Povertà disoccupazione disparità salariale:un paese del tutto anormale
di
Pasko Simone

Ci sembra un po' arduo continuare a definire questo un "belpaese" sulla base di tali cifre. Vale più che mai quel che, nei lontani anni '70, affermava Pasolini (che qualcuno - perfino a destra - vorrebbe vivo ancora oggi) e che ci piace parafrasare così: "I lavoratori vivono nella cronaca, Berlusconi e Fini nella storia. Ma tra i primi ed i secondi esiste un vuoto immenso, una 'diacronia' che è probabilmente l'anticipazione dell'Apocalisse".
Strano il Belpaese! Non c'è indagine o statistica in ambito europeo che non ci inquadri come gli ultimi della classe in diversi campi. Non c'è indagine o statistica in campo nazionale che non confermi la spaccatura profonda tra Centro-Nord e Centro-Sud. Siamo in realtà un Paese diviso in due che non supererà mai tale spaccatura e tutte le contraddizioni ad essa collegate, soprattutto nel prossimo futuro con una classe politica al potere tutta "nordista", che finge di interessarsi dell'intero Paese ma che, in realtà, pensa solo a se stessa.
Alcuni esempi. Siamo in Europa la nazione che meglio retribuisce la sua classe politica: vecchi e nuovi professionisti del potere dai 20 ai 30 milioni di vecchie lire al mese con una serie infinita di privilegi che non ha riscontro in nessun'altra democrazia al mondo, e poi abbiamo intere categorie di lavoratori che prendono salari di molto inferiori a quelli degli altri Paesi facenti parte della stessa Unione Europea, vale per tutti l'esempio degli insegnanti italiani che a fine carriera prendono poco più di 2 milioni di vecchie lire al mese mentre i loro colleghi francesi ne prendono 4 e mezzo e quelli tedeschi arrivano fino a circa 5 milioni. Siamo in Europa il Paese con le strade meno sicure: 7000 morti l'anno per incidenti stradali, 2900 in più rispetto alla media europea, con costi sociali altissimi: sui 42 mila miliardi di vecchie lire l'anno! E le meno sicure in assoluto sono al Sud! Che fare? Per ora ci dicono: accendete i fari e andate tranquilli, anche in pieno sole, poi si vedrà. Abbiamo le strade meno sicure nonostante noi si viva nel "paese più motorizzato del mondo". Nel '95 gli Stati Uniti guidavano la classifica con 562 auto per ogni mille abitanti contro le 522 dell'Italia. Ma nel 1997 l'Italia è passata a 540 automobili ogni mille abitanti e gli Usa sono diventati secondi con appena 510 auto ogni mille abitanti. In quell'anno in Italia circolavano 31 milioni di automobili.(1) Siamo gli ultimi ad usare Internet, ma siamo i primi nell'uso dei cellulari. Se nel 1998 con sei telefoni ogni dieci italiani (non abbiamo il dato più recente) con 20 milioni di abbonati l'Italia era prima in Europa seguita dalla Germania con meno di 14 milioni e dal Regno Unito con poco più di 11 milioni, eravamo gli ultimi nell'Occidente industrializzato per l'uso di Internet: poco più di un milione a fronte degli oltre 8 milioni di inglesi e 7 milioni e mezzo di francesi. È chiaro che la spiegazione sta nel fatto che ci piace più la chiacchiera che la ricerca. Lo ha riconosciuto perfino Bill Gates quando ha detto, molto rispettosamente, che il boom dei telefonini in Italia "dipende dalla maggiore propensione al dialogo degli italiani"(2)
Altro esempio. Le gazzette lanciano l'allarme: il made in Italy perde colpi per il caro tariffe.(3) Si dice che, nonostante le riduzioni degli ultimi anni, le tariffe italiane di acqua, luce, gas e telefoni, restano le più alte dei Paesi occidentali. Il presidente dell'Autorità per L'Energia lo conferma: "I prezzi dell'energia elettrica e del gas sono più elevati in Italia rispetto alla generalità degli altri Stati membri dell'Unione Europea".(4) Infatti, tra il '97 e il primo semestre 2002 la tariffa elettrica è cresciuta del 9,3%, quella del gas naturale del 5,1%. In tal modo, come denunciano Federconsumatori e Adusbef, prezzi e tariffe sono "ben superiori del 30% alle medie UE, con il conseguente rastrellamento di migliaia di miliardi di lire annui dalle tasche dei consumatori alle casse dei grandi monopoli ed oligopoli quali Enel, Snam, Eni, ecc." Merita evidenziare che dai dati contenuti nella nota del presidente dell'Authority si ricava che i capololuoghi di Regione ove maggiore risulta il caro-gas sono Palermo e Napoli, qui un consumatore tipo spende all'anno rispettivamente 1.343 e 1.388 euro all'anno, contro i 998 de L'Aquila, la meno cara. Ma le cose vanno anche peggio per i servizi assuicurativi e finanziari: i primi cresciuti a finè99 del 16,3% (contro il 4,9% della Germania e il 3% della Francia), i secondi aumentati del 6% (contro lo 0,4% della Germania e il 0,5% della Francia).
Nel dicembre 1999 Eurostat informa che, per la prima volta dal dicembre 1992, il tasso di disoccupazione nei Paesi di Eurolandia è sceso sotto la soglia del 10%. In particolare i tassi di disoccupazione più bassi sono quelli del Lussemburgo (2,7%), dell'Olanda (3,0%) e dell'Austria (4,2%). Conducono la classifica la Spagna con il 15,3% e l'Italia con l'11,4%, la quale, per di più, conserva il primato europeo dei senza lavoro al di sotto dei 25 anni con ben il 32,5%! La media dei disoccupati under 25 è pari al 17,5% in tutta l'Unione Europea; in Italia, nel luglio 1999, erano disoccupati il 37,3% delle donne e il 28,6% degli uomini al di sotto dei 25 anni. In pratica in Italia un giovane su tre non riesce a trovar lavoro. Sempre dai dati dell'agenzia statistica di Bruxelles si distingue il caso della Sardegna ove il tasso di disoccupazione giovanile supera il 56%!(5)
Ancora Eurostat, in un'altra indagine, mettendo a confronto gli stipendi di 11 Paesi dell'Unione, evidenziava che è l'Italia il Paese in cui più forti sono le disparità fra gli stipendi dei manager e i salari degli operai. Infatti un dirigente guadagna in media 4.596 euro al mese, il quadruplo dei 1.152 euro di un operaio. Dallo studio risulta che il maggior equilibrio nelle retribuzioni fra dirigenti e funzionari e lavoratori di base si riscontra in Olanda, dove i primi guadagnano in media meno del doppio dei secondi (3.083 contro 1.588 euro). I dirigenti italiani sono al top anche per ciò che concerne la differenza con i salari medi lordi per occupati nazionali, pari in Italia a 1.469 euro (poco meno di tre milioni di vecchie lire): il rapporto è di 3 a 1, il più alto fra tutti i paesi esaminati da Eurostat.(6)
Ma già l'ultimo rapporto Ocse del 1998 lanciava l'allarme: l'Italia è il Paese fanalino di coda in ambito europeo, non crea abbastanza lavoro, ha un'alta percentuale di disoccupati giovanili, è indietro nel "part-time". Soltanto tre giovani su cinque trovano un'occupazione alla fine del ciclo scolastico, ma per la metà dei giovani occupati si tratta di un impiego temporaneo e, a lungo termine, molti di loro conosceranno, a più riprese, lunghi periodi di disoccupazione. Si conferma che in Italia (e in Spagna) la disoccupazione è prevalentemente giovanile, cosa che, invece, non accade in Germania e nel Regno Unito.(7)
Sempre da Bruxelles, nel 1999, ci dicono che la pressione fiscale in Italia è calata di circa un punto passando dal 44,4% al 43,5% del Pil. Straordinaria notizia! Ma, nonostante il calo, il livello della tassazione italiana resta superiore alla media dei quindici Paesi UE che, nel 1998, era attestato al 41% del Pil. E se per la tassazione sui redditi si colloca all'ottavo posto, per il carico fiscale sul lavoro l'Italia è al primo posto, con una pressione fiscale del 46,4%, seguita dalla Francia (40,1%) e dal Belgio (34,8%). Meglio vanno decisamente (e significativamente) le cose sulla tassazione dei "capital gains": attestata in Italia al 13%, la metà di quella che si pratica in Francia e molto lontana dal 30% che si applica in Svezia!
In generale i dati confermano la presenza di un fisco più severo nei paesi nordici, al quale fa però da contraltare uno stato sociale migliore, con un più alto livello dei servizi sociali pubblici.(8)
Ci sembra un pò arduo continuare a definire questo un "belpaese" sulla base di tali cifre. Vale più che mai quel che, nei lontani annì70, affermava Pasolini (che qualcuno - perfino a destra - vorrebbe vivo ancora oggi) e che ci piace parafrasare così: "I lavoratori vivono nella cronaca, Berlusconi e Fini nella storia. Ma tra i primi e i secondi esiste un vuoto immenso, una "diacronia " che è probabilmente l'anticipazione dell'Apocalisse".(9)
Della povertà, al pari della morte, c'è una tendenza generale che spinge a ignorarla, a far finta di nulla, come se la cosa non dovesse interessarci più di tanto. Eppure il rischio povertà, come il caso recente dell'Argentina insegna, dovrebbe interessare, in tempi di globalizzazione sfrenata, tutti i paesi dell'Occidente, e l'Italia in particolare in Europa, proprio per i mali di fondo che segnano negativamente la nostra "democrazia imperfetta" e il nostro "vivere civile".
A tal proposito riportiamo qui un caso emblematico di cronaca nazionale che potrebbe far pensare ad una vicenda da ultimo paese del terzo mondo. Siamo invece a Milano, capitale finanziaria d'Italia:

"Voleva vendere un rene per tirarsi fuori dai debiti fatti per curare la moglie malata, ma rischia di non prendere un soldo perché la legge italiana, pur non soddisfacendo la richiesta di trapianto d'organi, punisce severamente chi ne fa illecito commercio. Così Flaminio, l'operaio di 43 anni che ha messo in vendita uno dei suoi due reni con un appello pubblico, difficilmente potrà entrare in possesso di quei 50 milioni che una fantomatica casa di cura romana gli avrebbe offerto per un rene e la cornea. La storia di questa compravendita di organi cominciò circa un mese fa, quando sui muri e sui pali della luce di alcune strade di Milano, apparve un manifesto: "Vendo per urgenti necessità un rene al miglior offerente. Scrivere a Patente…. Fermo posta…"
A indurre l'operaio a fare un simile passo, all'insaputa dei suoi familiari, era stata la grave malattia della moglie. Sposato e padre di due figli di 16 e 12 anni, lavora in una ditta che svolge attività in appalto per l'Azienda trasporti di Milano. Con il suo stipendio deve mandari avanti la casa e da quattro anni pensare alle cure per la moglie, colpita da un cancro al seno, operata in clinica privata perché nell'ospedale pubblico c'era troppo da aspettare. Con le spese sempre in salita, l'operaio non ce la faceva a tirare avanti. Così, dopo disperati tentativi tra i parenti e le finanziarie per avere un prestito, un secondo lavoro anch'esso trasformatosi in un boomerang per una storia di assegni falsi, Flaminio ha deciso di tentare la strada del traffico d'organi. Saputo che si vive anche soltanto con un rene si è deciso a fare l'appello".
(10)

Il 17 marzo 1997 la Banca d'Italia pubblica una sua ricerca nella quale si legge testualmente:
"Quasi un terzo degli italiani fino a 15 anni sono poveri (uno su due nel Sud), appartengono cioè a famiglie con un reddito inferiore alla metà di quello medio. Il 26% delle famiglie con figli minorenni è sotto la soglia di povertà contro una media nazionale del 12%. La percentuale sale di pari passo con l'aumento del nucleo familiare: è povera la metà delle famiglie con tre o più figli. Sul totale dei nuclei poveri il 56,4% ha figli minorenni". In Italia, osserva ancora la Banca d'Italia, l'attenzione verso la povertà dei minori è sempre stata "piuttosto modesta" e conclude affermando che "bisogna quindi riequilibrare la spesa sociale".
A differenza che nei Paesi del Nord Europa, i minorenni poveri italiani non appartengono tanto a famiglie con un solo genitore ma sono figli di famiglie numerose o monoreddito, soprattutto nel Mezzogiorno. Il fatto che "la diffusione di condizioni di disagio economico fra i minorenni risulti nettamente superiore a quella relativa all'intera popolazione, è particolarmente grave perché coinvolge soggetti che non possono essere ritenuti responsabili per la loro situazione economica e perché mina il futuro di queste vite ma anche della società". Questi ragazzi probabilmente non studieranno, saranno disoccupati o avranno lavori precari. Il risultato è "un sistema di assegni familiari che tutela solo i lavoratori dipendenti, così che ampie categorie di cittadini restano sprovviste di una rete di sicurezza".
Ecco che allora le prestazioni per sostenere la famiglia in Italia valgono solo il 3% della spesa sociale, contro una media europea del 6,5%!(11)
Ridicoli ci sembrano quindi i gridi di allarme sulla crisi delle nascite in Italia da parte di ministri del welfare o ministri della chiesa. Ancora più ridicoli i toni falsamente preoccupati di un Governatore della Banca d'Italia per il "parametro" natalità-invecchiamento che come egli dice "si ripercuote nell'economia perché, senza i giovani, i mercati non crescono, calano i risparmi e diminuiscono perciò le risorse per gli investimenti".(12) Non sappiamo se Il Governatore sa che l'Italia è il fanalino di coda tra le nazioni europee per quanto riguarda il sostegno alle famiglie: in Germania è esattamente doppio e in Francia è tre volte tanto. Non sappiamo se il Governatore sa che nel corso degli ultimi due decenni, qui da noi, la spesa per le famiglie è addirittura diminuita in quanto "non considerata prioritaria nelle scelte politiche del Paese".(13) Quindi la risposta è elementare: non si fanno più figli in Italia per la semplice ragione che nessuno aiuta le famiglie ad affrontare i gravi impegni economici, educativi e sociali, che la crescita di un figlio comporta.
Ma, sociologicamente parlando, perché vi sia comprensione vera e reale dei fenomeni sociali, vanno messi a fuoco più aspetti inerenti la vita quotidiana di un paese e di un popolo. Solo così si spiegano aspetti apparentemente diversi che sono, a ben guardare, tutti fenomeni di una medesima condizione socio-economica. Forse il nostro Governatore sa, ma vuole ignorarlo, al pari della classe dirigente che ci governa, un dato a dir poco sconvolgente quando si parla di giovani e vecchi.
Come risulta dal 10° Rapporto Cer-Spi del 12 giugno 2000(14) - sono ancora le pensioni da lavoro uno dei principali ammortizzatori sociali italiani. Un quarto dei soldi che arrivano nelle famiglie più in difficoltà, arriva dalle pensioni di lavoro a fronte di appena un decimo del Regno Unito. Nelle famiglie italiane c'è una distribuzione all'interno del nucleo molto più alta che nel resto d'Europa con i figli che restano di più a casa (43% di quelli con più di 25 anni a fronte del 18% del Regno Unito e del 23% in Germania) e gli anziani che danno un contributo significativo al ménage quotidiano.
In Italia - si legge nel rapporto - i parenti anziani convivono con i più giovani cinque volte di più che negli altri Paesi: il 5% del totale rispetto all'1% di Germania e Regno Unito. I giovani vivono di più a casa e ricevono proprio dalle pensioni dei nonni circa l'11% del proprio reddito a fronte di appena l'1% in Germania e nel Regno Unito. Attinge alla pensione di un parente anche un lavoratore su cinque (ben il 19% a fronte del 5% in Germania e del 4% nel Regno Unito), anche se resta quella del disoccupato la figura che più trae beneficio dalla pensione del vecchio nonno. La ricerca dice infatti che in Italia un disoccupato su tre riceve un sostegno da un pensionato a fronte di uno su dieci nel Regno Unito e uno su dodici in Germania. Sempre secondo lo studio veniamo a sapere che ben l'85% dei disoccupati italiani riceve un sostegno economico all'interno del nucleo familiare a fronte di appena il 40% nel Regno Unito e del 55% in Germania. Conclusione: grazie al sistema previdenziale e alle magre pensioni dei nonni, si è attuatta in tutti questi anni anche una indiretta funzione di assistenza che ha certamente attuttito i conflitti sociali e le difficoltà familiari nello sbarcare il lunario. E poi, dopo le periodiche minacce a tagliare le pensioni, si chiede e si pretende a gran voce che si facciano più figli. Niente di più ridicolo e contraddittorio in un Paese in cui si afferma, ipocritamente, che il nucleo più importante della società è la Famiglia!
La cosa più curiosa è che tale "miracolo" all'italiana, ancora una volta, si manifesta in modo più accentuato nel Mezzogiorno, sebbene i redditi pensionistici al Sud siano più bassi del 40% rispetto a quelli del Nord!
Ma per quanto riguarda il Mezzogiorno, si aggiunga, a tale ennesimo squilibrio, quanto riportato in un'altra ricerca, tenuta per lo più in sordina dai massmedia, quella dell'EURISPES del 22 giugno 1998(15) da cui emergeva che, anche quanto a carico tributario, il Mezzogiorno "paga il dovuto", e forse anche più del dovuto, visto che ha un reddito pro-capite pari solo ai due terzi del resto d'Italia. Infatti, tra imposte indirette e oneri sociali, il contributo del Mezzogiorno risulta pari al 42% del proprio Pil, contro il 40,9% del Centro-Nord su una media italiana del 41,3%. Come dire che il più povero in Italia paga più del ricco! E il Nord secessionista attinge alle casse di "Roma ladrona" per l'ordine e la sicurezza, per la sanità e la previdenza, molto più di quanto fa il sempre rispettoso e succube Sud d'Italia.
E sempre l'infaticabile Eurostat, dopo aver analizzato il caso italiano dal punto di vista del potere d'acquisto, conferma un'antica verità quando denuncia: il profondo divario tra il ricco Nord e il povero Sud: un vero record in Europa! Il picco positivo nazionale lo raggiunge il ricco Trentino Alto Adige, quello negativo naturalmente la Calabria, considerata una delle zone più depresse della UE. Fatta 100 la stima della media UE del prodotto interno lordo pro-capite, la classifica è quasi scontata: Trentino Alto Adige (136), Lombardia (135), Valle d'Aosta (130), Emilia Romagna (129), Veneto (119), Piemonte (117), Friuli (116), Lazio (113), Toscana (110), Liguria (106), Marche (101), Umbria (98), Abruzzo (84) Molise (79), Sardegna (76), Basilicata (72), Puglia e Sicilia (65), Campania (64), Calabria (61).(16)
Già nel lontano 1955 un'indagine del Censis evidenziava la stranezza di questo Paese, nel quale mentre cresce la ricchezza (di chi?) aumentano i poveri e si aggrava il disagio sociale. Il Censis rilevava, infatti, che l'8% degli italiani era costituito da poveri, ma il rapporto della Commissione sulla povertà e l'emarginazione presso la presidenza del Consiglio guidata da Pierre Carniti, riportava un netto 11% (lugliò95) che al Sud diventa uno scandaloso 20 per cento! Quasi sei milioni e mezzo di poveri! Mica male per una grande potenza! Due milioni di famiglie che vivono l'inferno quotidiano della sopravvivenza. Non fanno proprio la fame, ma sono tagliati fuori da qualsiasi opportunità di migliorare la propria condizione. È l'altra faccia della medaglia. Da un lato aumentano le abitazioni di proprietà, i conti in banca, le attività commerciali, e dall'altro si scopre che c'è un'alta percentuale di persone che può spendere per mangiare solo metà della media nazionale. Come dire che c'è chi mangia al minimo e chi, invece, mangia al doppio! È chiaro che vivere in Italia è più difficile, ma non per tutti. E ancora una volta non sorprende che nel Meridone si concentra ben il 73% di quell'11%. Nel frattempo è notevolmente aumentata la percentuale dei suicidi: da 5,7 ogni 100 mila abitanti a 7,2. A partire dal 1993 in Italia, conclude il Censis, per la prima volta l'indice del benessere comincia a calare dopo una tendenza in continua crescita, mentre l'indice del disagio sociale fa un balzo in avanti preoccupante. Il guaio è che la miseria si va sempre più concentrando in aree-ghetto, zone del paese senza alcuna opportunità per giovani e vecchi, per donne e bambini. Secondo l'esperto Ermanno Gorrieri, le contraddizioni socio-economiche del Paese si spiegano: "Sono il segno che è fallita la politica della redistribuzione del reddito".(17) In breve i poveri sono destinati a diventare ancora più poveri, in un ambito in cui chi è ricco lo diventa sempre di più, in quanto ha le chiavi di accesso ad una sempre maggior ricchezza.
Società "perfettamente" ingiusta che ha fallito il suo compito. Verso la quale ha da dire la sua perfino il Papa quando tenta di denunciare la barbarie del "turbocapitalismo". Ma, ci chiediamo noi, qualsiasi cosa non fallisce quando la si vuol far fallire? Ancora una volta Argentina docet.

1) Corriere della Sera, "Italia Paese più motorizzato al mondo", 5/3/1998.
2) Cfr. Corriere della Sera, 8/3/1999, p.21
3) La Gazzetta del Mezzogiorno, "Acqua, luce e gas: un salasso", 12/12/1999
4) La Gazzetta del Mezzogiorno, "In Italia luce e gas più cari d'Europa", 5/7/2002
5) La Gazzetta del Mezzogiorno, "Europa, diminuisce la disoccupazione", 7/12/1999
6) Corriere della Sera, "Eurostat, in Italia la maggior disparità salariale", 8/7/1998
7) Corriere della Sera, "Allarme Ocse: l'Italia non crea abbastanza occupazione", 22/7/1998
8) Il Messaggero, "Carico fiscale sul lavoro: siamo i primi in Europa", 11/11/1999
10) Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane, Einaudi, Torino 1976
11) Corriere della Sera, "Vende un rene, rischia il carcere", 10/4/1994
12) La Gazzetta del Mezzogiorno, "Fazio: allarme per la scarsa natalità", 6/11/1999
13) Cfr. il sesto rapporto CISF sulla famiglia in Italia
14) La Gazzetta del Mezzogiorno, "La pensione del nonno aiuta il nipote", 13/6/2000
15) Corriere della Sera, "È per il Nord Italia il record dell'assistenzialismo", 23/6/1998
16) Corriere della Sera, "Sud povero, Nord ricco. Divario record in Europa", 24/02/2001
17) Corriere della Sera, "Più poveri nell'Italia dei cellulari", 20/8/1995

settembre - dicembre 2002