Scempio ad alta velocità
di Massimo Cervelli

Il caso della Toscana
La tratta appenninica dell'alta velocità ferroviaria, che prevede un risparmio di tempo inferiore ai venti minuti sulla percorrenza Firenze - Bologna, è un disastro ambientale ed un disastro sociale, sancendo l'abbandono del trasporto pubblico locale e regionale. È una sconfitta della democrazia: i cittadini e le loro autonomie locali non sono stati presi in considerazione neppure sugli aspetti "minimi" degli effetti sulla viabilità, sulle conseguenze sociali dei cantieri. È un disastro per i lavoratori: numerose le vittime, centinaia gli infortuni, per non parlare del supersfruttamento che il sistema dei subappalti determina.

Dall'estate del 2000 si sta verificando tutto quello che era inevitabile che accadesse, a partire dalla drammatica situazione del Mugello. Cave e cantieri dell'alta velocità hanno dato un colpo mortale all'equilibrio idrogeologico. Le falde acquifere sono state prosciugate dalle cave. Nei cantieri si lavora in condizioni allucinanti; gli incidenti si sono susseguiti con macabra regolarità in questi anni. Questi drammi quotidiani accompagnano la devastazione del territorio. Uno dei pochi polmoni verdi rimasti nella provincia di Firenze è stato sventrato, bucato e messo sottosopra per costruire gallerie, tracciati e quant'altro sia compatibile con tale opera. Seguirà l'inquinamento elettromagnetico: l'attuale voltaggio di 3000 watt verrà potenziato e portato a 25000 watt - con conseguenti rischi di esposizione ai campi elettromagnetici per il personale viaggiante, i passeggeri e la popolazione vicina alla ferrovia. Analogamente Monte Morello, nel comune di Sesto Fiorentino di cui è il simbolo ambientale, ricchissimo di falde acquifere è stato trapanato per 10 (dieci) Km. In linea retta e le conseguenze non tarderanno a mancare.La Regione Toscana in tutti questi anni è stata una delle maggiori responsabili di questa devastazione: attraverso valutazioni d'impatto ambientale manipolate e ridicole; tramite gli accordi di programma con il governo che hanno imposto il sì di tutti i comuni della zona in cambio di massicci finanziamenti. Oggi, il Presidente della Regione Toscana chiede il risarcimento dei danni provocati al territorio. Un atto dovuto, anche se ha l'amaro sapore della monetizzazione del disastro e non dell'inversione di tendenza - e neppure quella di un adeguato piano di risistemazione idrogeologica, ma anche sociale.Il dato peggiore è che si tratta di disastri annunciati, ampiamente previsti fin da quando si cominciò a parlare di questa faraonica opera, oggetto di innumerevoli ricorsi a tutti gli organi di giustizia e dell'opposizione delle popolazioni. L'idea di creare una rete ferroviaria ad alta velocità nasce agli inizi degli anni '80. Sono gli anni di Bettino Craxi al governo, anni in cui si gestiscono appalti miliardari accompagnati da cospicue tangenti. Arrivano gli anni '90, con "mani pulite" e Tangentopoli si scopre l'uso delle maxitangenti come mezzo per assicurarsi gli appalti delle grandi opere. Ma Tangentopoli non ha cambiato affatto i meccanismi, e l'alta velocità ne è la dimostrazione più palese: passa quasi indenne attraverso una delle più tumultuose inchieste giudiziarie degli ultimi anni, nonostante l'uso della tangente e dell'intrallazzo sia intrinseco al progetto stesso. Personaggi come Necci e Pacini Battaglia continuarono indisturbati a foraggiare le grandi industrie e i clan camorristici, come è avvenuto per la realizzazione della tratta Frosinone-Napoli, dove, tramite il versamento di un'ingente somma di denaro, il clan Alfieri ha permesso il tranquillo svolgimento dei lavori. Il progetto venne articolato sull'asse Milano/Bologna/Roma/Napoli con la previsione di una linea speciale ad alta velocità che collega questa direttrice. La spesa iniziale messa in conto era di 30.000 miliardi di lire.Benché l'Alta Velocità sia sempre stata presentata come un'opera il cui costo sarà totalmente a carico dei privati, al 2001 la spesa era arrivata a 140.000 miliardi, destinati ad aumentare col tempo, è stata e verrà interamente finanziata dallo Stato gravando ancora una volta sulle nostre spalle, mentre vengono tagliati o soppressi servizi essenziali come scuola, sanità, e l'intero trasporto pubblico.
In nome dell'Alta Velocità sono stati tagliati all'interno delle FS settori importantissimi come quello della manutenzione e della sicurezza. La conseguenza è l'impressionante numero di incidenti che vengono regolarmente, e cinicamente, attribuiti a errori umani addossando la colpa sui lavoratori. Fin dall'inizio la scelta fu chiarissima: costruire nuove linee speciali, non destinate alla grossa utenza che, per le Ferrovie, era all'epoca costituita dai viaggiatori pendolari; ma riservate a chi potesse permettersi biglietti dai costi altissimi. Il progetto della costruzione di una nuova tratta Firenze/Bologna, ignorava le 4 linee ferroviarie che già attraversano l'Appennino Tosco/emiliano: la Firenze/Bologna, la Porrettana, la Pontremolese, la Firenze/Pontassieve/Faenza e che era ripristinabile la vecchia Faentina. Il progetto Alta velocità è, fin dal suo inizio, l'affermazione più precisa che le Ferrovie non devono più essere considerate un servizio pubblico, destinato alla mobilità sociale, ed inaugurano una filiera di servizi elitari - a cui vengono destinate ingenti risorse finanziarie, drenate dal taglio di altri servizi che hanno contraddistinto la storia delle Ferrovie nel nostro paese. Un nuovo ruolo che sancisce la definitiva subalternità del trasporto su rotaia rispetto a quello su gomma (partendo, già nel '92, con il 27% del movimento su Ferrovia, il 72%-su veicoli gommati) ed escludeva ogni intenzione di ricondurre il traffico delle merci ad una movimentazione su rotaia.Il Mugello, una valle non inglobata nell'area metropolitana fiorentina, venne destinato al ruolo di territorio cantiere che aveva già dovuto subire con i lavori infiniti per la diga di Bilancino, e che dovrà avere nuovamente per i lavori relativi alla variante di valico dell'Autostrada del Sole. È un dato di fatto, riscontrabile peraltro nella letteratura internazionale esistente, che un treno a 300 Km. orari fa lo stesso rumore di un aviogetto in fase di atterraggio e che questa situazione viene aggravata dalla presenza di viadotti e di valli dove si arriva a raggiungere un inquinamento acustico di 500 metri.Fin dal '92 numerose furono le manifestazioni organizzate dagli abitanti del Mugello davanti a Provincia, Regione e Prefettura per protestare contro il progetto Alta Velocità; non c'era bar, casa del popolo, sagra che non ospitasse la petizione popolare di ripudio del progetto ed altro materiale di denuncia.Per il Mugello l'Alta velocità ha significato l'insistenza in un delimitato territorio di:
- 48 Km e 115 m. di Ferrovia da costruire con 40 Km. di galleria che l'Alta Velocità prevede di costruire in Toscana (la più lunga quella di Firenzuola con 13.224 m.); 3 Km. circa di viadotti e ponti (viadotto Mugello, il più lungo misura 1.440 metri); 5 Km. allo scoperto.
- 6 Campi base che occupano una superficie di 75.000 metri quadri;
- 16 cantieri che occupano una superficie di 72.000mq.;
- 14 discariche che occupano una superficie di 75.000mq. Inoltre 5 di queste discariche sono in aree boschive ed 1 in area archeologica;
- 5 cave.
- 10 milioni di metri cubi di smarino di galleria (stimati) di cui 6 milioni da ubicare, con una movimentazione prevista in 555 (cinquecentocintacinque!) viaggi al giorno.Un progetto targato Fiat sia nella sua finalità strategica (impedire la concorrenza treno/auto, treno/camion) che nei suoi risvolti economici. Il consorzio CAVET fu costituito con il 40% della presenza della COGEFAR IMPRESIT (gruppo FIAT). Il consorzio CAVET era peraltro una nitida espressione di Tangentopoli, vedendo al suo interno, oltre alla Cogefar, anche la Lodigiani (21% del consorzio completato al 16,5% dalla cooperativa CMC, sempre al 16,5% dall'Itinera ed al 6% dalla Federici). Un consorzio tutto costituito dai protagonisti del sistema delle tangenti. A fronte di questa opposizione la Giunta Regionale Toscana avvallò lo studio ambientale iniziale, che non prevedeva nessun ruolo per i Comuni e le popolazioni coinvolte e tanto meno la loro informazione e consultazione per discutere uno studio assolutamente disastroso per l'ambiente.La deliberazione n. 315 del Consiglio Regionale della Toscana, presa in data 21 luglio 1992 fu l'atto trasmesso al Ministero dell'Ambiente. Con questo atto la Regione si pronuncia sullo studio di compatibilità ambientale presentato dalla FIAT su incarico della TAV S.p.A. a cui le Ferrovie hanno dato la concessione per la realizzazione della Alta velocità. Oltre la deliberazione il Consiglio Regionale approva una risoluzione che riguarda il protocollo d'intesa da definire fra Regione, Ministero dei Trasporti ed ente Fs. Il parere negativo relativo al progetto di compatibilità ambientale dato dalla Regione, ed amplificato dalla stampa e dagli amministratori locali, è espresso nella risoluzione ma non nella deliberazione e questo ha la sua importanza. Infatti, dopo rituali e generiche lamentele riguardo alla normativa esistente in materia di valutazione impatto ambientale, la deliberazione chiarisce che non si pronuncia su "un'approvazione o un rigetto del progetto ... che dovrà essere comunque oggetto di successive intese". Rivendica quindi successive fasi di concertazione attorno ad un tavolo di trattativa con il Ministero dell'Ambiente e le ditte costruttrici della tratta ed è questo un segnale di accettazione dell'Alta velocità nelle sue linee di fondo, accettazione del resto ribadita nella stessa deliberazione: "la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità può rappresentare, adeguatamente interconnessa con la rimanente rete, un elemento strategico per lo sviluppo delle relazioni nazionali ed internazionali". Un'accettazione evidente del quadro di svolgimento di un progetto che porta a non esprimere un parere negativo neppure in presenza dei rilievi negativi che la stessa relazione istruttoria sul progetto Fiat, condotta dagli uffici della Regione, avanza punto per punto, nascondendosi nell'escamotage della risoluzione ad uso e consumo della stampa. Della relazione, allegata alla deliberazione citata, consigliamo la lettura completa per togliersi definitivamente l'illusione che i pareri tecnici rappresentano l'elemento su cui si basa la presa di posizione politica. Pur con un linguaggio improntato alla moderazione, la relazione istruttoria della Regione non può fare a meno di dichiarare che:
- il "tracciato è semplicemente descritto", ciò che equivale a dire che lo studio di compatibilità ambientale non è stato fatto;
- sono rimaste inevase le richieste di chiarimenti e specificazioni inoltrate dalla Regione. Semplicemente la Fiat non si è sentita in dovere di rispondere agli uffici regionali;
- lo studio "esclude la soluzione del nodo di Firenze e le connesse evidenti problematiche ambientali" (la Fiat non perde tempo ad occuparsi dell'impatto nell'area metropolitana) e che lo studio è stato fatto ignorando i recenti strumenti urbanistici (piani regolatori e loro varianti) dei comuni in questione;
- lo studio ignora nei fatti la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo nel 1987, sull'alta velocità, raccomandando che l'Alta Velocità fosse interna ad un progetto di ammodernamento di tutta la rete ferroviaria e integrata con il collegamento delle reti ferroviarie regionali;
- lo studio ignora tutti gli strumenti di programmazione regionale quali, in particolare, il Piano regionale integrato dei trasporti e lo schema strutturale dell'area metropolitana Firenze/Prato/Pistoia;
- la scelta di una velocità massima di 300 Km. all'ora, anzichè 250 Km./h comporta rilevanti conseguenze sottoforma di aumento dei costi e del danno al territorio, ed è una scelta legata solo a criteri di ingegneria produttiva;
- da un punto di vista idrogeologico lo studio effettua soltanto una sommaria descrizione, classificando peraltro i corsi d'acqua in regime fluviale e non a carattere torrentizio, che è la caratteristica di quelli appenninici;
- per quanto riguarda le acque sotterranee nello studio non vengono fornite le dinamiche di falda, né le attuali utilizzazioni (e come si fa a prevedere l'impatto ambientale?);
- non c'è nessuna analisi territoriale, nè valutazione dell'impatto sulle aree attualmente ad uso agricolo. Lo studio evidenzia solo 17 aree problema coincidenti con quelle dove la linea scorre a cielo aperto;
- si ignora l'impatto della fase del cantieramento (previste per un minimo di 6 anni), per le ubicazioni si descrive solo la tipologia senza specificare criteri, si prende quindi in considerazione solo l'impatto a lavori ultimati;
- la viabilità tra i cantieri prevede l'improponibile utilizzo delle statali 65 (detta della Futa) e 302 (detta Brisighellese-Ravennate) ed interferisce con la statale 551 (Traversa del Mugello) nel tratto tra Borgo San Lorenzo e Scarperia, nonchè con la strada di collegamento tra Scarperia e Luco del Mugello. Per quanto riguarda altri cantieri la viabilità è da riprogettare e realizzare ex novo e si afferma che lo studio "non appare adeguato alla necessità di una sufficiente valutazione dei rischi ambientali";
- dei cinque siti cava previsti solo uno (Ponte del Carlone comune di San Piero a Sieve) era attivo, gli altri possedevano queste caratteristiche:
• Covigliano (Firenzuola) cava chiusa dal giugno '82 e nel novembre '89 fu negata l'utilizzazione dal Comune per i lavori di Bilancino. Presenta il pericolo di alterazione della falda idrica utilizzata dall'acquedotto comunale;
• Montebeni (Firenzuola) dopo gravi dissesti causati dall'attività estrattiva è stato revocato l'esercizio nel 1989, prescrivendo lavori di bonifica che non sono stati effettuati;
• Scoglio di Castro (Firenzuola) utilizzata per i lavori di Bilancino fino al 1988, successivamente (1990) non più autorizzata per la rilevanza delle problematiche idrogeologiche da affrontare;
•Paterno (Vaglia) inattiva per ordinanze ripetute del Comune di Vaglia a causa delle frane. Anche in questo caso era stata negata l'autorizzazione per i lavori di Bilancino.

A questi elementi va aggiunta l'assenza di una cartografia generale riassuntiva delle destinazioni d'uso del territorio.

gennaio - aprile 2003