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L'importanza del partner nel combattimento marziale. (II^ Parte)

Allenarsi con un valido compagno di viaggio...

 

Le arti marziali tutte, sono sport di situazione in cui non è prevedibile quando e come l'avversario effettuerà un attacco. Allenarsi al combattimento simulato estremo, diventa la chiave per esperire ogni giorno nuove soluzioni. 

"...lo sparring partner libero non deve essere la conclusione di mesi passati a provare tecniche, ma la base da cui partire per parlare di tecnica. Normalmente si passano anni ad apprendere determinate tecniche, tattiche e mentalità per poi trovarsi completamente a disagio di fronte alla indomabilità del combattimento reale e si devono passare altri anni per imparare nuovamente ad avere uno sguardo obiettivo.
E' un problema di metodo.
E' meglio imparare a prendere subito confidenza con le reazioni dell'avversario che imparare la tal combinazione di colpi o la affascinante tecnica. Come si reagisce ad una finta? Che effetto fa ricevere un colpo? Come può muoversi l'avversario se lo colpisco nel tal punto nel tal modo? Chiudo gli occhi in uno scambio di colpi? Abbasso le braccia? Come gestisco la distanza in difesa e in attacco? Quanto conta il tempismo in attacchi e contrattacchi? Queste constatazioni, sensazioni e opinioni elementari sono le fondamenta per dare senso alla tecnica.
Quindi a livello pratico bisogna far combattere, con le protezioni, sin dall'inizio. Si vedranno negli allievi le reazioni più illogiche, scoordinate, maldestre che si possano immaginare: allievi spaventati, che evitano l'avversario, che abbassano la testa, che vanno dritti all'avversario eseguendo colpi irrazionali.
Da qui che si deve partire!
Da questo caos di ingenuità, paure, inesperienza e aggressività incontrollata.

  1. Perché è la cosa più realistica e simile a ciò che può succedere.
  2. Perché per imparare a combattere bisogna combattere.
  3. Perché non bisogna rovinare la genuinità dell'allievo con teorie e strategie che lo illudano, ma è dalla realtà stessa delle sue abilità e limiti che si deve partire con un lavoro personalizzato sul campo, sul materiale ricavato dall'esperienza degli scontri non dalla teoria (anche se giusta).
  4. Perché non si devono creare degli automi tutti uguali.
  5. Perchè il principiante, se non ha il cervello già rovinato da chissà quale libro o maestro, possiede generalmente, all'inizio, una sana pragmaticità e semplicità nel vedere le cose (cosa funziona e cosa non funziona).
  6. Perché è fondamentale avere il bagaglio di esperienze (vicine al combattimento reale) più ampio possibile. Niente vale più dell'esperienza.
  7. Perché i parametri di giudizio non devono essere l'estetica, la comodità o lo stile ma l'efficacia; non c'è nulla di meglio che prendere un colpo (controllato, si intende) per capire e imparare.
  8. Perché il combattimento è una cosa molto complessa, quindi è inutile perdere tempo inventando gli allenamenti e le tecniche più esotiche e strane, allontanandoci dalla realtà. La conseguenza poi sono anni per disimparare le cose inutili.
  9. Perché gli istruttori devono imparare a non ridurre il saper combattere alle conoscenze tecniche, ma insegnare i principi sul quale si regola uno scontro.
  10. Perché cosa valgono delle tecniche senza gli attributi (tempismo, controllo della distanza, riflessi, sensibilità e killer instinct)?
  11. Perché il combattimento è una forma di Caos da saper "gestire", non da "intrappolare".
  12. Perché tecniche che necessitano di troppo tempo per essere acquisite sono in contrasto con la semplicità che la difesa personale richiede.

Quindi lo sparring libero è anche un motivo di analisi di cosa conta e cosa invece può essere inutile. Imparare le tecniche e poi applicarle è un sistema più facile per chi insegna ma più lento e dispersivo per chi impara."

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I^ Parte

Contributo gentilmente fornito da GianAndrea

 

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