di Seattle, di Nizza, di Praga, di Genova, che sarà - almeno per la sua componente europea - il popolo di Firenze e di Parigi (dove si terrà il prossimo forum europeo del 2003).Un popolo nomade, che ragiona, discute, riflette, e scava nella terra con la forza delle proprie idee, e che sempre più spesso, quando il potere non lo aspetta, riemerge dalla terra, e pone al potere l'ennesimo ostacolo, l'ennesimo freno alla sua azione distruttrice, e come Marx un secolo e mezzo fa gli diresti "ben scavato vecchia talpa!".Un popolo che per la prima volta pone al capitalismo neoliberista una sfida di ampiezza adeguata al livello in cui si gioca tale sfida.Anche se ancora tanta strada deve essere ancora percorsa, per la prima volta le resistenze che in questi decenni si erano sviluppate contro l'ordine globale imperiale cominciano ad uscire dalla loro contraddizione più evidente, ossia l'essere state resistenze territoriali ad un attacco mondiale.L'insufficienza delle resistenze sindacali nazionali (in quei rarissimi casi in cui ci sono state) di fronte alla mobilità e alla volatilità del capitale delle multinazionali, è un tema conosciuto, talmente conosciuto da non dover richiedere un ulteriore approfondimento in questa sede.Ma tutta la soggettività politica antagonista ha operato in questi decenni in un contesto territoriale limitato che le ha spuntato le armi rendendola inadeguata agli obiettivi che perseguiva.Le giornate di Firenze rappresentano un momento decisivo per il superamento di questa inadeguatezza.E mentre questo movimento diventa forte, articolato, incisivo, si scatena contro di esso la violenza repressiva.Gli arresti dei venti attivisti del movimento rappresentano una versione italiana di questa repressione, proprio mentre si comincia a costruire la saldatura tra questo popolo e pezzi sempre più ampi della grande soggettività operaia novecentesca, nell'incrocio tra la nuova precarietà postfordista e la rinnovata precarietà fordista.In questo senso l'obiettivo della repressione in atto, sta nel disperato tentativo del potere di rompere il ciclo di lotte che dalla difesa dell'articolo 18 alla lotta generalizzata contro la precarietà globale, si diffonde alla lotta per la difesa del posto di lavoro dei lavoratori della Fiat, proliferando estesamente forme di lotta vecchie e nuove, articolate, in un'azione ampia di disobbedienza civile e democratica, bollate dal potere come sovversive. Un tentativo disperato che si infrange sulle meravigliose giornate di Firenze, giornate capaci di illuminare retrospettivamente anche le giornate di Genova, fornendo a tutti una chiave di lettura chiara dei fatti del luglio 2001.Ricordo in particolare la mattina del 9 novembre. tra le sei conferenze planetarie c'è "I popoli d'Europa contro la guerra infinita". Tra i relatori c'è Pietro Ingrao, l'uomo che ha chiesto al Presidente della repubblica Ciampi di esprimersi sullo scempio della nostra Costituzione e dell'articolo 11, quello che sancisce il ripudio della guerra da parte dell'Italia.L'intervento di Ingrao sancisce probabilmente uno dei momenti più toccanti delle cinque giornate fiorentine.Il vecchio leader comunista scandisce le tappe della sua esperienza politiche, le tappe del sogno rivoluzionario di cambiare il mondo che ha attraversato il novecento, e chiude con l'amara constatazione: "Noi non ce l'abbiamo fatta".Ma non c'è rassegnazione nei suoi occhi, perché nei suoi occhi c'è la speranza incarnata nella moltitudine enorme che lo sta ad ascoltare, pronta a prenderne il testimone. La mattinata scorre intensamente, dolce, commovente, ma non c'è tempo per gustarla fino in fondo, perché la Fortezza da Basso è già attraversata dai suoni del grande corteo internazionale contro la guerra, che sta per partire, che è già partito.Lo striscione del Firenze social forum raggiunge con fatica la testa del corteo, immediatamente dietro lo striscione delle delegazioni internazionali. Ma è una collocazione che non manterrà a lungo, perché questo è un popolo che ama mescolarsi, contaminarsi, e dopo dieci minuti la testa del corteo è già lontana, ma a chi importa?Il corteo scorre, porta in giro per Firenze, città aperta, i propri colori, i propri suoni, le proprie voci. Tra queste voci si alza festante quella dell'orgoglio civile e democratico fiorentino, quella di chi ha subito per mesi attacchi vergognosi è finalmente si gode la propria rivincita inappellabile: "Guardate i fiorentini di cosa son capaci/ non sono tutti come la Fallaci"
Ce n'è anche per Zeffirelli e per gli organi di stampa del terrore, i megafoni della destra che per mesi hanno interpretato il loro ruolo di disinformazione cercando di seminare la paura tra i cittadini di Firenze.Il corteo scorre, si ingrossa, è enorme, un milione
Un milione di voci, di idee, di teste che pensano
Un milione per dire che la nostra Europa e il nostro mondo, non sono in vendita. Un milione contro il neoliberismo, contro il patriarcato, contro la vendita dei diritti sociali, contro le privatizzazioni e le liberalizzazioni
Un milione per dire BastaGuerra.Basterà questo movimento per fermare la guerra in Iraq?La macchina militare americana è già partita, e forse no, forse questo movimento non basterà. Però forse questa guerra non sarà facile per l'amministrazione Bush.Questo movimento è in grado di porre ostacoli pesanti
Non ostacoli militari (da questo punto di vista l'azione di guerra sarà liscia come l'olio) ma ostacoli dal punto di vista della costruzione del consenso attorno a questa guerra.
Perché Firenze è forse solo il primo esempio della capacità del movimento di dare voce all'enorme massa di dissenso che cresce senza sosta in tutto il mondo.
È possibile che senza consenso si possa cominciare una guerra, ma difficilmente la si può vincere, soprattutto se è una guerra infinita.È necessario che si moltiplichino le espressione del dissenso, della disobbedienza, della diserzione.
Sono molti i piani su cui le moltitudini possono muoversi: obiezione fiscale alle spese militari, ritiro dei propri risparmi dalle "Banche armate" (le banche che finanziano l'industria militare), campagne di controinformazione sugli effetti drammatici della guerra, campagne antimilitariste ecc..
Forse abbiamo ancora tanta strada da fare insieme, ma almeno siamo partiti e, come dire, siamo davvero in tanti.