Home Page | La foiba di Basovizza. |
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Occorre precisare che questa tristemente famosa voragine non è una foiba naturale, ma il pozzo di una miniera scavato all'inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi il carbone. La speranza andò delusa e l'impresa venne abbandonata. Nessuno allora si curò di coprire l'imboccatura e così, nel 1945, il pozzo si trasformò in una grande, orrida tomba. Un documento allegato a un dossier sul comportamento delle truppe jugoslave nella Venezia Giulia durante l'invasione, dossier presentato dalla delegazione italiana alla conferenza di Parigi nel 1941, descrive la tremenda via crucis delle vittime destinate ad essere precipitate nella voragine di Basovizza, dopo essere state prelevate nelle case di Trieste, durante alcuni giorni di un rigido coprifuoco. Lassù arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate.
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Ma chi erano le vittime delle foibe?
Italiani di ogni estrazione: civili, militari, carabinieri, finanzieri (ai quali è stato dedicato, di recente, un cippo commemorativo: per maggiori info clicca qui) agenti di polizia e di custodia carceraria, fascisti e antifascisti, membri del Comitato di liberazione nazionale. Contro questi ultimi ci fu una caccia mirata, perché in quel momento rappresentavano gli oppositori più temuti delle mire annessionistiche di Tito. Furono infoibati anche tedeschi vivi e morti, e sloveni anticomunisti. Quante furono le vittime delle foibe? Nessuno lo saprà mai. Di certo non lo sanno neanche gli esecutori delle stragi. Questi non hanno parlato e non parlano. Finora qui non si è alzato alcun Otello Montanari come a Reggio Emilia, ad ammonire i compagni comunisti. D'altra parte è pensabile che in quel clima di furore omicida e di caos ben poco ci si curasse di tenere la contabilità delle esecuzioni. Sulla base di vari elementi si calcola che gli infoibati furono alcune migliaia. Più precisamente, secondo lo studioso triestino Raoul Pupo, "il numero degli infoibati può essere calcolato tra i 4 mila e i 5 mila, prendendo come attendibili i libri del sindaco Gianni Bartoli e i dati degli anglo-americani". Alle vittime delle foibe vanno aggiunti i deportati, anche questi a migliaia, nei lager jugoslavi, dai quali una gran parte non conobbero ritorno. Complessivamente le vittime di quegli anni tragici, soppresse in vario modo da mano slavo-comunista, vengono indicati in 10 mila anche più. Belgrado non ha mai fatto o contestato cifre. Lo stesso Tito però ammise la grande mattanza.
Per quanto riguarda specificamente le persone fatte precipitare nella foiba di
Basovizza, è stato fatto un calcolo inusuale e impressionante. Tenendo presente la profondità del pozzo prima e dopo la strage, fu rilevata la differenza di una trentina di metri. Lo spazio volumetrico - indicato sulla stele al Sacrario di Basovizza in
500 metri cubi (poi ridotti a 300) - conterrebbe le salme degli infoibati: oltre duemila
vittime. Una cifra agghiacciante. Ma anche se fossero la metà, questa rappresenterebbe pur sempre una strage
immane... e a guerra finita! E i carnefici? lndividui rimasti senza volto. Comunque è ritenuto certo che agirono su direttive
dell' OZNA, la famigerata polizia segreta del regime titino, i cui agenti calarono a Trieste con le liste di proscrizione e si servirono di manovalanza locale. Nell'invasione jugoslava di Trieste e di ciò che ne seguì i comunisti locali hanno responsabilità gravissime. In quei giorni le loro squadre con la stella rossa giravano per la città a pestare ad arrestare. Loro elementi formavano il nerbo della "difesa popolare".
Cippo che ricorda i 97 finanzieri trucidati. | La grande lapide che chiude l'imboccatura della foiba. | Cippo eretto al fianco della foiba. |
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Testimonianza sulle uccisioni a Basovizza
La testimonianza venne raccolta nell'estate del 1945 dai servizi di informazione alleati. Va sottolineato che dal testo si può evincere sia che alcuni degli infoibati erano ancora vivi quando vennero gettati nel pozzo, sia che a Basovizza vennero fucilati anche coloro che non erano stati condannati a morte.
Basovizza foiba.
Nell'area di Basovizza una cavità, chiamata Pozzo della Miniera, fu usata dai partigiani jugoslavi, in particolare tra il 3 e il 7 maggio 1945, per l'eliminazione di italiani. Tre testimoni oculari hanno dichiarato che gruppi da 100 a 200 persone sono state precipitati o fatti saltare di sotto. Le vittime dovevano saltare oltre l'apertura della foiba (larga circa dodici piedi) e veniva detto loro che avrebbero avuto salva la vita se ce l'avessero fatta. I testimoni riferiscono che, sebbene qualcuno fosse riuscito nel salto, più tardi fu egualmente fucilato e scaraventato di sotto. Si dice che un commissario jugoslavo abbia dichiarato che più di 500 persone sono state precipitate nel pozzo ancora vive.
Successivamente sono stati gettati dentro i corpi di circa 150 tedeschi uccisi in combattimento nei dintorni, e così pure circa 15 cavalli morti. Nella cavità furono poi gettati degli esplosivi. La verità di queste affermazioni fu confermata durante una chiacchierata con alcuni bambini del posto: una di loro, dopo aver descritto quello che aveva visto, aggiunse compiaciuta "e in che modo i fascisti urlavano". Una donna anziana, parlando delle esecuzioni, affermò che, dal suo punto di vista, era stato un vero peccato sprecare dei vestiti così buoni e che avrebbero dovuto far spogliare i fascisti prima di precipitarli di sotto. Le seguenti testimonianze riguardano due sacerdoti del posto.
Testimonianza del sacerdote di Sant'Antonio in Bosco.
Il 7 agosto, il nostro informatore visitò Sant'Antonio in Bosco e intervistò il sacerdote del villaggio, che si diceva fosse stato testimone di molte delle esecuzioni a Basovizza. Il prete, don Malalan, dimostrò di essere un fanatico proslavo e violentemente
antitaliano. Egli dapprima negò ogni conoscenza su Basovizza. Comunque, quando l'informatore gli fece osservare che i reazionari fascisti stavano esagerando nella campagna che stavano conducendo contro gli jugoslavi che si erano resi responsabili delle esecuzioni del "Pozzo della Morte" e che era nell'interesse delle autorità che le testimonianze fossero raccolte correttamente, egli si dichiarò pronto a parlare e fece le seguenti dichiarazioni.
1) Le persone che sono state gettate nella foiba all'inizio di maggio erano state giustiziate per ordine espresso del tribunale militare della IV armata, che all'epoca era a Basovizza; essi agivano secondo gli ordini del generale Peter Drapsin, il cui quartier generale era a quel tempo a Lipizza, vicino Basovizza.
2) Don Malalan dichiarò che tutte le persone gettate nella voragine erano state regolarmente processate e avevano ciascuna almeno tre testimoni contro di loro.
3) Tutti gli agenti di questura che gli jugoslavi erano stati in grado di catturare a Trieste erano stati gettati nella foiba.
4) Don Malalan espresse l'opinione che essi avevano largamente meritato la fine che era loro toccata. Egli dichiarò anche che era inesatto che tutte le vittime fossero state gettate vive nella voragine perché la maggior parte di loro era stata fucilata nel modo corretto prima di essere gettata dentro.
5) Il 2 maggio don Malalan andò a Basovizza dove suo fratello era "commissario" e gli fu chiesto di essere presente all'esecuzione di tutti quei criminali che era stato possibile catturare a Trieste. Egli rifiutò.
6) Alcuni giorni dopo egli andò a Corgnale e seppe dal sacerdote del villaggio, don Scek, quello che era successo. Don Scek ammise con don Malalan di essere stato presente al momento in cui le vittime venivano gettate nelle foibe. Egli aveva perfino dato conforto religioso ad alcuni dei condannati. Questo aiuto spirituale che don Scek aveva offerto era abbastanza strano, così riferisce don Malalan, poiché mentre si rivolgeva a un agente di Pubblica sicurezza di Trieste egli avrebbe detto: "Tu hai peccato fino a ora, tu ti sei divertito a torturare gli slavi e ora non ti rimane nient'altro che affidare la tua anima a Dio. La punizione che ti viene data è pienamente meritata".
7) Don Malalan assicurò l'informatore che le autorità della IV armata hanno le liste complete di tutte le persone "condannate legalmente" e che quando il momento fosse arrivato avrebbero pubblicato queste liste allo scopo di provare che tutto si era svolto regolarmente.
Testimonianza del sacerdote di Corgnale.
Il 10 agosto l'informatore visitò Corgnale e intervistò don Scek. Don Scek è un furibondo anti-italiano. Egli fece le seguenti dichiarazioni a proposito delle esecuzioni a Basovizza.
1) Che tutte le esecuzioni portate a compimento dagli ufficiali della IV armata erano perfettamente regolari.
2) Il 2 maggio egli andò a Basovizza poiché il prete di quel villaggio non era presente per officiare alle sepolture di alcuni partigiani.
3) Mentre era lì vide in un campo vicino circa 150 civili che "dalla loro faccia, era possibile riconoscere quali membri della Questura". La popolazione voleva giustiziarli sommariamente, ma gli ufficiali della IV armata si opposero.
4) Queste persone furono interrogate e processate alla presenza di tutta la popolazione, che le accusava. Appena uno di loro veniva interrogato, quattro o cinque donne gli si scagliavano contro, accusandolo di aver ucciso o torturato qualcuno dei loro parenti, o di aver incendiato le loro case. Le persone accusate furono prese a calci e bastonate e sempre ammisero i loro crimini. Quasi tutti furono condannati a morte. Quelli che non furono condannati a morte vennero comunque lasciati insieme agli altri.
5) Tutti i 150 civili vennero fucilati in massa da un gruppo di partigiani. I partigiani erano armati con fucili mitragliatori e, in seguito, poiché non c'erano bare, i corpi vennero gettati nella foiba di Basovizza.
6) Quando l'informatore chiese a don Scek se era stato presente all'esecuzione o aveva sentito gli spari, questi rispose che non era stato presente né aveva sentito gli spari.
7) Il 3 maggio don Scek andò di nuovo a Basovizza e vide nello stesso posto circa 250-300 persone. La maggior parte erano civili. C'erano soltanto circa 40 soldati tedeschi.
8) Anche queste persone vennero uccise dopo un processo sommario. Nella maggior parte erano civili arrestati a Trieste durante i primi giorni dell'occupazione.
9) Don Scek dichiara che erano quasi tutti membri della Questura.
10) Egli nega di aver amministrato i Sacramenti ad alcuno di essi come chiesto da don Malalan di Sant'Antonio in Bosco, poiché "non ne valeva la pena".
11) Don Scek dichiara che nella foiba furono gettati anche i cadaveri di soldati tedeschi e i corpi morti di alcuni cavalli.
Lettera di Scek riguardante la ricerca di informazioni su Basovizza da parte degli alleati.
La lettera conferma indirettamente le uccisioni di Basovizza, ma soprattutto suggerisce come le successive testimonianze rese dagli abitanti del luogo siano state accuratamente predisposte per "disinformare" agenti e giornalisti alleati.
Rapporto urgente Lokev, 9.8.45
Oggi, venerdì, alle ore 3 pomeridiane si è fatto vivo un ufficiale inglese. Dopo brevi parole ho capito che era membro
dell' "intelligence Service" e da esso inviato a indagare sui fatti di Basovizza. Essendo stato avvisato sin da ieri sera del suo arrivo, ho assunto nel corso dei colloqui un contegno atto a porre la IV armata in un'ottica quanto più favorevole. Al fine di non fornire risposte sbagliate alle sue domande tranello
l' ho intrattenuto su altri argomenti e gli ho fra l'altro mostrato alcune fotografie di gente nostra impiccata dai tedeschi. Ho appreso con soddisfazione dei suo interesse ad avere queste foto, avendolo con ciò indotto a ritornare qui a prendersele, affinché possiate nel frattempo apprestare uno scenario di testimonianze che ponga la IV armata in un'ottica quanto più favorevole.
Faccio osservare che sono stato a Trieste il 7 di questo mese dove ho letto in un foglio una corrispondenza da Roma secondo la quale il giorno prima si sarebbe svolta una seduta del consiglio dei ministri, nel corso della quale il presidente Parri sarebbe stato interpellato in merito ai fatti di Basovizza. Parri avrebbe risposto di non essere ancora in possesso di relazioni né ufficiali né ufficiose, bensì soltanto di comunicazioni private, peraltro contraddittorie. Se ne deduce che la propaganda italiana tenterà di sfruttare, fino ad abusarne, il fatto che siano state gettate nella grotta alcune centinaia di persone. Il capitano dell' "Intelligente Service" ha riferito che si imputava alla IV armata di aver gettato nella grotta anche diversi militari inglesi. Ha chiesto se vi era in zona ancora qualche testimone in grado di riferire qualche particolare a questo proposito. Ho risposto che avrei indagato. Faccio presente che era al corrente del fatto che sono un sacerdote e un ex deputato. Come sia venuto qui e chi l'abbia inviato, è un'altra questione.
Da parte mia gli ho già detto qualcosa, avendo il 2 e il 3 maggio sepolto a Basovizza 31 partigiani e avendo visto in quell'occasione i questurini condotti da Trieste. La questione mi appare di estrema importanza ed è necessario che le dedichiate la massima cura. In ogni caso allestite a Basovizza uno scenario di "testimonianze" curate nei minimi dettagli.
Se posso esservi d'aiuto con consigli o con l'opera, sono a vostra disposizione. A ogni modo, non indugiate un solo giorno. Credo che il capitano tornerà verso la metà o verso la fine della settimana prossima.
Saluti!
Scek Virgil
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Inchiesta su Basovizza da parte degli angloamericani.
Il documento che segue è un telegramma inviato il 24 luglio 1945 dal Foreign Office ai Dominions per informarli sulla situazione creatasi a Basovizza. Il testo segnala una divergenza di opinioni tra le autorità militari britanniche, propense a concludere rapidamente le esplorazioni nella foiba, e il Dipartimento di stato, preoccupato delle reazioni politiche italiane, testimoniate dalla campagna di stampa in corso. Tali preoccupazioni condussero in effetti a una prosecuzione delle ricerche, ma qualche mese dopo sarebbero state messe a tacere di fronte all'insufficienza dei risultati ottenuti.
Recentemente il CLN di Trieste ha denunciato al Quartier generale dell' VIII armata, che tra il 2 e il 5 maggio gli jugoslavi gettarono nel pozzo di una miniera in disuso vicino Basovizza centinaia di corpi di poliziotti e ufficiali di grado inferiore fascisti, di collaborazionisti e soldati tedeschi. È stato pure asserito che molti civili furono precipitati vivi e altri costretti a saltare di sotto.
Gli sforzi compiuti per riportare alla luce i corpi mediante una benna hanno reso soltanto un frammentario numero di ossa umane la cui identificazione è quasi impossibile. Sembra improbabile che ulteriori indagini possano portare alla luce prove di un qualche valore e il lavoro sarebbe pericoloso e nocivo alla salute. Di conseguenza, il Quartier generale dell' VIII armata ha raccomandato che l'indagine venga conclusa e il pozzo sigillato igienicamente.
Il Dipartimento di Stato reputa che qualora oggi non si proceda a un'indagine completa, verremo in seguito accusati dagli italiani di nascondere le prove delle attività terroristiche jugoslave. Quindi sono propensi a suggerire una commissione d'inchiesta del Comando supremo del Mediterraneo, alla quale tutti i membri del Consiglio consultivo potrebbero essere invitati a inviare osservatori. Finora comunque, non hanno preso alcuna iniziativa in merito.
Noi riteniamo che indagini complete potrebbero venir effettuate.
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Basovizza, dove riposa la memoria. (Nelle parole del triestino Diego de Castro il ricordo dello svuotamento della foiba sul Carso. Da "Il Piccolo del 18/08/'02).
Quando il Presidente della Repubblica venne, mesi or sono, a Trieste, notò che, per i festeggiamenti avvenuti in città per il 25 aprile, per il primo maggio ed in altre occasioni vi era stata molta confusione per decidere a chi spettasse il diritto di far capo a quelli che usano chiamare, or è più di mezzo secolo, con il nome un po’ strano di «Sacrari politici». I due principali sono la Foiba di Basovizza e la Risiera di San Sabba. Il Presidente della Repubblica capì molto bene questa sostanziale differenza. Non vi è dubbio che Trieste sia la parte dell’Italia che, sul finire della seconda guerra mondiale, ebbe gravi persecuzioni provenienti da quasi tutte le parti in lotta. Si può quindi scusare il fatto che non sia chiaro dove si debba recarsi per rendere omaggio a persone allora perseguitate. Come è noto la Germania aveva creato l’Adriatisches Küstenland e cioè l’antico Litorale austriaco che i nazisti avevano resuscitato per fare dispetto agli italiani locali e che, se Mussolini e Hitler avessero vinto la guerra, sarebbe stato donato a quest’ultimo. Ne ho le prove da un libro tedesco dell’epoca e da quanto si può trovare nei Diari di Galeazzo Ciano genero di Mussolini. La Repubblica sociale mussoliniana ed i tedeschi di Hitler perseguitarono più gli italiani che gli slavi, dato che questi ultimi facevano comodo alle potenze naziste occupanti per poter dimostrare che il Litorale non era compattamente italiano.Gli slavi, per contro, venivano perseguitati sul Carso dato che attentati da parte di associazioni irredentistiche jugoslave erano frequentissimi e diretti o agli occupatori o ai pochi italiani del Carso stesso.Con il primo maggio 1945 le cose cambiarono perché i partigiani slavi locali e lo stesso esercito di Tito occuparono Trieste per una quarantina di giorni commettendo atti criminali di ogni specie, tali da far inorridire le stesse potenze occidentali. Una grande parte di quelli che furono uccisi allora – cioè quasi tutti italiani – è sepolta nella cosiddetta Foiba di Basovizza. Ne consegue che, negli anniversari, Basovizza è il Sacrario adatto a commemorare i martiri italiani. Gli slavi uccisi nel periodo di fine guerra sono prevalentemente sepolti in piccoli cimiteri-Sacrario sul Carso, ivi compresi i fucilati dal Tribunale speciale fascista prima che la guerra iniziasse. Parleremo dopo della Risiera. È ovvio che il 25 aprile è una data festeggiata dagli italiani perché commemora la fine del fascismo in Italia. Credo sia interessante conoscere il perché Basovizza ottenne il primato tra i Sacrari politici. Ho personalmente assistito all’inizio di quella che oggi si chiama la «Foiba di Basovizza» e che non è una vera foiba (che è una cavità verticale) perché si tratta di una specie di tunnel scavato orizzontalmente nella roccia carsica costituente una cavità molto lunga, molto più larga di una foiba, ma quanto mai adatta a raccogliere residuati bellici. Ero allora ufficiale di collegamento con la VIII.a Armata inglese, avevo una macchina targata XII.a Regione che guidavo io stesso, portavo la divisa alleata, con il grado militare italiano sulle spalline. Ero alloggiato in un albergo di Padova dove dormivo e espletavo vari incarichi che mi venivano affidati. Andavo a Trieste e seguivo - anche per desiderio del Servizio Informazioni Segrete della Marina Italiana,del quale facevo parte - i lavori di scavo del materiale dalla cavità di Basovizza. Agli inglesi, che erano occupati nello svuotamento del tunnel, non piaceva molto la presenza di estranei, ma sopportavano la mia, data la divisa militare che indossavo. Mi passavano sott’occhio pezzi di cadaveri umani o di animali, materiale bellico innocuo o pericoloso e rottami di ogni tipo. Mi dissero che il materiale umano ed animale veniva da loro sparso nelle campagne circostanti e che i contadini erano furibondi e dovevano seppellirlo nei loro campi. Pochi giorni dopo sospesero gli scavi e il tunnel di Basovizza tornò ad essere una specie di cimitero di resti umani militari e civili. Data la capienza del tunnel esso serviva anche alla popolazione locale per portarvi quei resti di persone in divisa o in borghese che si trovavano sparsi un po’ ovunque. Resti che provenivano in particolare dalle uccisioni di italiani avvenute nei famosi quaranta giorni di occupazione jugoslava. Fu così che, pian piano, il tunnel di Basovizza prese il nome di Foiba e fu riempito dai resti di coloro che durante la vita non avevano amato la possibilità di una Trieste jugoslava o avrebbero costituito un pericolo per il funzionamento di uno Stato comunista guidato da Tito. È ovvio quindi che il luogo sia un Sacrario particolarmente caro agli italiani nelle commemorazioni di quanto allora avvenne.
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Il Monumento della foiba di Basovizza è molto semplice: consiste in una lastra in pietra grigia, segnata da una grande croce; sullo zoccolo frontale è riportato un passo della "preghiera dell'infoibato" dettata dall'arcivescovo Antonio Santin. A sinistra è posto un cippo, opera di Tristano Alberti, rappresentante la sezione della cavità con alcune quote delle probabili stratificazioni, al cui centro è appesa una lampada votiva in bronzo collocata dall'Opera mondiale lampade della fraternità. All'interno del recinto, sono stati collocati in tempi successivi altri cippi, il pilo porta-bandiera donati dalle associazioni d'arma e dalle organizzazioni degli esuli giulianodalmati e due targhe: una individua il punto dove è custodito un elenco degli scomparsi in seguito alle deportazioni, l'altra ricorda le visite dei presidenti della Repubblica italiana.
Nel 1980, in seguito all'intervento delle associazioni combattentistiche, patriottiche e dei profughi istriani-fiumani-dalmati, il pozzo di Basovizza e la foiba n.149 vennero riconosciute quali monumenti d'interesse nazionale. Il sito di Basovizza, sistemato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi del 1943 e 1945, ma anche il fulcro di polemiche per il prolungato silenzio e il mancato omaggio delle più alte cariche dello stato. Tale omaggio giunse nel 1991, anno cruciale per la dissoluzione jugoslava e dell'Unione Sovietica, quando a Basovizza si recò l'allora presidente della repubblica Francesco Cossiga, seguito due anni più tardi dal successore Oscar Luigi Scalfaro, che nel 1992 aveva dichiarato il pozzo della miniera "monumento nazionale".
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"La Foiba di Basovizza diventerà un vero e proprio museo" (articolo tratto da "Il Piccolo" del 13/03/'04).
TRIESTE
La Foiba di Basovizza diventerà un vero e proprio Museo con tanto di
Silvio
Maranzana
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Basovizza - Restyling alla Foiba da 700 mila euro (tratto da "Il Piccolo" del 9/08/'04).
La giunta ha approvato il progetto che prevede una nuova zona monumentale e un museo. Targa sull’esodo in piazza Libertà.
I costi coperti con stanziamenti statali per le celebrazioni del cinquantenario.
Risale a marzo la decisione politica. In questi giorni, prima della pausa ferragostana, la delibera di giunta. La Foiba di Basovizza, già oggi monumento nazionale a ricordo delle atrocità di matrice titina, verrà effettivamente ristrutturata e diventerà un museo di documentazione storica: un ingresso più imponente e visibile, una recinzione in muro carsico, una costruzione che ospiterà materiale fotografico e forse anche audiovisivo. I dettagli (compresa la gestione del sito, nonché le fonti da cui verranno attinti i materiali da esporre e da mostrare) sono però ancora tutti da decidere o quantomeno non sono deliberati.
Il costo complessivo dell’opera, progettata dall’architetto Cervi, sarà di 700 mila euro. I soldi saranno attinti da quel fondo di cinque milioni che lo Stato ha stanziato per le manifestazioni autunnali dedicate al cinquantenario della «seconda indipendenza» triestina, all’anniversario della fine del Governo militare alleato, per le quali è atteso l’arrivo del presidente Ciampi, il 4 novembre.
Nelle intenzioni dell’amministrazione comunale il monumento alla Foiba dovrebbe essere allestito per quella data. «Ma la cosa più importante - afferma il vicesindaco Paris Lippi, An - è che sull’argomento vi sia consenso, e che non succedano più scontri politici, quelli sì potrebbero ritardare tutto quanto». Il sindaco Dipiazza, aggiunge Lippi, ha ottenuto su questo obiettivo - dietro il quale ci sono recenti e dilanianti, come ben si sa, battaglie tra opposte fazioni politiche, essendo diventate le tristi memorie storiche della città assai poco condivise - l’accordo di tutti i sindaci della provincia triestina. Accordo di cui si è fatto garante il prefetto in persona. Politicamente, dunque, la questione (che al Centrodestra stava molto a cuore) sarebbe blindata.
Contestualmente la Giunta ha anche approvato il secondo «pezzo» di omaggio memoriale che dovrebbe andare di pari passo con i lavori della Foiba, e che parzialmente è già iniziato: in piazza Libertà, di fronte alla stazione ferroviaria, dove è stata abbattuta la palazzina della ex mensa comunale, dovrà essere installato uno stilo con l’alabarda (progetto di Livio Schiozzi), e accanto ci sarà un’opera scultorea (progetto del medesimo Cervi) con gli stemmi dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, in ricordo dell’Esodo, in un’area risistemata a giardino. La giunta ha approvato il progetto preliminare e destinato a questo ulteriore lavoro 45 mila euro con un’anticipazione dalle proprie casse, essendo il contributo statale da accertare.
Gabriella Ziani
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Il cippo commemorativo in onore dei 97 finanziari trucidati.
Dal sito: http://www.assofinanzieri.it
Finalmente dopo circa 60 anni di continuo oblìo per sottrarre e far dimenticare agli italiani l'orrore delle Foibe di Basovizza, la Camera dei Deputati ha varato un disegno di legge che probabilmente sarà approvato anche dal Senato, per istituire, il 10 febbraio di ogni anno, il “Giorno del ricordo” per le vittime delle Foibe. La ricorrenza verrà celebrata, con cerimonie commemorative nelle scuole, nei convegni e dibattiti anche per ricordare l'esodo di istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre. Dal 1943 al 1945, durante l'occupazione di Trieste e dell'Istria da parte del 9° Corpus jugoslavo e delle forze partigiane titoiste, furono barbaramente uccisi e gettati nelle Foibe di Basovizza circa 12 mila cittadini residenti a Trieste, nell'Istria e provenienti da varie parti d'Italia di cui circa 350 finanzieri, e un numero imprecisato di Carabinieri, Agenti di Polizia e civili di altre amministrazioni dello Stato. All'oppressione tedesca a Trieste ne era subentrata un'altra, di segno opposto, ma altrettanto feroce. Alla Gestapo aveva dato il cambio l'Ozna. E fu l'ora degli odi scatenati, delle vendette, delle rappresaglie e delle stragi. Una realtà storica tremenda che ora, anche dalla parte su cui grava la responsabilità degli eccidi, si comincia ad ammettere, sia pure sottovoce.
Dopo l'olocausto degli ebrei nei campi di sterminio nazisti, quello delle Foibe di Basovizza è stato certamente una delle più grandi tragedie che hanno colpito l'umanità. Per le Foibe di Basovizza si è trattato di un preordinato massacro di “pulizia etnica” che mirava alla distruzione di tutto ciò che era “Italia” e “italiano” e ciò anche per favorire l'annessione alla Jugoslavia dei territori di Trieste, del Goriziano e dell'Istria. Da allora sono trascorsi quasi 60 anni e questa terribile pagina della nostra storia è passata sotto silenzio, perchè venissero dimenticati i fatti e le gravissime colpe di uomini e di partiti politici, impedendo alla nostra collettività nazionale di prenderne coscienza e conoscenza. Nel corso della Seconda guerra mondiale 1940- 1945 in Italia sono state commesse altre stragi che hanno colpito i nostri soldati, combattenti per la difesa della Patria e durante la guerra di liberazione, nei Balcani e sul territorio italiano, come ad esempio i gloriosi fatti d'arme di Cafalonia-Corfù, i dolorosi eccidi commessi alle Fosse Ardeatine e a Marzabotto, ma trattasi di episodi che sono stati portati a conoscenza della collettività italiana che ha potuto così commemorarli, erigendo monumenti e celebrando cerimonie a carattere nazionale e locale. Ma per i martiri delle Foibe nulla è stato fatto perchè il tutto è stato ammantato da un pietoso velo di silenzio. Lo storico Gianni Oliva nel suo libro “Le stragi degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria” afferma che da parte sua il PCI non ha nessun interesse a tornare sulla questione che evidenzia la contraddizione tra la sua nuova collocazione come partito nazionale, la vocazione internazionalistica e gli stretti legami con Mosca: parlare di Foibe significherebbe rivisitare le indicazioni operative inviate al PCI triestino a partire dall'autunno 1944, riproporre il tema del passaggio della Divisione Garibaldina “Natisone” alle dipendenze dell'Esercito di liberazione sloveno. Il risultato complessivo è che i fatti di settembre-ottobre 1943 e del maggio 1945 non entrano a far parte della consapevolezza storica del Paese, ma rimangono confinati nella coscienza locale giuliana.
Pertanto solo a livello locale, a Trieste, a Gorizia e nelle altre città dove vivono migliaia di famiglie che non sanno darsi pace per l'orrenda fine dei loro cari, massacrati senza alcuna colpa se non per quella di essere italiani, si sono svolte cerimonie commemorative col timore di essere boicottate da alcune forze politiche. In questa ottica, il giorno 21 settembre 1995, ricorrendo il cinquantennale dell'eccidio nelle Foibe dei 97 finanzieri della brigata di Campo Marzio di Trieste, il Gen. D. Luciano Luciani, Ispettore per l'Italia Nord-Orientale scopriva una Lapide commemorativa, affissa al muro della nuova Caserma della Guardia di Finanza di Basovizza, recante i nomi dei 97 finanzieri.
Subito dopo il Presidente Nazionale, Gen. C.A. Pietro Di Marco, provvedeva allo scoprimento di una stele, voluta dallo stesso, con la collaborazione dell'allora Consigliere Nazionale ANFI per il Friuli Venezia Giulia, Gen. D. Emilio Giosio, e dal Presidente della Sezione di Trieste, Comm. Sergio Fachin, formata da un monoblocco di pietra carsica, eretta presso la Foiba di Basovizza, vicino alla grande Pietra Tombale che chiude la Foiba principale. Nel corso della cerimonia prendeva la parola il Comandante della Legione di Trieste, Col. Umberto Picciafuochi, per significare alle Fiamme Gialle in congedo che il Gen. Di Marco rappresentava più degnamente la Legione di Trieste, avendo egli fatto parte, nel 1945, della Brigata di Campo Marzio di Trieste, e che attualmente, nella carica di Presidente Nazionale, meglio di lui nessuno avrebbe potuto revocare quelle tragiche giornate del maggio 1945.
Pubblichiamo il seguente discorso pronunciato dal Gen. Di Marco per l'inaugurazione della grande Stele eretta a ricordo dei Caduti delle Foibe: "Siamo al cospetto di questo sacro luogo, ove cinquant'anni fa si consumò la tragedia di migliaia di cittadini triestini, di soldati e di appartenenti alle forze di Polizia, fra i quali circa 350 Finanzieri che prestavano servizio a Trieste e nell'Istria, compresi i 97 Finanzieri prelevati dalla Caserma di Via Campo Marzio, il 2 maggio 1945, tutti impietosamente trucidati nelle foibe per il solo motivo, come a suo tempo precisò il Presidente della Repubblica On. Scalfaro, “che molte delle persone eliminate erano colpevoli soltanto di essere italiane”. Oggi noi vogliamo ricordare con particolare commozione e con amore profondo questi nostri commilitoni, questi soldati in fiamme gialle che qui fecero dono della loro giovane vita per assolvere al dovere di rimanere al proprio posto di servizio, senza cercare scampo fuggendo di fronte ad una minaccia tanto grave quanto imprevedibile, che eventi drammatici, del tutto estranei ai modi di guerra lealmente combattuta, condannarono a sofferenze ed a morte atroce proprio nelle viscere di questa terra carsica che vide rifulgere l'eroismo di tanti soldati italiani nel primo conflitto mondiale. Ed è con sentimento di intima, commossa partecipazione che avverto l'impulso irresistibile a rievocare loro e il sacrificio che ne eterna la memoria di fronte agli eventi e ai destini della Patria, in quelle circostanze ferita a morte nell'intimo della sua gente fiera di cuore e di fede nazionale. A Trieste, in particolare, appena dopo la cacciata dei tedeschi con l'insurrezione del 27 aprile 1945, alla quale avevano partecipato efficacemente anche i finanzieri del Comitato di Liberazione Nazionale, assieme alle avanguardie dell'esercito jugoslavo che si accingevano ad occupare la città, ci fu un momento di sbandamento generale quando la maggior parte dei finanzieri rimase a presidiare gli impianti e i depositi più importanti, con l'incarico di mantenere anche l'ordine pubblico, in quanto la Guardia di Finanza era l'unico Corpo armato organicamente inquadrato rimasto a presidio della città.
Nel contempo ci furono momenti di eroismo e di grande solidarietà, come quando un pugno di finanzieri rischiò la vita per salvare i loro commilitoni rimasti isolati in alcuni reparti dell'Istria, alla mercè delle truppe jugoslave che stavano completando l'occupazione della zona. Nel momento di quei tragici fatti mi trovavo a Trieste, reduce dalla guerra di Balcania, dove prestavo servizio d'Istituto e nel contempo avevo partecipato con il locale Comitato di liberazione per la cacciata dei tedeschi dalla città. Successivamente, mentre le forze jugoslave del Maresciallo Tito stavano completando l'occupazione di Trieste e dell'Istria, a capo di un nucleo di finanzieri volontari mi portai con un autocarro nelle varie località dell'Istria per salvare alcuni nostri commilitoni dalla prigionia o dalla morte. Quindi rivivo oggi i terribili momenti del calvario con l'angoscioso tormento di allora, chiedendomi come sia stato possibile che la coscienza di tanti uomini politici italiani abbia consentito che un velo di oblìo, pur supportato da contingenze del tutto particolari per mentalità opportunistiche e accomodanti, potesse far dimenticare l'eccidio di circa 12 mila infoibati nella sola zona di Basovizza. A conclusione dell'intensa commemorazione odierna desidero, all'unisono con tutti voi e con tanti altri presenti in spirito, esprimere il pensiero e la volontà di pace e di accordo tra le genti e anche per i vicini popoli slavi, duramente provati da una lunga e sanguinosa guerra, perchè tale esigenza è oggi più che mai avvertibile nel mondo intero come irrinunciabile motivo di vita, come speranza sublime di quella più umana e civile esistenza della presente generazione e di quelle venture. Perciò oggi, nel cinquantennale del martirio delle foibe di Basovizza, siamo qui riuniti per lo scoprimento di una Stele eretta alla cara memoria dei nostri Caduti, a poche ore di distanza dalla inaugurazione di una Lapide commemorativa nella caserma del Corpo, a Basovizza, che porta incisi i nomi dei 97 Finanzieri della caserma di Via Campo Marzio. Sono emblemi marmorei che resteranno a perenne memoria dei nostri Caduti e quali simboli di ammonimento per tutti i popoli, affinchè nella pace ritrovata, nella comprensione e nel rispetto reciproco possa essere ripreso il cammino verso quelle mete di libertà, di giustizia e di democrazia tanto auspicate".
Terminato il discorso, il Gen. Di Marco, con il volto visibilmente segnato dalla grande commozione, accompagnato dal Comandante della Legione di Trieste, Col. Picciafuochi, scopriva il Cippo commemorativo, coperto da un panno tricolore, Cippo costituito da un gran masso di pietra carsica.
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Il Piccolo 03/08/’06 - Foiba di Basovizza, monumento per il sacrario.
Con il bronzo collocato sopra la pietra tombale prende forma a Basovizza il nuovo luogo della memoria. - Dipiazza: «L’inaugurazione nell’incontro dei tre capi di Stato»
di Piero Rauber
Un monumento in bronzo - che evoca la carrucola con cui vennero estratte le salme degli infoibati - veglia da ieri sulla pietra tombale della Foiba di Basovizza, coperta a sua volta da un cofano in ferro corten. Il cavalletto in bronzo, alto 10 metri, reca sulla sommità una croce. È il fulcro simbolico di un luogo della memoria destinato a diventare sacrario. E a ospitare l’incontro del Presidente Napolitano con i capi di Stato di Slovenia e Croazia, Drnovsek e Mesic. Il monumento è stato montato nella mattinata di ieri, durante una delle parentesi concesse dalla pioggia di questi giorni. Disegnato dalla mano di Livio Schiozzi - la stessa del pilo alabardato di piazza Libertà - è stato forgiato dalla fonderia Railz di Moimacco: ha una robusta anima d’acciaio ancorata a una base di cemento e un rivestimento in bronzo di un centimetro di spessore, lavorato appositamente per sembrare una costruzione di fortuna fatta di travi e blocchi di legno, proprio come l’antica carrucola che aveva riportato alla luce gli orrori delle foibe. In cima al monumento è ben visibile una croce di tre metri, fatta del medesimo materiale, che richiama al senso di sacralità, rispetto e pietà cristiana per le vittime degli eccidi. Il cavalletto in bronzo - che sovrasta la pietra tombale della Foiba, oggi coperta dal cofano in lamiere di ferro volutamente ruggine - rappresenta di fatto il cuore del nuovo comprensorio della Foiba di Basovizza, che l’impresa Innocente & Stipanovich sta realizzando in base al progetto dell’architetto Ennio Cervi, per una spesa complessiva di circa 800mila euro, ricavati dai cinque milioni giunti da Roma per il cinquantennale del ritorno di Trieste all’Italia. Qui ad ottobre - cioè il mese in cui è prevista la fine dei lavori - prenderà definitivamente corpo il nuovo sacrario (si faccia riferimento all’articolo a sinistra, ndr).
Nel primo pomeriggio di ieri, non appena ultimati i lavori di montaggio del cavalletto in bronzo, il sindaco Roberto Dipiazza ha raggiunto Basovizza, accompagnato dall’assessore alle politiche culturali e museali Massimo Greco, per toccare con mano la nuova opera e verificarne l’impatto visivo. Pochi minuti sotto una pioggia che aveva ripreso a farsi insistente, quindi un brindisi nel piccolo ufficio del cantiere pregno di strette di mano, congratulazioni e aggettivi a briglia sciolta. «Sono entusiasta», ha detto infatti il primo cittadino, che non ha voluto dimenticare «un grazie alla Comunella di Sant’Antonio in Bosco con cui abbiamo raggiunto un accordo decisivo». «Questo - ha aggiunto Dipiazza - è un monumento che mi lascia senza fiato: è imponente, suggestivo, elegante». Perfetto insomma - ha lasciato intendere il sindaco - per l’obiettivo degli obiettivi: inaugurare il nuovo sacrario in occasione dell’incontro fra Napolitano, Drnovsek e Mesic, sigillo alla missione diplomatica della pacificazione lungo i luoghi simbolo della memoria di quello che fu il martoriato confine orientale, sulla scia di quanto è stato approfondito durante e dopo la visita di venerdì scorso al Quirinale da parte degli amministratori locali: il governatore della Regione Riccardo Illy, lo stesso Dipiazza, la numero uno di palazzo Galatti Maria Teresa Bassa Poropat, il sindaco di Gorizia Vittorio Brancati e il presidente della Provincia isontina Enrico Gherghetta. Una data ufficiale per l’inaugurazione dalla forte valenza simbolica - ha rilevato Greco durante il sopralluogo - potrebbe essere quella del 10 febbraio del prossimo anno, in concomitanza con la giornata del ricordo e peraltro nel sessantennale del Trattato di Pace di Parigi, che sancì la divisione a tavolino dello stesso confine orientale. Un’ipotesi suggestiva anche per Dipiazza, che tuttavia subordina l’inaugurazione «al momento in cui vi sarà la disponibilità congiunta dei tre capi di Stato».
Date, al momento, non ve ne sono. Ma, pare di capire, ogni occasione potrebbe essere buona fin dall’ottobre prossimo, a sacrario completato: lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, infatti, spinge per superare le ferite della seconda guerra mondiale entro l’anno, anche se il lavoro di sintesi diplomatica viaggia in parallelo con le istanze degli esuli, in particolare dell’Unione degli Istriani, da cui viene la richiesta dell’avvio di una trattativa sulle problematiche dei beni abbandonati prima di ogni gesto simbolico.
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