è esemplare il caso di Torre Calderina, sulla costa
molfettese di ponente.
Nelle sue dimensioni pur ridotte contiene tutti gli aspetti degenerativi degli “accordi di programma”, cioè della Legge regionale nº 34 del ’94. Questa legge, modificata e peggiorata nel 1998, è uno strumento di forzatura delle regole urbanistiche a favore di nuove insediamenti produttivi che ha dato luogo in Puglia ad un fenomeno senza riscontro in altre regioni d’Italia.
Soltanto ad Altamura circa 140 “accordi”, con i loro 6 milioni di metri cubi di cemento, stanno modificando il paesaggio in modo perentorio, aggressivo, dislocando fabbriche in aree destinate all’agricoltura quando non a ridosso di luoghi di particolare interesse storico e scientifico, come la cosiddetta “valle dei dinosauri”, o ambientalistico, come il Parco dell’Alta Murgia. L’aggressione al territorio altamurano è stata fermata dalla decisione del giudice per le indagini preliminari di Bari che ha accolto il 13 febbraio scorso la richiesta di sequestro dei suoli avanzata dai sostituti procuratori Pugliese e Rossi, decisione che ha consentito al sindaco di quella città, Rachele Popolizio, di revocare l’approvazione comunale degli “accordi”. Tuttavia, e nonostante l’intervento della Magistratura, negli uffici della Regione Puglia sono all’esame altri tre “accordi di programma”, molto simili tra loro, che porterebbero alla realizzazione di altrettanti campi da golf nel raggio di pochi chilometri, sempre all’interno o a ridosso del perimetro del parco altamurano: a Santeramo, a Cassano e a Toritto.
è evidente che, a dispetto del criterio di straordinarietà che ispirava la legge regionale nº 34 come deroga alle regole di pianificazione del territorio quando non fossero previste aree idonee alle attività produttive, gli “accordi di programma” innescano un processo imitativo. è quanto potrebbe accadere a Molfetta con l’accordo ratificato dal Consiglio comunale lo scorso 20 gennaio. Si prevede la costruzione di un complesso turistico-albergiero a pochi metri dalla cinquecentesca Torre Calderina: un albergo alto tre piani, undici bungalow, un paio di piscine, una pinetina e un grande parcheggio. Attualmente l’accordo è fermo, in attesa di chiarimenti che la Regione Puglia (in seguito ad un ricorso del Partito di Rifondazione Comunista) ha chiesto al Comune di Molfetta per verificare la compatibilità con il tematismo del Putt. Infatti, tra gli altri vincoli, il territorio di Torre Calderina è Oasi di protezione faunistica dal 1985. Condizioni, queste, che hanno spinto gli autori del Piano regolatore generale di Molfetta (esecutivo solo dalla primavera scorsa, dopo 18 anni di gestazione) a prevedere gli insediamenti turistici ungo la costa di Levante. Qualcuno è convinto che i piani regolatori siano superati: troppo rigidi, impediscono lo sviluppo economico. Ma conviene ricordare le parole di Giorgio Ruffolo: “la pianificazione territoriale - diceva - è lo strumento principale per sottrarre l’ambiente al saccheggio prodotto dal “libero gioco” delle forze di mercato”.
Le associazioni ambientalistiche Archeoclub, Legambiente, Comitato di salvaguardia di Pantano-Ripalta, Wwf di Andria si oppongono alla realizzazione del complesso turistico e chiedono la salvaguardia e la riqualificazione del territorio: un ambiente fragile e già violentato in anni di dissennata aggressione. La proposta consiste nella trasformazione della “Oasi di protezione” di Torre Calderina in una “Area naturale protetta”, ma in un convegno che si è tenuto il 16 aprile scorso il biologo Nico Tedesco ha indicato anche la via, più breve ma non meno efficace, della istituzione di un Parco comunale. è un’idea sulla quale conviene che l’Amministrazione comunale di Molfetta insieme a quella di Bisceglie (nel cui territorio ricade parte dell’area di Torre Calderina) si misurino, senza il timore di dover fare un passo indietro rispetto a decisioni già prese.
D’altra parte, dopo le catastrofiche prove accumulate in così breve tempo, da più parti si chiede la abrogazione o quanto meno la correzione della legge regionale nº 34/94, mentre per iniziativa della rivista “Sudcritica” e della associazione “Italia giusta” sta per costituirsi un comitato promotore per il referendum abrogativo dell’art. 23 della legge regionale nº 20 del 2001. La nuova legge regionale urbanistica, che pure è assai innovativa almeno nei suoi principi, laddove considera la salvaguardia del paesaggio non un vincolo ma una risorsa, ingenera una grave contraddizione nel delegare i Comuni a rilasciare le autorizzazioni paesaggistiche, una funzione di tutela che attiene allo Stato sin dal 1939 e che il Decreto legislativo nº490 del 1999 aveva delegato alle Regioni. Appare evidente il contrasto con la norma costituzionale per cui “lo Stato ha legislazione esclusiva nella tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, come recita l’art 117.
Anche la sezione pugliese dell’Inu (Istituto Nazionale di Urbanistica) ha posto il tema dell’ambiente in primo piano nella sua agenda. In particolare, l’Inu intende avviare un monitoraggio della tutela del paesaggio nella regione, sorvegliando il processo di istituzione del Parco dell’Alta Murgia, la istituzione di una trentina di aree protette già individuate, l’esame delle nuove richieste di approvazione di aree protette, sollecitate da comitati cittadini. è una iniziativa concertata per indirizzare le politiche di uso del territorio nel senso indicato dallo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo. Il documento comunitario approvato a Potsdam nel maggio del 1999 si fonda sui principi generali stabiliti a Lipsia nel 1994 e persegue tre obiettivi fondamentali: un sistema urbano equilibrato e policentrico e nuove forme di relazione città e campagna; pari accessibilità alle infrastrutture e alle conoscenze; una gestione oculata e uno sviluppo del patrimonio naturale e culturale.
Certo, le politiche indicate nello schema di Potsdam non sono impositive, perché rimane di competenza nazionale il governo dell’assetto del territorio, ma esse indicano qual è la cultura europea del paesaggio. E conviene tenerne conto. “Dei cento chilometri di costa della Provincia di Bari – ricorda l’urbanista Dino Borri – sessanta sono già definitivamente perduti dal punto di vista ambientale; ne restano solo quaranta e, tra questi, gli otto chilometri che separano Molfetta da Bisceglie”.
Torre Calderina non è un puntino pressoché invisibile su una carta topografica. Ma soprattutto non è una questione privata. |
maggio - agosto 2002 |