Per una pedagogia della comprensione
di Pasko Simone

Migrare. Un atto che ha caratterizzato la storia dell’uomo, in positivo e in negativo. Migrare può voler dire fuggire più che partire, può voler dire abbandonare più che portar via con sè, può voler dire voglia di continuare a vivere più che lasciarsi andare con la fine di tutto.
Gli esodi sono le croci secolari dell’umanità. Profughi, nomadi, rifugiati, esuli e fuggiaschi sono come il sale della terra, come il peso di una pietra lanciata nella stagnante palude della Storia.
Oggi più che mai: “stiamo assistendo a un rimescolamento etnico-linguistico senza precedenti nella storia umana”, così Tullio De Mauro nella presentazione di un interessante lavoro edito dalla Casa Editrice Sinnos (Sinnos Cooperativa Sociale, via dei Foscari 18 – 00162 Roma, tel/fax 06.44240603) intitolato “Di tutti i colori”, autore quel Ed Tintus (anagramma di Studenti) a cui è affidata ormai ogni nostra speranza di riuscire vittoriosi dalla lotta quotidiana nei confronti del razzismo e della xenofobia crescenti in una società sempre più multietnica e plurilingue.
Un lavoro scolastico in cui studenti di quattro licei di quattro paesi europei - Italia, Francia, Spagna e Grecia - riportano in quattro lingue diverse le storie di vita di trentasei immigrati/emigrati.
Narrazioni di drammi silenziosi che il sovrano fragore della storia ufficiale vorrebbe non registrare affatto e che invece la ricerca generosa e metodica di questi studenti riporta in superfice, nei termini di un riconoscimento umano oltre che sociale.
È questa di poter far sentire la propria voce, in tutte le lingue possibili, l’unica giustizia disponibile per chi si ritrova oggi con alle spalle un passato di dolore e davanti solo lo spettro della perdita. Albanesi, algerini, marocchini, curdi, brasiliani e senegalesi, serbi e afgani, italiani non esclusi, ragazzi e ragazze, giovani e meno giovani, portano sulla pelle, chi più chi meno, i segni “multicolori” di una personale “via crucis” le cui tappe hanno nomi diversi ma ben noti: fame, sete, malattia, disoccupazione e miseria, guerra e morte.
Quel che più colpisce, in tale ricostruzione in diretta delle troppo comuni traversie, è la grande resistenza dell’essere umano nei confronti di un destino avverso, che potrebbe sembrare fatto unicamente di strappi e ferite e che invece qualcuno riesce a riscrivere di suo pugno grazie alla potenza del sogno, alla forza del desiderio. Sono esistenze traumatizzate, risucchiate ai margini tumultuosi dello scontro eterno tra la vita e la morte, esistenze che dal negativo scandaloso delle grandi decisioni storiche hanno saputo trarre, a dispetto di tutto, le necessarie risorse per continuare ad amare e a sorridere.
Dalle dirette testimonianze di chi ha sofferto la discriminazione e la separazione, ci sembra quanto mai opportuno soffermarci sulle riflessioni di chi su tali fenomeni, assolutamenti moderni e attuali, sta cercando di impostare da tempo un progetto educativo e didattico finalizzato a costruire un’Europa democratica, multilinguistica e multiculturale. E’ quanto si propone e fa Christiane Perregaux, dell’Università di Ginevra, con l’opera intitolata “Una pedagogia per un’Europa democratica. Prevenire xenofobia, razzismo e antisemitismo” pubblicata dal Consiglio d’Europa ed edita in Italia dalle Edizioni “Sapere 2000” di Roma (tel/fax 06.4465363).
Si tratta di un vero manuale scolastico per impostare unità didattiche interdisciplinari su temi essenziali quali solidarietà e democrazia, uguaglianza e diversità, pluralità e tolleranza, con l’obiettivo di informare storicamente, culturalmente e antropologicamente su problematiche controverse e conflittuali quali quelle di razzismo, xenofobia e antisemitismo.
Anche qui non mancano le voci dirette e le storie personali di alcune “vittime”, a fare da supporto a un lessico ragionato di pseudo-concetti, obsoleti ma, purtroppo, non ancora debellati (cfr. per tutti l’attività interdisciplinare sulla “classificazione delle razze umane”), che hanno giustificato nei secoli passati eccidi e schiavitù di massa e che oggi si tenta di accreditare presso l’opinione pubblica attraverso forme più o meno legalizzate di discriminazione, intolleranza e separazione.
Il carattere peculiare del lavoro è proprio nella sua impostazione di interconnessione documentaria dei fatti e di integrazione didattica delle conoscenze che dall’analisi dei vecchi testi di biologia ottocentesca, in cui si gettavano le basi di una scienza al servizio dell’uomo bianco, ci porta fino alle problematiche interne ai moderni condomini multietnici delle immense periferie delle metropoli europee.
Si può ben dire che nulla è stato tralasciato per farci capire e trasmettere ai giovani studenti quel messaggio di Tzvetan Todorov posto ad apertura del libro, così trasparente nella sua intelligenza quanto ostico per chi non vuole intendere: “Tutti gli uomini sono uguali, ma non tutti lo sanno. Alcuni si credono superiori ad altri, ed è proprio in ciò la loro inferiorità”.

gennaio - aprile 2002