Passione di pace
di Giovanna Maenza

Dalla Sierra Leone

Amnesty International è un’organizzazione internazionale non governativa, indipendente da qualsiasi tipo di religione, politica ed economia, che si batte per la difesa dei diritti umani e in particolare si adopera per la liberazione di tutti i prigionieri di coscienza e politici, attraverso un processo equo e rapido, e per l’abolizione della pena di morte, della tortura e di ogni trattamento crudele e inumano e la cessazione delle esecuzioni extragiudiziali. Ed è così che Amnesty si preoccupa prima di tutto di mandare i suoi informatori a indagare nelle zone del mondo in cui sono stati violati i diritti umani, in modo da mettere tutti nelle condizioni di conoscere i diritti violati, le vittime e i loro mandanti.
Quest’anno, all’assemblea generale di Amnesty si è presa un’importante decisione che ha modificato il suo statuto iniziale: d’ora in poi verrà definita violazione dei diritti umani anche la condizione di indigenza, miseria e degrado di alcune categorie umane, provocata dai pochi che gestiscono l’economia e la politica di un Paese.
Attualmente, nella sezione di Molfetta, ci stiamo occupando di una Regional Action Network che riguarda la Sierra Leone: una RAN che è iniziata da settembre di quest’anno e durerà fino a febbraio del 2002. I diamanti della Sierra Leone sono la causa di una delle guerre civili più brutali dell’ultimo scorcio di secolo, una guerra contraddistinta da crimini tra i più orrendi visti sulla terra. Se non si riesce a portare in tribunale gli artefici di questi crimini, non si riuscirà mai a ottenere una pace duratura e la riconciliazione tra le fazioni in guerra.
Qui la guerra civile iniziò nel 1991, in concomitanza con l’arrivo dalla vicina Liberia dei ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito e, dopo qualche mese, un colpo di stato militare portò al potere il Consiglio Nazionale Esecutivo Provvisorio (NPRC), che ha dominato il Paese fino al 1996. Questi anni sono stati contraddistinti da violenti scontri tra il NPRC e il Fronte Rivoluzionario Unito. Nel marzo del 1996, il NPRC ha lasciato il potere a un governo civile guidato dal presidente Kabbah, vincitore dalle elezioni parlamentari di quell’anno.
Dopo le elezioni sono continuati gli scontri tra i ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito e i soldati governativi che si sono anche alleati con le Forze di Difesa Civile, composte da Kamajor – cacciatori tradizionali – fedeli al presidente. Nel novembre 1996, è stato siglato un trattato di pace che prevedeva l’intervento di un gruppo internazionale di controllo degli accordi e contemplava il cessate il fuoco, il disarmo e la smobilitazione.
Dopo circa sei mesi, il governo del presidente Kabbah è stato destituito con un colpo di stato militare guidato dal Consiglio Rivoluzionario delle Forze Armate, il quale ha raggiunto successivamente un accordo con i ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito. Così la Costituzione è stata sospesa, i partiti politici soppressi e le dimostrazioni pubbliche proibite.
Il tenente colonnello Johnny Paul Koroma, capo dei militari golpisti, liberato dalla prigione nel giorno del colpo di Stato, è stato condannato non solo dalla comunità statale – i lavoratori della Sierra Leone hanno scioperato infatti per molti mesi per chiedere il ripristino del Governo Kabbah – ma anche dalla Comunità internazionale. Nel febbraio 1998, una nuova formazione militare, il Gruppo di monitoraggio per il cessate il fuoco, ha costretto i militari ad abbandonare il potere, permettendo al governo del presidente Kabbah, eletto democraticamente, di riprendere le sue funzioni. Subito dopo aver perso il potere, i militari hanno iniziato ad avanzare verso la capitale della Sierra Leone occupandola nel gennaio del 1999.
Successivamente, il 7 luglio, è stato firmato un accordo di pace tra il governo e l’opposizione armata. L’accordo ha previsto un’amnistia per tutti i crimini compiuti dal 1991 fino al luglio 1999 e le parti in causa hanno in più deciso di costituire una Commissione per la Riconciliazione e la Verità per far luce su quanto accaduto nel corso dei nove anni di conflitto, senza però attribuire a tale commissione alcuna capacità giudicante.
Dopo l’accordo di pace, Sankok e Koroma, capi delle fazioni in lotta, sono stati chiamati a occupare incarichi ufficiali all’interno del Governo. Ciononostante le loro rivalità politiche si sono nuovamente trasformate in violenta lotta armata. Per porre fine a una guerra inutile e violenta, nell’agosto 2000 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha istituito la Corte Speciale per la Sierra Leone. Ma i lavori per la sua costituzione stanno procedendo lentamente e dopo un anno la sua realizzazione non è ancora iniziata. Come era facile prevederlo, a ostacolarne la creazione è stata la decisione per cui i fondi per la realizzazione della Corte debbano essere forniti dai paesi membri su base volontaria.
Cosa possiamo fare noi? La risposta di Amnesty: armiamoci tutti di penna e non rimaniamo in silenzio, per cercare di eliminare le violazioni dei diritti umani!
C’è chi sostiene che non porta alcun risultato scrivere petizioni o lettere: in realtà è l’unica arma lecita che abbiamo e che serve a non lasciare i prigionieri soli nel loro dolore. È molto importante informare la gente spesso ignara di tutta questa situazione e promuovere la conoscenza della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, portando avanti una campagna di sensibilizzazione e di cultura dei diritti umani, al di là degli interessi politici, economici e religiosi.
Tutto questo lavoro, che richiede molto tempo e rispetto per l’altro, spesso favorisce la liberazione di molti detenuti che proprio grazie ad Amnesty hanno potuto riscoprire il piacere della libertà.
Per questo chiediamo a tutti di unirsi a noi per raccogliere firme, spedire lettere e fare opera di sensibilizzazione, per sentirsi partecipi della riscoperta della libertà e della giustizia di questa gente.

P.S. Per “uscire dal silenzio” ci si può rivolgere a Amnesty International, sezione di Molfetta, via Domenico Picca, 30.

gennaio - aprile 2002