Il Postmodern in F. Lyotard
di Filomena Longo

La crisi scientifica e politico-culturale dell'Occidente, corrisponde alla crisi del modello di uomo che ne è stato protagonista (maschio, occidentale, borghese). Tale situazione, ha portato a mettere in discussione la normatività di tale modello e a tematizzare il rispetto dell'alterità. La rivendicazione della libertà sessuale, la difesa della scelta omosessuale, l'attenzione per il mondo emarginato della schizofrenia, della follia, del carcere; l'elevazione a soggetto politico del mondo studentesco, la lotta per la liberazione della donna e il progetto per una cultura femminile non sottomessa agli archetipi espressivi del mondo maschile, sono tutti temi politici e di costume che si radicano nelle complesse trasformazioni culturali della contemporaneità.

L'analisi di Lyotard, relativa alla condizione del sapere nelle società più sviluppate parte dal presupposto che vi sia un cambiamento di statuto epistemologico nel momento in cui vi è il passaggio della società dalla fase preindustriale all'età postmoderna. Un ruolo fondamentale è destinato al linguaggio, che si trova a subire delle notevoli mutazioni in campo formale e semantico, modificando inevitabilmente le più tradizionali strutture di ricerca e trasmissione delle conoscenze. "L'epoca delle meta-narrazioni è finita; al suo posto è subentrata una moltitudine di giochi linguistici; il gioco linguistico della politica, il gergo linguistico dei media, il gioco/giogo linguistico dei mercati finanziari." Cambia la natura del sapere, che si trova incanalato in reti di comunicazione sempre più immediate.

L'informatica assume un ruolo di egemonia, trasformando il sapere in merce di scambio, privandolo del proprio "valore d'uso"; in altri termini il sapere si trova sempre più ad assumere le forme e le sembianze di una vera e propria forza produttiva, di una merce-informazione che non disdegna il secolare ruolo di potere. Quanto al ruolo dei moderni stati-nazione, per Lyotard "lo stato comincerà ad apparire sempre più come un fatto di opacità e di rumore per un'ideologia della trasparenza parallela alla commercializzazione del sapere"(J.F. LYOTARD "La condizione postmoderna", Feltrinelli editore, Milano, 1999. Pag.14).

All'interno di queste intricate dinamiche, sembra spontaneo porre il problema della detenzione del sapere. Il rischio che si corre, è quello della perdita del valore "formativo" e politico della conoscenza, a favore di un sistema di circolazione simile a quello monetario. Ne sono esempio le nuove formule utilizzate all'interno del nostro sistema scolastico per la valutazione degli studenti. Si parla di crediti formativi, si va per meriti che aumentano un fantomatico punteggio finale, modalità e linguaggi ormai assimilati completamente all'interno delle dinamiche e delle leggi di mercato. Nasce, all'interno di tale sconvolgimento, il problema della riformulazione di uno statuto del sapere. Lyotard considera il contemporaneo mondo postmoderno, come una realtà costitutivamente pluralizzata e differenziata, frantumata in miriadi di centri in competizione gli uni con gli altri. Non la coerenza e l'uniformità, ma il policentrismo, la pluralizzazione degli interessi e il conflitto, sono per il pensiero postmoderno le vere tendenze vitali della contemporaneità."Ognuno è rinviato a sé. E ognuno sa che questo sé è ben poco". Venendo meno le grandi narrazioni, si assiste ad una dissoluzione del rapporto sociale, in cambio di una confusa individualità non coesa, ridotta al semplice sé. Bisogna inventare nuovi luoghi della narrazione, nuove forme di aggregazione per legittimare l'aspirazione a dare una fondazione complessiva al sapere. Il compito che spetta in definitiva alla narrazione è quello di raccontare e universalizzare, creare una rete di consenso. Ciò che viene trasmesso tramite i racconti è l'insieme delle regole pragmatiche, che costituiscono il legame sociale e che ne concretizzano l'identità.

Ormai nella società e nella cultura contemporanea, la grande narrazione ha perso credibilità, lasciando il posto ai saperi denotativi e performativi. Fin dal XVIII sec., tutto ciò che si è prodotto a livello di ricerca è stato strettamente connesso alla logica del mercato: la ricerca veniva finalizzata ad innovazioni altamente redditizie. La posta in gioco di questo tipo di ricerca non risulta essere più la verità, ma la performatività. "L'orizzonte di tale procedura è il seguente: essendo la realtà ciò che fornisce le prove per l'argomentazione scientifica e i risultati per le prescrizioni e le promesse d'ordine giuridico, etico e politico, ci si impadronisce delle une e degli altri impadronendosi della realtà, ciò che è consentito dalle tecniche". Rinforzando le tecniche si rinforza la realtà, dunque la legittimazione avviene tramite la potenza. Cambia il rapporto tra scienza e tecnica, e in questa logica dell'incremento di potenza si impone fortemente la performatività che non elude un altro dei settori delle trasmissioni del sapere, quello dell'insegnamento. A questo punto sorgono due problemi: il primo riguarda i destinatari, gli studenti e quanto e come debbano cambiare, l'altro riguarda i professori e cosa bisognerà insegnare. "Se l'insegnamento non deve assicurare solo la riproduzione delle competenze, ma anche il loro progresso, ne consegue che la trasmissione del sapere non dovrebbe limitarsi alla trasformazione di informazioni, ma anche comportare l'apprendimento di tutte le procedure in grado di migliorare la capacità di collegare i campi che l'organizzazione del sapere tiene gelosamente separati". Quanto alla scienza postmoderna, sembra evidente che, all'interno delle nuove mosse e delle nuove regole dei giochi linguistici, si trova ad affrontare una vera e propria crisi epocale.

Sottoposti alle urgenze delle applicazioni richieste dal mercato, spesso gli scienziati depongono la domanda sul senso del proprio operare e aderiscono in modo uniforme ai dettati della comunità scientifica di appartenenza. "Ciò può suggerire che i problemi di comunicazione interna incontrati dalla comunità scientifica nel suo lavoro, che consiste nel fare e disfare i suoi linguaggi, siano di natura comparabile a quelli della comunità sociale allorché, prima della cultura narrativa, essa deve mettere alla prova la comunicazione con se stessa, interrogandosi nello stesso tempo sulla natura e la legittimità delle decisioni prese in suo nome".

Uno dei vantaggi del sistema risulta, quindi, la durezza, il suo carattere monolitico. L'antimodello è rappresentato dal sistema aperto, che fa nascere nuove idee, nuove regole del gioco. Secondo Lyotard, una linea di fuga può essere il libero accesso alle memorie e alle banche dati, per aprire i giochi linguistici ad una informazione completa. "Si delinea una politica in cui saranno ugualmente rispettati il desiderio di giustizia e quello di ignoto".

gennaio - aprile 2003