Amras
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Amras
Le prime avventure di Amras
Gli ultimi tempi
Non mi piacciono gli spiritosi. Tira fuori la spada e combatti da uomo
A Peryvale era la refrigerante mattina del primo temporale di fine estate.
Il vento soffiava brioso dal mare, la luce livida che filtrava dalle nuvole disegnava arcobaleni di un momento, mentre la pioggia portava sollievo alle campagne ingiallite dal sole.
Amras finì di sistemare la sua roba sul ronzino giallo che aveva ricevuto come austera liquidazione dalla sua famiglia, e sbuffando saltò in groppa. Nella sacchetta alla cintura tintinnavano poche monete, lo zaino un po' vecchio era troppo leggero. Mise il cappuccio prima di uscire dalla stalla, dove l'attendevano sua madre e le sue sorelle.
Accennò un veloce saluto, mentre le donne nascondevano nei fazzoletti le loro lacrime.
"Fai buon viaggio, figlia mia", disse sua madre, avvicinandosi al cavallo nonostante la pioggia battente.
Amras annuì in silenzio, sorridendo appena per rassicurare la donna.
"Che Dytros ti accompagni!", aggiunse sua madre, ed un singhiozzo le morì in gola.
"Entrate dentro, prenderete un raffreddore", disse Amras, quindi si chinò, baciò sua madre sul viso, e spronò via. "Non temete per me, e abbiate cura di voi. Addio!"
Ma le quattro donne non rientrarono al coperto sotto la tettoia, finché la sagoma scura di Amras non fu scomparsa dalla vista. Quindi, tristi, si infilarono al coperto.
"È andata via?", domandò l'uomo seduto di spalle davanti al caminetto spento.
La madre di Amras lo guardò con astio, e non rispose.
La strada per Achenar costeggiava il grande fiume Dymiras, le cui acque gorgogliavano intorbidite dalla pioggia sempre più intensa. Non c'era molta gente in giro, appena uscita dal paese Amras si trovò da sola. Sentiva il cuore un po' pesante per l'addio, ma nello stesso tempo l'emozione del viaggio la stimolava a cavalcare rapidamente.
Conosceva abbastanza bene il tragitto che avrebbe dovuto percorrere quella mattina, fino al villaggio di Vauxhall, dove si era recata più volte in passato. Ciò nonostante oggi le sembrava tutto illuminato da una diversa luce, le case, i salici piangenti, i campi di girasoli. Salutò un paio di contadini che nonostante il temporale erano usciti nei campi, e avanzò di buon passo. La pioggia non la rallentava, ed il ronzino dava buona prova di sé sul selciato bagnato.
Da quando c'era stata la lite furiosa con suo padre, il quale l'aveva cacciata di casa una settimana prima, Amras non si era più sentita così di buon umore. Non aveva idea di quello che avrebbe trovato da fare, una volta raggiunta la grande città, ma era certa che la vita che l'attendeva sarebbe stata molto più emozionante e intensa di quella che le era toccata fino ad allora. Le sue sorelle apprezzavano la tranquilla vita rurale, erano le figlie di un bravo falegname ed avevano molti corteggiatori.
Lei non si divertiva con così poco.
Litigiosa, attaccabrighe, Amras aveva messo in fuga velocemente tutti i pretendenti della zona, e in tutta Peryvale aveva ben pochi amici. Con loro era generosa e disponibile, pronta a far di tutto per aiutare. Ma con gli altri si dimostrava fredda, ed era poco amata.
Raggiunse Vauxall quando smetteva di piovere. Il sole si infilò tra una nuvola e l'altra riuscendo a raggiungere il suolo. Amras si sedette sul greto del fiume, e mentre si asciugava i capelli mangiò un panino. Assaporò il familiare sapore della frittata di sua madre, e riposò in solitudine per un po'.
Voleva raggiungere Achenar più in fretta possibile, ed aveva previsto due giorni di viaggio, sempre che il suo ronzino fosse stato in grado di resistere alla marcia intensa che lo attendeva.
Gli porse una carota, lo accarezzò un po' sul muso, e saltò in groppa. Pigramente la povera bestia ripartì, lenta e già stanca.
Un paio di bambini corsero verso di Amras, prendendola in giro per la buffa cavalcatura, ma la ragazza rispose con una linguaccia, e con un colpo deciso di tacco sul cavallo che lo spinse ad accelerare per qualche metro. E poi fermarsi.
Al calare della sera ricominciò a piovere. Amras sperava di trovare una stazione di posta lungo la strada, ma si rese conto che la via principale, quella utilizzata per le rotte commerciali, correva sull'altra sponda del fiume, e che dalla sua parte non c'erano stazioni né ponti nei paraggi. Oltrepassò una accogliente locanda, vedendola a poca distanza da sé sull'altra riva del Dymiras, e continuò per qualche chilometro.
Ma era stanca, e la pioggia si faceva sempre più insistente. Così si accontentò, come riparo, di una torre diroccata. L'odore acre di bestiame, la paglia a terra, tutto lasciava intuire che la torre era stata recentemente utilizzata come stalla. Adesso però era deserta, ed era pur sempre un tetto.
Dopo la notte burrascosa, il sole del mattino entrò a risvegliare una Amras raffreddata, sporca e stanca.
L'arrivo ad Achenar, la sera seguente, non fu dei più trionfali.
A cavallo del suo ronzino giallo, Amras attraversò a testa alta la via principale della città, destando curiosità nei passanti. Raggiunse la piazza della torre, e qui si fermò ad osservare il palazzo del Conte, e la Casa di Giustizia.
Era affascinata dai tetti variopinti, dalle case decorate, dai fiori intorno alla fontana. Il lastricato di pietra chiara era roseo al tramonto, e molto lucido. Amras scese dal cavallo, e si avvicinò alla fontana per bere. Ma la voce di un ragazzo alle sue spalle la distrasse.
"Ecco che arriva il nobile cavaliere! Uh, è pure armato!", la canzonò.
Amras si voltò di scatto, e trovò un giovane, alto e spavaldo, che la osservava, appoggiato ad una colonna del portico a pochi passi da lei.
"Come osi rivolgerti a me in questo modo?", rispose lei, osservandolo duramente.
Ma lui la guardò stupito, e le sorrise: "scusa, scusa, non mi ero accorto tu fossi una donna..."
Amras si avvicinò di un passo, mettendo la mano sull'elsa della spada. "E questo cosa c'entra?"
Il ragazzo scosse il capo, guardandola divertito: "Stai calma, dicevo per dire..."
Ma Amras avanzò di un altro passo, sempre più minacciosa. Era stanca, nervosa, e questo ragazzotto dall'aria spavalda l'indispettiva oltre misura.
"Il fatto che io sia una donna non significa che non sappia di difendermi dagli spacconi attaccabrighe come te".
Lui arretrò di un passo: "stai calma, ho detto... io con le donne non mi ci metto a combattere. Piuttosto, se hai proprio energie da sprecare, potremmo impiegarle in altro modo..."
Si accorse di aver detto una parola di troppo. Amras sguainò l'arma rapidamente, puntandola al ragazzo.
"Non mi piacciono gli spiritosi. Tira fuori la spada e combatti da uomo".
I passanti incuriositi formarono rapidamente un piccolo pubblico, ed il brusio arrivò fino al piano nobile del palazzo a fianco alla Casa di Giustizia. Un uomo si affacciò per assistere al duello.
Inizialmente il ragazzo stava sulle difensive, evitando di contrattaccare i rapidi colpi della ragazza. Ma dopo alcuni affondi di lei, schivati per miracolo, anche lui iniziò a fare sul serio.
I due combattevano al bordo del portico, spostandosi rapidamente, su e giù da scalini, dietro colonne, con finte ed acrobazie. Entrambi erano molto abili, e nessuno prevaleva sull'altro.
Ma non passò molto tempo da che il duello era iniziato, che due guardie civiche si fecero largo tra la folla.
Appena le vide, il ragazzo le indicò con lo sguardo all'avversaria, che interruppe il combattimento per un attimo.
"Il gioco è finito", asserì una delle guardie, avvicinandosi con la spada in mano.
Poi guardò il ragazzo, e con aria di superiorità lo apostrofò: "adesso combattiamo anche con le donne? Non riesci proprio a tenerla nel fodero, eh Dermot?
Anche l'altra guardia si avvicinò, iniziando a sua volta a prendere in giro il ragazzo.
Lui esitava a reagire, ma fu Amras a fare un passo avanti.
"Se credete che una donna sia un avversario tanto facile, fatevi sotto. Non ho certo paura di sfidare anche voi!"
Risate, minacce, e dopo poco Amras e Dermot, avversari un attimo prima, attaccarono insieme le due guardie civiche.
Il pubblico, già numeroso, si fece ancora più fitto.
Amras, velocissima, riuscì a portare un colpo di piatto al braccio destro di una delle guardie, che perse la spada. Nel frattempo il suo compagno, con un'acrobazia magistrale, stracciò con la lama le decorazioni dalla divisa del suo avversario, suscitando le risa nel pubblico. La guardia umiliata partì ad un attacco furioso, ma fu velocemente schivata, e si sbilanciò in avanti. Ma quando si voltò di nuovo si rese conto che lo spettacolo era terminato.
Da una finestra del piano nobile del palazzo dell'Accademia, qualcuno stava battendo le mani.
"Grazie per la distrazione, Dermot Ryan. Adesso saresti così cortese da interrompere la rissa e venire a rapporto da me?", disse l'uomo, con la voce autorevole di chi è abituato a comandare.
Dermot si irrigidì, guardò in alto, e abbassò velocemente l'arma.
"E porta anche il tuo nuovo amico", soggiunse l'uomo alla finestra, "sono curioso di conoscerlo".
Così Amras fece conoscenza con Tahar Crahe, il capitano dell'Accademia di Achenar.
Dopo una bonaria lavata di capo, Dermot Ryan venne allontanato dalla stanza con una pacca sulla spalla, e la ragazza rimase sola con l'anziano spadaccino.
"Ci sai fare con la spada", le disse, "e le buone lame sono sempre utili".
Amras annuì, spavalda. "Mi piace combattere, anche se nel mio paese ho avuto poche occasioni per esercitarmi..."
Crahe sorrise: "L'Accademia di Achenar è nota per essere una delle migliori del Granducato. Quella che ti sto offrendo è una grande opportunità, spero solo che tu sappia meritarla..." tacque un istante, "e non bruciarla in inutili duelli".
* * *
La vita nell'Accademia era piacevole per Amras.
Molto esercizio, atmosfera cameratesca, compagni simpatici.
E naturalmente Dermot Ryan, testa calda numero uno dell'accademia, tollerato, nonostante le sue continue bravate, grazie alla notevole abilità che dimostrava con la spada.
Dermot continuamente finiva a duellare con le guardie civiche, e Amras presto divenne la sua abituale compagna attaccabrighe. Non solo, i due furono subito ottimi amici.
Dopo i primi mesi iniziarono per Amras le missioni vere e proprie, scorte di nobili, servizio d'ordine a ricevimenti, parate. Amras riusciva bene, era dotata per il combattimento e si divertiva molto.
L'unico suo problema erano i duelli.
Nonostante la rivalità tra i cadetti e le guardie civiche fosse antica, e che un po' di scaramucce fossero tollerate, il generale divieto di duellare non poteva essere del tutto trascurato. Ma quando scattava la rissa Amras e Dermot erano sempre in mezzo, sempre coinvolti. E generalmente erano loro a darle. Questo costava loro di frequente punizioni, ritiri forzati, lavate di capo più o meno severe da parte di Crahe.
Una sera di maggio ci fu un grande ballo nel palazzo del Conte.
Amras e gli altri suoi compagni dell'Accademia vennero chiamati come servizio d'ordine, e la ragazza trovò posto all'interno della sala più grande. Qui, armata di tutto punto, con la fratina verde dei cadetti di Achenar, sorvegliava le danze, fiera di attirare gli sguardi ammirati degli ospiti. Una bella ragazza tra i cadetti non è cosa comune, e Amras era perfettamente consapevole del fascino che emanava.
Poi però vide un uomo, con i lineamenti di Delos e la pelle scura. Inavvertitamente rimase a fissarlo per qualche secondo, finché lui si voltò, e ricambiò il suo sguardo.
Terminata la danza, l'uomo si congedò dalla sua dama e si avvicinò ad Amras.
"A che cosa devo che gli occhi di una dama tanto affascinante mi osservino così sfacciatamente?", le disse, con un forte accento del sud, e una sicurezza quasi offensiva.
Amras non rispose, ma sentì il sangue che le saliva al viso. Sostenne lo sguardo dello sconosciuto, che la ricambiò serenamente. Quindi, con un inchino, si allontanò da lei.
"Demrot... sei sveglio? Posso entrare?"
Il ragazzo si rigirò nel letto, borbottò qualcosa, ma Amras era già dentro.
"Scusami... ho bisogno di parlarti, ti ho svegliato?"
"Dimmi...", sbadigliò lui, mentre accendeva una candela.
Amras si sedette sul letto, era ancora vestita con la fratina d'onore. Appariva molto agitata. Appena Demrot ebbe aperto gli occhi, si rese conto che qualcosa non andava nella sua amica.
"Sai nulla", iniziò lei, un po' imbarazzata, "sai nulla di un certo Araujo Sales?"
Demrot esitò per qualche attimo, poi ricordò. Il promesso sposo della Contessina, un nobile di Delos, portava quel nome. Un uomo noto per la sua ricchezza e per la sua galanteria...
"Ho trovato nel mio alloggio, stasera quando sono tornata in camera, questa scatola", e porse a Demrot un cofanetto delle dimensioni di un palmo. "È da parte sua".
Incuriosito, Demrot aprì il contenitore di metallo smaltato, e al suo interno trovò un paio di orecchini di perle.
"Ma...", lui la osservò stupito, "come mai? Lo conosci?"
Amras alzò le spalle, incerta: "stasera, al ballo, è venuto a rivolgermi la parola... io però non gli ho detto nulla... non capisco come mai..." esitò, mentre il rossore le tornava al volto.
Nonostante la scarsa illuminazione della stanza, Demrot capì subito come stessero le cose. Prese la mano di Amras, e la fissò negli occhi. "Non dirmi che ami quell'uomo!"
Amras sussultò, e con un brivido osservò lo sguardo teso di Demrot, mentre la fissava con occhi sbarrati.
"Io... non so..." esitò, "non gli ho mai rivolto neanche la parola... è stato lui che..."
Ma il ragazzo le lasciò la mano, e si voltò verso la candela. "Lo sfiderò a duello", disse, lapidario.
"Che cosa? Ma perché, che dici..." tremò lei, toccandolo sulla spalla, "non c'è motivo di...."
"Per te, Amras", concluse lui, poi soffiò sulla candela e la stanza tornò nel buio.
La voce del duello tra Demrot e Araujo Sales si diffuse in fretta tra i cadetti. Demrot aveva inventato una scusa per motivare la sfida, ma molti avevano visto la scena della sera del ballo, e conoscendo il legame tra Amras e Demrot non trovarono difficoltà nel comprendere quale ne fosse la reale causa.
Arrivò la mattina prescelta. Era primavera, ed i prati verdi dietro il convento di Maers erano bagnati di brina, ma già mostravano i primi colori dei fiori in bocciolo.
Araujo Sales arrivò in ritardo all'appuntamento, scortato da tre compari. Demrot aveva intorno a sé solo Amras e altri due compagni, altri cadetti curiosi si aggiravano nei pressi, senza osare avvicinarsi troppo alla zona.
Amras teneva gli occhi bassi, dalla notte del ballo non aveva più parlato con Demrot, che l'aveva accuratamente evitata. Quando Araujo Sales arrivò, lei non poté fare a meno di notare quanto fosse fascinoso, e quanta sicurezza albergasse in lui. Aveva armi decorate, dalla foggia insolita diffusa a Delos. Prima ancora di salutare Dermot come si conviene, andò a porgere i suoi omaggi ad Amras, che lo guardò in silenzio, senza rispondere. Sentiva su di lei gli occhi di Demrot, e il peso di quello sguardo le opprimeva il cuore. Si voltò a guardare l'amico, e gli sorrise timidamente. Era preoccupata per lui, confusa, e si sentiva in colpa per la situazione. E non avrebbe mai voluto che andasse a finire così.
Il duello iniziò.
Nonostante la superiorità tecnica di Demrot, Araujo Sales si dimostrò abile, e soprattutto molto forte.
Demrot cercava il primo sangue, molto attento a che i suoi colpi non si rivelassero troppo pericolosi per l'avversario: umiliarlo sarebbe bastato, ed era consapevole che ferire un uomo tanto importante fosse un'azione che un semplice cadetto come lui non poteva permettersi. Naturalmente Araujo Sales non aveva di queste preoccupazioni.
Demrot schivò i primi colpi con grande destrezza, ma prima di iniziare ad attaccare sul serio prese le misure e si abituò all'avversario. Araujo attaccava con grande potenza, non schivava mai, ma parava i colpi senza esitare.
Improvvisamente come suo solito, Demrot iniziò a fare sul serio. Dopo aver mantenuto basso il tenore della lotta per qualche colpo, lasciando che il suo avversario si abituasse a trovarsi di fronte una persona piuttosto lenta e sulle difensive, Demrot attaccò.
Portò in un istante tre colpi, velocissimi, diretti in punti diversi dell'avversario, la gamba, il braccio sinistro, ed il braccio dell'arma. Spiazzato, Araujo si sbilanciò nel parare i primi due colpi, ed il terzo lo raggiunse al braccio della spada, che gli volò via di mano.
Demrot si fermò. Aveva visto il primo sangue, poteva dirsi soddisfatto.
Amras esultò, e batté le mani sollevata. "Bravo!"
Lui si girò verso di lei e le sorrise, accennando ad un inchino.
Ma un attimo dopo il viso della ragazza si contrasse, spaventato e stupito: e senza che Demrot avesse neanche il tempo di voltarsi, fu colpito alle spalle da un affondo a tradimento di Araujo, che aveva nel frattempo raccolto la spada.
Demrot cadde sanguinante a terra.
E Amras si mosse come una marionetta assetata. Raccolse la spada dalla mano del suo compagno, ed attaccò Araujo selvaggiamente. L'uomo parò il primo colpo della ragazza, ma non era preparato alla velocità e alla disperazione di Amras, e venne trafitto alla seconda carica.
Prima di estrarre la spada dal ventre di Araujo Sales, Amras la ruotò su se stessa, quindi la tirò fuori con un movimento secco, rapido. Un fiotto di sangue la inondò, e Sales cadde a terra morto.
Era accaduto tutto con tanta rapidità che nessuno fece in tempo a muoversi.
Un istante dopo Amras, gettata a terra l'arma, si chinò sul corpo ferito di Demrot. Era ancora vivo, anche se la vita lo stava abbandonando.
"Amras..." mormorò lui con un filo di voce, mentre il sangue in gola lo faceva respirare a fatica.
"Shccc..." lei sussurrò, "non parlare adesso..."
Lo accarezzò sul capo, sul viso esangue, lentamente. Poi lo baciò a lungo.
Intorno a loro nessuno osava respirare.
La morte portò via Demrot, mentre Amras cercava dolcemente di trattenerlo con lei. Il ragazzo spirò senza lamentarsi, sereno, tra i baci e le carezze della sua amata.
* * *
E così iniziò la fuga di Amras.
La ragazza senza pensarci saltò su un cavallo, e spronò via, senza niente altro che la spada di Demrot e le lacrime nel cuore. La fratina verde da cadetto, sporca di sangue, la lasciò cadere dopo pochi metri. I due cadetti che avevano assistito al duello impedirono alle guardie private di Sales di catturare la ragazza, che si dileguò al galoppo.
A sera lasciò il territorio di Achenar, raggiungendo Etanim. Dormì all'aperto, mangiò frutti colti dagli alberi lungo la strada, ed il mattino seguente ripartì di buon'ora. A sera raggiunse ed oltrepassò Adhara.
Non aveva denaro per pagare la stazione di posta, e la pioggia che scendeva la costrinse a cercare un riparo.
Vide dall'alto di una collinetta un'imponente distesa di rovine, parzialmente inghiottite dalla vegetazione: l'antica Amilanta.
Nonostante le storie che aveva conosciuto da bambina narrassero di minacciose presenze intorno alla città abbandonata, la pioggia e la tristezza convinsero Amras ad introdursi tra le strade deserte di Amilanta.
E così, sola, portando il cavallo per le briglie, camminava sotto la pioggia battente per le vie di una città morta. Le ombre minacciose non le facevano paura, né gli alberi che crescevano nelle cattedrali, o le finestre nere delle case diroccate.
Trovò un riparo tra i resti di una chiesa di Kayah, e qui pianse.
Pregò la Dea che guidasse Demrot al sicuro nel regno dei morti, e che aiutasse lei a trovare una strada nuova da percorrere. Si addormentò pregando, e si svegliò sollevata.
Ripartì senza perdere tempo, diretta ad Amer.
Non era mai stata nella città dai cento torrenti, e a sera, quando la raggiunse, la contemplò commossa.
Attraversò la strada principale, passando sotto melograni e salici piangenti. Infine raggiunse la piazza delle ore, dove la meridiana ormai in ombra diceva soltanto che era scesa la sera.
L'acqua gorgogliava nei torrenti, i ponticelli di pietra chiara riflettevano il rosa del tramonto.
Era tutto come quando aveva raggiunto Achenar, mesi addietro. E tutto era cambiato.
Non c'era più Demrot alle sue spalle, ad attaccare briga. Non c'erano aspettative di gloria, ma la fuga e il pericolo.
Amras rimase un po' in silenzio, da sola, a pensare.
Trovare lavoro come scorta di una carovana diretta a Greyhaven non fu difficile, per una persona abile con la spada come lei. Un viaggio molto lungo, settimane di cammino, ed Amras si lasciò alle spalle il ducato di Amer.
Raggiunta la capitale, svolse lavori disparati per mantenersi. Fece da scorta, da guardia del corpo di mercanti, lavorò in taverne, in botteghe. Evitò le risse e i duelli, sentiva la mancanza di Demrot al suo fianco, e quando impugnava la sua spada l'assaliva il dolore. Un duello senza di lui sarebbe stato troppo triste.
Alla fine dell'estate ripartì, scortando una carovana diretta a nord, verso Gulas.
Un viaggio faticoso, lunghissimo, silenzioso. Non fece amicizia con i compagni della scorta, né con i passeggeri. Amras era chiusa in sé stessa, pronta a combattere, restia a comunicare. Il nord, i paesaggi diversi, l'autunno che avanza e il sole che sembra sempre più lontano.
Arrivò a Gulas in ottobre, quando già le giornate avare regalavano poche ore di sole. Vide il grande lago, gli alberi nuovi, persone con un accento sconosciuto. Partì nuovamente, diretta ad Erengard, città libera e distante, sempre al seguito di una carovana.
E solo allora, toccato il luogo più lontano possibile dalla sua terra, si fermò finalmente, e si guardò indietro.
gli ultimi tempi
Lagos, quartiere del porto
Bettolaccia: "il Vecchio e il Mare"
3 settembre 508
C'è una gran folla stasera: hanno da poco attraccato due grandi bastimenti da Delos e da Amer, carichi di mercanzia e marinai desiderosi di sbronze.
Nella bettolaccia "il Vecchio e il Mare" c'è musica, la gente balla, mangia e beve, uomini dalla pelle abbronzata cercano i favori delle fanciulle locali, e l'oste panciuto, Konsedin, corre da una parte all'altra del locale per accontentare i clienti.
Sono tutti molto allegri, perché i commerci vanno bene, circolano soldi, c'è gente nuova e un sacco di storie improbabili da ascoltare, avventure di viaggi, battute oscene e tante bugie a cui far finta di credere.
Tra le risate generali spicca il forte accento amerita di un grosso marinaio che, tra una bevuta e l'altra, sta descrivendo le peripezie della sua nave, il "Rosa Nera".
"... e c'era la moglie del comandante a bordo... con la figlia piccola... una ragazzina di otto anni... e quando siamo passati all'altezza di Surok il padre ha buttato le scarpe vecchie della piccola giù dalla nave, e noi, da sotto, abbiamo attaccato all'amo della sua canna da pesca le scarpe nuove, e la ragazzina ci ha creduto! Ha creduto veramente di aver pescato le scarpe nuove! Siamo morti dalle risate... ma poi il vecchio Dermot è quasi finito in acqua, quel vecchio scemo... per riprendere quelle vecchie... "
Un tonfo dall'angolo più buio della bettolaccia interrompe per un attimo il racconto del marinaio di Amer, distogliendo l'attenzione del suo allegro pubblico.
E' una ragazza, buttata da sola su uno sgabellaccio, davanti ad un paio di bottiglie vuote, che è caduta a terra, trascinandosi dietro un altro ubriacone par suo.
Il marinaio alza un sopracciglio, scuote il capo e ricomincia a raccontare. Intorno a lui la gente continua a scherzare e brindare, incurante della triste scenetta.
La ragazza ubriaca, pallida e ammaccata, si ritira su lentamente, arrampicandosi sul suo sgabello, fino a poggiare la testa dorata sul tavolo. Chiude gli occhi e rutta. Allunga poi la mano verso un boccalaccio ancora mezzo pieno, avvicinandoselo.
"hei tu, dico a te", un tizio la scuote, "non ti farà male tutto quel che ti stai scolando?"
"..'fanculo", mormora lei tra i denti, senza muoversi.
Il tizio si siede vicino a lei, è un marinaio sui quarant'anni, grande e grosso. Sembra irritato, ma forse è solo una brava persona che non si sa fare gli affari suoi.
"lo dico per te, non dovresti ridurti così... sbronzarti in questo modo...", così dicendo l'uomo poggia il braccio sulle spalle della ubriaca.
La ragazza non risponde, afferra il boccale, lentamente, lo tiene tanto stretto che le nocche della sua mano diventano bianche.
"... perché non vieni fuori con me, facciamo due passi, prendi un po' d'aria.."
Lei è molto veloce. Con il boccale colpisce il volto del marinaio, violentemente. L'uomo ruzzola dallo sgabello, sanguinante. Il boccale si rompe, lei lo lascia cadere a terra, quindi china di nuovo il viso sul tavolo, pesantemente. Ma subito quattro robuste braccia maschili la prendono per le spalle, tirandola su a forza. E lei attacca, si dimena, ma viene colpita al ventre, alla faccia, e trascinata di peso fino alla porta sul retro.
Qui, tra un insulto e l'altro, viene sbattuta per terra, in un rigagnolo che corre al bordo della strada. La porta della bettolaccia si chiude e lei resta sola nella notte.
Passa qualche minuto, la ragazza è immobile.
Anche qui si sente il suono della musica, le risate della gente, "il Vecchio e il Mare" è una bettola allegra e vivace, c'è un gran via vai anche nelle stradine circostanti.
Ma nessuno nota la ragazza raggomitolata tra la sporcizia del vicolo.
Solo un cagnolino randagio le si avvicina, annusandola. Lei si scuote dal torpore e lo guarda, con gli occhi annebbiati.
"... che vuoi tu, brutta bestiaccia? che hai da guardare? ... hic... lasciami stare.. lasciami sola", la ragazza faticosamente si stende supina per terra, portandosi una mano al petto.
"non mi hai umiliata abbastanza? non sei ancora contento?"; il cagnolino scodinzola e rimane lì, amichevole.
"... hic... ti ho detto di lasciarmi in pace..." il tono della ragazza si fa più pacato, "sono a pezzi, stasera... hic..." La notte è buia, le voci dalla bettola arrivano soffuse da un velo di nebbia, che sta lentamente salendo per i vicoli del porto.
"... Amras... è così che mi chiamo... sono... hic... ero... hic... no, sono, sono una guardia del Conte... di Lagos...", soffoca una risata, che si trasforma in un singhiozzo strozzato, "se sapesse che i suoi uomini... e le sue donne... no, non ho voglia di hic! raccontarti la mia storia, non c'è niente da dire... ero all'accademia di Achenar... tanti tanti... tanti anni fa... era bello, stare lì..."
Il viso livido della ragazza si riga di due lacrime, lei si asciuga con la manica infangata, mentre il cagnolino le si accuccia accanto.
"ne ho viaggiato di mondo... fino a Gulas.. lì ho visto piangere interi villaggi, ho visto... morire interi villaggi... morire... hic... tanti innocenti... senza riuscire a proteggerli"
La ragazza leva le mani verso l'alto, osservandole stanca: "ho combattuto contro le tenebre... ma le tenebre mi hanno sconfitta".
Silenzio, le mani della ragazza crollano, lei chiude gli occhi, poco dopo passi frettolosi nel vicolo la sfiorano, per proseguire verso chissà dove.
"e ho assistito alla nascita di un incubo, demoni di fuoco.... hic... c'era la neve intorno a noi, e fiamme che ardevano, ed anche gli amici... tradivano"
"chiesi di entrare nella chiesa di Pyros... chi, io? no, non c'era posto nella chiesa, per me. non c'era posto per una che aveva assistito a tanto male... e che non era stata capace di fare niente. rimasi lì ugualmente.. avrei fatto qualsiasi cosa per il Bene..." parla con amarezza, sembra che stia lentamente acquistando lucidità, "volevo combattere, diventare un Paladino, liberarmi di tutta la notte, il buio... il dolore..."
"infine la grande inquisitrice... la donna più... più santa del Granducato... Rachel Van Halen... mi prese ai suoi servizi. e anche allora, credendo di fare il bene... hic... ho commesso tanti errori... ho arrestato un Santo... io... finisco sempre dalla parte sbagliata"
La ragazza striscia verso il muro, cerca di tirarsi su, mentre il cagnolino le viene vicino scodinzolando. I suoi capelli, color miele, sono sporchi e spettinati, lei barcolla, raggiunge la fine del vicolo, guardando faticosamente la gente davanti alla bettolaccia. Le risate delle persone echeggiano per la strada, fastidiose.
Un tale si avvicina a lei, euforico: "hei, bellezza, che è quella faccia? ti va di divertirti un po' con me?"
"vattene ai ghiacci", sussurra lei, fissandolo con odio, "basteranno a spegnere i tuoi calori".
Il tizio si allontana, borbottando scuse miste a imprecazioni, e Amras resta lì immobile.
"ancora qui?", domanda poi al cagnolino, "ancora non ti sei stancato di ascoltare i miei deliri?". Si trascina oltre la bettolaccia, fino al molo più vicino, davanti al mare; siede su una botte rovesciata, poggiando la schiena al muro.
"cagnaccio curioso... hic.. che sia. tutta la notte, se necessario ... la notte... e io passavo le notti a sorvegliare quel Santo, insieme ai paladini... e il Santo pregava Kayah, e noi lo tenevamo in prigione... con me c'era un paladino, Kay si chiamava... che lo fece scappare.. e noi lo cercammo ... finché non si scoprì... che la santa inquisitrice era peggio della feccia che diceva di combattere, che sua sorella complottava con i satanisti... e che tutte le certezze che avevo dovevano... nuovamente... naufragare"
"bah... scema io. hic"
"così, niente... accompagnamo la Grande Inquisitrice a Dessenzan, al Monastero del Sole... con la speranza che Pyros illumini quella mente corrotta... hic... e la lasciamo lì a marcire. E ognuno per la sua strada. Io da una parte, i paladini dall'altra, anche quel Kay dallo sguardo triste"
Amras tace, osservando il mare scuro come l'inchiostro, le stelle in cielo, le luci dei quartieri migliori della città che si riflettono nelle acque immobili. Il cagnetto sta accucciato ai suoi piedi, di lontano, a tratti, si sente la musica delle bettole, ma non c'è nessuno intorno.
E la ragazza si incanta a fissare la notte, cupamente.
Alle sue spalle, silenziosa, un'ombra scura si avvicina, rimanendo in disparte, a qualche metro di distanza. Ma lei non se ne avvede, e ricomincia a parlare.
"c'era questa famiglia di mercanti, poi, i Deafness, che mi presero nella loro scorta, come guardia del corpo, insieme ad altri sei uomini... erano brave persone, gentili.. e la loro figlioletta, Katy, aveva solo... dodici anni... hic... dodici anni a febbraio... ed io li dovevo scortare per un viaggio verso Feith... con le loro mercanzie.." la voce della ragazza si fa più frammentaria, lunghe pause, silenzi, "e viaggiavamo con i loro carri, eravamo la loro... scorta..."
"fummo attaccati. erano molti... spietati... ci colpivano dalla distanza, con gli archi e le balestre, anche io fui ferita ad un braccio... di striscio... e poi. hic! ... e poi eccoli che arrivano... sono mascherati... eccoli, ecco il loro capo... i suoi capelli bianchi... quegli occhi... occhi... del colore dell'ambra... occhi di animale... occhi... "
Amras guarda il cagnolino ai suoi piedi, iniziando a tremare: "vattene! vattene via!", ma la bestiola guaisce e si avvicina ancora, scodinzolando triste. La ragazza allora prende un pezzo di legno e lo tira contro il cane, che istintivamente mostra i denti.
"NO! NO! VATTENE VIA!!"
Il cagnolino si allontana, spaventato, e Amras chiude gli occhi: ha la fronte mandida di sudore, le mani non smettono di tremare.
"... e quel... quell'uomo... mentre i suoi sgherri uccidevano tutti i miei compagni... si avvicina alla carrozza dove stavano i Deafness, dove stava... Katy... " capo, uno della scorta è una donna... che ne facciamo? " ... hic... e lui, con la sua voce da orco maledetto... " conservatela per dopo ", e mentre... mi legavano stretta... io vedevo la carrozza che si agitava, e sentivo le grida dall'interno... e per prima la voce del padre si interruppe.. e poi... e poi... Katy ... Katy hai visto troppe cose... e troppo giovane... ma prima... oh, la morte non è arrivata abbastanza presto per te... povera bambina... hic..."
"e poi hic... e poi io mi libero... riesco a liberarmi, e strappo la daga dalla mano del bandito e corro alla carrozza... e qui ... hic... hi.. c.. c'è lui... e la piccina sotto di lui... e la ... madre... e ... hic.. io.. io... lo ferisco alla mano, ma... ma non ... io... mi spingono di sotto, cado, svengo... perdo conoscenza..."
Amras si alza, avanzando lentamente verso l'acqua del mare, comincia a tirare sassolini, che affondano disegnando cerchi di luce via via più larghi.
"... salvata... da cavalieri di passaggio... è forse sempre questa la mia sorte? ... magari una volta tardassero ad arrivare...lo volessero gli dei... e io riuscissi a conquistare... a finire…"
"ma mi prendono, mi curano, sono ferita, ma viva: l'unica sopravvissuta all'assalto dei banditi. E non è il primo assalto che fanno, sempre gli stessi... infestano la zona, attaccano le carovane, uccidono tutti... il loro... capo... lui... lui gode ad uccidere"
"... le indagini... indago... viaggio... cerco la vendetta... hic... si... la vendetta... e arrivo infine .. a Rastan". L'ombra alle spalle di Amras si avvicina di un passo, come per svelarsi. Ma rimane silenziosa in ascolto, e la ragazza, stordita dall'alcool, non se ne accorge, ma continua a tirare sassetti nel mare.
"Rastan... hai rabbuiato i miei cieli più oscuri, mi hai dato risposte... certezze... hic... ma... " la ragazza posa la mano sul cuore, trattenendola con un singhiozzo, "ma ... cosa mi hai strappato... cosa..."
"quel torneo... combatteva lì un... uomo... Lupo, Lupo era il suo nome. Aveva i denti acuminati, i capelli bianchi... gli occhi del colore dell'ambra... e ... una cicatrice sulla mano.. lui combatteva con due daghe, era... feroce, spietato... maledetto... lo riconobbi subito. e lui, lui riconobbe me. era famoso, un campione, il pubblico del torneo lo adorava... imbattibile...".
La ragazza si accuccia vicino all'acqua, specchiandosi sulla superficie nera del mare. Inspira profondamente, passandosi una mano tra i capelli annodati. Poi riprende a parlare, come febbricitante, in delirio.
"lo andai a cercare: e... no, non fu difficile trovarlo, bastava seguire la scia di dolore che lasciava alle sue spalle, una scia salata di lacrime, e di sangue... e così lo trovai... in un vicolaccio di Rastan, mentre stava importunando una donna... ma mi vide, e si fermò subito. Mi sorrise, con quei suoi orrendi denti da animale, e mi disse « ti aspettavo, femmina, il tuo odore ti precede » ... e... e mentre la donna fuggiva io ... estraggo la spada, gli grido: « in guardia! », lui impugna la sua daga... e combattiamo... io... io combatto con tutta la mia forza, con tutto il mio impegno... e lui sembra... sembra in difficoltà... ma mi spinge sempre più verso zone disabitate, baracche, qui infine riesco a fargli volare via di mano la daga, lo colpisco al torace... e lui... lui sorride.... afferra la mia spada, strappandosela di dosso, la afferra per la lama, mi spinge a terra, contro un muro, io... io cado, tento di rialzarmi, ma lui mi è subito sopra, la spada tra le sue mani. « ti darò quello che desideri » ... io mi dimeno, lotto, lui mi blocca i polsi con una mano e mi bacia in bocca... serro le labbra, ma lui morde, mi soffoca, sento il sangue che mi cola per la gola, tossisco... e intanto lui apre il corpetto di cuoio della mia armatura, taglia i legacci con la daga, comincia a toccarmi con le sue mani... e con la bocca.. mi morde, mi lecca, mi annusa con quel suo naso da cane... e io grido, mi dimeno, ma lui è troppo forte, troppo forte... quando mi accorgo di quello che sta succedendo non ho più neanche il fiato per urlare, tanto il dolore, tanta la violenza... vengo spaccata, dilaniata, mentre lui, immenso, si agita sopra di me, grugnendo di piacere.
Infine si placa, io non ho più lacrime, lo guardo in viso e lui prende la mia spada: « e adesso ti farò a pezzi ». Inizia dal mio cuore. La lama penetra sul mio petto, scendendo in profondità, affonda via via, e indugia... mentre io non riesco a respirare, troppo il dolore, e lui ride, mi impiastra col mio sangue, traccia oscene linee di sangue... poi le lecca via..."
Amras si interrompe, scossa da un conato di vomito, si accuccia sulla banchina, tremando convulsa. Tossisce, soffocandosi nel rigurgito, perde l'equilibrio, rantola disperata.
Ma due mani la fermano, prima che cada nell'acqua nera del porto, la sorreggono per la vita, la tirano su, mentre lei è scossa dai conati, vomita e piange e tossisce e trema.
"coraggio, Amras..."
Lei si volta di scatto verso l'uomo, subito aggressiva, istintivamente si libera dalla presa e si allontana.
"chi sei, che vuoi! Lasciami stare!", poi lo guarda in volto ed è scossa da un brivido "Capitano... Capitano Drungar... io...", si pulisce la bocca con la mano, stringendo gli occhi in due fessure sottili: "da... da quanto tempo siete qui?" Poi, senza aspettare una risposta, si volta verso il mare: "non doveva seguirmi, so badare a me stessa. Adesso mi lasci sola"
Ma lui scuote il capo: "è ora che tu torni nei tuoi alloggi, è molto tardi", quindi porge il braccio alla ragazza, che si allontana, barcollando.
"vieni, ti do una mano"
"no! posso fare da sola!" la ragazza grida, "tutti ad aiutarmi, eh? il figlio del Conte... anche lui mi aiuta, mi trova mezza morta... si, e tutti ad aiutare la povera Amras, eh? La povera Amras che ha tanto bisogno di aiuto... Aiuto un cazzo!! lasciatemi stare! lasciatemi in pace! Lasciatemi sola! Lasciatemi morire! Che volete da me? e la contessa, e tutti quanti... Basta! perché... non mi lasciate... da sola... !?... "
Amras si libera con uno strattone dal sostegno del suo Capitano Hector Drungar, incamminandosi da sola verso i bui vicoli del porto.
Ma fa pochi passi e l'equilibrio l'abbandona, si appoggia al muro di un magazzino, poi fa qualche altro metro, infine cade a terra, di faccia.
Drungar la raggiunge, si china su di lei, la solleva di peso: "ti porto io, non preoccuparti", ma lei si dimena, "lasciami! non mi toccare! maledetto bastardo lasciami andare! lasciami!!"
Il Capitano la ignora, la lascia sfogare, non risponde, e la trasporta in braccio via dal porto, mentre lei, stremata, infine smette di gridare e chiude gli occhi, abbandonandosi al sonno.