Edilizia abitativa e mercato immobiliare a Molfetta
di Francesco Mancini

Osservatorio

Tra le anomalie che caratterizzano il tessuto socioeconomico molfettese, una delle maggiori, forse la principale, riguarda la particolare situazione dell’edilizia abitativa e del mercato della casa.
È notorio, infatti, come il territorio di Molfetta si distingua per una singolare carenza di attività produttive di tipo industriale - e quindi di occupazione - a fronte di un livello mediamente alquanto elevato dei prezzi delle abitazioni e delle relative locazioni.
I due fenomeni appaiono strettamente connessi e possono in qualche misura considerarsi tipici di entità geografiche come quella molfettese, in cui affluiscono, in forma di mezzi finanziari, risorse in rilevante misura prodotte e conseguite altrove. Vi si è storicamente concentrata una domanda monetaria di dimensioni notevoli, che i percettori assai raramente hanno impiegato direttamente in attività imprenditoriali. Per lo più essi hanno preferito mantenerla in forme di risparmio fruttifero, in attesa di raggiungere un livello di accumulazione sufficiente all’acquisto di proprietà immobiliari, destinate al soddisfacimento di esigenze abitative familiari e/o al conseguimento di rendite da locazione ed anche di incrementi del valore di mercato degli immobili acquistati.
È da ritenersi che, per ciò che concerne gli acquirenti, il fenomeno possa spiegarsi con la particolare tipologia e provenienza delle disponibilità finanziarie, inizialmente costituite in larga prevalenza dalle rimesse di marittimi ed emigranti.
Queste figure sociali, per lo più di umili origini, si sono spesso caratterizzate per una marcata aspirazione alla scalata sociale ed il costante timore della ricaduta in condizioni di insicurezza e ristrettezze. Non appare strana, quindi, la irresistibile attrazione esercitata nei loro confronti dalla prospettiva di acquisire per se stessi, per le proprie famiglie ed i propri figli beni solidi e duraturi, quali indiscutibilmente si presentano le proprietà immobiliari.
Altrettanto comprensibile appare la tendenza a far studiare i figli ed a sottrarli al lavoro manuale, da essi vissuto come una schiavitù, e, quindi, a realizzare tramite i discendenti le aspirazioni di ascesa sociale e culturale, al cui conseguimento diretto si è dovuto rinunciare. Questo fattore di rifiuto o repulsione del lavoro manuale ha contribuito in maniera sicuramente decisiva a penalizzare le attività produttive, specie a carattere industriale ed artigianale, nel territorio molfettese.
Per ciò che concerne, invece, gli imprenditori edili, la spiegazione appare più banalmente da ricollegare agli elevati livelli di profitto conseguibili nella particolare situazione delineata e, quindi, nella convenienza a reimpiegare nello stesso settore edilizio-immobiliare i profitti conseguiti. In tal modo, le ingenti risorse finanziarie affluite nel territorio molfettese sono state fagocitate da questa componente della società e si sono tradotte soprattutto in uno straordinario aumento dei loro patrimoni immobiliari ed investimenti finanziari.
Questa sorta di buco nero delle risorse finanziarie della società molfettese ha quindi determinato un accentuato processo di pietrificazione e sterilizzazione delle medesime, con le nefaste facilmente immaginabili conseguenze sulle altre attività produttive e sui tassi di disoccupazione. 
D’altra parte la costruzione di nuove abitazioni è stata costantemente mantenuta largamente al di sotto della domanda, in tal modo determinando una persistente e marcata tendenza ascensionale dei prezzi.
I fattori descritti hanno finito per interessare la generalità della cittadinanza e la loro azione prolungata nel tempo ha alla fine durevolmente contribuito a modellare la mentalità dei molfettesi in materia economica e finanziaria. Se proprio non si vuole parlare di degenerazione in senso speculativo delle loro abitudini mentali, quanto meno si deve ammettere che la ricchezza affluita sulla piazza di Molfetta si è in massima parte diretta all’acquisto di prodotti finanziari, beni di lusso, investimenti immobiliari e, in minore ma certo significativa misura, in attività illecite, che ad un alto rischio uniscono un elevato livello di profitto.
Non si deve dimenticare, a questo riguardo, che i prezzi delle compravendite immobiliari in larga parte venivano ed in consistente misura ancora adesso vengono corrisposti in nero, per lo più con l’accordo di compratore e venditore. I capitali in tal modo sottratti al circuito legale ed all’imposizione fiscale fuoriescono dalla regolare contabilità aziendale e si rendono disponibili in una zona grigia extralegale per operazioni più o meno lecite e trasparenti. Tutti ricorderanno, a tale proposito, come Molfetta sia diventata per anni una sorta di supermercato della droga a livello regionale ed oltre.
Ai fattori fin qui considerati, si sono storicamente accompagnati altri effetti negativi, riguardanti le stesse modalità di conduzione delle imprese edili.
Lo strapotere di questi imprenditori e le ingenti risorse a loro disposizione hanno infatti favorito il diffondersi di comportamenti illegali o quantomeno irregolari in diversi aspetti della gestione aziendale:
• il trattamento dei lavoratori dipendenti, in ordine al rispetto dei diritti contrattuali e contributivi, alla continuità del rapporto di lavoro ed alle condizioni di sicurezza sui cantieri;
• la formazione delle graduatorie per l’assegnazione di aree e volumi edificabili e delle licenze edilizie da parte dell’amministrazione comunale;
• il mancato adempimento di obblighi assunti nei confronti dell’amministrazione comunale, a seguito di somme regolarmente pagate dagli acquirenti, a copertura degli oneri di urbanizzazione;
• la pretesa di somme non dovute contrattualmente dagli acquirenti e da non contabilizzare, sotto minaccia di non stipulare i preliminari o gli atti definitivi di vendita;
• un’evasione fiscale e contributiva sistematica di proporzioni enormi in rapporto al giro d’affari dichiarato contabilmente;
• la violazione delle regole della concorrenza, a tutto danno degli imprenditori onesti costretti ad accontentarsi delle briciole o del tutto esclusi dal settore di attività. 
Per la verità, gli aspetti illeciti del mercato della casa a Molfetta sono arcinoti da sempre, tanto che l’Osservatorio 7 Luglio sull’illegalità a Molfetta, rendendosi interprete del diffuso malcontento della cittadinanza, effettuò una sua indagine, i cui risultati nel marzo 1993 furono resi pubblici e formalmente comunicati alla magistratura ed alle altre autorità competenti.
Di recente, si è avuta notizia di condanne a carico di costruttori edili molfettesi, accusati di aver costretto acquirenti di case da abitazione a pagare prezzi superiori a quelli stabiliti per contratto e dalle convenzioni stipulate con l’amministrazione comunale.
Non si tratta, evidentemente, come qualcuno emotivamente potrebbe essere portato a pensare, di una vittoria o rivincita o, comunque, di un successo conseguito dalla società civile molfettese; l’esito giudiziario può anzi essere letto come la consacrazione di una sconfitta subita dalla collettività, l’ammissione della propria incapacità di impedire l’insorgere al proprio interno di fenomeni di degenerazione e decadenza socioeconomica e morale.
Le sentenze, al di là di qualche singolo caso, non hanno potuto né possono risolvere il problema nella sua generalità, né, tantomeno, porre rimedio ai danni devastanti provocati all’economia, alle casse pubbliche ed alla società molfettese. Occorre considerare, al riguardo, che nessuna attività illecita sarebbe stata possibile senza la complicità o almeno la benevola negligenza o disinteresse dell’amministrazione comunale e degli uffici preposti alle autorizzazioni, assegnazioni e concessioni in materia edilizia. In particolare, l’attività estorsiva e ricattatoria nei confronti degli acquirenti di abitazioni è stata favorita e resa possibile dalla autorizzazione alla esecuzione di varianti alle concessioni edilizie già rilasciate. In tal modo, si è consentito agli imprenditori corrotti di allungare enormemente i tempi a disposizione per l’esercizio di pressioni sugli acquirenti, volte ad indurli al pagamento di somme contrattualmente non dovute, in contanti, in nero, ossia senza rilascio di fatture, senza regolare contabilizzazione nei libri aziendali ed evadendo in rilevante misura i tributi erariali e comunali. Le autorizzazioni alla esecuzione di varianti sono state spesso accordate senza la verifica, né a priori né a posteriori, della effettiva necessità ed esecuzione dei lavori che le imprese dichiaravano di dover effettuare. È così successo, ad esempio, che, in gran parte, i residenti delle zone 167 e Lotto 2 hanno abitato per anni in palazzine ufficialmente ancora in corso di costruzione, oltre che prive del certificato di abitabilità, mentre, in effetti, non si stavano eseguendo lavori relativi a varianti di alcun genere.
Ovviamente, le presunte varianti, per lo più mai eseguite, mai richieste dagli acquirenti, mai fatturate né documentate, servivano a giustificare la richiesta di maggiori somme non pattuite, il cui pagamento, inutile dirlo, è da ritenersi tra le cause principali dell’alto prezzo delle abitazioni nel territorio molfettese.
Va rammentato, al riguardo, che, quando gli abitanti delle zone sopra menzionate provarono a protestare in un incontro col sindaco in carica per i soprusi e le inadempienze contrattuali dei costruttori e degli uffici comunali, si sentirono rinfacciare la loro situazione “irregolare” di residenti in case prive di certificato di abitabilità e, spesso, anche di quello di ultimazione dei lavori di costruzione, il cui ritardato rilascio dipendeva proprio dagli uffici comunali.
Neanche gli esponenti progressisti o di sinistra, salvo sporadiche e lodevoli eccezioni, hanno dimostrato particolare sensibilità per le problematiche e le ingiustizie connesse alla speculazione edilizia. Può essere che questa carenza di attenzione vada in qualche misura ricollegata alla simpatica abitudine dei palazzinari molfettesi di finanziare le campagne elettorali un po’ di tutti i candidati e i partiti, sia di governo che di opposizione.
A questo proposito, va anche sottolineato, per quanto forse superfluo, che il settore edilizio, specie se con le caratteristiche speculative tipiche del territorio molfettese, è da considerarsi la tomba, anziché la speranza di rinascita dell’economia e dell’occupazione industriale.
È per questo che una pubblica amministrazione realmente preoccupata del progresso e della salute economica, civile e morale della cittadinanza dovrebbe usare accortamente l’arma a sua disposizione, costituita dal potere di assegnazione, concessione ed autorizzazione in materia edilizia.
In particolare, l’avvio di programmi di edilizia abitativa andrebbe opportunamente condizionato alla partecipazione, da parte delle imprese private che ne beneficiano, alla attuazione di piani di sviluppo ed insediamento di attività produttive.
Ovviamente, anche al fine di procurarsi i mezzi necessari all’esercizio del ruolo di motore e stimolo delle attività produttive, la pubblica amministrazione dovrebbe imporre opportune condizioni volte a limitare l’evasione fiscale e contributiva, oltre che per la tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. L’operato della pubblica amministrazione dovrebbe, però, essere oggetto di una costante azione di pungolo e verifica della effettiva adozione di criteri di correttezza, trasparenza e rispetto delle leggi nella messa a punto ed applicazione di piani, convenzioni, bandi di concorso e, in genere, di tutte le delibere, i regolamenti e gli altri atti amministrativi attinenti alla materia edilizia.
In tale attività, una indispensabile guida interpretativa può essere acquisita tramite l’attenta lettura degli atti e delle sentenze, sia di condanna che di assoluzione, relativi ai processi celebrati a carico dei costruttori. Una tale lettura consente, fra l’altro, di rendersi conto delle condizioni, clausole e termini contrattuali più o meno vessatori, più frequentemente inseriti, all’atto della sottoscrizione dei preliminari di vendita, al fine di aggirare e vanificare le norme di legge poste a tutela del contraente più debole.
Una delle clausole più ricorrenti, la cui presenza andrebbe di per sé considerata sintomo di cattive intenzioni da parte del costruttore-venditore, è quella che prevede la rinuncia dei contraenti a richiedere, in caso di inadempimento dell’altra parte, l’esecuzione in forma specifica della promessa di vendita ai sensi dell’art. 2932 del Codice Civile.
Inoltre, un esame approfondito delle sentenze e degli atti processuali permette una valutazione professionale e morale dell’operato della classe forense e della magistratura, forse salutarmente idoneo a ridimensionare le aspettative talora eccessive rispetto al ruolo da esse svolto, almeno a livello locale.
Sicuramente di importante ausilio sarebbe anche l’analisi delle risultanze e della documentazione relative all’indagine a suo tempo svolta dall’Osservatorio 7 Luglio.
Più in generale, potrebbe rivelarsi utile e comunque sarebbe doveroso, in occasione del varo di programmi di edilizia abitativa di ampia portata, porre in atto una campagna il più possibile martellante, volta a mettere in guardia e dissuadere il pubblico dalla stipula di atti di acquisto di immobili ancora da costruirsi e per i quali magari non è stata neanche rilasciata la concessione edilizia.
Il massimo successo conseguibile, infatti – inutile dirlo – sarebbe proprio nel riuscire ad eliminare o almeno a ridimensionare drasticamente tale prassi, venutasi negli anni a consolidare sulla piazza di Molfetta, quale peculiare segno distintivo della singolare anomalia, che ne caratterizza il mercato immobiliare. 
In conclusione, di fronte alla perdurante difficoltà di realizzare un apprezzabile decollo delle attività produttive nel territorio molfettese, una prima lezione può trarsi sin d’ora circa la necessità, per il futuro, di non più sottovalutare o trascurare aspetti della nostra società certamente aridi e noiosi, oltre che detestabili per lo svolgimento dei fatti e le personalità dei protagonisti.
Evidentemente, l’esercizio della democrazia partecipata implica anche attività poco o punto gratificanti o, quantomeno, il sostegno socio-politico, ovviamente senza deleghe in bianco, di quanti si assumono un tale impegno, tramite la costituzione di appositi organismi e comitati di cittadini.

maggio - agosto 2002