Testimonianze - Una metropoli del sud del mondo, a 70 km dal mare, nello stato brasiliano di Rio Grande do Sul, prova a vivere malgrado le condizioni avverse in America Latina, facendo decidere alle persone che la abitano come spendere i soldi della comunità, e con una buona dose di creatività.
Un campus enorme, di recente costruzione, pullulante di colori, stand, artisti e giocolieri, nonché di cortei spontanei e iniziative improvvise (ad ogni piè sospinto un gruppo di indiani si mette a fare meditazione, o un gruppo di ambientalisti inscena un corteo nell’androne dell’edificio universitario), un campus fa da fucina di idee e di iniziative.
Vi sono convenute migliaia di persone, circa cinquantamila, da ogni dove del mondo, dal 27 Gennaio al 6 Febbraio, non soltanto per evidenziare che un altro mondo continua ad essere possibile anche dopo la spada di Damocle del binomio terrorismo-guerra lenta e globale, ma anche per sancirne l’avvio di costruzione: il vero cuore pulsante di questo appuntamento sono stati non solo e non tanto le manifestazioni ed i cortei, o gli oceanici dibattiti con studiosi ed intellettuali del calibro di Noam Chomsky, Naomi Klein, Vandana Shiva, Rigoberta Menchù, quanto la miriade di gruppi di lavoro, circa un migliaio e anche minuscoli come numero di partecipanti, dalla psichiatria creativa al ruolo dell’arte nella costruzione di un mondo solidale, dalla cartografia nel nuovo mondo allo sviluppo sostenibile, dai percorsi di genere alla partecipazione popolare nell’amministrazione delle città, dalle politica globale di tassazione ad un nuovo futuro per l’acqua, che non basterebbe tutta la rivista per continuare.
Tantissime sfaccettature dell’alternativa alla globalizzazione, analizzate da un numero di delegati e delegate esponenzialmente maggiore rispetto al primo appuntamento di Porto Alegre, che hanno portato ad un appello conclusivo dei movimenti sociali decisamente più avanzato rispetto allo scorso anno e ad una agenda politica e sociale che va dalle contestazioni ai grandi vertici delle istituzioni sovranazionali, come il G8 a luglio in Canada, ad appuntamenti propri del movimento, dal 1° maggio internazionale sui diritti, alla giornata internazionale contro il militarismo e per la pace del 31 maggio, alla giornata dei senzatetto prevista per il 7 ottobre, ai forum sociali continentali (quello latino-americano è in ottobre a Quito, in Ecuador, quello europeo in novembre a Firenze), alla splendida idea di tenere un forum sociale in Gerusalemme. Spicca, nel documento conclusivo dei movimenti sociali, il netto ripudio del neoliberismo e della guerra, che sono un vero proprio discrimine per la partecipazione al movimento per un altro mondo possibile.
Fa da contraltare, a questa netta scelta di campo, l’ambiguità espressa soprattutto sul tema della guerra lenta e globale, dal Forum Parlamentare, che ha visto una nutrita fetta di partecipanti, composta da parlamentari, per lo più di estrazione socialista e socialdemocratica, che hanno votato, nei rispettivi organi legislativi nazionali, a favore dell’intervento di guerra in Afghanistan. La posizione annacquata contro la guerra da parte di questi parlamentari, ha portato da un lato all’elaborazione di due documenti conclusivi distinti del Forum Parlamentare, dall’altro ha portato ad una forte contestazione da parte delle realtà aderenti all’assemblea dei movimenti sociali, sfociata nell’occupazione della sala e del palco durante lo svolgimento dei suoi lavori.
Tornando invece all’assemblea dei movimenti sociali ed al suo documento conclusivo, è da registrare, malgrado la decisione di tenere un forum sociale a Gerusalemme, la scarsa attenzione dedicata nell’appello finale alla questione di una pace giusta in Medio Oriente ed alla fine dell’aggressione dei militari di Ariel Sharon al popolo palestinese ed al suo presidente Arafat. Le poche righe dedicate a questo punto così importante sono dovute all’intervento ed alle richieste della delegazione italiana dei forum sociali, la più nutrita al secondo Forum Sociale Mondiale dopo quella brasiliana.
Un altro momento importante del FSM è stato il campeggio dei giovani, intitolato a Carlo Giuliani, ed inaugurato proprio con una toccante e partecipata conferenza a cui è intervenuta la madre di Carlo, Aidi. Al campeggio, di circa 15.000 ragazzi e ragazze, si sono tenuti dibattiti, gruppi di discussione, mostre, concerti, proiezioni video; è stato un momento significativo di tessitura di relazioni fra le organizzazioni giovanili internazionali, anche se l’enorme distanza dal campus e l’intenso calendario degli appuntamenti non hanno consentito una adeguata partecipazione delle organizzazioni giovanili ai lavori del campus.
A margine dei due Forum Mondiali, quello Sociale e quello Parlamentare, si è anche tenuto il secondo Forum degli Enti Locali, promosso dalla municipalità di Porto Alegre e dallo Stato di Rio Grande do Sul. Vi hanno partecipato, fra gli altri, molti sindaci delle più grandi città Europee, fra cui il sindaco di Roma e il sindaco di Parigi.
Un’ultima nota, ma è la più importante, se la meritano la partecipazione dei sindacati e la relazione fra il movimento dei fori sociali italiani e il sindacato maggiormente rappresentativo del nostro paese, la CGIL. Seppure Porto Alegre II sia stato il momento preferito di confronto per molte organizzazioni che si impegnano contro il neoliberismo e per l’alternativa, non si può dire che la partecipazione dei sindacati dei lavoratori a livello internazionale sia stata massiccia, fatta salva una certa partecipazione dei sindacati di matrice anglosassone e alcune realtà latinoamericane.
Soprattutto è stata scarsa la partecipazione di molti sindacati europei, anche per quanto riguarda l’Italia. Nella delegazione italiana c’erano diversi esponenti delle organizzazioni extraconfederali, Cobas, Cub, Rdb, ma si avvertiva la scarsa partecipazione della CGIL, anche se c’è stata una buona presenza di esponenti della FIOM.
Ma non si può negare che l’appuntamento di Porto Alegre (che si è tenuto in parte negli stessi giorni del congresso nazionale della CGIL) e il movimento contro la globalizzazione neoliberista e contro la guerra degli ultimi mesi, le relazioni con il sindacato dei metalmeccanici consolidatesi già dal percorso preparatorio di Genova, abbiano condizionato la scelta , per molti versi coraggiosa, di interrompere le logiche concertative di tutto un decennio, di dire un no “senza misura” alle modifiche in peius all’art.18 e ad indire una manifestazione riuscitissima per il 23 marzo e il primo sciopero generale di otto ore dopo vent’anni nel nostro Paese.
Quasi non ci credevamo, quando a Porto Alegre abbiamo appreso la notizia, ma è tutto vero, non siamo più soli in piazza; ora dipenderà anche da noi saper avviare una relazione con il mondo del lavoro sui temi della alternativa alla globalizzazione, dell’internazionale della speranza, della generalizzazione dei diritti del lavoro.
Se sapremo innescare un circolo virtuoso di relazione e di confronto dialettico con la CGIL, che porti ad affrontare anche il tema della estensione dell’art. 18 ai lavoratori delle aziende al di sotto dei 15 dipendenti e le questioni legate alle nuove forme di lavoro precario, saremo destinati a tante altre buone giornate dopo quella del 23 marzo, anche se piovesse a dirotto. |
maggio - agosto 2002 |