Home Page              Un film sulle foibe.

 

 

Gabriele Polverosi, uomo di sinistra, racconta come è nata l'idea di portare sul grande schermo una tragedia a lungo occultata. 

Per il primo film sulle foibe niente finanziamenti statali (articolo tratto da "Il Giornale" visibile in formato JPG).

Leggi un altro articolo sulla questione (tratto da "La Nazione" del 09/02/'03).

Per accedere, invece, alla pagina contenente la recensione della fiction "Il cuore nel pozzo" clicca qui.

 

 

 

 

 

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Il racconto di Polverosi.

Arriva il primo film sulle foibe. A firmarlo sarà Gabriele Polverosi, trentaquattro anni di cinema, di grande cinema alle spalle. Il regista del prossimo "Milan Razic, colpevole!" (titolo provvisorio) ha lavorato con tutti i più noti autori e attori italiani. Uno per tutti: Bernardo Bertolucci, di cui Polverosi è stato aiuto regista nell' "Ultimo Imperatore". Ora racconterà la tragedia vissuta da migliaia di nostri connazionali, buttati negli antri dell'inferno più di mezzo secolo fa, vittime della prima "pulizia etnica" del dopoguerra. Ma la prima volta di Polverosi, che porterà sul grande schermo ciò che neppure sul piccolo nessuno ha mai realmente narrato, merita un'attenzione particolare. A lui, regista senza tessere e culturalmente di sinistra, la commissione ministeriale preposta ha negato il finanziamento al film, che era stato richiesto agli inizi dell'anno. A giorni arriveranno le motivazioni di un "no" espresso mesi fa, a maggio, e che il regista giudica "incredibile". "Incredibile" è anche il giudizio, ma entusiasta, che alcuni esuli, tra i quali Lucio Toth, uno dei maggiori rappresentanti della diaspora, hanno dato del copione dopo averlo letto: "E' incredibile che un testo cosi bello, documentato e coraggioso possa arrivare nelle sale d' Italia dove regna il conformismo artistico". Ma Polverosi giura che ce la farà e racconta (quasi) tutto in quest'intervista anticipatrice e rivelatrice. Lui è nato a Milano e ha 64 anni.

- Perché in 56 anni nessuno ha fatto un film sulle foibe?
E' difficile rispondere. Intanto perché so quante cose rimangono nel cassetto di ognuno di noi che facciamo cinema. Potrebbe essere una circostanza persino casuale. Poi c'è una spiegazione di tipo gramsciano: l'intellettualità italiana dalla Liberazione in avanti è stata sotto l'ala protettiva, e devo dire molto intelligente, togliattiana, che ha fatto di tutto, in particolare alla fine degli anni Quaranta, per promuovere, tutelare e sostenere i cosiddetti "organici". Si pensi all' influenza di Vittorini, del Politecnico e tutto quello che è accaduto. Si pensi alle "case della cultura". Io che sono milanese me la ricordo bene quella di allora retta da Rossana Rossanda. All'e poca ero allievo della scuola del Piccolo Teatro: recitavo le poesie di un poeta ceco in quella casa, peraltro pagato regolarmente...

- Ma lei quando ha sentito parlare di foibe per la prima volta?
Non ho sentito parlare, ne ho letto. Uno dei miei interessi è sempre stato la storia. Al liceo arrivano alla prima guerra mondiale e poi alt! Ho cercato così di colmare la lacuna dopo. Ne ho letto sui libri di Bocca e nella "storia" della Repubblica di Salò che ha scritto l'inglese Dicken. Di sicuro ne ho avuto notizia negli anni Sessanta per la prima volta.

- Perché dopo tanti film, e di genere tanto diverso, ora ha deciso di puntare sulle foibe, un tema così drammatico, e così rimosso?
Perché sono un uomo che ama le sfide. Io sono un uomo di sinistra, un indipendente assoluto. Sempre ho rifiutato le iscrizioni che mi offrivano da quelle parti, dalle mie parti. Rivendico la mia libertà. Mi sono formato partendo da Benedetto Croce, faro degli anni Cinquanta, quand'ero tra il liceo e l'università. A vent'anni ho letto "il Manifesto" di Marx e mi sono trovato d'accordo. Ero allineato, una specie di giacobino e di Robespierre. Ho letto le opere di Gramsci, la persona, secondo me, che meglio ha capito l'importanza del melodramma, al punto di parlare del melodramma e del Manzoni come del famoso "nazional-popolare", che non è certo Pippo Baudo.


- Ma come arriva un artista così "strutturalmente" formato a impostare un film sulle foibe?
C'è proprio il filo sottile del nazional-popolare. I personaggi del mio film saranno - sono - patrioti, molto attaccati all'identità nazionale. Ci sono radici a cui mi sento fortemente legato. Io sono patriota con la mia terra, con l'Italia. Forse non riesco a esserlo altrettanto coi miei concittadini, ma con la terra in qualsiasi momento.

- Che cosa la sorprende di più del tema che lei affronterà?
La violenza. Sono rimasto nottate intere a cercare di capire perché il nazismo, e in quel modo. Non sono riuscito a trovare una risposta. Per me i titini si sono comportati allo stesso modo: violenza primordiale, un terremoto di sangue. Sussulti improvvisi. Quando, insieme con le persone che mi avevano coinvolto nel progetto, dovevamo trovare una chiave, ho detto:
qui c'è solo da studiare. Osservare questa violenza e portare il disgusto del regista nel discorso narrativo.

- La trama qual è?
La prima idea è nata sull'onda del processo che si sta tenendo a Roma contro criminali jugoslavi. Assieme allo sceneggiatore ci siamo divisi i testi della documentazione. Un lungo confronto e poi la scelta degli episodi da raccontare. In sceneggiatura per ora abbiamo conservato i nomi reali delle persone coinvolte nella tragedia.

- Prima novità: niente romanzo ma realtà pura?
Sacrosantamente derivata da fatti realmente accaduti. La prima stesura del film era il racconto di un processo a un generale iugoslavo che sarebbe morto prima della sentenza. Il nuovo copione è stato arricchito dalla presenza di un cronista che non riesce a scrivere di quel processo sul suo giornale, perché la verità delle foibe appare troppo scomoda ai suoi capi. "Interessa solo ai fascisti", gli dicono per boicottarlo.

- E lui che cosa risponde? 
Risponde che il dramma delle foibe interessa tutti gli italiani.

- Quale sarà la caratteristica della scenografia?
Anch'essa sarà improntata al massimo realismo. Alla persona che ho scelto per la fotografia ho raccomandato di fare a colori un film in bianco e nero, valorizzando molto i contrasti. Una piccola parte sarà girata a Roma, perché il giornale, e il processo, sono romani. Molta parte fra Trieste e Monfalcone.

- Tempi d'uscita?
Conto di girarlo fra maggio e giugno del 2002. E un film che potrebbe essere già pronto per il festival di Venezia del prossimo anno. E per un'uscita successiva ad inizio stagione.

- Perché la commissione ministeriale le ha negato i finanziamenti?
Incomprensibile. Attenderò con grande curiosità le motivazioni. Ragioni politiche? Spero di no, perché la commissione si esporrebbe troppo, se così fosse. Troppo ambizioso il progetto? Neppure questo posso ragionevolmente immaginare: bastava leggere con un minimo di attenzione il copione che avevamo inviato. Certo, sarà un film grosso, ma mi rifiuto di pensare che proprio l'importanza della proposta presentata, oltre al fatto che venga firmata da un regista con più di trent'anni di cinema alle spalle, possa aver in qualche modo condizionato il giudizio della commissione. Non voglio a mia volta giudicare prima di capire. Ma commissione sì o commissione no, il film sarà nelle sale d'Italia tra un anno esatto. Questa è l'unica cosa che a me realmente interessi. 

- Quanti saranno i personaggi del film?
Pochi i protagonisti, moltissime le comparse. Ma non me lo faccia raccontare - come dire? - in anteprima. Ho calcolato che le presenze saranno più o meno cinquemila. Quando abbiamo fatto il piano di lavorazione erano una settantina, invece, gli attori fra principali, secondari e protagonisti di parti piccole. Anche quelli che appaiono una volta sola in una scena, contano.

- Titolo del film?
Per adesso il titolo più accreditato delle nostre ricerche è preso dal nome dell' imputato nel processo, il generale Milan Razic: "Milan Razic, colpevole!". Tra l'altro, il caso ha voluto che più o meno in contemporanea si celebrerà il processo, internazionale a Slobodan Milosevic. Ma il titolo è l'unica decisione non ancora definitiva.

- Col senno di poi che idea s'è fatto sul perché le foibe siano state così a lungo cancellate dalla memoria nazionale?
Forse sono influenzato dalle letture, ma anche su questo terreno ci fu una sorta di compromesso storico all'indomani della seconda guerra mondiale. Sia nelle questioni di politica interna che estera. Tutto deriva, probabilmente, da una sotterranea intesa fra De Gasperi e Togliatti. Petacco scrive che l'atteggiamento di De Gasperi fu morbido sulla frontiera orientale, perché temeva di compromettere la situazione in Alto Adige; Togliatti invece andava a braccetto col compagno Tito. Sommando l'incertezza dell'uno con le certezze dell' altro...

-Tratto dal " Secolo d' Italia" del 05 settembre 2001

- Intervista a cura di Federico Guiglia ( f.guiglia@tiscalinet.it

 

Aggiornamento:  il suo film non è stato ritenuto meritevole di finanziamento pubblico - (link ad altro sito).

 

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La Nazione 09/02/03  - Un film sul dramma delle foibe.

FIRENZE — L'idea di mostrare sul grande schermo l'inferno delle Foibe era un progetto che Giancarlo Corsoni — autore e organizzatore teatrale di Colle Val d'Elsa (sua è la prima versione teatrale de "La Ragazza di Bube") — aveva da tempo. L'incontro, un anno fa, con il regista milanese Gabriele Polverosi, uomo di sinistra, con tanta voglia di raccontare la verità sulla tragedia «occultata» della pulizia etnica del dopoguerra, è stato determinante. E dalle loro mani, dopo mesi di studio e di ricerche, è nato "Milan Razic: colpevole!". Polverosi ha accettato in toto la sceneggiatura scritta da Corsoni ed ha effettuato giorni e giorni di sopralluoghi a Trieste. Il lungometraggio prende spunto da un processo per l'assassinio di tre antifascisti fiumani nel maggio 1945. Protagonista principale sarà un giovane giornalista di un quotidiano di centrosinistra, che fino ad allora si era occupato di questioni minori e che viene incaricato dal caporedattore di seguire il processo, visto che il responsabile della cronaca giudiziaria non vuol farsene carico per motivi politici. Di udienza in udienza il giovane inizia ad appassionarsi alla vicenda e ad indagare lui stesso. Un lavoro che non viene condiviso dal caporedattore e che diventa il canovaccio su cui si muovono le crude retrospettive sui fatti del '43-'45. Sarà un kolossal, oltre che per l'indagine storica anche per i numeri: previste oltre 4500 comparse. Le riprese inizieranno a primavera. «Un film — spiega Giancarlo Corsoni — che tirerà fuori tanti scheletri dagli armadi e che permetterà di leggere con maturità un dramma della nostra storia: nelle foibe finirono tante persone comuni, antifascisti e anche comunisti non allineati».

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Per il primo film sulle foibe niente finanziamenti statali (articolo tratto da "Il Giornale" visibile in formato JPG). Clicca sull'immagine sotto.

filmFoibe.jpg (188194 byte)

 

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