"Addové, gardidde?" chiese Tina, come faceva d'abitudine, sorridendo nel dormiveglia.
Gianni, lì per lì, non rispose e poi non avrebbe potuto: un nodo in gola glielo impediva; a stento tratteneva le lacrime mentre cercava di sistemarsi i capelli, arruffati dal sonno, davanti allo specchio; e, per fortuna, Tina gli era alle spalle.
Tutte le santissime mattine, all'alba. Ogni giorno, doveva levarsi da letto a quell'ora, per prendere l'autobus e raggiungere la fabbrica, per quel lavoro da niente, che non gli piaceva affatto.
Sull'autobus si sarebbe addormentato tra le sghignazzate dei compagni, gli sfottò, le battute goliardiche, i pettegolezzi, insomma in mezzo a quel vociare che pian piano avrebbe percepito come in un sottofondo mentre il cielo, come sempre, come tutti i giorni, lo avrebbe visto dal finestrino, rischiararsi lentamente.
Traffichini politicanti… e, finalmente, era arrivato all'onorevole: lui, con la moglie Tina e i due figli di cui l'ultimo "Ci è scappato…" - così diceva spesso Tina, ingenuamente, come a volersi scusare e Gianni non poteva che assentire con amarezza ripetendo tra i denti: "Già! ci è scappato…" -, per chiedere la raccomandazione, per avere quel posto da impacchettatore: sistemare elastici nelle bustine, capirai!
E non mancavano i turni di notte. A far che? A impacchettare elastici, e che altro se no? Per sentirsi pure chiamare "Zirizzill!"(1) dal vicinato.
Ma, almeno, poteva portare a casa da mangiare, alla moglie e ai figli, di cui l'ultimo, sì, gli era scappato… e tanto bastava perché gli rimanesse quel pò di buonumore per affrontare le levatacce giornaliere con ironia: aveva preso l'abitudine di esclamare "Chicchirichì!" appena levato - a seconda dell'umore: a volte sommessamente, altre con amara rassegnazione, oppure ad alta voce imitando un gallo, per farsi forza - e Tina, ancora assonnata, ma già sveglia per sorridere, gli rispondeva: "Addové, gardidde?"(2) per dire "Buongiorno, ti amo e ti vogliono bene anche i nostri figli soprattutto quello che ci è scappato…"
Gianni le sorrideva e andava via senza rispondere. Gianni, l'amava.
Baci? No, niente baci, da cosa sarebbe nata cosa: già uno gli era scappato… e l'autobus non aspettava. "Chicchirichì!" e… via!
Scioperi, assemblee, occupazioni, cortei… ma non aveva capito niente di quella storia dell'articolo 18 e, del resto, non serviva più capirci qualcosa: la legge era passata e c'era aria di licenziamenti. Cioè, lo sapevano… da un momento all'altro… altro che aria!
Diciotto. Ormai era un'ossessione. Non aveva altro in mente che quel maledetto numero: 18. Sul calendario, il 18, quel mese, era rosso, ironia della sorte, un giorno di festa: a casa…
Guardava le vetrine, e i cartellini dei prezzi riportavano inevitabilmente il 18. Pensava alle scarpe che non avrebbe potuto acquistare e lo sguardo si posava sul cartellino da 36 Euro: 18 x 2... E poi c'erano i libri per la scuola da comperare, anche per l'ultimo, sì, per quello che gli era scappato: 54 Euro: 18 x 3…
Sempre quel 18 oppure un multiplo di 18. Dannatissimo 18! Sì, perché per tornare a casa, dal centro a casa, in periferia, doveva prendere il numero18. I compagni, ora, lo prendevano in giro, perché s'era messo a fare l'elegantone: da un pò di tempo portava l'orologio con le lancette che gli aveva regalato Tina, per l'anniversario del matrimonio: quel CASIO che segnava 18 sul display, proprio non lo sopportava più quel 18. Era un unico pensiero; e ripensava ai suoi diciott'anni quando, dopo il diploma, trovò il suo primo lavoro. Poi fu licenziato e allora dovette ricorrere all'onorevole da cui, appunto, fu ricevuto, se ricordava bene, proprio alle 18, dannazione!
"Già!… 18", con un sorriso amaro, fu l'unica cosa che gli riuscì di dire quando il caposettore, con quell'aria di superbia, propria di chi l'ha fatta franca e ha bisogno di calpestare l'altro per sentirsi forte, gli porse la lettera di licenziamento.
E ora chi glielo avrebbe detto a Tina e ai due figli? A cinquant'anni avrebbe dovuto cercare un nuovo lavoro? Daccapo dall'onorevole per trovare un posto? Di quei traffichini ne aveva nausea, di quelle massonerie trasversali ne aveva piene le tasche, di quei nulla che se la credono perché hanno la tessera del partito, che passano le giornate per strada e al bar, tutti lavoratori!, e di sinistra…!, - look adeguato, naturalmente… - che inneggiano alla legalità mentre salgono e scendono dal Circolo del Bridge, durante le pause d'attesa dietro la porta del potente di turno per sistemare i propri figli. Provava ripugnanza. Glielo aveva ripetuto spesso a Tina, negli ultimi tempi. Sì, perché in fondo, la politica, le idee, qui non c'entravano nulla, e destra e sinistra finivano per equivalersi: era popolino desideroso di emergere, "nuovi arrivati", gentucola capace di ogni bassezza: piccini, boriosi, cafoni, pettegoli, ruffiani, calunniatori, intrallazzisti e… lui, Gianni, aveva dignità.
Il giorno dopo si alzò alla stessa ora, come le altre volte, ma senza fare "Chicchirichì!".
Guardò fuori della finestra, era ancora buio, nuvoloso per di più, e questo ritornava utile ai suoi pensieri perché non se ne andassero a zonzo e restassero in silenzio nel segreto del cuore.
Non sapeva cosa avrebbe fatto. Avrebbe passeggiato alla ricerca di spazi aperti dove pensare, per darsi ragione di una vita trascorsa a impacchettare elastici, di quel "Zirizzill!"… Già, "Zirizzill!"…
"Bisogna adattarsi!" è quello che si ripeteva sempre in casa, e lui cos'altro aveva fatto nella vita se non adattarsi? Casa popolare, due stanze, un bagno senza vasca, una sola stanza per i due figli: praticamente una prigione e si era adattato. Poi era arrivato il secondo figlio, gli era scappato…, e cos'altro avrebbe potuto fare se non adattarsi? S'era adattato, infatti. Un lavoro da impacchettatore di elastici, meglio di niente, per giunta supplicato al signor onorevole, e anche allora s'era adattato. S'era adattato ai traffichini politicanti, boriosi dallo sguardo torvo e ridanciano o viscidi manipolatori opportunisti che considerano il mondo come terra da calpestare impunemente; pure con superbi farisei capaci di ogni nefandezza in nome della causa, sentendosi poi con la coscienza a posto, aveva avuto a che fare: sì, aveva dovuto averne a che fare con tutti questi, purtroppo: aveva dovuto adattarsi.
Ma sì, quel "Zirizzill!" non gli faceva più specie. In fondo, pensava, siamo tutti degli elastici, dei "zirizzill", appunto: tira di qui, tira di là, stringi di lì, stringi di qua, finché non ci si spezza, non ci si rompe. Quel grande elastico appeso al muro, nella cameretta dei ragazzi, come un Crocifisso - gadget della fabbrica dove aveva lavorato per più di vent'anni - oggi gli diceva questo: "l'uomo è un elastico, "nu zirizzill!"(3) e se no, lo deve diventare, si deve adattare, si deve fare lo stomaco…". Però, quella mattina, Gianni si sentiva come un elastico rotto, prima ancora che fosse giunto il momento.
- "Addové, gardidde?" chiese Tina, come faceva d'abitudine, sorridendo nel dormiveglia.
Gianni, lì per lì, non rispose e poi non avrebbe potuto: un nodo in gola glielo impediva; a stento tratteneva le lacrime mentre cercava di sistemarsi i capelli, arruffati dal sonno, davanti allo specchio; e, per fortuna, Tina gli era alle spalle.
Allora un lampo di genio gli venne in soccorso: si sistemò un fazzoletto in testa, come fosse un pirata e…
-"Oggi caccia al tesoro!"
-"Scemo…"
-"Abbiamo vinto! Ho giocato l'ot-tan-tu-no! su tutte le ruote!"
-"Scemo…" rispose Tina sbadigliando, rigirandosi dall'altra parte e continuando a dormire.
Gianni si voltò, il fazzoletto alla pirata in testa, e restò per un pò ad osservarla in silenzio, Tina, sua moglie, distesa sul letto, serena, tranquilla, la sentiva respirare piano. Per la mente non aveva pensieri. Assorbiva l'immagine di quella donna distesa, con il capo che sprofondava in un cuscino di capelli, come fosse un'immagine televisiva: osservava il mondo senza capirne il perché.
Si scosse, aprì la porta della stanza da letto senza far rumore ed uscì, in punta di piedi.
-"Addové, gardidde?!" fece, quasi gridando, Tina, tirandosi su, la fronte corrugata da una improvvisa inquietudine.
1) Elastico
2) Dove vai galletto?
3) Un elastico |
settembre - dicembre 2002 |