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Cornelio NepoteDe Viris Illustribus - TimoleonCapitolo IIIVai al brano corrispondente in LatinoConcluse tali imprese, vedendo che a causa del dilungarsi della guerra non solo le regioni ma anche le città erano deserte, raccolse ptima di tutto il maggior numero possibile di Siciliani; fece poi venire dei coloni da Corinto, visto che Siracusa nell'antichità era stata fondata da loro. Restituì le proprietà ai vecchi abitanti, divise i nuovi possedimenti rimasti abbandonati per la guerra, fece ricostruire le mura abbattute della città ed i templi abbandonati, concesse libertà e leggi alle comunità cittadine; dopo una grandissima guerra riportò tanta pace a tutta l'isola che il fondatore di quelle città sembrava lui e non coloro che le avevano colonizzate all'inizio. Rase al suolo la rocca di Siracusa, che Dionigi aveva fortificato per dominare la città; demolì gli altri baluardi della tirannide e s'impegnò affinché sparissero del tutto i segni della schiavitù. Pur avendo tanto potere da poter comandare anche chi non voleva, e godendo d'altra parte di tanto amore di tutti i Siciliani al punto che avrebbe potuto diventare re senza alcuna opposizione, preferì più essere amato che temuto. Così non appena poté lasciò il potere e visse a Siracusa da privato cittadino il resto dei suoi giorni. La sua non fu una decisione avventata: infatti quello che gli altri ottennero come re con il potere, egli lo ottenne con l'affetto. Non gli mancò alcun onore, né in seguito a Siracusa ci fu alcun affare pubblico di cui si decidesse prima di conoscere il parere di Timoleonte. Mai il giudizio di nessuno fu non solo preferito, ma neppure messo sullo stesso piano del suo. E ciò accadde sia per la sua saggezza sia per la benevolenza di cui godeva.Hai trovato degli errori nella traduzione? Non esitare e invia la tua correzione compilando il modulo sottostante, specificando il punto in cui, nella traduzione, è presente l'errore. Grazie. |
Letteratura: - Cornelio Nepote |